Opposizione a decreto ingiuntivo per la morosità condominiali: il giudice de quo non può valutare il merito delle delibere assembleari

Edoardo Valentino
09 Ottobre 2019

Il Tribunale di Napoli afferma come non sia possibile per il singolo condomino sollevare una eccezione di inadempimento riguardante delle somme, oggetto di delibera assembleare, derivanti da lavori di ristrutturazione a suo dire male eseguiti dall'impresa che li ha realizzati. Il giudice, infatti, deve limitarsi a verificare la correttezza ed efficacia delle delibere condominiali, senza potere sindacare - nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo su dette spese - la loro validità, compito che spetta solamente al giudice nominato in sede di impugnazione delle relative delibere.
Massima

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente per oggetto la riscossione di oneri condominiali, il giudice de quo non può valutare la validità delle delibere assembleari sulle quali si fondano le richieste dello stabile condominiale (giudizio invece demandato al giudice dell'eventuale processo di impugnazione di tali delibere), dovendo limitarsi a comprovare la loro esistenza ed efficacia.

Il caso

Un condominio agiva con procedimento monitorio avverso alcuni condomini morosi rispetto alle quote condominiali.

I debitori, tuttavia, opponevano il decreto ingiuntivo notificato contestando alcune somme dovute come pagamento di una impresa che aveva ristrutturato il tetto condominiale. In via riconvenzionale, poi, i convenuti domandavano il risarcimento dei danni cagionati dalle presunte infiltrazioni d'acqua alle proprie abitazioni, in quanto tali danni sarebbero stati cagionati dai lavori edili commissionati dal condominio.

A seguito della notifica del decreto ingiuntivo, poi, i condomini avevano comunque proceduto a pagare le spese condominiali ingiunte.

Nel corso del processo, tuttavia, il condominio aveva contestato la tesi dei convenuti sottolineando come i pagamenti fossero intervenuti solo a seguito della notifica del decreto ingiuntivo opposto e come la domanda riconvenzionale della parte avversa fosse del tutto inconferente.

A scioglimento della riserva istruttoria, il Tribunale provvedeva a muovere alcuni rilievi d'ufficio, invitando le parti a confrontarsi nel contraddittorio.

Le questioni sollevate, in particolare, erano afferenti: il difetto di legittimazione del singolo condomino a sollevare l'eccezione di inadempimento per sospendere il pagamento dei ratei maturati a titolo di spese per lavori alle cose comuni dell'edificio, la carenza di legittimazione attiva dell'opposto in con riferimento alla domanda riconvenzionale e, da ultimo, l'inammissibilità del nuovo titolo di responsabilità con il quale i convenuti pretendevano il condominio venisse condannato in relazione ai vizi dei lavori (a seguito delle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. i convenuti avevano chiesto la condanna del condominio per culpa in vigilando nel contratto di appalto).

La questione

La questione oggetto della sentenza, più che per il merito, assume una considerevole importanza in relazione alle tematiche di diritto processuale condominiale trattate.

Troppo spesso, infatti, si assiste ad un eccesso di superficialità nel porre le domande giudiziali o addirittura nell'identificare i legittimati passivi delle domande.

Nel caso in questione, correttamente, il giudice ha sollevato d'ufficio gli interrogativi sopra descritti.

E' pur vero che il processo civile italiano è caratterizzato dall'“impulso di parte”, ossia la corrispettività tra domanda delle parti e risposta mediata del giudice, ma il codice di procedura civile consente al decidente una non trascurabile discrezionalità nelle questioni ove la mancata iniziativa della parte onerata comporterebbe un quasi sicuro deni de justice.

L'art. 101 c.p.c. consente a tal fine al giudice istruttore di orientare la procedura, affermando “il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa. Se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione”.

E' di centrale importanza, nel presente caso, determinare se il condominio sia giusto legittimato passivo della domanda riconvenzionale della parte convenuta opposta e, ancor di più, se in sede di opposizione a decreto ingiuntivo relativo a contributi condominiali non pagati, se vi sia un diritto del condomino a contestare la validità degli esborsi in primis effettuati dall'amministratore.

Nel caso in cui il giudice si pronunciasse sulla questione, infatti, si rischierebbe di frustrare la disposizione dell'art. 1137, commi 2 e 3, c.c., nella parte in cui affermano che “Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti”. L'azione di annullamento non sospende l'esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità giudiziaria”.

Se il sindacato da parte del convenuto opposto fosse ammissibile anche sulle spese a monte della delibera assembleare impugnata, difatti, si assisterebbe ad una estensione pressoché indeterminata del termine per impugnare la stessa, in violazione delle citate norme.

Le soluzioni giuridiche

Con la sentenza del Tribunale di Napoli, il giudice partenopeo ha rigettato la tesi dei convenuti opposti.

Pur revocando il decreto ingiuntivo opposto (per ragioni di intervenuto pagamento tardivo delle somme ingiunte), il Tribunale ha comunque rigettato sia la domanda principale, che la riconvenzionale dei condomini convenuti.

Nella propria decisione, il magistrato ha chiarito l'illegittimità della domanda dei condomini nella parte in cui essi pretendevano di sentire condannato il condominio per presunta carenza di vigilanza sull'operato dell'impresa che aveva eseguito i lavori di rifacimento del tetto.

Secondo la sentenza in commento, infatti, “nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice deve limitarsi a verificare la perdurante esistenza ed efficacia delle relative delibere assembleari, senza poter sindacare, in via incidentale, la loro validità, essendo questa riservata al giudice davanti al quale dette delibere siano state impugnate”.

La scelta del legislatore, che non lascia nulla al caso, è certamente improntata alla discussione del contenuto delle delibere condominiali nell'autonomo giudizio di cui all'art. 1137 c.c., trascorso il cui termine la delibera si dà per cristallizzata.

Del tutto improponibile, quindi, risulta la questione relativa alle voci della delibera, potendosi il decidente pronunciare, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo solo sulla validità del verbale e alla pertinenza della pretesa azionata rispetto alla documentazione allegata (sul punto, v. anche Cass. civ., sez. II, 8 agosto 2000, n. 10427 e Cass. civ., sez. II, 29 agosto 1994, n. 7569).

Sottolineava, poi, il Tribunale come la giurisprudenza della Cassazione avesse rilevato che l'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c. non possa trovare applicazione nel rapporto dare/avere tra il condominio e i condomini e con riferimento ai servizi ricevuti dai condomini, anche perché tale spesa, ove contenuta in una deliberazione assembleare non impugnata, assume efficacia vincolante (v., altresì, Cass. civ., sez. II, 11 maggio 2009, n. 10816).

Quanto alla domanda riconvenzionale, poi, il Tribunale la dichiarava inammissibile per difetto di legittimazione passiva del condominio.

In caso contrario, ossia in caso di condanna dello stabile, questi sarebbe stato tenuto a rimborsare dei danni derivanti dalla erronea esecuzione di lavori di ristrutturazione da parte dell'impresa, senza alcuna prova della responsabilità del condominio nella causazione degli stessi (ad esempio mediante la dimostrazione di una culpa in vigilando nel contratto di appalto).

All'esito della sentenza quindi il giudice prendeva atto dei tardivi pagamenti da parte dei convenuti e in ragione di questi revocava il decreto ingiuntivo opposto; parimenti, però dichiarava la soccombenza nel merito dei convenuti opposti, condannandoli a pagare gli interessi sulle somme dovute al condominio, le spese legali dello stabile e rigettando - con la motivazione sopra tratteggiata - la domanda riconvenzionale.

Osservazioni

Con la decisione in commento, il Tribunale di Napoli contribuisce a far luce sulla disciplina del diritto condominiale.

In particolar modo, il pregio della decisione pare potersi attribuire alla importanza data al ruolo dell'art. 1137 c.c. nel dettare la disciplina dell'impugnazione delle delibere assembleari.

Troppe volte si assiste - specie, ahimé, nella categoria degli avvocati - ad un eccesso di superficialità nei confronti della materia condominiale, quasi considerata come ancillare e secondaria rispetto al diritto civile.

I termini e le condizioni per promuovere le azioni in materia di diritto immobiliare e condominiali, quindi, non sono presi molto sul serio e considerati come elastici.

Il Tribunale di Napoli, però, non è di questo avviso.

Con la sentenza commentata, pregevolmente, il Tribunale di Napoli rigetta la domanda (quasi con piglio da Corte di Cassazione) rifiutandosi di scendere nel merito della questione inerente all'appalto e delimitando i confini dell'opposizione a decreto ingiuntivo alla sola validità della delibera in sé e per sé.

Correttamente, infatti, ricorda il giudice come esistano modi e termini per far valere le eccezioni rispetto alle delibere condominiali e che il superamento di tali termini comporta il tacito assenso dei condomini rispetto alle decisioni di assemblea e amministratore, che non possono poi dopo essere validamente contestate.

Parimenti valida pare, poi, la valutazione della carenza di legittimazione passiva del condominio rispetto alla domanda riconvenzionale avente oggetto i danni conseguenti alle infiltrazioni.

La disciplina condominiale, in quanto complessa e avvincente, richiede serietà e competenza e sono sentenze come questa che possono mantenere elevati gli standard richiesti per approcciarsi alla stessa.

Guida all'approfondimento

Di Michele, Improponibile la domanda d'impugnazione della delibera condominiale formulata in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, in Diritto e giustizia online, 2012, 789

Petrolati, Infiltrazioni dal lastrico solare, danni all'unità immobiliare sottostante e responsabilità del condominio, in Ridare.it, 29 maggio 2019

Petrolati, Il rilievo della nullità della delibera condominiale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in Ilprocessocivile.it, 20 dicembre 2016

Tedeschi, Impugnativa della delibera assembleare e giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., in Condominioelocazione.it, 24 agosto 2017

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