Le Sezioni Unite sulla nozione di “pubbliche riunioni” quale prescrizione della sorveglianza speciale

Vittoria Marzucco
19 Novembre 2019

La prescrizione di non partecipare a pubbliche riunioni, che deve essere in ogni caso dettata in sede di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai sensi dell'art. 8, comma 4, d.lgs. n. 159/2011, si riferisce esclusivamente alle riunioni in luogo pubblico.

La prescrizione di non partecipare a pubbliche riunioni, che deve essere in ogni caso dettata in sede di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai sensi dell'art. 8, comma 4, d.lgs. n. 159/2011, si riferisce esclusivamente alle riunioni in luogo pubblico.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 46595 depositata il 18 novembre 2019.

Il contrasto giurisprudenziale e la questione di diritto sul concetto di “pubblica riunione. Con ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, la Prima Sezione Penale ha segnalato l'esistenza di un contrasto interpretativo sull'identificazione dei caratteri concreti della disposizione incriminatrici quanto alla violazione delle prescrizioni di non partecipare a pubbliche riunioni. Secondo un primo orientamento, il rinvio alle prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale non può ricomprendere il divieto di partecipare a pubbliche riunioni, in quanto l'indeterminatezza della nozione di pubblica riunione comporta la mancanza di tassatività della fattispecie. Altro orientamento aveva invece ribadito che il divieto di partecipare a pubbliche riunioni riguarda qualsiasi riunione di più persone in un luogo pubblico o aperto al pubblico, al quale abbia facoltà di accesso un numero indeterminato di persone, indipendentemente dal motivo della riunione. L'ordinanza di rimessione sottolinea che il contrasto interpretativo è sorto dopo la sentenza della Corte EDU, De Tommaso, ma aggiunge che le precedenti sentenza delle Sezioni Unite avevano ritenuto necessarie interpretazioni che rispettassero i principi generali di offensività delle condotte e di tassatività delle previsioni incriminatrici, alla luce della tensione tra la necessità di prevenire la ripetizione di condotte devianti e l'impossibilità di far derivare la responsabilità penale dalla violazione di qualunque obbligo o prescrizione. Pertanto, la questione di diritto è “se, in quali limiti, la partecipazione del soggetto sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ad una manifestazione sportiva tenuta in luogo aperto al pubblico risulti fatto punibile, in riferimento al reato di violazione delle prescrizioni imposte al sorvegliato speciale”.

I principi costituzionali che vengono in rilievo. La norma di cui all'art. 8, comma 4, d.lgs. n. 159/2011 è stata oggetto di numerose pronunce della Corte Costituzionale, delle Sezioni unite della Cassazione e della Corte EDU; tali pronunce, peraltro, hanno valutato il complesso normativo relativo alle misure di prevenzione, sul quale è intervenuto anche il legislatore. Per ciò che interessa al caso in esame, si osserva come le Sezioni Unite abbiano escluso che la fattispecie penale punisca le violazioni delle prescrizioni di “vivere onestamente” e di “rispettare le leggi”, in quanto indeterminate e imprecise e non indicanti alcun comportamento specifico da osservare. Da ciò veniva operata la distinzione tra prescrizioni generiche e prescrizioni specifiche. Altra tematica affrontata è quella del rispetto dei principi di offensività di proporzionalità. Anche se le misure di prevenzione vengono applicate a soggetti effettivamente pericolosi, non tutte le violazioni delle prescrizioni dettate dal Tribunale possono essere penalmente sanzionate, dovendo a tal fine consistere in condotte espressive di un'effettiva volontà di ribellione, determinando di fatto un annullamento della misura. Con riferimento al divieto di partecipare alle pubbliche riunioni, la Corte EDU ha espresso preoccupazione per il fatto che le misure previste dalla legge comprendono l'assoluto divieto di partecipare a riunioni pubbliche, non specificando alcun limite temporale o spaziale. Al contrario, la Corte Costituzionale ha, con più pronunce, affermato la compatibilità della prescrizione in esame con i presidi di determinatezza e di legalità nonché in relazione al principio di proporzionalità.

La nozione di “pubblica riunione” va ricondotta a quella di luogo pubblico ex art. 17 Cost. Rilevano le Sezioni Unite che entrambi gli orientamenti, così come formulati, non possono essere accolti. Il primo, difatti, non verifica la possibilità di individuare una definizione di pubblica riunione che possa essere valida per tutte le norme. Secondo le Sezioni Unite è necessario accertare se esiste una nozione di pubblica riunione, ovviamente più ristretta, che tutte le norme contengono. Questa nozione va identificata nella riunione non occasionale di più persone in luogo pubblico. Non si può infatti dimenticarsi che la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato la legittimità della norma in questione, non potendo la prescrizione di non partecipare alle pubbliche riunioni essere equiparata alle prescrizioni di “vivere onestamente” e “rispettare le leggi”. Queste ultime infatti consistono in meri ammonimenti morali che valgono per ogni consociato e non permettono di individuare condotte socialmente dannose che vanno pertanto evitate. Invece il divieto di partecipare a pubbliche riunioni non grava su tutti gli associati e la condotta può essere delimitata oggettivamente, presupponendo il concetto di riunione una realtà fisica e concreta; in sostanza, si tratta di una prescrizione specifica e non generica. In tal senso, quindi, erroneo è anche il secondo degli orientamenti citati, il quale esprime un concetto di “riunione pubblica” eccessivamente ampio. Secondo le Sezioni Unite, una soluzione interpretativa che fornisca certezza alla norma in esame e, quindi, al precetto penale esiste. Si tratta dell'art. 17 della Costituzione, che detta una disciplina separata per le riunioni in luogo aperto al pubblico e per quelle in luogo pubblico: mentre per le prime non è previsto preavviso, per le seconde deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica. Il criterio distintivo tra i luoghi pubblici e quelli aperti al pubblico è quello della accessibilità: è in luogo pubblico la riunione che si tenga in luogo in cui ogni persona può liberamente transitare e trattenersi senza che occorra in vi normale il permesso delle autorità (es. piazza, strada); è in luogo aperto al pubblico la riunione che si tenga in luogo chiuso (es. cinema, teatro), ove l'accesso, anche se subordinato ad apposito biglietto d'ingresso, è consentito ad un numero indeterminato di persone. Se quindi la limitazione del diritto di riunione è costituzionalmente legittima solo se si tratta di riunioni in luogo pubblico, è corretto ritenere che le pubbliche riunioni di cui all'art. 8, comma 4, d.lgs. n. 159/2011 altro non siano che le riunioni in luogo pubblico cui fa riferimento l'art. 17 della Costituzione. Tale interpretazione, da una parte rende certo il contenuto delle prescrizioni penalmente sanzionate e quindi conoscibile dai destinatari; dall'altra elimina ogni discrezionalità del giudice penale nell'applicazione della norma. Infine, permette alla sanzione penale di colpire soltanto condotte sintomatiche della pericolosità del soggetto e che determinano un annullamento di fatto della misura.

Ipotesi “estreme” e prescrizioni facoltative. Vi sono però ipotesi estreme in cui la violazione della condotta può non essere sintomo della pericolosità del soggetto. Ci si riferisce ad esempio alla partecipazione a funzioni di culto, comizi elettorali e riunioni sportive. In questi casi a carico del sorvegliato speciale sussiste un duplice onere: quello di avvisare preventivamente l'autorità di pubblica sicurezza e, in sede processuale, quella di evidenziare e fornire la prova delle necessità che lo hanno indotto a non rispettare la prescrizione. L'interpretazione che in questa sede si adotta riduce sensibilmente la portata della prescrizione di non partecipare a pubbliche riunioni, escludendo che il divieto riguardi anche le riunioni in luoghi aperti al pubblico, anche se ad esse può partecipare un numero indeterminato di persone. Infine, giova precisare che la ridotta estensione della prescrizione in oggetto non incide sulla possibilità, per il giudice che applica la misura di prevenzione, di imporre altre prescrizioni specifiche che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale. Ovviamente, in presenza di motivazione adeguata, la prescrizione aggiuntiva potrebbe riguardare anche la partecipazione a riunioni che non sono pubbliche riunioni nel significato ristretto attribuito in questa sede. Conclusivamente, il principio di diritto pronunciato è il seguente: “La prescrizione di non partecipare a pubbliche riunioni, che deve essere in ogni caso dettata in sede di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai sensi dell'art. 8, comma 4, d.lgs. n. 159/2011, si riferisce esclusivamente alle riunioni in luogo pubblico”.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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