Bigenitorialità: il giudizio prognostico del giudice

23 Ottobre 2019

Il principio di bigenitorialità è da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio. L'eventuale adozione di provvedimenti restrittivi nei confronti di un genitore si può giustificare soltanto in caso di...
Massima

Il principio di bigenitorialità è da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio. L'eventuale adozione di provvedimenti restrittivi nei confronti di un genitore si può giustificare soltanto in caso di incapacità, indegnità ed in ogni caso a tutela del diritto del minore ad una crescita sana ed equilibrata; tali provvedimento devono essere specificamente motivati.

Il caso

Il tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto pronuncia l'affidamento condiviso di una minore di due anni, con collocamento presso la madre e stabilendo che il padre la incontri e la tenga con sé per due fine settimana al mese.

Il padre propone reclamo alla Corte d'Appello di Messina, davanti alla quale lamenta anche una condotta ostracistica della madre e chiede l'assunzione di provvedimenti ex art 709-ter c.p.c.

Nel reclamo si sostiene che la mancata previsione di incontri infrasettimanali leda il diritto alla bigenitorialità.

La Corte d'Appello conferma la regolazione dell'affidamento, affermando che il provvedimento del giudice di primo grado è equilibrato e conforme all'interesse della minore.

Il padre ricorre in cassazione con due ordini di motivi: a) violazione dell'art. 337- ter c.c., 2,3, 29 e 30 Cost per lesione del diritto alla bigenitorialità; b) violazione art 132 cpc e 360 comma 1 n. 5 c.c. per mancanza di motivazione ed omesso esame di un fatto decisivo per la controversia.

Il ricorrente lamenta la ristrettezza dei tempi di relazione con la figlia che impedirebbe l'esercizio della comune responsabilità genitoriale; il giudice di merito non avrebbe motivato in ordine a tale restrizione del diritto di visita e non avrebbe preso in considerazione i fatti, decisivi per la controversia, posti a fondamento della domanda ex art 709-ter cpc.

La questione

La rilevante questione posta dal ricorso riguarda l'ampia discrezionalità del giudice di merito nella regolazione dell'affidamento condiviso, i criteri per l'esercizio di tale discrezionalità ed i limiti che deve incontrare.

L'interesse superiore del minore è certamente una clausola troppo generica per assicurare un concreto e stringente criterio, con il rischio che la motivazione si riduca al richiamo di una formula sacramentale e che “affidamento condiviso” divenga un mero nomen iuris, un'etichetta apponibile anche a situazioni in cui, in concreto, non c'è spazio per una reale condivisione della responsabilità genitoriale.

Le soluzioni giuridiche

La Corte accoglie il ricorso e rinvia al giudice d'appello per riesaminare la questione alla luce dei seguenti principi:

a) il diritto alla bigenitorialità richiede la presenza comune dei genitori nella vita del figlio;

b) l'adozione di provvedimenti restrittivi nei confronti dei genitori si può giustificare a tutela del minore, in quanto la posizione degli adulti ha un carattere recessivo rispetto al superiore interesse del minore stesso;

c) tali provvedimenti però, costituiscono quelle “restrizioni supplementari” delle quali la Corte EDU segnala costantemente la necessità di un rigoroso controllo, volto ad evitare il rischio di troncare la relazione;

d) il giudice di merito è tenuto ad una specifica motivazione quando adotta tali restrizioni;

e) è nulla la motivazione del giudice d'appello che richiama per relationem l'iter argomentativo del primo giudice senza sottoporlo ad un esame critico alla luce dei motivi di impugnazione.

La sentenza ha accertato sia la mancanza di una specifica motivazione rispetto ad un regime particolarmente restrittivo e sia l'omesso esame dei fatti posti a fondamento della domanda ex art 709-ter c.p.c., rilevanti sotto il profilo dell'idoneità genitoriale, quanto alla capacità di consentire l'accesso del figlio all'altro genitore.

Osservazioni

Il rispetto del diritto alla vita familiare nelle separazioni altamente conflittuali è un tema delicatissimo, come testimonia l'acceso dibattito sul d.d.l. Pillon.

Le norme consegnano al giudice delle relazioni familiari, come è giusto che sia, un ampia discrezionalità volta a garantire il godimento dei diritti relazionali con le modalità che realizzino il migliore interesse di ciascun minore.

Il d.d.l. Pillon, peraltro, ha subito forti critiche proprio per il tentativo di limitare la discrezionalità del giudice attraverso il criterio “salomonico” dei tempi paritetici.

D'altra parte, chi si aspetti che la discrezionalità del giudice si svolga in un perimetro ben segnato dal giudice di legittimità deve fare i conti con due indicazioni opposte provenienti dalla prima sezione nell'arco di cinque mesi. Secondo l'indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità: “In tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell'esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell'unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, nell'ambito dell'affidamento condiviso di un minore, aveva ritenuto di collocarlo preferibilmente presso il genitore il cui nucleo familiare, in quanto composto esclusivamente da adulti, avrebbe potuto prestargli maggiori attenzioni, garantendo al contempo al genitore non collocatario, pur residente in altra città, ampi periodi di tempo per tenere il figlio presso di sé)” (Cass. civ., sez. IV, 23 settembre 2019, n. 18817)

Con la sentenza 2219/2018, dopo aver ribadito la legittimità, nell'affido condiviso, dello schema "collocamento/regolazione dei rapporti", la Suprema Corte di Cassazione aveva precisato che la concreta regolazione dei rapporti col genitore non collocatario è insindacabile in sede di legittimità, tranne che nell'ipotesi che il giudice avesse “dichiarato di ispirarsi a principi differenti da quello dell'interesse del minore”.

Il caso era quello di un affidamento condiviso in cui il padre poteva incontrare il figlio per un solo pomeriggio alla settimana e la doglianza era la stessa del caso in esame: violazione o falsa applicazione della norma sull'affidamento condiviso.

Il ricorso veniva rigettato. Dunque se il giudice di merito è vincolato nella scelta tra condiviso ed esclusivo, una volta che pronuncia il condiviso è completamente libero nel modularne i contenuti; l'istituto è come una scatola vuota dove ci può stare sta dentro tutto, comprese situazioni in cui la condivisione della responsabilità genitoriale è solo un'astrazione giuridica.

Cinque mesi dopo la Corte di legittimità rileva come sia importante assicurare il rispetto del diritto alla bigenitorialità, sottolineando l'importanza della sua dimensione quantitativa: il tempo che figlio e genitori trascorrono insieme, godendo della reciproca compagnia, secondo l'espressione che legge nelle pronunce della Corte Edu sull'argomento.

Dalla giurisprudenza della Corte EDU viene ripreso il riferimento alle restrizioni suppletive”, che costituiscono un'ingerenza nella vita familiare, la cui ammissibilità è legata ai criteri di cui all'art 8 CEDU: deve essere prevista dalla legge, necessaria e proporzionata rispetto all'esigenza di tutela di una posizione almeno di pari rango rispetto al diritto compresso.

Il controllo di legittimità sul bilanciamento tra bigenitorialità (che rientra nel diritto alla vita familiare) ed altre esigenze di tutela del minore, può avvenire solo con un controllo sulla motivazione, che deve essere specifica, puntuale, stringente.

Da una parte, quindi, abbiamo un orientamento piuttosto formalista, che considera del tutto tranquillizzante il mero richiamo alla clausola dell'interesse del minore nella motivazione e non entra nel merito della declinazione in concreto dell'affidamento condiviso.

Dall'altra, un orientamento che potremmo definire human right based secondo il quale quando l'affidamento appaia condiviso solo nel nome, spetta al giudice di legittimità controllare se le restrizioni applicate dal giudice di merito risultino motivate come necessarie e proporzionate.

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