Interesse superiore del creditore ed accessorietà della domanda di obbligazione alimentare: un nuovo pronunciamento della Corte di Giustizia

Paolo Bruno
13 Novembre 2019

Laddove il giudice di uno Stato membro sia investito di più domande, aventi ad oggetto lo status dei coniugi, la responsabilità genitoriale e gli obblighi di mantenimento nei confronti del figlio minore, la dichiarazione di incompetenza con riguardo alla domanda relativa alla responsabilità genitoriale non impedisce a detto giudice di pronunciarsi sull'obbligazione alimentare.
Massima

Laddove il giudice di uno Stato membro sia investito di più domande, aventi ad oggetto lo status dei coniugi, la responsabilità genitoriale e gli obblighi di mantenimento nei confronti del figlio minore, la dichiarazione di incompetenza con riguardo alla domanda relativa alla responsabilità genitoriale non impedisce a detto giudice di pronunciarsi sull'obbligazione alimentare laddove egli sia anche il giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza abituale oppure il giudice davanti al quale quest'ultimo è comparso senza eccepirne l'incompetenza

Il caso

Una coppia di nazionalità romena dà alla luce un figlio a Belfast (Regno Unito). Un anno più tardi si separano, ed il padre fa ritorno in Romania mentre la madre – che continua a vivere nel Regno Unito con il figlio – introduce in Romania un giudizio di divorzio, nell'ambito del quale chiede al giudice di pronunciarsi anche sull'affido esclusivo del minore e sull'assegno di mantenimento a questi dovuto da parte del padre.

A seguito di contestazione della competenza da parte del convenuto, il giudice romeno da un lato si dichiara competente in ordine alla domanda di divorzio (in quanto giudice della comune cittadinanza dei coniugi, ex art.3, par. 1, lett. b del Reg. Bruxelles II-bis) e dall'altro incompetente con riguardo alla domanda sull'esercizio della responsabilità genitoriale, stante la residenza del minore nel Regno Unito. Dubitando sulla propria competenza in ordine alla domanda di alimenti, rimette alla Corte di Lussemburgo la decisione circa il rapporto tra i criteri di competenza indicati all'art.3 del Reg. (CE) n.4/2009 lett. a) e d) e quello di cui all'art.5 dello stesso Regolamento.

La questione

La questione di diritto rimessa ai giudici di Lussemburgo verte, in sostanza, sul rapporto intercorrente tra i criteri di giurisdizione stabiliti dagli artt.3, lett. a) e d) e 5 del Reg. (CE) n. 4/2009 che individuano la competenza, rispettivamente ed alternativamente, in capo al giudice della residenza abituale del convenuto o a quello competente a conoscere della responsabilità genitoriale o a quello di fronte al quale è comparso il convenuto senza eccepire l'incompetenza. In particolare, il giudice del rinvio dubita della possibilità di ritenere la competenza sulla domanda di mantenimento, essendosi già dichiarato incompetente con riguardo alla domanda di affido, in una situazione di accessorietà della prima rispetto alla seconda ed alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia sul punto.

Le soluzioni giuridiche

Il percorso motivazionale, con cui la Corte di Giustizia arriva a dichiarare possibile che il giudice incompetente a decidere sulla responsabilità genitoriale decida invece la domanda di mantenimento del minore, parte dalla constatazione che i criteri generali di competenza scolpiti nell'art.3 del Regolamento obbligazioni alimentari sono tra loro alternativi proprio al fine di consentire al creditore di optare per la giurisdizione a lui più favorevole, e che il criterio di cui all'art.5 (competenza fondata sulla comparizione del convenuto) è da considerarsi altresì generale rispetto ai primi, sempre in un'ottica di favor creditoris, come testimonia la sua formulazione (“oltre che nei casi in cui la sua competenza risulta da altre disposizioni del presente regolamento”).

Ciò posto, i giudici di Lussemburgo chiariscono che nella precedente occasione in cui hanno avuto modo di pronunciarsi sullo stesso tema (Corte di giustiza UE, sez. III, 16 luglio 2015, A., C-184/14) la Corte si era soffermata solo sul rapporto tra le lett. a) e d) dell'art.3, esplorando il concetto di accessorietà della domanda alimentare rispetto alle sole domande in tema di status e di affido, e non anche rispetto a tutti gli altri possibili criteri di competenza concorrenti. Essi constatano anche che il Regolamento in parola non conosce la possibilità di dichiararsi incompetenti in favore del giudice più indicato a conoscere della causa, come invece è possibile in virtù del Reg. Bruxelles II-bis, e che detto strumento di cooperazione nutre uno stretto rapporto con il protocollo dell'Aia sulle obbligazioni alimentari il quale consente – di fatto – una coincidenza tra forum e ius per effetto della possibilità di scegliere quale legge applicabile quella del giudice di residenza del convenuto; in tale ottica, dunque, la declaratoria di accessorietà della domanda alimentare rispetto alla sola domanda di responsabilità genitoriale (per la quale sarebbe competente un giudice diverso da quello della residenza del convenuto) priverebbe il creditore di un adeguato strumento di tutela dei propri interessi.

La Corte conclude, pertanto, nel senso che il giudice dichiaratosi incompetente sulla domanda relativa alla responsabilità genitoriale (per non essere il giudice del luogo di residenza del minore) può legittimamente ritenersi competente sulla domanda di obbligazione alimentare laddove esso sia il giudice del luogo di residenza abituale del convenuto oppure il giudice davanti al quale il convenuto è comparso senza eccepire l'incompetenza.

Osservazioni

La pronuncia in commento, invero molto chiara nel tratteggiare i rapporti tra criteri generali e alternativi di giurisdizione nel Regolamento sulle obbligazioni alimentari, di fatto contraddice – se non il dispositivo – almeno parte della motivazione della precedente sentenza del 2015 che, sulla stessa tematica dell'accessorietà della domanda di mantenimento, aveva legato indissolubilmente detta domanda a quella sulla responsabilità genitoriale.

Non contraddice il dispositivo giacché in quella pronuncia la Corte si era occupata del rapporto tra le sole lettere c) e d) dell'art.3, ovvero della prevalenza – a parità di condizioni – della domanda in tema di affido rispetto a quella di status, ritenendo che l'obbligo di mantenimento potesse essere meglio accertato e quantificato dal giudice che doveva occuparsi della responsabilità genitoriale; ma certamente una parte non irrilevante della motivazione, in quanto nella prima decisione i termini con cui era stata descritta l'opportunità di concentrare la competenza sulle due domande in capo al giudice della responsabilità genitoriale, e non a quello dello status, erano stati tratteggiati in modo talmente perentorio da non lasciar intravedere alcun margine per una diversa interpretazione.

È ben vero, come dice oggi la Corte, che nella causa C-184/14 il thema decidendum non si estendeva all'esame della compatibilità tra i criteri generali dell'art.3 e quelli alternativi posti dallo stesso regolamento; è anche vero, però, che nel primo pronunciamento i giudici di Lussemburgo avevano giudicato la domanda relativa alle obbligazioni alimentari come “per sua natura (…) intrinsecamente legata all'azione per responsabilità genitoriale” e detto giudice “nella posizione migliore per valutare in concreto gli interessi in gioco”. Tale ultimo giudice, peraltro, era irrefutabilmente considerato quello dotato della “migliore conoscenza degli elementi essenziali per la valutazione della sua domanda” anche in considerazione del “tenore letterale, degli obiettivi perseguiti e del contesto nel quale l'art.3 del regolamento n.4/2009 si inserisce”. Tutto ciò per concludere che la domanda sull'obbligazione alimentare “può essere considerata accessoria solamente all'azione in materia di responsabilità genitoriale”.

Orbene, non si intende mettere qui in discussione l'approdo più recente: si è già anticipato che il ragionamento della Corte è del tutto condivisibile, e tratteggia limpidamente il rapporto tra titoli generali (anche alternativi) di competenza. Viene però da chiedersi se il capovolgimento di fronte derivi dalla differenza sostanziale tra la situazione di fatto che caratterizzava le due vicende (coniugi entrambi residenti nello stesso Stato membro, nella causa C-184/14; residenti in diversi Stati membri nella pronuncia qui in commento) oppure se la Corte abbia inteso in qualche modo “correggere il tiro” rispetto ad una precedente decisione un po' troppo lapidaria. La sensazione è che entrambi i fattori abbiano giocato un ruolo nella decisione del caso concreto. Effettivamente in caso di genitori residenti nello stesso Stato membro la Corte non aveva avuto necessità di verificare l'applicabilità del criterio della residenza del convenuto, né dell'art.5 (che rileva solo quando un giudice sia incompetente alla stregua dei criteri di cui all'art.3).

Tuttavia, se c'è un aspetto che pare essere stato diversamente considerato, nel caso di specie, è quello del rapporto intercorrente tra l'interesse superiore del minore e l'interesse del creditore. Il primo diviene recessivo rispetto al secondo, che è invece considerato preminente alla stregua della ratio che informa il complesso delle disposizioni del Reg. (CE) n.4/2009: consentire al creditore di alimenti di soddisfare agevolmente ed efficacemente le proprie pretese nel contesto di una corretta amministrazione della giustizia. Nel caso specifico, correttamente la Corte ha lasciato intendere che – non avendo il Regno Unito aderito al Protocollo dell'Aia del 2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari – per il creditore l'essere costretto ad instaurare la causa nel Regno Unito (over il minore aveva la residenza) piuttosto che in Romania (Paese di residenza del convenuto) avrebbe comportato, quale conseguenza non auspicata, l'impossibilità di scegliere la legge applicabile e la necessità di sottoporre la decisione finale al procedimento di exequatur. Da qui la possibilità – auspicata dall'Avvocato Generale Szpunar – per il giudice della residenza del convenuto, competente sullo status, di non dover declinare la giurisdizione e di chiedere al creditore-attore se preferisca mantenere ferma la propria domanda di determinazione dell'obbligo alimentare, e la conseguente decisione della Corte di riconoscere che in caso di risposta positiva esso giudice possa legittimamente ritenere la competenza sulla domanda medesima.

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