Omissione di atto d'ufficio e discrezionalità del pubblico ufficiale

Angelo Salerno
18 Ottobre 2019

Può il pubblico ufficiale valutare autonomamente, nell'esercizio della propria discrezionalità tecnica, la sussistenza dei presupposti che rendono doveroso l'atto dell'ufficio, in specie la visita a domicilio da parte del medico di guardia, il cui intervento sia stato richiesto dal privato?
Massima

In tema di omissione d'atto d'ufficio, la discrezionalità del sanitario, in specie un medico di guardia, nel valutare la necessità o meno di visitare il paziente, non esclude la possibilità per il giudice di sindacare se tale valutazione sia stata correttamente effettuata, al fine di accertare che non trasmodi nell'assunzione di deliberazioni ingiustificate e arbitrarie, rispetto alle quali la buona fede del sanitario non è dirimente, stante la natura di reato di pericolo della fattispecie penale.

Il caso

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto dall'imputato, condannato per il delitto di cui all'art. 328 c.p., a seguito del rifiuto, in qualità di medico addetto al servizio di continuità assistenziale presso la ASL territoriale (c.d. medico di guardia), di visitare sei minori di circa dieci anni e di nazionalità straniera, in vacanza presso una struttura turistica, che avevano accusato malesseri fisici.

In particolare, l'imputato, contattato nel cuore della notte dall'albergatore, si era intrattenuto al telefono per circa quindici minuti con quest'ultimo, ponendo numerose domande, anche ripetute, ed esprimendo commenti, senza accogliere la richiesta di recarsi urgentemente presso la struttura alberghiera per visitare i bambini che manifestavano nausea e vomito, al pari di due professori che li accompagnavano, successivamente soccorsi dal servizio emergenza del 118, intervenuto invece tempestivamente.

Nello specifico, l'imputato aveva inizialmente opposto un netto rifiuto, ritenendo di non dovere effettuare la visita domiciliare, e non aveva posto alcuna domanda specifica per indagare e approfondire le condizioni dei giovanissimi pazienti, sicché l'albergatore aveva interrotto la chiamata, spazientito, e aveva richiesto l'intervento del 118.

Avverso la condanna, confermata in appello, l'imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando (in disparte i motivi inerenti il travisamento della prova e il trattamento sanzionatorio) la violazione dell'art. 328 c.p. e il vizio di motivazione sulla ritenuta natura indebita del diniego, con particolare riferimento alla obbligatorietà e indifferibilità dell'atto dovuto, nonché alla sussistenza di un proprio spazio di discrezionalità scientifica per valutare l'opportunità o la necessità di compierlo. Tanto sulla base della ritenuta insussistenza di una situazione obiettiva di emergenza, esclusa dal sanitario a seguito di una valutazione discrezionale circa la necessità di un intervento immediato.

Nel contempo, l'imputato si duole dell'insussistenza della motivazione in ordine alla configurabilità dell'elemento psicologico del delitto, con riferimento alla consapevolezza dell'impellente necessità del compimento dell'atto, quanto alla volontarietà dell'indebito rifiuto di attivarsi, adducendo di avere valutato che la situazione non fosse grave e urgente al punto da imporre il suo tempestivo e improcrastinabile intervento.

La questione

La sentenza in esame affronta la questione della sussistenza in capo al pubblico ufficiale, nella specie un medico di guardia, di uno spazio di discrezionalità tecnica in merito alla sussistenza dei presupposti di doverosità dell'atto del proprio ufficio, con riferimento alla visita medica richiestagli.

Nel contempo viene sottoposta alla Corte di Cassazione la questione della rilevanza del convincimento in buona fede, da parte del sanitario, circa l'assenza di una situazione urgente e necessitata, ai fini dell'accertamento del dolo del delitto di omissione di un atto d'ufficio.

In particolare, può il pubblico ufficiale valutare autonomamente, nell'esercizio della propria discrezionalità tecnica, la sussistenza dei presupposti che rendono doveroso l'atto dell'ufficio, in specie la visita a domicilio da parte del medico di guardia, il cui intervento sia stato richiesto dal privato?

La valutazione in senso negativo della sussistenza di una situazione necessitata e urgente esclude il dolo del delitto di omissione di atti d'ufficio ex art. 328 c.p.?

Le soluzioni giuridiche

Nell'affrontare le predette questioni, la Corte di Cassazione muove dalla condotta punita ai sensi dell'art. 328, comma 1, c.p., consistente nel rifiuto di un atto dovuto per ragioni di sanità, allorché questo debba essere compiuto senza ritardo.

I giudici di legittimità ricostruiscono quindi il fondamento normativo dell'obbligo di attivarsi da parte del sanitario, individuato nel disposto dell'art. 13 del d.P.R. n. 41 del 1991, ai sensi del quale il medico che effettua il servizio di guardia deve rimanere a disposizione “per effettuare gli interventi domiciliari a livello territoriale che gli saranno richiesti” e, durante il turno di guardia, “è tenuto ad effettuare al più presto tutti gli interventi che gli siano richiesti direttamente dagli utenti”.

Nella motivazione della sentenza si rileva quindi che, pur potendo il sanitario valutare, sulla base della sintomatologia riferitagli, la necessità o meno di visitare il paziente, tale discrezionalità può essere oggetto di sindacato da parte del giudice penale, chiamato ad accertare se la scelta compiuta dal medico risulti ragionevole – anche alla luce dei protocolli sanitari applicabili – ovvero costituisca un mero pretesto per giustificare l'inadempimento dei propri doveri, apparendo ingiustificata e arbitraria.

Non è stata pertanto ritenuta dirimente la sussistenza della discrezionalità da parte del sanitario nel valutare la necessità della visita richiesta, essendo risultata priva di un ragionevole fondamento la scelta operata di non visitare i pazienti, come invece tempestivamente accaduto a seguito della richiesta di intervento del servizio del 118.

Tra gli elementi valorizzati dai giudici di legittimità assumono particolare rilevanza l'assenza di alcuna domanda specifica da parte dell'imputato circa le condizioni dei bambini, nonché il numero dei pazienti, la loro giovane età e la condizione dei visitatori stranieri, in assenza dei genitori e senza conoscere la lingua italiana, quali parametri di valutazione della irragionevolezza della scelta del medico di non recarsi presso la struttura alberghiera per visitarli.

Con riferimento invece all'elemento soggettivo del delitto, la Corte di Cassazione ha evidenziato che l'invocata – ma non dimostrata – buona fede del sanitario, che avrebbe agito nella convinzione dell'inesistenza di ragioni di urgenza, non consente di escluderne la colpevolezza, trattandosi di un reato di pericolo che si perfeziona ogni volta in cui sia denegato un atto obiettivamente non ritardabile e dovuto, in rapporto alla specifica qualità del pubblico ufficiale agente; presupposti, questi ultimi, che il sanitario era tenuto a verificare ed escludere, non potendo presumerne l'insussistenza.

Alla luce delle esposte considerazioni, la Corte di Cassazione ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Osservazioni

La sentenza in commento affronta la questione della sindacabilità da parte del giudice penale della discrezionalità, in specie tecnica, del pubblico ufficiale, confermando l'orientamento che riconosce tale potere al fine di valutare la ragionevolezza e la non arbitrarietà delle valutazioni in concreto operate.

Nella motivazione della sentenza, i giudici di legittimità evidenziano inoltre la natura di reato di pericolo del delitto di omissione di un atto d'ufficio, negando un rilievo “dirimente” alla convinzione del sanitario circa l'insussistenza della necessità e della urgenza dell'intervento richiesto.

Tali ultimi profili attengono all'elemento soggettivo del reato, doloso, e, in particolare, al momento della rappresentazione da parte del soggetto agente circa la sussistenza delle condizioni in presenza delle quali sussiste l'obbligo, penalmente rilevante, di attivarsi nel compimento dell'atto dovuto.

Deve tuttavia rilevarsi il carattere tranchant della soluzione accolta dalla Corte di Cassazione in merito all'irrilevanza dell'invocata buona fede da parte del sanitario, in merito all'insussistenza di una situazione di urgenza, che appare riconducibile prevalentemente alla mancata dimostrazione in giudizio di tale status, dal momento che non vengono approfonditi, in punto di diritto, gli eventuali margini di operatività dell'errore sul fatto, di cui all'art. 47 c.p., in cui il medico può astrattamente incorrere.

Nel caso di specie, infatti, gli elementi addotti dall'imputato – in specie la registrazione, a propria esclusiva firma, dell'asserito intervento tardivo e la propria presenza in loco al momento dell'intervento del 118 – non trovavano alcun riscontro probatorio, precludendo a monte la possibilità di valutare le doglianze del ricorrente in punto di colpevolezza, come confermato dalla dichiarata inammissibilità del ricorso.

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