Incidente stradale: è necessario ammettere la propria responsabilità per non incorrere nel reato di fuga?

17 Ottobre 2019

Per non incorrere nel reato di fuga in caso di incidente con feriti è sufficiente che il soggetto agente si ponga a disposizione delle forze di Polizia per l'identificazione e la ricostruzione del sinistro o è necessario anche che ammetta di essere l'autore del fatto?
Massima

Punendo il reato di fuga in caso di incidente con feriti, il codice della strada intende garantire l'identificazione dei soggetti coinvolti e la ricostruzione del sinistro. Ma l'interpretazione rigorosa della norma (articolo 189, comma 6, cod. strada) esclude che l'interessato debba ammettere di essere l'autore del fatto, in occasione dell'intervento delle forze di polizia: basta che si ponga a loro disposizione mentre compiono gli opportuni accertamenti sul posto.

Il caso

La questione in esame è la seguente: per non incorrere nel reato di fuga in caso di incidente con feriti è sufficiente che il soggetto agente si ponga a disposizione delle forze di Polizia per l'identificazione e la ricostruzione del sinistro o è necessario anche che ammetta di essere l'autore del fatto?

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ritiene che una interpretazione rigorosa dell'art. 189,comma 6,cod. strada non consenta di ritenere che l'utente della strada rimasto coinvolto in un sinistro comunque riconducibile al suo comportamento di guida debba assumere un ruolo attivo in occasione dell'intervento delle Forze dell'Ordine, essendo sufficiente che egli si ponga a loro disposizione, spettando unicamente all'Autorità pubblica il compito di intraprendere gli opportuni accertamenti per ricostruire la dinamica del sinistro e identificare i soggetti a qualsiasi titolo coinvolti.

Va detto che il tema non è inedito in giurisprudenza. La Suprema Corte aveva già avuto occasione di dichiarare manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale del reato previsto dall'art. 189, commi 1 e 6,cod. strada, sollevata per contrasto con l'art. 24, comma 2, Cost., osservando che l'obbligo per il conducente, previsto da tale norma, di fornire le proprie generalità alla vittima di un incidente ed alla Polizia giudiziaria, non comporta alcuna ammissione di responsabilità (Cass. pen., Sez. IV, 3 luglio 2018, n. 50295, Rv. 274047).

Osservazioni

Quanto affermato dalla Suprema Corte nella pronuncia in esame merita piena condivisione.

Alcuni pensano che la previsione di un obbligo di fermarsi e fornire le proprie generalità, quando si è rimasti coinvolti in un sinistro con feriti, equivalga alla previsione di un obbligo, penalmente presidiato, di autodenunciarsi.

Non è così.

In primo luogo, occorre rilevare che l'antefatto della condotta imposta all'utente della strada è la verificazione di un incidente “comunque ricollegabile” al suo “comportamento”. La precisazione è importante: non è indispensabile che l'utente abbia causato o provocato l'incidente, ma è sufficiente un qualsiasi contributo causale - anche minimo - di determinazione dell'evento, indipendentemente dall'effettiva responsabilità del sinistro e anche se si tratta di soggetti non direttamente coinvolti nella collisione (dunque anche in assenza di urto diretto).

Dunque, il coinvolgimento nel sinistro attiva l'obbligo di fermarsi non perché il soggetto è responsabile del sinistro, ma perché, in quanto coinvolto nello stesso, è in grado di stimare la gravità delle sue conseguenze e di attivare tempestivamente i soccorsi, oltre a contribuire alla sua ricostruzione, rendendosi disponibile al suo accertamento ed all'identificazione.

Tali obblighi costituiscono specificazione del generale principio informatore della circolazione stradale contenuto nell'art. 140, comma 1,cod. strada (“gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale”).

Rispetto ai comportamenti da tenere in caso di incidente, la specificazione del suddetto principio è riportata all'art. 189, comma 1,cod. strada (significativamente rubricato Comportamento in caso di incidente), che prescrive un comportamento collaborativo da parte del conducente a seguito del verificarsi di un incidente stradale, in modo da prevenire conseguenze più gravi, se non addirittura mortali, per le persone che ne abbiano subito gli effetti

In secondo luogo, deve osservarsi che la norma in esame delinea due specifici obblighi: “fermarsi” e “prestare l'assistenza occorrente a coloro che eventualmente abbiano subito un danno alla persona”. Solo l'omissione di una o di entrambe le condotte sopra indicate costituisce oggetto dei delitti rispettivamente descritti ai commi 6 e 7 dell'art. 189 cod. strada Qualsiasi altro comportamento, compresa l'ammissione di responsabilità, non può formare oggetto di incriminazione non essendo previsto dalla norma.

In terzo luogo, anche i beni giuridici protetti rispettivamente dal sesto e dal settimo comma dell'art. 189 cod. strada non implicano una confessione preprocessuale da parte dell'utente della strada, essendo la prima previsione finalizzata a garantire l'identificazione dei soggetti coinvolti nell'investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro, mentre la seconda è finalizzata a garantire che le persone ferite non rimangono prive della necessaria assistenza; beni entrambi riconducibili al diverso ed ulteriore bene di natura superindividuale della solidarietà sociale relativo alla protezione degli utenti della strada.

D'altro canto, è del tutto evidente che fermarsi per constatare il sinistro e fornire le proprie generalità, così come dare aiuto a chi è rimasto ferito, non equivale affatto ad assumere la responsabilità del sinistro e delle sue conseguenze.

Guida all'approfondimento

BALZANI-TRINCI, I reati in materia di circolazione stradale, Milano, 2016.

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