Competenza in caso di decreto ingiuntivo nella locazione

15 Ottobre 2019

L'individuazione del giudice competente ad emettere il decreto ingiuntivo in materia locatizia segue le ordinarie regole che presidiano la competenza in fase monitoria.
La competenza ratione materiae del tribunale

La individuazione del giudice competente ad emettere il decreto ingiuntivo in materia locatizia segue le ordinarie regole che presidiano la competenza in fase monitoria.

Precisamente la norma di riferimento è l'art. 637 c.p.c., da coordinarsi con l'art.447-bis c.p.c.

Infatti, a mente del menzionato art.637 c.p.c. è competente, per valore e per territorio, (anche in fase monitoria) il giudice (di pace o, in composizione monocratica, il tribunale) che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria.

Tuttavia, a seguito della soppressione dell'ufficio del pretore e l'istituzione del Giudice unico di primo grado, con l'abrogazione dell'art.8 c.p.c. ad opera del d.lgs. 19 febbraio 1998, n.51 (art. 49) le cause relative a rapporti di locazione di immobili urbani (unitamente a quelle di comodato e di affitto di azienda) sono devolute alla competenza del Tribunale con la stessa natura e qualificazione che avevano davanti al Pretore, cioè ratione materiae (Cass. civ., ord., n.6811/2015; Cass. civ., sent., n. 2143/2006; Cass. civ., sent., n.23813/2007;Cass. civ., sent., n. 10300/2004; Cass.civ., sent., n. 2471/2002; Trib. Roma, sez.VI, sent., n.6124/2019; Trib. Roma, sez. VI, sent., n. 9858/2018).

Occorre rammentare infatti che, ai sensi dell'art. 9 c.p.c., il «tribunale è competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice» e la materia delle locazioni non è, d'altronde, esplicitamente contemplata tra quelle rimesse alla competenza del giudice di pace, vuoi in via esclusiva, vuoi in via concorrenziale con la competenza del tribunale, secondo il valore della lite (art. 7 c.p.c.).

Il diverso principio, che alcuni vogliono ricavare dalla pronuncia resa dalla Suprema Corte a Sezioni Unite ord. n. 21582/2011 – per sostenere la tesi della competenza per valore del Giudice di pace nella materia de qua non regge ad un esame attento della motivazione del Supremo Collegio attinente una controversia introdotta ex art. 1669 c.c. e, quindi, avente ad oggetto un credito risarcitorio, da responsabilità aquiliana (come unanimemente riconosciuto dalla stessa giurisprudenza di legittimità: Cass. civ., Sez.Un.,n.2284/2014).

La pronuncia, inoltre, non riporta degli enunciati chiaramente ed esplicitamente riferiti alle controversie traenti titolo dal contratto di locazione, alle quali si fa solo un fugace e sibillino accenno al par. 7.1, peraltro per sostenere che "il giudice di prossimità" (cioè il giudice di pace), nell'intenzione del legislatore, non avrebbe dovuto esser gravato insopportabilmente «del delicato contenzioso in materia di locazioni».

La materia c.d. locatizia

La Corte di nomofilachia ha da sempre attribuito, alla locuzione “in materia di locazione”, di cui all'art. 447-bis c.p.c., un significato particolarmente ampio, avendovi incluso qualsiasi controversia in qualsiasi modo attinente ad un contratto di locazione (così per tutte Cass. civ., n. 581/2003 secondo cui: «tra le controversie "in materia di locazione", attribuite dagli artt. 21 e 447-bis c.p.c. alla competenza territoriale inderogabile del giudice in cui si trova l'immobile, devono ritenersi comprese, data l'ampiezza della nozione di "materia", tutte le controversie comunque collegate alla materia della locazione»).

Da ultimo Cass. civ., sent., n.8114/2013: «la nozione di controversie in materia di locazione di immobili urbani, soggette al rito speciale di cui all'art. 447-bisc.p.c., ricomprende tutte le cause comunque riferibili ad un contratto di locazione, che attengano, cioè, non solo alla sua esistenza, validità ed efficacia, ma altresì a tutte le altre possibili sue vicende, ovvero, in particolare, a quelle che involgano l'adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto in base alla disciplina codicistica o a quella di settore della legislazione speciale».

La competenza per territorio inderogabile

Circa la competenza per territorio, l'art. 637 c.p.c., riferendosi al giudice che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria, richiama implicitamente (oltre le regole ordinarie di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c.) anche quelle, prioritariamente applicabili nella materia locatizia, degli artt.21 e 447 c.p.c.

L'art. 447-bis,comma 3, c.p.c. stabilisce oggi, nella formulazione vigente all'esito dell'abrogazione dell'art. 8 del codice di rito, intervenuta mercé il d.lgs. n. 51/1998 che, «sono nulle le clausole di deroga alla competenza», così da escludere la possibilità di configurare, anche in astratto, la concorrente competenza (oltre che per valore del giudice di pace) anche territoriale di un tribunale diverso da quello del luogo in cui è sito l'immobile (art. 21 c.p.c.).

Infatti, il combinato disposto degli artt. 21 e 447-bis c.p.c. determina «…la competenza territoriale del giudice locu rei sitae» avente «natura inderogabile, con la conseguente invalidità di una eventuale clausola difforme, rilevabile “ex officio” anche in sede di regolamento di competenza»,come si legge in Cass. civ., sez.VI-3, ord., n. 21908/2014.

L'opposizione a decreto monitorio emesso in materia locatizia

Anche l'opposizione a decreto ingiuntivo concesso in materia di controversie locatizie è, come tale, soggetta al rito speciale di cui all'art. 447-bis c.p.c. (Cass.civ, sez. VI-3, ord., n. 7071/2019) e quindi va proposta con ricorso ed iscritta a ruolo entro il termine perentorio di quaranta giorni dalla notifica del decreto monitorio.

L'opposizione, che sia erroneamente proposta con citazione, deve ritenersi, infatti, tempestiva se, entro il termine di cui all'art. 641 c.p.c., avviene l'iscrizione a ruolo mediante deposito in cancelleria dell'atto di citazione, non potendo trovare applicazione l'art. 4 del d.lgs. n. 150 del 2011, il quale concerne i giudizi di primo grado erroneamente introdotti in forme diverse da quelle prescritte da tale decreto legislativo e non anche i procedimenti di natura impugnatoria, come l'opposizione a decreto ingiuntivo(Cass.civ, sez. VI-3, ord., n. 7071/2019 e Cass. civ., sez. III, ord., n.21671/2017 che, ritornando sull'argomento ha ribadito il “consolidato” orientamento espresso già in Cass. civ., 2 aprile 2009, n.8014 e Cass. civ., ord., 29 dicembre 2016, n.27343).

La Corte costituzionale con la sentenza n.45/2018 ha, infatti, definitivamente fugato i dubbi di legittimità costituzionale che una lettura costituzionalmente orientata del decreto n. 150/2011 aveva sollecitato ad alcuni tribunali che invocavano l'applicabilità della sanatoria prevista dal decreto sulla semplificazione in caso di errore nella scelta del rito (Trib. Roma, sez. VI, sent., n.8145/2017).

Va ricordato, inoltre, che la natura “impugnatoria” del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo obbliga l'opponente alla notifica, nei termini, del ricorso introduttivo, pena la improcedibilità dell'opposizione.

Il principio è stato affermato in Cass. civ., Sez.Un., n. 20604/08, con riferimento ai giudizi impugnatori e, precisamente per l'appello in materia di lavoro e per l'opposizione a decreto ingiuntivo da proporsi – entrambi – con ricorso.

La Suprema Corte ha chiarito, infatti, che l'appello – come l'opposizione ex art.645 c.p.c. – pur tempestivamente proposti nel termine previsto dalla legge, sono improcedibili ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell'udienza non sia avvenuta. Alla stregua, infatti, di un'interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cosiddetta ragionevole durata del processo ex art. 111, comma 2, Cost., non è, infatti, consentito al giudice di assegnare, ex art. 421 c.p.c., all'appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell'art. 291 c.p.c.

Anche di recente in Cass. civ., n. 2621/2017 il principio delle Sezioni Unite del 2008 è stato ribadito, sia pure per escluderne la applicabilità a giudizi diversi da quelli aventi natura impugnatoria. La Suprema Corte ha sottolineato il fatto che l'appello nel rito del lavoro e l'opposizione a decreto ingiuntivo sono procedimenti a struttura bifasica, caratterizzati da una fase iniziale, incentrata sul deposito del ricorso, produttiva di effetti prodromici e preliminari, suscettibili però di stabilizzarsi solo in presenza di una valida vocatio in ius (così anche in Cass. civ., n. 5700/14), a differenza di quanto avviene, nel rito del lavoro, in primo grado nei quali la notifica del ricorso serve solo ad instaurare il contraddittorio ed è caratterizzata come fase autonoma, formalmente e strutturalmente, rispetto a quella di proposizione della domanda, che si esaurisce nel deposito del ricorso.

Guida all'approfondimento
  • Calamandrei P., Il procedimento monitorio nella legislazione italiana, Milano, 1926;
  • Diana A. G., Il procedimento monitorio, Milano, 2013;
  • Garbagnati E., Il procedimento d'ingiunzione, a cura di a. romano, Milano, 2012;
  • Valitutti A. – De Stefano F., Il decreto ingiuntivo e l'opposizione, Milano, 2013.

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