Lavori straordinari svolti nel condominio minimo: il silenzio del condomino non costituisce consenso tacito al contratto di appalto

Maurizio Tarantino
20 Novembre 2019

Chiamato ad accertare l'obbligo di contribuzione di un condomino proprietario di un garage di un condominio minimo, il Tribunale adìto ha evidenziato che il silenzio tenuto da questo in relazione ai lavori della facciata principale non poteva assumere in modo inequivoco il significato di ratifica tacita dell'operato della ditta o del c.d. silenzio circostanziato al fine della manifestazione di un consenso tacito al contratto di appalto, poiché ciò presupporrebbe quanto meno la prova della consapevolezza, da parte di tale soggetto, di essere tenuto a contribuire per i lavori di rifacimento della facciata, il che non poteva affermarsi nel caso di specie non essendovi la prova che egli avesse una simile consapevolezza. Inoltre, nell'ipotesi di c.d. piccolo condominio, le spese necessarie alla conservazione o alla riparazione della cosa comune devono essere oggetto di regolare delibera adottata previa rituale convocazione dell'assemblea dei condomini, della quale non costituisce valido equipollente il mero avvertimento, o la mera o comunicazione all'altro condomino della necessità di provvedere a determinati lavori. Per tali motivi, il decreto ingiuntivo della ditta è stato annullato.
Massima

Nell'ipotesi di c.d. piccolo condominio, le spese necessarie alla riparazione della cosa comune devono essere oggetto di regolare delibera adottata previa rituale convocazione dell'assemblea dei condomini, della quale non costituisce valido equipollente la comunicazione all'altro condomino della necessità di provvedere a determinati lavori. Ne consegue che, in mancanza di assenso dell'altro condomino, l'impresa esecutrice non può agire direttamente nei confronti di questo, affermando essersi trattato di lavori urgenti.

Il caso

Il Giudice di Pace aveva respinto l'opposizione di Tizio (condomino di un piccolo condominio) avverso il decreto ingiuntivo emesso a proprio carico per la quota parte di lavori edili eseguiti dalla ditta appellata.

Contro tale decisione, Tizio ha proposto appello eccependo di non essere stato mai reso edotto della volontà di eseguire i lavori, i quali, del resto, non avevano interessato la facciata del suo garage; inoltre, contestava di non aver mai ricevuto inviti ad assemblea e, in particolare, l'inesistenza in atti di alcuna delibera.

Costituendosi in giudizio, l'impresa edile ribadiva quanto già affermato nel corso del primo grado di giudizio e cioè che le decisioni nell'àmbito del condominio erano state adottate senza formalità, non essendovi un amministratore; di talché, Tizio era tenuto al pari degli altri condomini alle spese di manutenzione della facciata dell'immobile, trattandosi di muri maestri ex art. 1117 c.c. Inoltre, secondo la ditta appellata, il condomino era stato pienamente informato circa la necessità di provvedere ai lavori urgenti di rifacimento della facciata e non aveva mai contestato la fattura emessa a suo nome, se non all'atto della ricezione del decreto ingiuntivo.

La questione

La questione in esame è la seguente: in un condominio minimo, in presenza di autorizzazione ai lavori solo di un condomino e in mancanza di assenso dell'altro condomino, l'impresa esecutrice può agire direttamente nei confronti di quest'ultimo affermando essersi trattato di lavori urgenti?

Le soluzioni giuridiche

In tal vicenda, l'originaria domanda proposta dall'impresa appellata non risultava chiaramente esplicitata, essendosi la parte limitata ad affermare solo che “trattandosi di edificio solo di fatto condominiale, l'odierno ricorrente emetteva singole fatture nei confronti dei proprietari dei singoli appartamenti, in proporzione alla quota parte loro spettante così come indicatogli dagli stessi”.

Difatti, dal dato letterale della seguente affermazione, non era chiaro se la parte avesse inteso far valere l'esistenza di una decisione condominiale quanto all'effettuazione dei lavori, in quanto tale ritenuta obbligatoria e vincolante nei confronti anche del condomino appellante; oppure, se avesse inteso proporre un'azione contrattuale deducendo l'esistenza di un contratto di appalto stipulato con i comproprietari, del quale ne faceva parte anche Tizio.

Secondo il giudice adito, tale “fumosità” si è, poi, riverberata nella sentenza di primo grado, la quale non aveva provveduto ad una specifica qualificazione della domanda proposta e, nel respingere l'opposizione, aveva fondato la decisione da un lato sulla circostanza che la maggioranza condominiale avrebbe ratificato tacitamente, ex art. 1399 c.c., l'esecuzione dei lavori della facciata provvedendo al saldo delle fattura della ditta; dall'altro, sul fatto che quest'ultimo non poteva non essere a conoscenza dei lavori che venivano eseguiti e dunque - parrebbe di capire - che Tizio li avrebbe tacitamente accettati, ratificando dunque anch'egli la decisione condominiale; oppure, divenendo in tal modo parte del contratto di appalto, stipulato con l'impresa appellata da uno solo del comproprietari in rappresentanza degli altri.

Premesso quanto innanzi esposto, la domanda di pagamento proposta dall'impresa sarebbe in ogni caso infondata per entrambi i motivi: decisione condominiale e contratto di appalto. Difatti:

a) Nel primo caso era pacifico che non vi era stata una delibera assembleare, o comunque una qualsivoglia decisione del condominio, in quanto tale vincolante nei confronti di Tizio. Anche nell'ipotesi di cd. piccolo condominio, vale a dire di condominio composto di soli due partecipanti, le spese necessarie alla conservazione o alla riparazione della cosa comune devono essere oggetto di regolare delibera adottata previa rituale convocazione dell'assemblea dei condomini, della quale non costituisce valido equipollente il mero avvertimento, o la mera o comunicazione all'altro condomino della necessità di provvedere a determinati lavori (Cass. civ., sez. II, 3 luglio 2000, n. 8876, Cass. civ., sez., II, 29 maggio 1998, n. 5298). Avvertimento o comunicazione che peraltro, nel caso di specie, Tizio aveva comunque negato.

b) Nel secondo caso (punto di vista strettamente contrattuale), non risultava provato che Tizio fosse stato parte di esso e che avesse conferito delega in tal senso ad altro comproprietario o ratificato l'operato dell'altro condomino che aveva contrattato con l'impresa appellata in nome e per conto anche degli altri comproprietari. Non vi era, infatti, la prova di una ratifica espressa, ma neppure di una ratifica tacita. Quanto affermato dal Giudice di Pace, in merito alla circostanza che Tizio nulla avrebbe avuto da obiettare ai lavori pur essendo proprietario del garage ove parcheggiava la sua autovettura, non rappresentava infatti un comportamento concludente decisivo a tal fine. La ratifica dell'operato del falso rappresentante può infatti anche essere tacita, ma comunque deve essere inequivoca ed in questo caso, il silenzio serbato non risultava avere una simile valenza (la parte appellata non aveva provato, né richiesto di provare, che i lavori avessero in effetti riguardato anche la facciata del garage di proprietà di Tizio; l'odierno appellante, invece, negava che i lavori edili avessero interessato anche la facciata del suo garage).

Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, a parere del Tribunale adìto, il silenzio tenuto da Tizio in relazione ai lavori della facciata principale non poteva assumere in modo inequivoco il significato di ratifica tacita dell'operato della ditta o del cd. silenzio circostanziato al fine della manifestazione di un consenso tacito al contratto di appalto, poiché ciò presupporrebbe quanto meno la prova della consapevolezza, da parte di tale soggetto, di essere tenuto a contribuire per i lavori di rifacimento della facciata, il che non poteva affermarsi nel caso di specie non essendovi la prova che egli avesse una simile consapevolezza, e non potendo d'altra parte essa evincersi con certezza dalla conformazione dei luoghi, ben potendo la complessiva situazione lasciar dubitare un soggetto non avente particolari cognizioni giuridiche in merito all'esistenza di un simile dovere di contribuzione.

In conclusione, essendo dunque fondati i motivi di appello con i quali il Tizio ha lamentato l'inesistenza di un titolo che gli imponesse il pagamento, l'appello è stato accolto ed il decreto ingiuntivo opposto in primo grado revocato, con rigetto della domanda di pagamento proposta dall'impresa edile.

Osservazioni

La pronuncia in oggetto è interessante in quanto si presta ad alcune precisazioni generali in merito alla questione delle spese anticipate dal condomino e dell'istituto della rappresentanza apparente.

In argomento, in tema di “gestione di iniziativa individuale”, l'art. 1134 c.c. dispone che “il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea” non ha diritto al rimborso della somma spesa “salvo che si tratti di spesa urgente”.

In proposito, in materia di condominio c.d. minimo, è stato precisato che le regole codicistiche sul funzionamento dell'assemblea si applicano allorché quest'ultima si costituisca regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e deliberi validamente con decisione unanime, tale dovendosi intendere quella che sia frutto della partecipazione di ambedue i comproprietari; ove, invece, non si raggiunga l'unanimità è necessario adire l'autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 c.c., non potendosi ricorrere al criterio maggioritario (Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2017, n. 5329).

In virtù di quanto esposto, si osserva che nemmeno nel caso del “condominio minimo” si applica la disciplina della comunione (nella specie dettata dall'art. 1110 c.c.) in luogo di quella del condominio (dettata dall'art. 1134 c.c.). Difatti, instauratosi il condominio sul fondamento della relazione di accessorietà tra i beni comuni e le proprietà individuali, poiché tale situazione si riscontra anche nel caso di condominio minimo, la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi è rimborsabile solo nel caso in cui abbia i requisiti dell'urgenza, ai sensi dell'art. 1134 c.c. (Cass. civ., sez. II, 4 marzo 2015, n. 4372; Cass. civ., sez. II, 12 ottobre 2011, n. 21015).

Premesso ciò, in riferimento alla questione in commento, non essendovi la presenza di un amministratore del condominio ma una iniziativa di uno o più condomini (in questo caso un ruolo centrale pare avere avuto, alla stipulazione del contratto di appalto, l'altro condomino Caio), sarebbe in effetti applicabile l'art 1134 c.c. richiamato dall'impresa appellata. Tuttavia - come correttamente sostenuto dal Tribunale di Firenze - tale norma non si attaglia al caso in esame, nel quale non vi è un condomino che abbia pagato anche la quota relativa di Tizio e ne richieda dunque il rimborso, ma è invece l'impresa esecutrice dei lavori che agisce direttamente nei confronti di uno dei condomini, affermando essersi trattato di lavori urgenti.

Dal punto di vista condominiale, dunque, non essendovi prova dell'esistenza di una delibera assembleare, e neppure dell'avventa convocazione di una assemblea, o di una successiva ratifica da parte dell'assemblea medesima, non poteva affermarsi che Tizio fosse tenuto al pagamento di una quota dei lavori sulla scorta, appunto, di una decisione della maggioranza che possa dirsi vincolatile nei suoi confronti. Non può in particolare parlarsi di ratifica tacita ex art. 1399 c.c. desumibile dal mero avvenuto pagamento, da parte degli altri condomini, delle quote dei lavori loro richieste dall'impresa. Il pagamento, infatti, costituisce un mero fatto giuridico o, al più, un atto giuridico in senso stretto e da esso non può dunque desumersi una volontà inequivoca, sia pure inespressa, del condominio, nella sua struttura comunitaria, di emettere una decisione vincolante anche nei confronti degli altri condomini

Quanto all'altra questione, è evidente che la rappresentanza apparente costituisce la situazione in cui un soggetto si comporta come rappresentante di un'altra persona, senza però averne il potere, ma il modo con cui esercita quest'attività e la colpa del falsamente rappresentato, ingenerano nei terzi ignari della realtà, il ragionevole affidamento circa l'esistenza della rappresentanza, vincolando così il rappresentato apparente all'attività compiuta in suo nome dal rappresentante apparente.

Analoghe considerazioni valgono anche nella presente vicenda in quanto, ragionando in termini di rappresentanza apparente, la ditta appellata confermava di avere confidato nell'esistenza in capo a Caio (altro condomino) del necessario potere rappresentativo di tutti gli altri condomini - comproprietari.

Se è vero, infatti, che il terzo ha la facoltà ma non il dovere di pretendere la giustificazione del potere rappresentativo, e se è vero anche che pare sussistente la buona fede dell'impresa appellata, la tutela del terzo nell'ipotesi di rappresentanza apparente presuppone altresì l'esistenza di un comportamento colposo del falso rappresentato. Seguendo tale assunto, il magistrato toscano ha osservato che non può essere definito tale il mero silenzio serbato sull'esecuzione di lavori, trattandosi di comportamento successivo rispetto alla conclusione del contratto da parte del falso rappresentante (cosi come il silenzio serbato a seguito della ricezione della fattura).

In conclusione - a parere di chi scrive - un comportamento ispirato a correttezza e buona fede, avrebbe consentito all'impresa appellata di decidere in modo piò consapevole contro quali soggetti indirizzare la propria azione di pagamento, essendo ella invece verosimilmente stata indotta ad agire nei confronti di Tizio in virtù del prolungato silenzio conseguente all'invio della fattura.

Guida all'approfondimento

De Gioia - Dogliotti, Condominio, Torino, 2010, 413

Scalettaris, Spese anticipate dal condomino, in Condominioelocazione.it, 2017

Tarantino, Parti comuni e rimborso spese nel condominio minimo, in Condominioelocazione.it, 2017

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