PresunzioniFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 116
04 Novembre 2019
Inquadramento
L'art. 2727 c.c. definisce le presunzioni come le conseguenze che la legge o il giudice traggono da un fatto noto per risalire ad un fatto ignoto, che costituisce il fatto primario controverso da provare in giudizio (Picardi 2019, § 157). Pertanto, la prova critica o indiziaria è una prova in senso pieno e non un argomento di prova in quanto il fatto secondario deve essere dimostrato attraverso gli ordinari mezzi di prova e, soltanto in seguito, il giudice effettuerà un ragionamento mediante il quale potrà dichiarare l'esistenza o l'inesistenza del fatto primario e rilevante ai fini della decisione (Luiso 2019, II, 71). In sostanza, come evidenziato anche in giurisprudenza, la prova per presunzioni nel giudizio civile ha la stessa valenza della prova diretta, i.e. la rappresentazione del fatto storico, trattandosi di un argomento logico mediante il quale si risale dal fatto noto, che deve essere provato in termini di certezza, al fatto ignoto, senza che tuttavia occorra che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità, ossia che il rapporto di dipendenza logica fra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua dei canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza (Trib. Milano, 3 ottobre 2009 n. 11786, in Giustizia a Milano, 2009, n. 10, 71). Presunzioni legali assolute
L'art. 2728, comma 2, c.c. stabilisce che contro le presunzioni sul fondamento delle quali la legge dichiara nulli certi atti o non ammette l'azione in giudizio non può essere data prova contraria, salvo che questa sia consentita dalla legge stessa. In realtà, la tecnica normativa delle presunzioni assolute è ormai poco invalsa nel diritto positivo, finendo con il risolversi in una “barocca tecnica di redazione di una norma di diritto sostanziale” (così Luiso 2019, II,77). Invero, le presunzioni assolute attengono al diritto sostanziale perché finiscono per connotare direttamente il modo di essere di un determinato istituto (Picardi 2019, § 157.1). Esempio canonico di presunzione legale assoluta è quella stabilita dall'art. 599 c.c. secondo cui in tema di capacità a ricevere per testamento sono nulle le disposizioni a vantaggio di alcune persone, anche se effettuate sotto nome di interposta persona. Più ricorrenti sono le presunzioni legali contrastabili soltanto mediante alcune prove, nell'ambito delle quali rientrano, ad esempio, le prescrizioni cd. presuntive, che possono essere superate soltanto con il giuramento. Come è stato recentemente evidenziato nella prassi applicativa, le prescrizioni presuntive devono essere infatti distinte dalle presunzioni ordinarie in quanto quelle presuntive non determinano l'estinzione dell'obbligazione ma si limitano a stabilire una presunzione iuris tantum di avvenuto pagamento del debito, sicché colui che la oppone si espone al rigetto della stessa non solo se ammette di non aver estinto l'obbligazione ma anche se contesta l'insorgenza di essa, mentre la prescrizione ordinaria si basa invece sul mero decorso del tempo che estingue il debito, non limitandosi a presumere il pagamento del debito, così che il debitore può giovarsene liberandosi dalla pretesa sia che contesti l'esistenza del credito sia che ammetta di non aver adempiuto l'obbligazione (cfr. Trib. Taranto, 18 luglio 2019).
Presunzioni legali relative
Le presunzioni legali relative trovano il proprio fondamento normativo nell'art. 2728, primo comma, c.c. secondo cui «le presunzioni legali dispensano da qualunque prova coloro a favore dei quali esse sono stabilite»: pertanto, la presunzione finisce con il determinare l'inversione dell'onere della prova rispetto alla regola generale posta dall'art. 2697 c.c. che pone su colui il quale propone una domanda in giudizio l'onere di dimostrare i fatti costitutivi posti a fondamento della stessa. Le presunzioni legali relative sono molto numerose. Ad esempio, la cointestazione di un conto corrente, attribuendo mediante l'art. 1854 c.c. agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto sia nei confronti dei terzi, che nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell'oggetto del contratto (art. 1298, comma secondo, c.c., ma tale presunzione dà luogo soltanto all'inversione dell'onere probatorio, e può essere superata attraverso presunzioni semplici - purché gravi, precise e concordanti - dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa (cfr. Cass. civ., 5 dicembre 2008, n. 28839, la quale ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto detta presunzione di contitolarità superata dalla prova documentale dell'esclusiva provenienza del denaro da uno solo dei contestatari del conto; sul deposito bancario di titoli in amministrazione cointestato ai coniugi v., in termini analoghi, Cass. civ., 24 febbraio 2010, n. 4496).
Presunzioni semplici
Ai sensi dell'art. 2729 c.c. le presunzioni non stabilite dalla legge sono rimesse al prudente apprezzamento del giudice, che, tuttavia, deve vagliarne la gravità, precisione e concordanza. Una recente pronuncia della Suprema Corte ha sottolineato, quanto ai criteri di formazione della prova critica di cui all'art. 2729 c.c., che: la "precisione" va riferita all'indizio costituente il punto di partenza dell'inferenza e postula che esso sia ben determinato nella realtà storica; la "gravità" va ricollegata al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto che, sulla base della regola d'esperienza adottata, è possibile desumere da quello noto; la "concordanza", infine, richiede che il fatto ignoto sia, di regola, desunto da una pluralità di indizi gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza (Cass. civ., 7 giugno 2019, n. 15454). Le presunzioni semplici costituiscono la prova critica o indiziaria per eccellenza poiché il giudice mediante il riferito procedimento logico, attraverso massime di comune esperienza, risale dal fatto noto secondario al fatto ignoto primario da provare. Pertanto, il ragionamento induttivo deve essere compiuto tenendo conto dell'id quod plerumque accidit, ossia di quello che di norma accade, in un determinato momento storico, a fronte della verificazione di un determinato fatto (Luiso 2019, II, 81). L'efficacia concreta della prova presuntiva dipende, poi, dalla forza del rapporto che lega il fatto noto a quello ignoto (Picardi 2019, § 157.2). In sostanza, in materia di presunzioni c.d. semplici, è riservata al giudice di merito la valutazione discrezionale della sussistenza sia dei presupposti per il ricorso a tale mezzo di prova, sia dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, ossia quali circostanze idonee a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell'id quod plerumque accidit, sicché l'unico sindacato riservato in proposito al giudice di legittimità è quello sulla congruenza della relativa motivazione (Cass. civ., 5 ottobre 2010, n. 20665). Gli elementi assunti a fonte di prova non debbono essere necessariamente più d'uno, potendo il convincimento del giudice fondarsi anche su di un solo elemento purché grave e preciso, dovendo il requisito della «concordanza» ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale ma non necessario concorso di più elementi presuntivi (cfr. Cass. civ., 29 settembre 2009, n. 17574; Cass. civ., 11 settembre 2007, n. 19088).
La prova per presunzioni semplici, peraltro, è assoggettata alle stesse limitazioni oggettive previste dagli artt. 2721 e ss. c.c. per la prova testimoniale. Ne deriva che la prova presuntiva non può essere utilizzata per dimostrare l'esistenza di un contratto avente forma scritta ad probationem (pertanto, si è affermato, ad esempio, che l'esistenza del contratto di transazione, dovendo essere provata per iscritto, non può essere desunta da mere presunzioni semplici, con la conseguenza che la sola circostanza che il locatore ed il conduttore, prima della scadenza della locazione, si siano accordati in merito alle modalità di riconsegna dell'immobile, non costituisce prova della risoluzione consensuale del contratto: v., tra le altre, Cass. civ., 30 maggio 2008, n. 14469; rispetto al contratto di assicurazione cfr. Trib. Cosenza, sez. I, 17 giugno 2019, n. 1263). Spetta quindi al giudice di merito valutare l'opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, mediante un apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità. Inoltre la censura per vizio di motivazione in ordine all'utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l'assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (v., tra le altre, Cass. civ., 2 aprile 2009, n. 8023; Cass. civ., 11 maggio 2007, n. 10847). Per altro verso, sempre in ordine al controllo operato in sede di legittimità sul ragionamento presuntivo effettuato dal giudice di merito, si è affermato che qualora lo stesso sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a tali requisiti, il relativo ragionamento è censurabile ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c. (e non già alla stregua del n. 5 dello stesso art. 360), competendo alla Corte di cassazione, nell'esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell'art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell'applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta (Cass. civ., 26 giugno 2008 n. 17535).
Riferimenti
|