Il padre “assente” deve risarcire la figlia trascurata

Sabina Anna Rita Galluzzo
24 Ottobre 2019

Va condannato al risarcimento del danno nei confronti della figlia il padre che non ha adempiuto al proprio obbligo di mantenere, istruire ed educare qualora il suddetto inadempimento ha causato un complessivo disagio materiale e morale per quest'ultima e qualora da...
Massima

Va condannato al risarcimento del danno nei confronti della figlia il padre che non ha adempiuto al proprio obbligo di mantenere, istruire ed educare qualora il suddetto inadempimento ha causato un complessivo disagio materiale e morale per quest'ultima e qualora da tale disagio sono derivate una serie di ulteriori conseguenze pregiudizievoli, di carattere patrimoniale oltre che non patrimoniale, tra cui la scelta della stessa di interrompere anzitempo gli studi, che le ha certamente precluso delle possibilità di realizzazione professionale, con rilievo anche economico. In tale situazione, sussistendo la prova del danno (anche patrimoniale) e mancando la ragionevole possibilità di dimostrare la sua precisa entità, risulta certamente consentita la liquidazione di esso in via equitativa.

Il caso

La vicenda ha per protagonista una donna che agiva in giudizio nei confronti del padre per ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, derivanti dalla assunta violazione, da parte di quest'ultimo, dei suoi obblighi di genitore, in particolare, quello di mantenerla, istruirla ed educarla. La ragazza sosteneva che la totale assenza del padre nella sua vita aveva determinato difficoltà di vario genere nella serenità e, complessivamente, nello sviluppo della sua personalità, tra le cui ulteriori conseguenze vi è stata anche la sua scelta di una anticipata interruzione degli studi.

La domanda veniva accolta dal Tribunale di Messina, che liquidava un importo pari a quasi 67mila euro alla donna a titolo risarcitorio. Il provvedimento veniva poi confermato in corte d'Appello.

Il padre ricorreva allora in Cassazione. La Corte con il provvedimento in esame respinge il ricorso.

La questione

L'ordinanza della Cassazione ruota intorno alla possibilità di riscontrare ipotesi di danni in relazione ai doveri gravanti sui genitori nei riguardi dei figli. Il disinteresse del genitore nei confronti del figlio costituisce infatti non soltanto una grave violazione degli obblighi genitoriali ma, incidendo su beni fondamentali, integra anche un illecito civile e consente un'autonoma azione risarcitoria ex art. 2059 c.c. Si tratta del danno da deprivazione della figura genitoriale, inquadrabile nella più generale categoria del danno da illecito endofamiliare. Tale categoria comprende tutte le ipotesi in cui, nell'ambito di relazioni familiari, si realizzano lesioni ai diritti della persona costituzionalmente garantiti, in conseguenza di una violazione dei doveri familiari. In tal senso si sostiene che i diritti inviolabili della persona rimangono tali anche in ambito familiare, cosicché la loro lesione da parte di altro componente della famiglia può costituire presupposto di responsabilità aquiliana (Cass. civ., sez. I, 15 settembre 2011, n.18853). Si schiera in questo senso anche molta dottrina (si veda Sesta; Marcello).

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione, nella specie, nel rigettare il ricorso del padre si sofferma innanzitutto sul fatto che la sua responsabilità per i danni subiti dalla ragazza non può ritenersi esclusa o limitata dalla circostanza che anche la madre possa non aver correttamente adempiuto ai suoi doveri di genitore. In altri termini gli obblighi di mantenere, educare, istruire e assistere moralmente i figli gravano, dalla nascita, su ciascuno dei due genitori e non soltanto su quello convivente, o come espressamente affermato dalla Cassazione, su quello più attivamente "presente".

Il genitore che è stato “assente”, prosegue la Corte, durante la vita del figlio risponde delle conseguenze del suo inadempimento anche se l'altro era “presente” e non ha fatto nulla per richiamarlo ai suoi doveri. È infatti principio consolidato quello secondo cui il genitore che non ha riconosciuto il figlio alla nascita resta obbligato al suo mantenimento per il periodo anteriore alla pronuncia della dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, anche se fino a quel momento l'altro ha provveduto per intero, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori (Cass. civ, sez. I, 22 novembre 2013, n. 26205).

Inoltre, la responsabilità dell'uomo, sostiene la Cassazione, dipende non tanto dall'avere negato alla figlia il sostegno economico richiesto per laurearsi, ma, più in generale, dal non avere correttamente adempiuto ai propri obblighi genitoriali il che ha determinato per la ragazza una situazione di disagio e di generale difficoltà che ha, tra le altre conseguenze, causato la scelta di una anticipata interruzione degli studi.

In relazione poi nello specifico al danno patrimoniale la Corte sottolinea che la liquidazione dei pregiudizi "da perdita di chance" non può che avvenire attraverso il criterio equitativo, così come è stato fatto nella specie dalle corti di merito. Era stato infatti accertato che il fatto che il padre avesse trascurato la figlia per anni aveva causato un complessivo disagio materiale e morale per la ragazza, situazione che l'ha portata ad interrompere gli studi. Tale circostanza le ha precluso, precisano gli Ermellini, possibilità di realizzazione professionale con rilievi anche economici. In una siffatta situazione, pertanto, "sussistendo la prova del danno e mancando la ragionevole possibilità di dimostrare la sua precisa entità, risulta certamente consentita la liquidazione di esso in “via equitativa”.

Infine riguardo al danno non patrimoniale la Corte conclude sostenendo che era stato adeguatamente dimostrato, in sede di merito, il pregiudizio morale ed il pregiudizio all'integrità psichica subito dall'attrice in conseguenza dell'inadempimento del padre ai propri obblighi di genitore, ed erano state invece ritenute assenti ulteriori concause.

L'ordinanza in esame si inserisce in un filone giurisprudenziale e dottrinale che, da tempo, ha riconosciuto il danno da privazione della figura genitoriale. Tale danno si realizza nell'ipotesi di mancanza di uno dei due genitori e pertanto di lesione del diritto alla bigenitorialità, ossia nella privazione del diritto di ogni figlio ad avere un padre ed una madre e a poter contare sul loro aiuto non solo economico ma anche affettivo (App. Bari 29 settembre 2011).

In questo contesto la giurisprudenza, soprattutto di merito, ha riscontrato ipotesi di danni in relazione alla violazione dei doveri nascenti dal rapporto di filiazione (mantenimento, educazione, istruzione e assistenza) e ha affermato la responsabilità del genitore che si disinteressa dei figli, ignorandone le esigenze o facendo mancare loro i mezzi di sussistenza. Il rifiuto del genitore di avere rapporti con il figlio lede infatti un diritto soggettivo di quest'ultimo, diritto che ha, senza dubbio, un rango primario ed è, come tale, suscettibile di dar luogo a risarcimento del danno anche non patrimoniale in caso di lesione, interessando situazioni di rilievo costituzionale (Trib. Milano 13 marzo 2017). Ciò avviene sia nel caso di rifiuto di riconoscere il figlio, una volta accertata la genitorialità biologica (Trib. Matera 7 dicembre 2017, n. 1370), che nel caso di disinteresse e trascuratezza della prole pur riconosciuta alla nascita (Cass. civ., sez. VI, 13 febbraio 2015, n. 3079).

Peraltro, secondo un orientamento giurisprudenziale, la violazione degli obblighi genitoriali, può integrare gli estremi dell'illecito civile e dare luogo ad un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ex art. 2059 c.c. solamente qualora provochi lesione di diritti costituzionalmente protetti, ossia nel caso del cd. danno- conseguenza (Cass. civ., sez. VI, 13 febbraio 2015, n. 3079).

D'altro canto si sostiene invece che l'assenza di un genitore nella vita del figlio genera indubbiamente molteplici ripercussioni negative per quest'ultimo, tra cui scompensi affettivi e la privazione di sostegno psicologico e di guida, oltre ad inevitabili ricadute nella sfera della vita di relazione. Per cui la prova in ordine al totale disinteresse del genitore nei confronti del figlio, estrinsecatosi nella violazione degli obblighi connessi alla responsabilità genitoriale, genera una lesione dei diritti fondamentali del figlio che trovano nella carta Costituzionale (artt. 2 e 30) e nelle norme di diritto internazionale un elevato grado di riconoscimento e tutela. Sotto tale profilo, precisa la giurisprudenza, l'integrale perdita del rapporto parentale deve essere risarcita per il fatto in sé della lesione (Trib. Roma 954/2017). Fondamentale in questo contesto è stata la sentenza 7713 del 2000 con la quale la Cassazione aveva ravvisato nella condotta del genitore che si disinteressa del figlio una lesione in sé dei diritti fondamentali della persona, inerenti alla qualità di figlio e di minore, facendo rientrare simile pregiudizio nella categoria del danno-evento, che va risarcito indipendentemente dal requisito di patrimonialità caratterizzante i danni-conseguenza.

Va comunque rilevato che il danno causato al figlio non deve essere necessariamente economico. É stato infatti, a mero titolo esemplificativo, condannato al risarcimento del danno non patrimoniale al figlio un padre, che era stato assente durante tutto il corso della sua vita, benché in regola con il pagamento del contributo mensile (Trib. Cassino, 832/2016). Nonostante infatti il benessere economico il totale disinteresse del genitore nei confronti del figlio e la mancanza di una figura genitoriale protrattasi per tutta la vita determina un'inguaribile ferita nell'individuo e una lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione.

Nel panorama giurisprudenziale significativo è stato altresì un provvedimento di merito (Trib. Milano 2938/2017) che ha condannato al risarcimento del danno, stabilito in via equitativa, nella somma di 100 mila euro il padre che aveva rifiutato ogni contatto con il figlio disabile. Nella specie il Tribunale aveva sottolineato che la condotta paterna, caratterizzata dal rifiuto di ogni approccio e contatto con il figlio disabile era stata particolarmente odiosa in quanto motivata proprio dalla sua disabilità. Configurava pertanto un illecito rappresentando una perdita per il figlio incidendo significativamente sulla sua delicata identità personale.

Osservazioni

Rientra tra le ipotesi di danno da privazione della figura genitoriale anche la responsabilità del genitore che ostacola i rapporti tra il figlio e l'altro. È stata in tal senso, più volte, affermata la responsabilità dell'affidatario della prole venuto meno al dovere di non ostacolare, ma anzi di favorire la partecipazione dell'altro genitore alla crescita e alla vita affettiva del figlio. Il genitore che ha allontanato l'altro deve dunque risarcire il figlio per averlo privato di una figura importante per la sua crescita, privazione che nuoce allo sviluppo della personalità del bambino (App. Firenze, 29 agosto 2007). È stato altresì varie volte sancito un diritto al risarcimento del danno morale e biologico del genitore non affidatario di fronte alla condotta ostruzionistica dell'altro che gli impedisca costantemente e senza alcun adeguato motivo di visitare la prole e di permanere con essa (Trib. Roma 13 giugno 2000; Trib. Roma 3 maggio 2000; Trib. Massa, 27 gennaio 2005).

Guida all'approfondimento

Sesta, Il danno nelle relazioni familiari tra risarcimento e finalità punitiva, in Famiglia e diritto, 2017;

Marcello, Responsabilità genitoriale e danno endofamiliare, in Giur. It., 2015, 2333.

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