Il licenziamento nella fase prenotativa del concordato

Clara Frattini
15 Novembre 2019

Il caso riguarda un licenziamento intimato nella fase prenotativa di un concordato preventivo ai sensi dell'art. 161, comma 6, l.fall.. Sorto l'obbligo–diritto al “preavviso”, durante tale periodo i dipendenti non vengono esonerati dal prestare lavoro, tuttavia, in mancanza di necessità, non viene loro richiesto di lavorare. Il fatto che durante il periodo di preavviso alcuni dipendenti lavorino, altri lavorino saltuariamente, altri non lavorino, incide ai fini della determinazione della natura del credito?

Il caso riguarda un licenziamento intimato nella fase prenotativa di un concordato preventivo ai sensi dell'art. 161, comma 6, l.fall.. Sorto l'obbligo–diritto al “preavviso”, durante tale periodo i dipendenti non vengono esonerati dal prestare lavoro, tuttavia, in mancanza di necessità, non viene loro richiesto di lavorare. Il fatto che durante il periodo di preavviso alcuni dipendenti lavorino, altri lavorino saltuariamente, altri non lavorino, incide ai fini della determinazione della natura del credito?

Riferimenti normativi. La soluzione del quesito in oggetto involge l'esame logico-sistematico delle seguenti norme: art. 161, commi 6 e 7, l. fall. (Domanda di concordato), art. 2741, comma 1 bis c.c., art. 2751-bis n. 1 c.c. (Crediti per retribuzioni e provvigioni, crediti dei coltivatori diretti, delle società od enti cooperativi e delle imprese artigiane), art. 111 l. fall. (Ordine di distribuzione delle somme), art. 2118 c.c. (Recesso dal contratto a tempo indeterminato), art. 2119 c.c. (Recesso per giusta causa).

La questione. Il quesito verte sulla natura privilegiata ovvero prededucibile del credito di lavoro connaturato al periodo di preavviso in caso di licenziamento durante la fase prenotativa del concordato preventivo, di cui all'art. 161, comma 6, della Legge Fallimentare.

Che i crediti, così sorti, siano da considerarsi almeno privilegiati, ai sensi dell'art. 2751-bis c.c. non sembra dubbio. Quid iuiris, tuttavia,nel caso in cui i licenziamenti siano stati intimati nella fase prenotativa di cui sopra, e ciò alla luce del fatto che il VII comma dell'art. 161 della Legge Fallimentare introduce un'ipotesi di credito prededucibile per “effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore” ? E quid iuris nel caso in cui i lavoratori licenziati siano lasciati liberi di lavorare o meno durante il periodo di preavviso ?

La lettera della legge non lascia grandi margini di interpretazione, dal momento che si riferisce genericamente a tutti gli atti “legalmente compiuti dal debitore” e, quindi, dovrebbe afferire anche al credito connaturato al diritto alla indennità di mancato preavviso in caso di licenziamento, in quanto atto appunto compiuto dal debitore/imprenditore/datore di lavoro.

Se così non fosse, ovvero se la ratio legis non fosse teleologicamente orientata ad abbracciare anche l'ipotesi in questione, allora sarebbe necessaria o una interpretazione autentica da parte del legislatore o una interpretazione costituzionalmente orientata, più che una interpretazione di legittimità.

In un contesto di tal genere non rileva se i lavoratori abbiano o meno prestato attività lavorativa, in quanto tertium non datur: o il diritto di credito connaturato al preavviso è in nuce prededucibile oppure non lo è.

E' vero che i casi di prededuzione costituiscono un numero chiuso, in quanto derogano al principio della par condicio creditorum e dovrebbero, quindi, essere oggetto di un'interpretazione estremamente restrittiva, ma nella fattispecie che ci occupa una diversa interpretazione sarebbe in contrasto con il dato letterale della legge.

Infine, ci si potrebbe chiedere se la sussumibilità del credito in parola nell'alveo della prededuzione integri il requisito della funzionalità/strumentalità rispetto alla procedura concorsuale, a prescindere dagli esiti della stessa, come richiesto da un recente orientamento giurisprudenziale per un caso simile (cfr. Cass. 06.03.2018, n. 5254). Anche in tale ipotesi la risposta non può che essere positiva, dal momento che la norma riguarda appunto “atti legalmente compiuti dal debitore”.

E se gli atti compiuti dal debitore non fossero, tuttavia, legalmente tali? La prededuzione allora potrebbe non essere assistita da una norma di legge, con la conseguenza, tuttavia, che i lavoratori si troverebbero ad essere pregiudicati per fatto e colpa del debitore-imprenditore e si troverebbero ad essere tutelati solo dal privilegio. Ecco, quindi, un punto di diritto ulteriore sul quale un intervento legislativo o di interpretazione costituzionalmente orientata potrebbe avere un senso.

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