Convivenza provata con l’autocertificazione

Redazione Scientifica
12 Novembre 2019

L'Agenzia delle Entrate ritiene che la qualifica di convivente di fatto ex l. 76/2016 spetti anche a chi è residente anagraficamente in luogo diverso da quello ove si è svolta la convivenza e possa essere oggetto di semplice autocertificazione.

Tizio, erede, assieme alla sorella, di Caio, ha richiesto, con istanza di interpello all'Agenzia delle Entrate di precisare se a) Sempronia, residente anagraficamente in comune limitrofo a quello ove viveva Caio potesse essere considerata come convivente di fatto, ai sensi dell'art. 42 l. 76/2016, sul solo presupposto della coabitazione, peraltro protrattasi nel tempo; b) fosse possibile inserire nella dichiarazione di successione del defunto fratello anche la convivente superstite quale titolare del diritto di abitazione, pur in assenza, al momento dell'apertura della successione, della residenza anagrafica presso la casa del de cuius.

Stabile convivenza provata con autocertificazione. L'Agenzia osserva che la l. 76/2016, disciplinante le unioni civili e le convivenze di fatto, stabilisce che ai fini della stabile convivenza si debba fare riferimento alla dichiarazione anagrafica contenuta nel D.p.r. n. 223/1989. Purtuttavia, anche in forza di quanto precisato dalla circolare n. 7 /2018 in tema di detrazioni per ristrutturazioni, la qualifica di convivente può anche essere oggetto di autocertificazione e dunque riconosciuta qualora il dato anagrafico sia in contrasto con la situazione di fatto.

Al convivente non proprietario riconosciuto il diritto al godimento del bene. L'Agenzia precisa altresì che diritto di abitazione -riconosciuto al convivente di fatto alla more dell'altro per un periodo a due anni o pari alla convivenza ma non superiore a 5- ha natura di diritto personale di godimento, come precisato dalla Suprema Corte nella sentenza Cass. 10377/2017 («la convivenza more uxorio dà vita ad un autentico «consorzio familiare» e determina sulla casa di abitazione, ove si attua il progetto di vita comune, un potere di fatto sul bene proprio del convivente, tale da assumere i connotati della detenzione qualificata, legittimando il convivente non proprietario alla tutela possessoria e consentendogli di esperire azione di spoglio. Tale situazione giuridica è riconducibile ad un diritto personale di godimento che viene acquistato dal convivente mediante la coabitazione la condivisione di un progetto familiare comune, e quindi attraverso la destinazione dell'immobile all'uso abitativo dei conviventi»).

Non trattandosi di legato – giusta l'assenza di una precisa disposizione testamentaria- secondo l'Agenzia delle Entrate «deve escludersi che…debba essere indicato nella dichiarazione di successione» proprio perché «diritto personale di godimento attribuito ad un soggetto che non è erede o legatario».

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