Istanza di interpello all'Agenzia delle Entrate

Maria Cristina Rizzi

Inquadramento

Il diritto d'interpello è disciplinato dall'art. 11 della l. 27 luglio 2000, n. 212, come da ultimo modificato dal d.lgs. del 24 settembre 2015, n. 156; le istanze seguono oggi regole comuni in riferimento ai vari tipi di interpello (ordinario, probatorio, anti-abuso, disapplicativo) e sono presentate all'amministrazione dal richiedente, prima di attuare un comportamento fiscalmente rilevante, con riguardo ad una fattispecie concreta e personale in relazione alla quale si richiede una risposta sulla interpretazione, applicazione o disapplicazione di specifiche disposizioni. L'interpello sui nuovi investimenti è stato introdotto dall'art. 2 del d.lgs. n. 147/2015, c.d. “decreto internazionalizzazione” modificato dall'art. 8 l. 31 agosto 2022 n. 130La disciplina è oggetto della legge delega per la riforma fiscale (art. 4 l. 9 agosto 2023, n. 111), il cui schema di decreto legislativo è in fase di attuazione, volta a ridurre le ipotesi di istanze di interpello ai soli casi che non trovano soluzione in documenti già emanati, con particolare riferimento a persone fisiche e imprese di minori dimensioni, ove l'interpello assumerà un ruolo residuale, introducendo, inoltre, il versamento di un contributo, nonché affiancando una disciplina della consulenza giuridica; è prevista, inoltre, dall'art. 16 l. n. 111/2023 l'introduzione della sospensione dei termini per la risposta ad interpello per il mese di agosto (periodo feriale).

Formula

ISTANZA DI INTERPELLO

All'Agenzia di ....

Direzione Regionale di ....  [1]

Raccomandata A.R.  [2]

Oggetto: istanza di interpello ai sensi dell'art. 11, l. n. 212/2000[3] .

Il/La sottoscritto  [4] /a ...., nato/a a ...., il ...., residente in ...., via ...., n. ...., CAP ...., C.F. ...., P.I. ...., tel. ...., fax ...., email ...., P.E.C. ....;

OPPURE

Il/La sottoscritto/a ...., nato/a a ...., il ...., residente in ...., via ...., n. ...., CAP ...., C.F. ...., in qualità di legale rappresentante della società ...., con sede in ...., C.F. ...., P.I. ...., tel. ...., fax ...., e-mail ...., P.E.C. ....

OPPURE

Il/La sottoscritto/a ...., nato/a a ...., il ...., residente in ...., via ...., n. ...., CAP ...., C.F. ...., in qualità di procuratore (generale/speciale), giusta procura ex art. 63 d.P.R. n. 600/1973 in calce/a margine/ allegata alla presente istanza, di ...., con sede in ...., C.F. ...., P.I. ...., tel. ...., fax ...., e-mail ...., P.E.C. ....

Espone il seguente caso concreto e personale  [5]

....

Ritiene che il caso debba essere risolto nel seguente modo  [6]

....

E pertanto ritiene di dover adottare il seguente comportamento  [7]

....

Il/La sottoscritto/a sottopone il caso a codesto Ufficio; qualora non ricevesse risposta entro il termine di cui all'art. 11 l. n. 212/2000 si atterrà alla interpretazione sopra esposta con tutte le garanzie di legge.

Indica il seguente domicilio .... e recapito .... per le comunicazioni dell'amministrazione e la comunicazione della risposta  [8]

Si allegano i seguenti documenti  [9] :

1) ....

2) ....

Luogo e data ....

Firma Richiedente .... [10]

L'istanza va presentata alla Direzione regionale competente in base al domicilio fiscale dell'istante nel caso di persone fisiche e persone giuridiche con ricavi o volume di affari inferiore a 100 milioni di Euro; alla Direzione regionale nel cui ambito opera l'ufficio competente ad applicare la norma tributaria oggetto dell'interpello nel caso di tributi concernenti l'imposta ipotecaria dovuta in relazione agli atti diversi da quelli di natura traslativa, le tasse ipotecarie e i tributi speciali catastali nonché le istanze aventi ad oggetto disposizioni o fattispecie di natura catastale; alla Divisione Contribuenti (struttura unica operativa dall'1 marzo 2018), se si tratta di interpelli presentati da Amministrazioni centrali dello Stato, Enti pubblici a rilevanza nazionale, soggetti non residenti nel territorio dello Stato (indipendentemente dalla nomina di un rappresentante fiscale o dall'identificazione diretta) e soggetti di più rilevante dimensione (persone giuridiche con ricavi o volume di affari superiori a 100 milioni di Euro); all'Ente Locale per il tributo di competenza (es. Comune per I.M.U.).

L'istanza, redatta in carta libera, può essere consegnata a mano oppure spedita con plico raccomandato con avviso di ricevimento; può essere inviata telematicamente, da una casella P.E.C. (Posta Elettronica Certificata) all'indirizzo di P.E.C.: interpello@pec.agenziaentrate.it per i soggetti residenti e per i soggetti non residenti che si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato; per interpelli presentati da Amministrazioni centrali, Enti pubblici a rilevanza nazionale, soggetti di più rilevante dimensione; – da una casella PEL (Posta Elettronica Ordinaria) all'indirizzo di PEL: div.contr.interpello@agenziaentrate.it per i soggetti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato.

Indicare il tipo di istanza fra quelle di cui alle diverse lettere del comma 1 e al comma 2 dell'art. 11; l'istanza è inammissibile se non è presentata preventivamente ai sensi dell'articolo 2, comma 2 e, dunque, prima della scadenza dei termini previsti dalla legge per la presentazione della dichiarazione o per l'assolvimento di altri obblighi tributari aventi ad oggetto o comunque connessi alla fattispecie cui si riferisce l'istanza medesima senza che, a tali fini, assumano valenza i termini concessi all'amministrazione per rendere la propria risposta. Ove il contribuente intenda presentare più quesiti che non presentano carattere di consequenzialità o alcun tipo di collegamento tra loro, è onere del medesimo presentare diverse istanze di interpello.

Possono presentare l'istanza i contribuenti, anche non residenti (direttamente o per il tramite di propri rappresentanti o incaricati, presso cui gli stessi eleggono domicilio), o coloro che in base a specifiche disposizioni di legge sono obbligati a porre in essere adempimenti tributari per conto dei contribuenti (es. consulenti delegati all'adempimento) e coloro che rivestono il ruolo di “sostituti” e “responsabili” d'imposta.

Descrivere la fattispecie in maniera circostanziata e specifica, con indicazione dei fatti e delle specifiche disposizioni di cui si richiede l'interpretazione, l'applicazione o la disapplicazione.

Descrivere in modo chiaro ed univoco la soluzione proposta e che è ritenuta applicabile nel caso concreto e personale.

Descrivere il comportamento che si intende adottare.

Indicare il domicilio ed i recapiti anche telematici dell'istante o dell'eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le comunicazioni dell'amministrazione e deve essere comunicata la risposta.

Non in possesso dell'amministrazione; eventualmente indicare i documenti già in possesso dell'amministrazione, con data di presentazione e numero di protocollo, al fine di agevolare la soluzione del caso.

Sottoscrizione dell'istante o del suo legale rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale incaricato ai sensi dell'art. 63 d.P.R. n. 600/1973. Nel punto 1.1. lettera d) del Provv. 4 gennaio 2016, è chiarito che l'istanza va “sottoscritta con firma autografa, ovvero, nei casi in cui il documento è trasmesso via posta elettronica certificata o, ove consentito, posta elettronica libera, con firma digitale o con le modalità di cui all'art. 38, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000.

Commento

Il diritto di interpello. Il diritto d'interpello è disciplinato dall'art. 11 della l. n. 212/2000, come da ultimo modificato dal d.lgs. n. 156/2015, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 233/2015, ed entrato in vigore il 1° gennaio 2016, rubricato Revisione della disciplina degli interpelli, che ha provveduto ad un riordino complessivo del sistema.

Con la circolare 1 aprile 2016, n. 9/E, l'Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti e commentato le novità del d.lgs. n. 156/2015.

L'art. 8, comma 1 del decreto cit. rinvia ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate, da emanare entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto, per individuare le modalità di presentazione delle istanze, gli uffici competenti ai fini della presentazione e delle risposte, le modalità di comunicazione delle medesime, nonché ogni altra regola concernente la procedura (alle istanze presentate fino alla data di pubblicazione del provvedimento si applicano le disposizioni procedurali previgenti, art. 8, comma 4).

In attuazione dell'art. 8, comma 1, il 4 gennaio 2016 è stato pubblicato il Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate contenente le disposizioni procedurali applicabili alle istanze validamente presentate a partire dalla predetta data. Nuove regole procedurali per le istanze di interpello sono contenute nel successivo provvedimento dell'1 marzo 2018.

Il riordino mira ad una maggiore omogeneità di disciplina, che è in parte comune a tutti i tipi di interpello, ed a rendere una tempestiva risposta: 90 giorni per l'interpello ordinario; 120 giorni per tutti gli altri tipi di interpello; opera l'istituto del silenzio-assenso.

Tipologie di interpello. Il d.lgs. n. 156/2015 ha riordinato gli interpelli in quattro macro categorie:

1. L'interpello ordinario consente ad ogni contribuente di chiedere un parere in ordine all'applicazione delle disposizioni tributarie di incerta interpretazione riguardo un caso concreto e personale, nonché di chiedere chiarimenti in ordine alla corretta qualificazione di fattispecie, sempre che ricorra obiettiva incertezza.

Dalla lettura del comma 1 dell'art. 11 della l. n. 212/2000, si desume che si tratta di un interpello facoltativo (il contribuente può interpellare). La circolare dell'Agenzia 1 aprile 2016, n. 9/E ha chiarito, alla luce della novella di cui all'art. 1 d. lgs. 24 settembre 2015, n. 156 che tale interpello comprende in sé, quindi, due tipi di istanze: quelle rivolte all'amministrazione per ottenere una risposta in ordine a fattispecie concrete e personali relativamente all'applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali disposizioni (cd. interpello ordinario puro); e quelle volte ad ottenere un parere sulla corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili alle medesime (cd. interpello qualificatorio), sempre ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza e non siano comunque attivabili le procedure di cui all'articolo 31-ter del d.P.R. n. 600/1973, introdotto dall'art. 1 del d.lgs. n. 147/2015 – decreto internazionalizzazione (procedure finalizzate alla stipula di accordi preventivi per le imprese con attività internazionale) e di cui all'articolo 2 del medesimo decreto (interpello su nuovi investimenti).

2. L'interpello probatorio consente al contribuente di chiedere un parere in ordine alla sussistenza delle condizioni per accedere a determinati regimi fiscali nei casi espressamente previsti, o alla idoneità degli elementi di prova chiesti dalla legge per aderirvi (quali ad es. l'interpello relativo a partecipazioni acquisite per il recupero di crediti bancari, TUIR, art. 113, le istanze presentate dalle società “non operative”, l. n. 724/1994, art. 30 e le istanze previste ai fini della spettanza del beneficio ACE, d.l. n. 201/2011, art. 1, comma 8).

3. L'interpello anti-abuso sostituisce l'abrogato interpello interpello antielusivo (art. 21 l. n. 413/1991) e consente di acquisire un parere relativo alla abusività di un'operazione non più solo ai fini delle imposte sui redditi, ma per qualsiasi settore impositivo.

4. L'interpello disapplicativo (già previsto dall'art. 37-bis, comma 8, d.P.R. n. 600/1973, norma abrogata dall'art. 1 d. lgs. 5 agosto 2015, n. 128) consente di ottenere la disapplicazione di norme che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti di imposta, se viene fornita la dimostrazione che detti effetti elusivi non possono verificarsi nel caso concreto. L'istanza è presentata allo scopo di ottenere un parere in ordine alla disapplicazione di una norma antielusiva che, in linea di principio, trova applicazione in riferimento alla fattispecie prospettata. A tal fine, il contribuente deve provare che nella situazione concreta non possono realizzarsi gli effetti elusivi che la norma intende evitare.

Nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole, resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione di cui al periodo precedente anche ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa. È l'unica tipologia di interpello obbligatorio ed è l'unica per la quale è consentita la impugnativa, sia pur differita come si vedrà, della risposta. Il decreto del 2015 ha poi introdotto per i grandi contribuenti, il regime di adempimento collaborativo, che è una tipologia abbreviata di interpello (la risposta deve pervenire entro 45 giorni). L'interpello sui nuovi investimenti, introdotto dall'art. 2 del d.lgs. n. 147/2015, consente, invece, agli investitori, italiani o stranieri, di chiedere un parere circa il trattamento tributario applicabile a importanti investimenti (di valore non inferiore a trenta milioni di euro e con rilevanti e durature ricadute occupazionali) effettuati nel territorio dello Stato. Per le istanze presentate dal 1 ° gennaio 2019 il valore degli investimenti è sceso a venti milioni di euro (l. n. 136/2018). Tale interpello di fatto consente agli investitori, italiani o stranieri, che intendano effettuare in Italia investimenti rilevanti, di conoscere il trattamento fiscale applicabile.

Interpello ordinario puro e qualificatorio. L'interpello ordinario disciplinato alla lettera a) del comma 1, art. 11, consente ad ogni contribuente di chiedere un parere in ordine all'applicazione delle disposizioni tributarie di incerta interpretazione, nonché di chiedere chiarimenti in ordine alla corretta qualificazione di fattispecie, purché ricorra obiettiva incertezza su disposizioni normative (Cass. V, n. 21376/2020), con esclusione delle circostanze di mero fatto (Cass. V, n. 25621/2021).

È confermata la struttura dell'interpello come strumento “generale” di dialogo, attivabile in relazione a qualsiasi disposizione di legge che si presenti obiettivamente incerta nella sua applicazione alla fattispecie concreta e personale (obiettiva incertezza interpretativa; obiettiva incertezza qualificatoria).

Il legislatore, in altre parole, ha riconosciuto la vocazione espansiva dell'interpello ordinario, esplicitando l'applicabilità dell'istituto anche ai casi in cui oggetto di obiettiva incertezza non è la norma tributaria in quanto tale, ma la qualificazione giuridico-tributaria della fattispecie prospettata dal contribuente, quando cioè quest'ultimo ha dubbi sulla qualificazione del fatto e, dunque, sull'applicazione della norma, più che sull'interpretazione della medesima (circ. 1 aprile 2016, n. 9/E).

Nella relazione illustrativa al decreto si legge che “La facoltà di presentazione delle istanze di interpello presuppone in ogni caso l'esistenza di un'obiettiva incertezza sulla qualificazione delle fattispecie, con la conseguenza che quelle ricorrenti, se non caratterizzate da elementi di peculiarità o, comunque, di complessità, non possono costituire oggetto dell'istanza”; e che “l'interpello qualificatorio, al pari dell'interpello ordinario, non può comunque avere ad oggetto accertamenti di tipo tecnico. Non potrà quindi correttamente qualificarsi istanza di interpello quella tesa ad ottenere accertamenti di fatto (ad esempio, le operazioni di classamento, di calcolo della consistenza e l'estimo catastale ovvero l'accertamento della natura illecita di un provento ai fini dell'applicazione della relativa disciplina) esperibili esclusivamente nelle sedi proprie”.

La relazione illustrativa, menziona, a titolo esemplificativo, le seguenti ipotesi di interpello qualificatorio:

– la valutazione della sussistenza di un'azienda;

– la valutazione della sussistenza di una stabile organizzazione all'estero ai fini dell'esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti di cui al nuovo articolo 168-ter del TUIR;

– la riconducibilità di una determinata spesa alla categoria delle spese di pubblicità ovvero a quelle di rappresentanza (che non costituisce una fattispecie nuova di interpello in quanto la qualificazione della spesa era oggetto, prima delle modifiche, dell'interpello antielusivo di cui all'art. 21, comma 9, della l. n. 413/1991).

La circolare chiarisce poi che rientrano nella categoria dell'interpello ordinario (e non sono ricomprese nel nuovo interpello “antiabuso”) le istanze aventi ad oggetto ipotesi di interposizione fittizia ai sensi dell'art. 37, comma 3, del d.P.R. n. 600/1973.

La circ. precisa pure che il chiaro riferimento contenuto nella relazione illustrativa della riconducibilità all'interpello qualificatorio della ipotesi relativa alla sussistenza di una stabile organizzazione estera ai fini della esenzione utili e perdite, esclude la presentabilità di un'istanza di interpello qualificatorio avente ad oggetto fattispecie diverse come ad es. la stabile organizzazione ai fini IVA.

Inoltre, la indicata esclusione dall'interpello qualificatorio delle fattispecie che richiedono accertamenti di fatto o di tipo tecnico, porta ad escludere l'istanza nei casi ad es. riferibili alla determinazione della residenza.

Interpello probatorio. L'interpello “probatorio” disciplinato alla lettera b) del comma 1 art. 11 costituisce una categoria molto ampia, nella quale rientrano tutte le istanze volte ad ottenere un parere sulla sussistenza delle condizioni o sulla idoneità degli elementi probatori ai fini dell'adozione di un determinato regime fiscale.

Si tratta di una novità della disciplina del 2015 che raggruppa istanze eterogenee e rende netta la distinzione tra questa tipologia di interpelli e quelli disapplicativi.

Chiarisce la circ. 1 aprile 2016, n. 9/E che il riferimento all'“accesso a un determinato regime fiscale” va interpretato in senso ampio, comprensivo non solo delle ipotesi di accesso propriamente inteso (ad es. istanze per l'accesso al regime del consolidato mondiale di cui si dirà), ma anche dei casi in cui si discute della non operatività di determinate limitazioni o dell'applicabilità di regole speciali rispetto alle ordinarie (es. interpelli CFC).

A differenza dell'interpello ordinario, quello probatorio deve essere presentato solo nei casi tassativi indicati dalla legge; va rilevato e chiarito che all'esito del riordino della materia del 2015, talune ipotesi in passato considerate “interpello disapplicativo”, oggi rientrano tra le nuove previsioni di “interpello probatorio” (e sono infatti denominati interpello “ex disapplicativo” o “ex obbligatorio”), con la previsione per queste di un obbligo di segnalazione in dichiarazione e di un diverso trattamento sanzionatorio come meglio si vedrà più avanti. Ricade in generale sul contribuente l'onere di fornire nell'istanza ogni elemento utile ai fini della risposta. Laddove l'istanza non contenga elementi probatori sufficienti ad ingenerare il convincimento dell'amministrazione in ordine alla idoneità del quadro probatorio rappresentato, l'Agenzia non è tenuta ad inviare richiesta di documentazione integrativa.

Dunque, la norma dispone che la valutazione riguarda “la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l'adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti”, rimandando alle ipotesi in cui vi è esplicito richiamo all'interpello di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 11 cit..

Le ipotesi sono le seguenti:

a - Disciplina CFC.

Si tratta delle istanze di interpello CFC (Controlled Foreign Companies) ai sensi dell'art. 167 del TUIR, attraverso le quali il soggetto residente dimostra, fornendo le informazioni necessarie e allegando idonea documentazione, la sussistenza dei presupposti per ottenere la disapplicazione della normativa sulle imprese estere partecipate, relativamente a ciascuna controllata estera. La presentazione di questo tipo di istanza, per le partecipazioni in Paesi a fiscalità privilegiata, è prevista anche in materia di: 1. utili da partecipazione (TUIR, art. 47, comma 4l); 2. plusvalenze da partecipazioni (TUIR, art. 68, comma 4); 3. participation exemption (TUIR, art. 87); 4. dividendi (TUIR, art. 89). È un interpello “ex obbligatorio”.

b - Disapplicazione della Pex da parte degli enti creditizi.

Si tratta delle istanze per le partecipazioni acquisite per il recupero dei crediti bancari di cui all'art. 113 del TUIR; gli enti creditizi possono scegliere di non applicare il regime proprio delle partecipazioni di cui all'art. 87 TUIR (participation exemption) a quelle acquisite nell'ambito degli interventi finalizzati al recupero di crediti o derivanti dalla conversione in azioni di nuova emissione dei crediti verso imprese in temporanea difficoltà finanziaria, nel rispetto delle diposizioni di vigilanza per le banche emanate da parte di Banca d'Italia. È un interpello “ex obbligatorio”.

c - Continuazione del consolidato.

Si tratta delle istanze di interpello per la continuazione del consolidato, ai sensi dell'art. 124 del TUIR, presentate in occasione della effettuazione di operazioni di riorganizzazione generalmente interruttive del medesimo, tese a verificare che, anche dopo l'effettuazione di tali operazioni, permangono tutti i requisiti previsti dalle disposizioni di cui agli artt. 117 e seguenti ai fini dell'accesso al regime (si veda anche d.m. 9 giugno 2004, art. 13, comma 2). È un interpello “ex obbligatorio”.

d - Accesso al consolidato mondiale.

Si tratta delle istanze di interpello per l'accesso al consolidato mondiale di cui all'art. 132 del TUIR; lo strumento è volto a palesare la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per la valida adesione al regime. È un interpello “ex obbligatorio”.

e - Disapplicazione penalizzazioni società di comodo.

Si tratta delle istanze presentate dalle società che presentano i requisiti per essere considerate “non operative” o “in perdita sistematica” ai sensi e per gli effetti della disciplina prevista dall'art. 30 della l. n. 724/1994 (interpello ex obbligatorio), per evitare le presunzioni di legge e l'applicazione della relativa disciplina.

Si tratta di novità rilevante atteso che in tale materia l'interpello non è più obbligatorio, ma la sua mancata presentazione va segnalata in dichiarazione. Si può disapplicare la disciplina sulla base di un'autonoma valutazione della sussistenza delle condizioni. Ciò comporta rilevanti effetti in tema di rimborso IVA. Infatti, il comma 4 dell'art. 30 cit. prevede che l'eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell'imposta sul valore aggiunto non è ammessa al rimborso né può costituire oggetto di compensazione ai sensi dell'art. 17 del d.lgs. n. 241/1997, o di cessione ai sensi dell'art. 5, comma 4-ter, del d.lgs. n. 70/1988, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 154/1988. Sul punto la circ. chiarisce che le società che intendano chiedere il rimborso IVA annuale, possono acclarare la sussistenza delle oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito (art. 30, comma 4-bis), e presentare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi degli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445/2000, mediante sottoscrizione dell'apposito campo del quadro VX della dichiarazione IVA.

In presenza di dichiarazione sostitutiva sottoscritta, e in assenza di ulteriori cause ostative, l'ufficio consente l'erogazione del rimborso. In alternativa alle dichiarazioni sostitutive, le società hanno comunque facoltà di presentare preventivamente un'istanza di interpello ai fini della disapplicazione delle società non operative e/o della disciplina delle società in perdita sistematica.

Le norme fiscali considerano “non operative” le società i cui ricavi, incrementi delle rimanenze e proventi risultanti complessivamente dal conto economico siano inferiori a determinati parametri, calcolati in misura percentuale delle partecipazioni, degli immobili e delle immobilizzazioni diverse dagli immobili (l. n. 724/1994, art. 30).

Nei confronti delle società “non operative” si presume che il reddito non possa essere inferiore ad una certa misura, calcolata anch'essa sulla base di date percentuali delle partecipazioni, degli immobili e delle immobilizzazioni diverse dagli immobili.

La speciale disciplina non è applicabile alle società che si trovino in situazioni definite per legge, tali da giustificare il mancato raggiungimento dei parametri previsti.

Ove non ricorrano le cause di esclusione di legge, l'unica possibilità per evitare l'applicazione della disciplina sulle “società non operative” è quella di presentare all'ufficio competente apposita istanza di interpello (ex) disapplicativo, in base alle stesse procedure previste per le norme antielusive dall'art. 37-bis, comma 8, del d.P.R. n. 600/1973. L'istanza di disapplicazione può essere presentata in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi nonché del reddito nella misura minima prevista (cfr. circolare 2 febbraio 2007, n. 5/E).

 - Riconoscimento beneficio ACE.

Si tratta delle istanze previste ai fini del riconoscimento del beneficio ACE di cui all'art. 1 del d.l. n. 201/2011, convertito con la l. n. 214/2011, in presenza di operazioni potenzialmente suscettibili di comportare indebite duplicazioni di benefici, ai sensi dell'art. 10 del d.m. 14 marzo 2012 (interpello ex obbligatorio).

Fuoriuscendo dall'ambito dell'interpello disapplicativo, le istanze prima obbligatorie sono ora facoltative ed è richiesto, in caso in caso di mancata presentazione dell'interpello o di risposta negativa alle istanze, l'obbligo di segnalazione in dichiarazione, pena le sanzioni di cui si dirà di seguito.

Interpello antiabuso. L'interpello antiabuso di cui alla lettera c) del comma 1, art. 11 (che sostituisce l'interpello antielusivo dell'art. 21 l. n. 413/1991) consente al contribuente di chiedere all'Amministrazione finanziaria se una determinata operazione che intende realizzare configuri o meno un'ipotesi di abuso del diritto exarticolo 10-bis l. n. 212/2000.

Si configura abuso del diritto quando viene posta in essere un'operazione priva di sostanza economica che, pur nel rispetto formale della legge, realizza essenzialmente vantaggi fiscali indebiti (cfr. in parte motiva Cass. V, n. 7393/2012: “... l'ordinamento tributario è ispirato all'esigenza di contrastare il c.d. abuso del diritto, individuato dalla giurisprudenza comunitaria come lo strumento essenziale, finalizzato a garantire la piena applicazione del sistema comunitario di imposta. In materia tributaria, invero, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, sebbene non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio di imposta, in assenza di ragioni economiche apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici”, cfr., tra le tante, anche Cass. V, n. 6800/2009; Cass. V, n. 4737/2010; Cass. V, 9135/2021). Più precisamente l'art. 10-bis cit. dispone che configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni (comma 1).

Ai fini del comma 1 si considerano:

a) operazioni prive di sostanza economica, i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell'utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato;

b) vantaggi fiscali indebiti, i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario (comma 2).

Non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali (Cass. V, 18239/2021), anche di ordine organizzativo o gestionale (Cass. V, 2853/2021), che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa ovvero dell'attività professionale del contribuente (comma 3). Diversamente, costituiscono operazioni abusive le operazioni di per sé lecite per le quali risulti, da un insieme di circostanze, che lo scopo essenziale delle operazioni controverse è conseguire un risparmio di imposta, ove tale obiettivo rappresenti la parte preponderante e comunque prevalente dell'oggetto del contratto o degli accordi nel loro complesso (Cass. V, 9135/2021).

Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale (comma 4).

Come accennato, la figura dell'interpello “anti abuso” ha l'intento di sostituire l'interpello antielusivo di cui all'art. 21, comma 9, della l. n. 413/1991 (che viene, pertanto, espressamente abrogato, dall'art. 7, comma 6, del decreto); tuttavia, il nuovo interpello non si sovrappone del tutto alle ipotesi ricomprese nella vecchia disposizione ma limitatamente a quelle fattispecie pregresse che si connotavano per una spiccata ed evidente ratio antielusiva, mentre le altre ipotesi sono ora ricomprese nelle altre forme di interpello.

Inoltre, a differenza della vecchia disciplina antielusiva, applicabile solo in materia di imposte sui redditi, la nuova disposizione concerne ogni settore impositivo; ne consegue che le istanze di interpello dovranno correttamente indicare il settore o i settori impositivi in relazione ai quali si pone il dubbio in ordine alla abusività della fattispecie. Infatti, le istanze presentate non potranno genericamente limitarsi a chiedere il parere dell'Agenzia in ordine alla abusività di una determinata operazione o fattispecie, ma dovranno declinare, nel dettaglio:

– gli elementi qualificanti l'operazione o le operazioni;

– il settore impositivo rispetto al quale l'operazione pone il dubbio applicativo;

– le puntuali norme di riferimento, comprese quelle passibili di una contestazione in termini di abuso del diritto con riferimento all'operazione rappresentata;

– le valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa ovvero dell'attività professionale del contribuente.

La circ. chiarisce che, rispetto al perimetro applicativo dell'art. 21 della l. n. 413/1991:

a) da un lato non sono ricomprese nel nuovo interpello “antiabuso” né le istanze aventi ad oggetto ipotesi di interposizione ai sensi dell'articolo 37, comma 3, del d.P.R. n. 600/1973 (in relazione alle quali è presentabile un'istanza di interpello ordinario) né le istanze concernenti la qualificazione di una determinata spesa tra quelle di pubblicità e di propaganda ovvero tra quelle di rappresentanza, ai sensi e per gli effetti dell'art. 108 TUIR (che, come detto, rientrano tra le ipotesi di interpello ordinario “qualificatorio”);

b) dall'altro, per effetto dell'abrogazione dell'articolo 37-bis del d.P.R. n. 600/1973 (disposizioni antielusive) e della sua sostituzione con il nuovo articolo 10-bis dello Statuto, il tema dell'abuso del diritto è diventato tema “generale”, declinabile per qualunque fattispecie ed in relazione a qualunque settore impositivo.

L'art. 10-bis della l. n. 212/2000 (rubricato disciplina antiabuso) ha sostituito l'art. 37-bis del d.P.R. n. 600/1973, in quanto il vecchio riferimento alla mancanza di “valide ragioni economiche” si prestava a giudizi discrezionali della Amministrazione finanziaria.

Con la nuova disciplina antiabuso, il legislatore ha reso più oggettivo il concetto di abuso grazie a una pluralità di elementi costitutivi necessari perché si configuri l'abuso. La norma non identifica, infatti, i tratti distintivi delle ipotesi di abuso, e si presenta come una “clausola di chiusura” per colmare tutte le possibili lacune delle altre norme antiabuso scritte. Sono, infatti, abusive quelle operazioni poste in essere dal contribuente che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, risultino volte a realizzare vantaggi fiscali “indebiti” – considerando tali i “benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario” (art. 10-bis, comma 2, lettera b), e al contempo, siano anche prive di sostanza economica e, cioè, siano inidonee “a produrre effettivi significativi diversi dai vantaggi fiscali”.

Il secondo requisito, la mancanza di sostanza economica, nella nuova versione non è più dunque l'elemento cardine ma deve sussistere ed essere accertato solo dopo aver individuato l'esistenza di vantaggi indebiti.

La nuova disciplina antiabuso ha poi previsto delle garanzie procedurali per i contribuenti sottoposti a verifica. Ferma restando, infatti, la possibilità per il contribuente di presentare interpello ai sensi dell'art. 11, comma 1, lettera c), per conoscere se le operazioni costituiscano fattispecie di abuso del diritto (art. 10, comma 5), senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, l'abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto (comma 6). La richiesta di chiarimenti è notificata dall'amministrazione finanziaria ai sensi dell'art. 60. d.P.R. n. 600/1973, e successive modificazioni, entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell'atto impositivo. Tra la data di ricevimento dei chiarimenti ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta e quella di decadenza dell'amministrazione dal potere di notificazione dell'atto impositivo, devono intercorrere non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione dell'atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei sessanta giorni (comma 7).

Fermo quanto disposto per i singoli tributi, l'atto impositivo è specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali realizzati, nonché ai chiarimenti forniti dal contribuente nel termine di cui al comma 6 (comma 8).

L'amministrazione finanziaria ha l'onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d'ufficio, in relazione agli elementi di cui ai commi 1 e 2. Il contribuente ha l'onere di dimostrare l'esistenza delle ragioni extrafiscali di cui al comma 3.

In caso di ricorso, i tributi o i maggiori tributi accertati, unitamente ai relativi interessi, sono posti in riscossione, ai sensi dell'art. 68 del d.lgs. n. 546/1992, e, successive modificazioni, e dell'art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 472/1997 (comma 10).

I soggetti diversi da quelli cui sono applicate le disposizioni del presente articolo possono chiedere il rimborso delle imposte pagate a seguito delle operazioni abusive i cui vantaggi fiscali sono stati disconosciuti dall'amministrazione finanziaria, inoltrando a tal fine, entro un anno dal giorno in cui l'accertamento è divenuto definitivo ovvero è stato definito mediante adesione o conciliazione giudiziale, istanza all'Agenzia delle entrate, che provvede nei limiti dell'imposta e degli interessi effettivamente riscossi a seguito di tali procedure (comma 11). In sede di accertamento l'abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie (comma 12). Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l'applicazione delle sanzioni amministrative tributarie (comma 13).

Nella risoluzione dell'Agenzia del 15 dicembre 2015 n. 104/E si legge che “Ferma restando la necessità che l'istanza contenga una compiuta descrizione della fattispecie in relazione alla quale il parere è richiesto e sia supportata dalla documentazione considerata essenziale a tali fini, giova sottolineare che il comma 1 dell'art. 10-bis della l. n. 212/2000 ha introdotto una definizione di abuso del diritto che unifica i concetti di abuso e di elusione con valenza generale per tutti i tributi (armonizzati e non) e che il comma 5 del medesimo art. 10-bis non impone al contribuente istante di presentare una richiesta di parere relativa a tutti i tributi connessi o collegati all'operazione rappresentata; ciò posto, nell'istanza il contribuente è tenuto ad indicare il settore impositivo in relazione al quale il parere viene richiesto, specificando le norme che ritiene applicabili (comprese quelle che lo stesso ipotizza passibili di abuso in relazione all'operazione rappresentata)”.

In altri termini l'Agenzia delle entrate, confermando la valenza generale per tutti i tributi della nuova disciplina dell'abuso del diritto, sottolinea – correttamente – che l'istituto dell'interpello è un'opportunità per il contribuente di conoscere l'orientamento dell'Amministrazione finanziaria sulla rilevanza fiscale di una determinata operazione, ma nei limiti in cui questa venga rappresentata in modo sufficientemente circostanziato, così come desumibile dalla disciplina stessa dell'istituto (art. 11).

Conclude l'Agenzia che “Nei casi in cui non sia possibile desumere direttamente o attraverso i riferimenti normativi richiamati dal contribuente il settore impositivo o i settori impositivi cui si riferisce l'istanza di interpello, questa deve ritenersi inammissibile poiché non sufficientemente circostanziata nella definizione della fattispecie concreta in relazione alla quale il parere è richiesto (cfr. la Circ. n. 32/E del 2010)”.

Interpello disapplicativo (art. 11, comma 2). L'interpello disapplicativo è disciplinato al comma 2 dell'art. 11. Si tratta dell'unica forma di interpello obbligatorio; di fatto, si tratta dell'interpello già previsto dall'art. 37-bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973, abrogato dal decreto del 2015. Conseguentemente oggi anche l'interpello disapplicativo sarà sottoposto alle regole comuni di tutti gli interpelli.

L'istanza è presentata per ottenere una risposta dell'amministrazione per la disapplicazione di norme tributarie “antielusive”, e che cioè, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario.

A tal fine, è il contribuente che deve provare che nella situazione concreta non possono realizzarsi gli effetti elusivi che la norma intende evitare.

Nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole (in 120 giorni), resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione di cui al periodo precedente anche ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa.

Tale tipologia si caratterizza poi per la cd. impugnabilità differita, come si approfondirà avanti: la risposta negativa non è autonomamente impugnabile ma è necessario attendere un atto impositivo e, in sede di ricorso, far valere le doglianze riferibili sia all'atto sia eventualmente alla risposta all'interpello.

L'autonoma collocazione di questa tipologia di interpello rispetto alle fattispecie di cui al comma 1 e la differente locuzione utilizzata (“il contribuente interpella” in luogo de “il contribuente può interpellare”) confermano che, attraverso la nuova formulazione dello Statuto, il legislatore ha inteso delimitare l'area dei cosiddetti “interpelli obbligatori” a quelli previsti al comma 2, come già detto.

Dunque, il legislatore delegato ha lasciato un'area – molto più ristretta rispetto al passato – di ipotesi presidiate da un vincolo di preventiva “disclosure” del contribuente, caratterizzate dalla obbligatorietà della presentazione dell'istanza, ma dalla non vincolatività della risposta per il contribuente.

Infatti, la peculiarità delle istanze di interpello disapplicativo risiede nella imprescindibilità della segnalazione da parte del contribuente, mediante la presentazione di un'istanza di interpello, di trovarsi nella situazione descritta dalla norma di cui si chiede la disapplicazione (presidiata da un'autonoma sanzione, come si vedrà di seguito), ma non dalla cogenza della risposta, circostanza che risulta pienamente coerente con la funzione, la natura e le regole istruttorie dell'interpello.

La presentazione dell'istanza di interpello (in caso di risposta negativa) o la mancata presentazione (pur punita attraverso l'irrogazione di una sanzione “propria”) non pregiudicano, in alcun caso, la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione della spettanza della disapplicazione anche nelle successive fasi dell'accertamento amministrativo e del contenzioso.

Al fine di delimitare il campo di applicazione della disposizione in esame, tenuto conto che, a differenza delle ipotesi di interpello “probatorio”, le istanze di interpello disapplicativo non sono “tipiche” e quindi possono essere presentate dai contribuenti ogni qualvolta si sia in presenza di “norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive” assume importanza fondamentale definire i caratteri essenziali delle disposizioni suscettibili di disapplicazione, anche sulla base di un'analisi dettagliata delle istanze presentate in vigore della vecchia disciplina.

Caratteristica indefettibile della norma è che la limitazione prevista dalla disposizione risponda ad una finalità antielusiva di tipo sostanziale, frutto di una valutazione preliminare da parte del legislatore di tendenziale ma non sistematica offensività del fatto, sicché è logico che il contribuente possa non incorrere nella penalizzazione prevista dalla legge dimostrando che l'effetto elusivo non si produce nel caso di specie, a differenza delle disposizioni pur presenti nel sistema insensibili ad eventuali dimostrazioni da parte del contribuente, es. art. 164 TUIR (tale ultima norma prevede una deducibilità a forfait di alcuni costi, come accade per le spese e gli altri componenti negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni e manifesta la volontà del legislatore di evitare un evasivo utilizzo privatistico del bene, in ragione della difficoltà di verificare l'eventuale uso promiscuo e della impossibilità di una esatta quantificazione del reale utilizzo del bene ai fini imprenditoriali).

Si legge nella circ. che, a titolo esemplificativo e senza pretesa di esaustività:

– al netto delle disposizioni che sono state attratte nell'area dell'interpello probatorio, sono suscettibili di disapplicazione:

– l'art. 84 e l'art. 172 del TUIR e, in generale, le disposizioni che limitano l'utilizzo delle perdite anche in caso di operazioni straordinarie;

– l'art. 109 TUIR per i fenomeni di dividend washing;

– la disposizione di cui all'art. 10, comma 6, lettera e) del d.lgs. n. 460/1997 (organizzazioni non lucrative di utilità sociale).

Non sono ricomprese nel campo di applicazione della categoria della disapplicazione in esame, oltre alle disposizioni strutturalmente analoghe all'art. 164 TUIR sopra menzionato:

– le norme che regolano la residenza delle persone fisiche (art. 2 TUIR) o dei soggetti diversi (art. 73 TUIR) in quanto le disposizioni in esame, anche nella parte in cui prevedono specifiche presunzioni, non hanno la struttura di norme antielusive specifiche essendo preordinate a presidiare fenomeni di fittizio (quindi evasivo) trasferimento di residenza (cfr. Risoluzione 5 novembre 2007 n. 312/E);

– la disposizione di cui all'art. 35, comma 10-quater, del d.l. n. 223/2006 in quanto – pur trattandosi di una disposizione di carattere antielusivo, come rilevato già con Circolare 27/E del 2006 – la disposizione non è suscettibile di disapplicazione. Si tratta della disposizione in forza della quale nelle Onlus si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione la corresponsabile ai lavoratori dipendenti di salari o stipendi superiori del 20% rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro per le medesime qualifiche.

Regole comuni.

Legittimazione (art. 2, comma 1, d.lgs. n. 156/2015). Possono presentare l'istanza i contribuenti, anche non residenti (direttamente o per il tramite di propri rappresentanti o incaricati, presso cui gli stessi eleggono domicilio), o coloro che in base a specifiche disposizioni di legge sono obbligati a porre in essere adempimenti tributari per conto dei contribuenti (es. consulenti delegati all'adempimento) e coloro che rivestono il ruolo di “sostituti” e “responsabili” d'imposta.

Non sono legittimati i professionisti o le associazioni di categoria in riferimento a interessi dei propri assistiti o degli associati, in assenza di mandato specifico, così come non producono l'effetto dell'interpello le istanze carenti dell'elemento di “personalità” del quesito, essendo correlato il diritto interpello alle fattispecie “concrete e personali”.

Ciò comporta che, in caso di presentazione di istanze da parte di coloro che in base alla legge sono obbligati a porre in essere gli adempimenti tributari per conto dei contribuenti e di coloro che rivestono il ruolo di sostituti e responsabili d'imposta, è sempre necessario che nell'istanza siano indicate le generalità delle parti cui si riferisce il rapporto oggetto dell'interpello, anche per consentire una corretta parametrazione, nelle diverse sedi, degli effetti della risposta.

Dunque, chi agisce per conto e i sostituti e responsabili d'imposta devono indicare le generalità delle parti cui si riferisce il rapporto oggetto dell'interpello.

Come chiarito nella circolare 1 aprile 2016 n. 9/E, per questioni attinenti l'applicazione dell'IVA, non sono legittimati a presentare istanze d'interpello i cessionari o i committenti considerati “consumatori privati” ai fini di questo tributo. Questi soggetti non possono essere, infatti, qualificati in termini di “contribuenti” (né tanto meno di soggetti che in base alla legge sono obbligati a porre in essere gli adempimenti tributari per conto dei contribuenti) in quanto su di essi non incombono obblighi in ordine all'attuazione del rapporto tributario.

Termini (art. 2, comma 2, d.lgs. n. 156/2015). L'istanza di cui al comma 1 (indipendentemente dalla tipologia di appartenenza) deve essere presentata, a pena di inammissibilità, prima della scadenza dei termini previsti dalla legge per la presentazione della dichiarazione o per l'assolvimento di altri obblighi tributari aventi ad oggetto o comunque connessi alla fattispecie cui si riferisce l'istanza medesima senza che, a tali fini, assumano valenza i termini concessi all'amministrazione per rendere la propria risposta.

Come chiarito dalla circolare sopra cit. e dalla relazione illustrativa, non assumono rilievo i termini entro cui i contribuenti possono sanare l'omissione o correggere la dichiarazione presentata, né tanto meno i termini previsti dal comma 8-bis dell'art. 2 del d.P.R. n. 322/1998 (come nel tipico caso delle istanze relative alle imposte sui redditi). La circolare evidenzia pure che il riferimento alla dichiarazione come momento rilevante ai fini dell'attuazione del comportamento vale tanto per le istanze relative alle imposte sui redditi quanto per le istanze relative all'IVA in quanto – ancorché detto tributo si caratterizzi per l'effettuazione di una serie di adempimenti preliminari rispetto alla dichiarazione – è comunque con la presentazione di quest'ultima che il contribuente dà definitiva attuazione al proprio comportamento. Si precisa, infine, che quando le istanze di interpello riguardano questioni che hanno impatto su dichiarazioni relative a più periodi di imposta (come accade, ad esempio, nei casi in cui oggetto dell'istanza sia la rilevanza delle spese di ristrutturazione di cui all'art. 16-bis del TUIR), in presenza di istanze presentate oltre il termine di presentazione di una dichiarazione interessata dal quesito (di norma la prima), dovrà comunque essere apprezzato l'interesse del contribuente a conoscere la risposta dell'amministrazione anche al fine di determinare il comportamento da tenere in sede di presentazione delle dichiarazioni relative ai periodi di imposta successivi.

Corollario della preventività è che le istanze presentate non interferiscano con attività di controllo già poste in essere dall'amministrazione riferite o che comunque possano produrre effetti sul contribuente e di cui quest'ultimo sia formalmente a conoscenza, se vertenti sulla questione oggetto di interpello, di cui si dirà più avanti.

Contenuto dell'istanza (art. 3, comma 1, d.lgs. n. 156/2015). L'istanza deve espressamente fare riferimento alle disposizioni che disciplinano il diritto di interpello e deve contenere:

a) i dati identificativi dell'istante ed eventualmente del suo legale rappresentante, compreso il C.F.;

b) l'indicazione del tipo di istanza fra quelle di cui alle diverse lettere del comma 1 e al comma 2 dell'art. 11;

c) la circostanziata e specifica descrizione della fattispecie;

d) le specifiche disposizioni di cui si richiede l'interpretazione, l'applicazione o la disapplicazione;

e) l'esposizione, in modo chiaro ed univoco, della soluzione proposta;

f) l'indicazione del domicilio e dei recapiti anche telematici dell'istante o dell'eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le comunicazioni dell'amministrazione e deve essere comunicata la risposta;

g) la sottoscrizione dell'istante o del suo legale rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale incaricato ai sensi dell'art. 63 d.P.R. n. 600/1973. In questo ultimo caso, se la procura non è contenuta in calce o a margine dell'atto, essa deve essere allegata allo stesso.

Nel Provv. 4 gennaio 2016 si legge che l'istanza è redatta in forma libera, esente da bollo; va sottoscritta e presentata agli uffici competenti con le modalità consentite.

Si ricorda che, come si legge nel punto 1.1., lettera d) del Provv. cit., l'istanza va “sottoscritta con firma autografa, ovvero, nei casi in cui il documento è trasmesso via posta elettronica certificata o, ove consentito, posta elettronica libera, con firma digitale o con le modalità di cui all'art. 38, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000”.

La circ. richiamata precisa che, con riferimento al requisito consistente nell'indicazione della tipologia di istanza presentata, laddove accada che un determinato profilo della fattispecie descritta dal contribuente imponga all'amministrazione di effettuare valutazioni riconducibili ad una diversa tipologia di interpello (si pensi al caso della valutazione della esistenza di una azienda, essenziale per definire se l'operazione realizzata integra o meno un abuso del diritto o, più in generale, i casi di istanze che impongono altresì valutazioni riconducibili ad un interpello ordinario “puro”, prodromiche rispetto alla diversa richiesta presentata), in tali circostanze, la risposta dell'amministrazione sarà unica e verrà resa nel più ampio termine di 120 giorni relativo ad una o più delle richieste formulate, senza che si determini, decorso il termine di 90 giorni, silenzio assenso rispetto agli eventuali quesiti “interpretativi” contenuti nell'istanza. Resta inteso che, ove il contribuente intenda presentare più quesiti che non presentano carattere di consequenzialità o alcun tipo di collegamento tra loro, è onere del medesimo presentare diverse istanze di interpello, ciascuna riferita alla peculiare richiesta formulata, anche in considerazione della possibile non coincidenza dei termini di risposta e/o della competenza degli uffici. In presenza di istanze così mal formulate, l'amministrazione attiverà la procedura di regolarizzazione per consentire di sanare detta irregolarità.

Allegati (art. 3, comma 2, d.lgs. n. 156/2015). All'istanza di interpello è allegata copia della documentazione, non in possesso dell'amministrazione procedente o di altre amministrazioni pubbliche indicate dall'istante, rilevante ai fini della risposta. Nei casi in cui la risposta presupponga accertamenti di natura tecnica, non di competenza dell'amministrazione procedente, alle istanze devono essere allegati altresì i pareri resi dall'ufficio competente.

Ufficio competente. Le istanze, redatte in carta libera e non soggette al pagamento dell'imposta di bollo, come detto, devono essere indirizzate:

– alla Direzione regionale competente in base al domicilio fiscale dell'istante nel caso di tributi erariali;

– alla Direzione regionale nel cui ambito opera l'ufficio competente ad applicare la norma tributaria oggetto dell'interpello nel caso di tributi concernenti l'imposta ipotecaria dovuta in relazione agli atti diversi da quelli di natura traslativa, le tasse ipotecarie e i tributi speciali catastali nonché le istanze aventi ad oggetto disposizioni o fattispecie di natura catastale;

– alla Divisione Contribuenti (struttura unica operativa dall'1 marzo 2018), se si tratta di interpelli presentati da Amministrazioni centrali dello Stato, Enti pubblici a rilevanza nazionale, soggetti non residenti nel territorio dello Stato (indipendentemente dalla nomina di un rappresentante fiscale o dall'identificazione diretta) e soggetti di più rilevante dimensione (con volume d'affari o ricavi non inferiori a 100 milioni di euro).

Si sottolinea, infatti, che con provv. 1 marzo 2018 sono state modificate le regole procedurali per le istanze di interpello presentate ai sensi dell'art. 11 l. n. 212/2000 (statuto del contribuente), dell'art. 2, d.lgs. n. 147/2015 (istanze di interpello sui nuovi investimenti) e dell'art. 6, comma 2, d.lgs. n. 128/2015 (le istanze di interpello per i contribuenti che aderiscono al regime dell'adempimento collaborativo) ed ai fini dell'applicazione dell'art. 24-bis d.P.R. n. 917/1986 (opzione per l'imposta sostitutiva sui redditi prodotti all'estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia). Le modifiche hanno riguardato gli interpelli presentati da: Amministrazioni centrali dello Stato; Enti pubblici a rilevanza nazionale; soggetti di più rilevante dimensione; dai non residenti; Direzioni Regionali alle strutture centrali nei casi di maggiore complessità o incertezza. Gli Uffici competenti prima del 1° marzo 2018: la Circolare 9/E 2016 prevedeva che erano inoltrate alla Direzione Centrale Normativa ed alla Direzione Centrale Catasto, Cartografia e Pubblicità immobiliare le istanze presentate da:

– Amministrazioni centrali dello Stato ed enti pubblici a rilevanza nazionale;

– Soggetti non residenti nel territorio dello Stato, anche qualora i medesimi abbiano nominato un rappresentante fiscale in Italia ovvero assolvano gli obblighi o esercitino i diritti in materia di imposta sul valore aggiunto;

– Soggetti di più rilevante dimensione (volume d'affari/ricavi non inferiore a cento milioni di euro con riferimento all'ultima dichiarazione presentata).

Modalità di presentazione delle istanze. Il Provv. 1 aprile 2016 ha individuato le modalità di presentazione delle istanze; le stesse (al pari, come si vedrà, della documentazione integrativa ovvero dei dati e dei documenti ulteriori richiesti al contribuente per effetto della regolarizzazione) sono presentate mediante:

– consegna a mano;

– spedizione a mezzo plico raccomandato con avviso di ricevimento;

– presentazione per via telematica attraverso l'impiego della posta elettronica certificata di cui al d.P.R. n. 68/2005.

Il Provv. cit. prevede, infine, una modalità di presentazione estremamente semplificata per le sole istanze presentate dai contribuenti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato, i quali possono inoltrare l'istanza mediante la posta elettronica libera.

Il riferimento preciso ai “soggetti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato” comporta che coloro che provvedano invece alla nomina di quest'ultimo debbano inoltrare le istanze di interpello attraverso le modalità di presentazione previste per tutti gli altri contribuenti.

La circolare chiarisce che l'utilizzo della posta elettronica libera, in quanto consentito ai soli soggetti espressamente sopra indicati, non costituisce modalità generale. Le istanze dei contribuenti diversi da soggetti non residenti privi di un domiciliatario nel territorio dello Stato presentate mediante la posta elettronica libera ai suddetti indirizzi devono considerarsi, pertanto, non ritualmente presentate e del tutto improduttive degli effetti dell'interpello. Di detta circostanza viene comunque data informazione al contribuente istante.

Il successivo Provv. 1 marzo 2018 ha modificato talune regole procedurali, prevedendo che l'indirizzo di posta elettronica certificata (P.E.C.) secondo le modalità di cui al d.P.R. n. 68/2005 previsto all'Allegato A del Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate 4 gennaio 2016, n. 27 per le Direzioni Centrali è sostituito dall'indirizzo unico: interpello@pec.agenziaentrate.it. Allo stesso indirizzo si trasmettono le istanze di interpello delle persone fisiche non residenti che presentano i requisiti di cui all'art. 24-bis d.P.R. n. 917/1986 e i soggetti che presentano le istanze di interpello sui nuovi investimenti di cui al Provvedimento n. 77220/2016; gli indirizzi di posta elettronica libera (PEL) previsti all'allegato A del Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate n. 27/2016 quale modalità utilizzabile dai soggetti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato sono sostituiti dall'indirizzo unico di P.E.L: div.contr.interpello@ agenziaentrate.it. Allo stesso indirizzo trasmettono le istanze di interpello le persone fisiche non residenti che presentano i requisiti di cui all'art. 24-bis d.P.R. n. 917/1986 e i soggetti che presentano le istanze di interpello sui nuovi investimenti di cui al Provvedimento n. 77220/2016 che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato.

Tali modifiche si sono rese necessarie all'esito della individuazione nella Divisione Contribuenti la struttura unica che riceve gli interpelli per gli Uffici centrali (gli interpelli presentati dalle Amministrazioni centrali dello Stato, dagli Enti pubblici a rilevanza nazionale, dai soggetti di più rilevante dimensione, dai soggetti non residenti, gli interpelli inviati dalle Direzioni regionali per la pubblicazione della risposta ai sensi dell'art. 11, comma 6, l. n. 212/2000, gli interpelli inviati dalle Direzioni regionali nei casi di maggiore complessità o incertezza della soluzione).

Conclusivamente, le istanze sono presentate:

– a mano

– mediante spedizione a mezzo plico raccomandato con avviso ricevimento;

– telematicamente, da una casella P.E.C. (Posta Elettronica Certificata) all'indirizzo di P.E.C.: interpello@pec.agenziaentrate.it per i soggetti residenti e per i soggetti non residenti che si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato; per interpelli presentati da Amministrazioni centrali, Enti pubblici a rilevanza nazionale, soggetti di più rilevante dimensione;

– da una casella PEL (Posta Elettronica Ordinaria) all'indirizzo di PEL: div.contr.interpello@ agenziaentrate.it per i soggetti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato.

In caso di invio telematico l'istanza dovrà essere sottoscritta con firma digitale ovvero, se sottoscritta con firma autografa, dovrà essere accompagnata da copia di un documento di identità.

Regolarizzazione (art. 3, comma 3, d.lgs. n. 156/2015). Una significativa novità del decreto, introdotta nell'ottica di generale favor verso l'istituto dell'interpello, concerne la regolamentazione di una fase nuova: quella di regolarizzazione.

Nei casi in cui le istanze siano carenti dei requisiti di cui alle lettere b), d), e), f) e g) del comma 1, l'amministrazione invita il contribuente alla loro regolarizzazione entro il termine di 30 giorni (a pena di inammissibilità dell'istanza, comma 5). I termini per la risposta iniziano a decorrere dal giorno in cui la regolarizzazione è stata effettuata.

In difetto dei requisiti b) e d) le istanze sono inammissibili (art. 5).

La regolarizzazione si effettua con le stesse modalità stabilite per la presentazione dell'istanza.

La circolare dell'1 aprile 2016 precisa che, interpretando lo spirito di favore sotteso all'istituto della regolarizzazione, è in facoltà dell'amministrazione attivare la procedura non per effetto del mero riscontro della carenza, ma solamente nelle ipotesi in cui la mancanza di alcuni dati pregiudichi la possibilità di istruire l'istanza e di rendere una risposta nel merito.

Il Provv. 1 aprile 2016 ha, inoltre, espressamente disciplinato il procedimento di regolarizzazione prevedendo che l'ufficio competente alla trattazione dell'istanza, entro trenta giorni dalla consegna o dalla ricezione della medesima, invita l'istante alla regolarizzazione segnalando il dato o i dati carenti; il contribuente, nei trenta giorni successivi alla ricezione dell'invito dell'ufficio, provvede a regolarizzare l'istanza carente.

Qualora la regolarizzazione sia correttamente effettuata, i termini per la risposta decorrono dalla consegna o ricezione non dell'istanza originaria, bensì di quella regolarizzata.

Come chiarisce la circolare, resta fermo che l'amministrazione, decorsi i trenta giorni previsti dal Provv. per la regolarizzazione, nei casi in cui la procedura non sia stata attivata o sia stata attivata solo in relazione ad alcune carenze riscontrate, possa comunque richiedere al contribuente, anche dopo il predetto termine, i dati di cui all'art. 3 del decreto che eventualmente si fossero rilevati, nel prosieguo della lavorazione, carenti; la richiesta, tuttavia, non determina alcun differimento del dies a quo dei termini per la risposta, che restano collegati alla presentazione dell'originale istanza all'ufficio competente.

Qualora l'istanza integrata dal contribuente non pervenga nei termini fissati dal provvedimento, l'istanza è dichiarata inammissibile. Come accennato, l'istanza deve essere trasmessa con le stesse modalità previste per la presentazione dell'interpello (consegna a mano, raccomandata a/r, P.E.C. o posta elettronica libera per i soli contribuenti cui ne è consentito l'uso); non potranno essere considerate come utilmente presentate le istanze che siano trasmesse con canali diversi da quelli ammessi.

Coerentemente alle finalità della procedura in esame, che è quella di consentire all'amministrazione di pronunciarsi nel merito in presenza di vizi di forma più minimali dell'istanza, la regolarizzazione non deve essere richiesta tutte le volte in cui l'Agenzia sia in grado di riscontrare, entro i 30 giorni dalla ricezione, sulla base dei dati contenuti nell'istanza, l'inammissibilità della medesima (ad esempio, nel caso di difetto di preventività o in caso di difetto dei requisiti essenziali non suscettibili di regolarizzazione) in quanto, pur in presenza di istanza formalmente regolare, non sarebbe comunque possibile istruire nel merito il quesito presentato (circ. 9 aprile).

Integrazione della documentazione (art. 4, d.lgs. n. 156/2015). Quando non è possibile fornire risposta sulla base dei documenti allegati, l'amministrazione chiede, una sola volta, all'istante di integrare la documentazione presentata. In tal caso il parere è reso entro sessanta giorni dalla ricezione della documentazione integrativa.

Dunque, la richiesta dei documenti riguarda ogni tipo di interpello e interrompe il termine assegnato per la risposta, che “inizia a decorrere dalla data di ricezione, da parte dell'ufficio, della documentazione integrativa consegnata o spedita con le stesse modalità dell'interpello”.

Il termine di 60 giorni è unico e, a differenza di quanto previsto per i termini “ordinari” di lavorazione delle istanze, differenziati in base alla tipologia di interpello presentato (90 gg. interpelli ordinari; 120 tutti gli altri), vale per qualsiasi tipologia di istanza.

La mancata presentazione della documentazione richiesta ai sensi del comma 1 entro il termine di un anno comporta rinuncia all'istanza di interpello, ferma restando la facoltà di presentazione di una nuova istanza, ove ricorrano i presupposti previsti dalla legge.

La documentazione integrativa va prodotta con le stesse modalità di presentazione dell'istanza (consegna a mano, raccomandata a/r, P.E.C. e posta elettronica libera solo per i soggetti cui ne è consentito l'utilizzo), preferibilmente su supporto informatico, e in caso di impossibilità di presentazione, ne devono essere esplicitati i motivi.

Coerentemente alla natura non provvedimentale della risposta all'interpello e come peraltro espressamente confermato dall'art. 6, comma 3, del decreto, la documentazione non fornita in occasione dell'istruttoria dell'interpello, non integra il disposto degli artt. 32, comma 4, del d.P.R. n. 600/1973 e 52, comma 5, del d.P.R. n. 633/1972 nella parte cui pongono preclusioni alla utilizzabilità a favore del contribuente della notizie e dei dati non addotti, nonché, più in generale, degli atti, dei documenti, dei libri e dei registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'ufficio.

Da ultimo, come precisato nel par. 1.2 della circ. con riferimento all'interpello probatorio, si ricorda che nell'istruttoria di questa particolare categoria di istanze, la richiesta di documentazione integrativa è preordinata a rimuovere eventuali dubbi dell'amministrazione tutte le volte in cui la stessa, ai fini della risposta, ritenga necessari ulteriori elementi non forniti in sede di presentazione dell'istanza, mentre non può essere attivata al solo fine di compensare una significativa carenza di elementi probatori nell'originaria istanza.

Rinuncia all'istanza. Come esposto, integra rinuncia implicita all'istanza la mancata presentazione della documentazione integrativa entro un anno; tuttavia, in pendenza dei termini di istruttoria, il contribuente può presentare istanza di rinuncia espressa ed ottenere la chiusura anticipata del procedimento.

Sia in caso di rinuncia implicita che espressa, l'ufficio prende atto ed effettua la relativa notifica o comunicazione al contribuente (circ. 1.4.).

La regolamentazione della rinuncia all'interpello è una novità della nuova disciplina, con la precisazione che è il decreto a regolare la rinuncia implicita, mentre è il provvedimento del 4 gennaio 2016 a disciplinare la pronuncia espressa laddove prevede che “in pendenza dei termini di istruttoria dell'interpello, resta ferma la possibilità per i contribuenti di presentare con le modalità consentite la rinuncia espressa all'interpello all'ufficio competente”.

La rinuncia è trasmessa con le consuete modalità rituali e, come per l'istanza, si ritiene che debba essere sottoscritta dall'istante o dal suo legale rappresentante o dal procuratore generale o speciale con l'avvertenza che anche in questo caso la procura alla rinuncia – se non contenuta in calce o a margine dell'atto – deve essere a quest'ultimo allegata.

Presentata rinuncia espressa, si determina una anticipata chiusura del procedimento senza che la risposta venga resa e senza che – evidentemente – il silenzio assuma significato.

Il punto 4.4. del Provv. cit. – con riferimento alla rinuncia implicita, cioè quando la documentazione richiesta non è trasmessa entro un anno dalla data della relativa richiesta – per esigenze di certezza, statuisce che l'ufficio procedente prenda atto della rinuncia all'interpello effettuando la relativa notificazione o comunicazione tempestivamente.

Le medesime esigenze di certezza depongono nel senso di ritenere che anche in caso di rinuncia espressa l'ufficio effettui la medesima comunicazione o notificazione al contribuente.

Inammissibilità (art. 5, d.lgs. n. 156/2015). Le istanze di interpello sono inammissibili se:

a) sono prive dei requisiti di cui alle lettere a) e c) dell'art. 3, comma 1 e, cioè, dei dati identificativi dell'istante ed eventualmente del suo legale rappresentante, compreso il C.F. (a), della circostanziata e specifica descrizione della fattispecie (c);

b) non sono presentate preventivamente ai sensi dell'articolo 2, comma 2 e, dunque, prima della scadenza dei termini previsti dalla legge per la presentazione della dichiarazione o per l'assolvimento di altri obblighi tributari aventi ad oggetto o comunque connessi alla fattispecie cui si riferisce l'istanza medesima senza che, a tali fini, assumano valenza i termini concessi all'amministrazione per rendere la propria risposta;

c) non ricorrono le obiettive condizioni di incertezza ai sensi dell'art. 11, comma 4 l. n. 212/2000;

d) hanno ad oggetto la medesima questione sulla quale il contribuente ha già ottenuto un parere, salvo che vengano indicati elementi di fatto o di diritto non rappresentati precedentemente;

e) vertono su materie oggetto delle procedure di cui all'art. 31-ter d.P.R. n. 600/1973 (accordi preventivi per le imprese con attività internazionale), di cui all'art. 2 d.lgs. n. 147/2015 (interpello sui nuovi investimenti), e della procedura di cui all'art. 6 d.lgs. n. 128/2015 (procedura abbreviata di interpello preventivo nel regime di adempimento collaborativo);

f) vertono su questioni per le quali siano state già avviate attività di controllo alla data di presentazione dell'istanza di cui il contribuente sia formalmente a conoscenza;

g) il contribuente, invitato a integrare i dati che si assumono carenti ai sensi del comma 3 dell'articolo 3, non provvede alla regolarizzazione nei termini previsti.

Si sottolinea che non sussistono obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito applicativo delle disposizioni quando l'amministrazione ha compiutamente fornito la soluzione di fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dall'istante mediante atti resi pubblici nelle forme previste dalla legge. In tal caso l'Agenzia ha l'onere di fornire al contribuente l'indicazione dell'atto nel quale può trovare risposta al quesito e una sintetica descrizione della risposta (circ. 1.4.).

Risposta (art. 11, comma 3, l. n. 212/2000). L'amministrazione risponde alle istanze di cui alla lettera a) del comma 1 (interpelli ordinari sia puri che qualificatori) nel termine di novanta giorni e a quelle di cui alle lettere b) e c) del medesimo comma 1 ed a quelle di cui al comma 2 nel termine di centoventi giorni (tutte le altre istanze). La risposta, scritta e motivata, vincola ogni organo della amministrazione con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza e limitatamente al richiedente (ma non vincola il contribuente). Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell'amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente (il contribuente si adeguerà alla soluzione da lui prospettata).

Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli.

Tale efficacia si estende ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell'istante.

Quindi, la risposta all'interpello ordinario (sia puro che qualificatorio) deve essere notificata o comunicata al contribuente, anche telematicamente, entro 90 giorni (120 per le altre tipologie di interpello) dalla presentazione dell'istanza all'ufficio competente o entro 60 giorni dalla ricezione della eventuale documentazione integrativa (termine unico).

Si ritengono tali termini perentori e, come in passato, viene riconfermata la regola del silenzio assenso, già prevista nella precedente formulazione dell'art. 11 dello Statuto, in riferimento all'interpello ordinario ed oggi estesa ad ogni tipologia di interpello. Si argomenta, anzi, che è proprio tale previsione a conferire carattere di perentorietà ai termini di risposta per tutte le tipologie di istanza. Tuttavia, Il mancato rispetto del termine per la risposta all'interpello disapplicativo (in tema di società di comodo ex art. 37-bis, comma 8, d.P.R. n. 600/1973) non determina la preclusione per l'ufficio di procedere all'adozione dell'avviso di accertamento, non rinvenendosi in tali disposizioni la tipizzazione di un'ipotesi di silenzio assenso, a differenza di quanto previsto in tema di interpello ordinario dall'art. 11 (Cass. V, n. 20011/2021).

Il parere espresso dall'Agenzia non vincola il contribuente, che può decidere di non uniformarsi. Gli uffici dell'Agenzia, invece, salva la possibilità di rettificare il parere, non possono emettere atti impositivi e/o sanzionatori difformi dal contenuto della risposta fornita in sede di interpello, nel presupposto che i fatti accertati coincidano con quelli rappresentati nell'istanza. Se, invece, quanto emerge in sede di controllo non coincide con la descrizione dei fatti contenuta nell'istanza, la risposta all'interpello non produce effetti vincolanti per l'Agenzia.

Dunque, la nuova disposizione prevede che l'amministrazione – stante l'immanenza del generale potere di autotutela – ha sempre la possibilità di comunicare al contribuente istante un cambio di orientamento rispetto alla precedente risposta fornita espressamente (risposta rettificativa vera e propria) o consolidatasi per effetto del silenzio (risposta cd. tardiva).

Lo Statuto si preoccupa di regolamentare la rettifica essenzialmente al fine di coordinare la nuova risposta con quella precedente sotto il profilo degli effetti. Il citato comma 3 dell'art. 11 prevede, infatti, che gli effetti della risposta all'istanza (su cui si veda il successivo par.) siano in qualche modo interrotti dalla comunicazione da parte dell'amministrazione di un nuovo parere che integra e/o corregge quello precedentemente reso.

Lo Statuto specifica che per effetto della comunicazione di una nuova risposta, il contribuente non potrà beneficiare degli effetti del primo parere per i comportamenti da lui posti in essere dopo la comunicazione della risposta rettificativa.

Resta comunque confermata la regola secondo cui occorre aver riguardo al momento in cui la rettifica della risposta viene notificata o comunicata al contribuente: ove, infatti, al momento della ricezione della risposta rettificativa, quest'ultimo abbia già posto in essere il comportamento prospettato nell'istanza o dato attuazione alla norma oggetto dell'interpello, comportandosi in senso conforme al parere dell'Agenzia (anche formatosi per effetto del silenzio) sono nulli gli eventuali atti impositivi o sanzionatori fondati sul diverso parere contenuto nella risposta rettificativa; qualora, invece, la nuova risposta sia notificata o comunicata prima che l'istante abbia tenuto il comportamento prospettato o dato attuazione alla norma oggetto dell'interpello, l'Amministrazione finanziaria, in applicazione del parere contenuto nella nuova risposta e disatteso dal contribuente, può recuperare le imposte eventualmente dovute ed i relativi interessi, senza tuttavia, in omaggio al generale principio di tutela dell'affidamento, irrogare le sanzioni (circ. 1.4.).

La  legislazione emergenziale covid-19, ha disposto la sospensione dall'8 marzo al 31 maggio del 2020 dei termini per fornire risposta alle istanze di interpello presentate dai contribuenti, ivi comprese quelle da rendere a seguito della presentazione della documentazione integrativa (secondo periodo del comma 1 dell'art. 67 d.l. n. 18/2020Decreto Cura Italia); sul punto cfr. Agenzia Circolare n. 4 del 20 marzo 2020

La legge delega prevede che i termini per evadere l'interpello siano sospesi nel mese di agosto, in concomitanza con il periodo di sospensione feriale.

 

Effetti della presentazione delle istanze (art. 11, comma 5). La mera presentazione dell'istanza non ha effetto sulle scadenze previste dalle disposizioni tributarie, sulla decorrenza dei termini di decadenza e non interrompe o sospende i termini di prescrizione.

La pubblicità delle risposte in forma di circolare o risoluzione (art. 11, comma 6). Il nuovo comma 6 del decreto dispone che l'amministrazione provvede alla pubblicazione mediante la forma di circolare o di risoluzione delle risposte rese nei casi in cui:

– un numero elevato di contribuenti abbia presentato istanze aventi ad oggetto la stessa questione o questioni analoghe fra loro;

– nei casi in cui il parere sia reso in relazione a norme di recente approvazione o per le quali non siano stati resi chiarimenti ufficiali;

– nei casi in cui siano segnalati comportamenti non uniformi da parte degli uffici;

– in ogni altro caso in cui ritenga di interesse generale il chiarimento fornito.

Resta ferma, in ogni caso, la comunicazione della risposta ai singoli istanti.

La descritta novità codifica le ipotesi in cui l'amministrazione provvede a dare pubblicità – in omaggio alle esigenze di trasparenza dell'azione amministrativa, correttamente temperate dall'esigenza di assicurare la certezza del diritto – alle risposte fornite in sede di interpello, dettando una regola di comportamento.

Come ricordato anche nella circ. 1 aprile 2016, n. 9/E, la pubblicazione delle risposte costituisce attività soggetta a valutazione da parte della Direzione Centrale, restando sostanzialmente preclusa alle Direzioni regionali al fine di garantire un costante monitoraggio (istituzionalmente assegnato alle Direzioni centrali) sulla uniforme interpretazione ed applicazione delle norme sul territorio nazionale.

In tale ottica, il provv. 4 gennaio 2016, prot. n. 27 stabilisce che le Direzioni regionali debbano inoltrare l'istanza per la lavorazione da parte della Direzione centrale tutte le volte in cui ritengano che la risposta potrebbe essere soggetta a pubblicità ai sensi dell'art. 11, comma 6, dello Statuto (2.6) e che le Direzioni Regionali possono comunque inoltrare alla Direzione Centrale competente le istanze ricevute nei casi di maggiore complessità o incertezza della soluzione (2.7).

Uniformandosi alla prassi, la novella ha disposto che resta ferma, in ogni caso, la comunicazione della risposta ai singoli istanti; dunque, la pubblicazione della risposta non esime l'amministrazione dal provvedere alla ordinaria comunicazione della medesima a ciascuno dei contribuenti istanti; ciò anche al fine di consentire che rispetto questi ultimi, individualmente, si producano gli effetti propri della risposta all'interpello (come meglio chiarito nella circ. al par. n. 5, di cui più avanti).

A partire dall'1 settembre 2018 le risposte alle istanze di interpello saranno pubblicate on line.

La pubblicità riguarderà i vari tipi di interpello ammissibili previsti dallo Statuto del Contribuente – ordinario, probatorio, antiabuso e disapplicativo – gli interpelli relativi ai nuovi investimenti, le risposte alle istanze di consulenza giuridica esterna di cui alla Circolare 5 agosto 2011, n. 42/E.

Il provv. dell'Agenzia 7 agosto 2018, prot. n. 185630, in attuazione del principio di trasparenza, ha disposto che le strutture centrali dell'Agenzia delle Entrate provvedono a dare pubblicità alle risposte alle istanze di interpello, ammissibili, ed alle istanze di consulenza giuridica esterna (provv. 1.1); se le risposte agli interpelli e alle istanze di consulenza giuridica contengono chiarimenti interpretativi nuovi oppure modificano un precedente orientamento o garantiscono più uniformità di comportamento, si provvederà alla loro pubblicazione sotto forma di circolare o di risoluzione (provv. 1.2); è garantita la pubblicità dei soli principi di diritto espressi nella risposta, omettendo qualsiasi riferimento anche alla fattispecie oggetto del quesito, quando la pubblicazione possa recare pregiudizio concreto ad un interesse pubblico o privato, considerato prevalente e relativo, tra l'altro, al mercato, alla concorrenza, al diritto alla protezione dei dati personali, alla proprietà intellettuale, al diritto d'autore e al segreto commerciale (provv. 1.3). Non sono pubblicate, invece, le risposte fornite agli interpelli riguardanti l'esercizio dell'opzione per l'imposta sostitutiva sui redditi prodotti all'estero realizzati dalle persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia (art. 24-bis del TUIR - d.P.R. n. 917/1986). Infatti, ciò configurerebbe un'ipotesi di violazione del diritto alla protezione dei dati personali e, inoltre, non sarebbe utile per individuare un principio di diritto di interesse per gli altri contribuenti (provv. 1.4).

Al punto 2.1, del provv. è prevista la pubblicità “in sintesi” anche alle istanze di interpello relative ai nuovi investimenti (art. 2, d.lgs. n. 147/2015), che abbiano interesse generale, in attuazione del comma 5 del medesimo art. 2.

Le circolari e le risoluzioni di cui ai punti 1.2. e 1.3. sono pubblicate nella banca dati del servizio di documentazione economica e finanziaria, oltre che nel sito internet dell'Agenzia delle entrate.

Le risposte alle istanze di cui al punto 1.1. ed i documenti di sintesi di cui al punto 2.1. sono pubblicate in un'apposita sezione del sito internet dell'Agenzia dell'entrate.

La pubblicazione è prevista dal Provvedimento con riferimento alle risposte rese dalle sole strutture centrali dell'Agenzia, considerando che, sulla base delle indicazioni contenute nel Provvedimento 4 gennaio 2016, prot. n. 27 cit. e delle numerose istruzioni di servizio impartite agli uffici Consulenza delle Direzioni regionali, queste ultime devono trasmettere alle strutture centrali le istanze presentate in tutti i casi in cui il quesito verta su fattispecie per le quali non sussistano precedenti di prassi, nonché nei casi di incertezza e complessità. La trattazione delle istanze di interpello a cura delle strutture regionali è, infatti, limitata alle ipotesi in cui le Direzioni Centrali competenti si siano già pronunciate sulla fattispecie oggetto del quesito. I nuovi rafforzati obblighi di trasparenza contenuti nel Provvedimento rendono quanto mai essenziale che trovino puntuale applicazione le predette regole di riparto di competenze tra le strutture regionali e quelle centrali dell'Agenzia in materia di istanze di interpello e consulenza giuridica.

Più in dettaglio, il Provvedimento 4 gennaio 2016, prot. n. 27: 2.6. Le Direzioni Regionali inoltrano comunque alla Direzione Centrale competente le istanze per le quali ritengono che la risposta sia soggetta a pubblicazione ai sensi dell'art. 11, comma 6, n. 212/2000, recante lo Statuto dei diritti del contribuente; 2.7. Le Direzioni Regionali possono comunque inoltrare alla Direzione Centrale competente le istanze ricevute nei casi di maggiore complessità o incertezza della soluzione.

2.8. Per le istanze trasmesse dalle Direzioni regionali ai sensi dei precedenti punti 2.6 e 2.7, le Direzioni Centrali competenti forniscono direttamente la risposta al contribuente e, ove sussistono i presupposti, provvedono alla pubblicazione della medesima in forma di risoluzione o circolare. La trasmissione di un'istanza alla Direzione Centrale effettuata ai sensi dei punti 2.6. e 2.7 non ha effetto sul decorso dei termini per la risposta al contribuente.

Gli effetti della risposta all'interpello sull'attività di accertamento. Come già esposto, la risposta, scritta e motivata, vincola “ogni organo” dell'amministrazione “con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza” “e limitatamente al richiedente” (cioè vincola l'amministrazione e limitatamente al richiedente, mentre quest'ultimo non è vincolato); sono nulli eventuali atti a contenuto impositivo e/o sanzionatorio difformi dalla risposta (ivi compreso il “silenzio”) e si estende, salva la possibilità di rettifica, ai “comportamenti successivi del contribuente” purché “riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello”, come accade soprattutto con riferimento alle fattispecie suscettibili di ripetersi nel tempo.

Ne consegue che:

– ferma restando l'attività di controllo in ordine alla corrispondenza tra la fattispecie astrattamente descritta dal contribuente nell'istanza e quella concreta riscontrabile in sede di verifica, i principi contenuti nella risposta inibiscono la possibilità di sollevare rilievi già in sede ispettiva, sia da parte dell'Agenzia che da parte della Guardia di Finanza;

– la risposta produce gli effetti sopra menzionati solo nei limiti tracciati dalla richiesta della parte e dal tenore della risposta fornita; questo chiarimento assume particolare importanza con riferimento ai nuovi interpelli antiabuso per i quali, come sopra detto, sarà onere del contribuente individuare puntualmente, oltre che le norme di riferimento, più in generale anche il settore impositivo o i settori rispetto ai quali l'operazione pone dubbi. Risulta del tutto evidente che la risposta dell'amministrazione, anche con riferimento alla rilevanza dell'esimente in presenza di operazioni che integrano i presupposti per l'abuso, produce effetto esclusivamente in relazione alle questioni sollevate dal contribuente con riferimento ad uno specifico comparto ed a determinate disposizioni di legge, con la conseguenza che non saranno precluse possibili contestazioni della medesima operazione a diversi fini impositivi;

– la risposta produce gli effetti tipici solo per il contribuente istante; cioè l'amministrazione è vincolata dalla risposta data ma solo per quel contribuente; detta precisazione appare di fondamentale importanza nelle ipotesi in cui la risposta all'istanza di interpello sia resa pubblica mediante risoluzione o circolare in quanto, mentre per il destinatario della risposta i chiarimenti ivi contenuti determinano la nullità degli impositivi e/o sanzionatori difformi, per la generalità dei contribuenti si configura l'ipotesi di cui all'art. 10, comma 2, dello Statuto secondo cui, ferma restando la debenza del tributo, “Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima ...”.

Gli effetti della risposta all'interpello disapplicativo sull'attività di accertamento (art. 6, d.lgs. n. 156/2015). L'art. 6, comma 2, d.lgs. n. 156/2015, con esclusivo riferimento alle ipotesi in cui sia stata presentata istanza di interpello disapplicativo (obbligatorio) ai sensi dell'art. 11, comma 2, dello Statuto, prevede, ai fini della contestazione, una procedura di accertamento “aggravata”, costruita secondo il modello delle contestazioni di abuso del diritto (art. 10-bis dello Statuto).

In dettaglio, qualora il contribuente abbia presentato istanza di interpello disapplicativo obbligatorio, salvi i casi in cui l'istanza non sia stata istruita nel merito in quanto dichiarata inammissibile, l'amministrazione è tenuta a:

1) fare obbligatoria contestazione “separata” dell'indebita fruizione del componente negativo di reddito (deduzione, detrazione, credito d'imposta) o di altra posizione soggettiva, senza pregiudizio dell'ulteriore azione di accertamento;

2) notificare, ai sensi dell'art. 60 del d.P.R. n. 600/1973 ed entro il termine ordinario di decadenza previsto per l'emanazione dell'atto impositivo, una richiesta di chiarimenti volta ad attivare un contraddittorio endoprocedimentale obbligatorio (“a pena di nullità” dell'atto impositivo);

3) concedere al contribuente di un termine (60 giorni) entro cui fornire eventuali deduzioni difensive;

4) prorogare il termine ordinario di decadenza dell'azione di accertamento collegato tanto alla facoltà di contraddittorio endoprocedimentale tanto al tempo considerato fisiologico per l'analisi, da parte dell'amministrazione, delle eventuali deduzioni difensive addotte (la proroga, in particolare, opera sia nel caso in cui i chiarimenti siano forniti, sia nell'ipotesi in cui sia scaduto inutilmente il termine a disposizione del contribuente);

5) motivare, a pena di nullità, l'eventuale atto impositivo anche alla luce dei chiarimenti forniti dalla parte (cd. motivazione “rafforzata”).

Il comma 3 dell'art. 6 cit. dispone poi che dati, notizie, atti, registri o documenti richiesti dall'amministrazione nel corso dell'istruttoria delle istanze di interpello e non esibiti possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa (questo il senso della espressa non applicazione delle disposizioni di cui all'art. 32, comma 4, d.P.R. n. 600/1973 e all'art. 52, comma 5, d.P.R. n. 633/1972).

Effetti della risposta all'interpello sul contenzioso e impugnabilità della risposta. L'art. 6 del decreto del 2015, oltre che occuparsi del coordinamento della disciplina dell'interpello con la fase di accertamento, al comma 1 contiene un'importante regola di raccordo con le norme sul contenzioso: “Le risposte alle istanze di interpello di cui all'art. 11 della l. n. 212/2000, recante lo Statuto dei diritti del contribuente, non sono impugnabili, salvo le risposte alle istanze presentate ai sensi del comma 2 del medesimo art. 11, avverso le quali può essere proposto ricorso unitamente all'atto impositivo”.

La regola della non impugnabilità (salva la impugnazione differita delle risposte all'interpello disapplicativo) è sostanzialmente confermativa del consolidato orientamento in particolare dell'amministrazione (cfr. Circolare 2010, n. 32/E del) teso a negare tutela giurisdizionale (sia dinanzi al giudice tributario che davanti a quello amministrativo) avverso le risposte ad istanze di interpello, conformemente alla loro natura di “pareri” (e quindi di atti privi dei caratteri necessari per la loro immediata ricorribilità in giudizio) ed alle regole di istruttoria che non attribuiscono mai all'amministrazione poteri in ordine alla verifica della completezza e veridicità delle informazioni fornite dall'istante.

Va ricordata la non espressa inclusione delle risposte all'interpello nel novero degli atti impugnabili ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. n. 546/1992; ritiene l'amministrazione che la risposta resa in sede di interpello non presenta i requisiti minimi per l'impugnabilità, dal momento che non è esercizio di un potere autoritativo con il quale si esercita una pretesa fiscale, ma ha natura meramente consultiva. L'Amministrazione finanziaria invero esprime il proprio parere esclusivamente sulla base dei documenti prodotti dal contribuente in sede di presentazione dell'istanza. Trattasi quindi di monitoraggio preventivo, che, a differenza di quanto avviene in sede di accertamento, non comporta attività tese a riscontrare la veridicità di quanto affermato nei documenti prodotti. Il carattere non vincolante del parere reso in questa fase, direttamente desumibile dalla natura consultiva dell'attività svolta dall'Amministrazione, qualifica la risposta all'interpello come atto amministrativo non provvedimentale che, in quanto privo dei requisiti di esecutività (non produce automaticamente ed immediatamente effetti) ed esecutorietà (non impone coattivamente l'adempimento di alcun obbligo), risulta carente delle caratteristiche che potrebbero determinare una lesione dei diritti dell'istante, suscettibile di immediata tutela giurisdizionale (cfr. in tal senso circ.).

Sulla questione della autonoma impugnabilità delle risposte rese in sede di interpello, si è espressa anche la Corte Costituzionale, la quale ha affermato, ancorché sulla base della precedente formulazione dell'articolo 11 dello Statuto, che “... deve rilevarsi che l'efficacia vincolante della risposta, prevista dal primo periodo del comma 2 («con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza di interpello, e limitatamente al richiedente»), riguarda solo l'amministrazione finanziaria, in quanto il terzo periodo dello stesso comma stabilisce che «Qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità dalla risposta [...] è nullo» e in quanto il comma 2 dell'art. 10 della medesima l. n. 212/2000 dispone che «non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima››. Coerentemente con la natura consultiva dell'attività demandata all'Agenzia delle entrate nella procedura di interpello, l'art. 11 non prevede, invece, alcun obbligo per il contribuente di conformarsi alla risposta dell'amministrazione finanziaria, né statuisce l'autonoma impugnabilità di detta risposta davanti alle commissioni tributarie (oggetto di impugnazione può essere, eventualmente, solo l'atto con il quale l'amministrazione esercita la potestà impositiva in conformità all'interpretazione data dall'agenzia fiscale nella risposta all'interpello)”; cfr. Corte cost., n. 191/2007.

Nello stesso sensi si è espresso il Consiglio di Stato, che ha escluso espressamente la possibilità di assimilare il parere negativo alla disapplicazione della norma ad un provvedimento di diniego di agevolazione (e quindi direttamente impugnabile innanzi al giudice tributario a norma dell'art. 19, d.lgs. n. 546/1992), aggiungendo inoltre che “in nulla è pregiudicato il diritto (...) di impugnare, tempestivamente e a tempo debito, gli eventuali atti rientranti nella previsione dell'art. 19, d.lgs. n. 546/1992, nei quali dovesse farsi applicazione delle disposizioni antielusive il cui esonero è stato negato (...)”; cfr. Cons. St., n. 414/2009.

Quanto alla posizione della Corte di Cassazione occorre distinguere le questioni antecedenti e successive alla novella del 2015, con particolare riferimento alla disapplicazione di norme antielusive, per le quali la Corte aderiva alla tesi dell'autonoma impugnabilità delle risposte (cfr. Cass. V, n. 32962/2018: “Le risposte rese dall'Amministrazione finanziaria agli atti di interpello di cui all'art. 11 della l. n. 212/2000 non sono impugnabili, trattandosi di meri pareri che non incidono direttamente in danno del contribuente, salvo quelli resi a seguito di richiesta di disapplicazione di norme antielusive i quali, anche secondo la disciplina anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 156/2015, possono essere impugnati in quanto contenenti una compiuta pretesa tributaria”; Cass. VI, ordinanza n. 3775/2018: “In tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19 del d.lgs. n. 546/1992 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l'Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, di talché quest'ultimo ha la facoltà di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37-bis, comma 8, del d.P.R. n. 600/1973, in quanto seppur atto non rientrante in quelli indicati dall'art. 19, è il provvedimento con il quale l'Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario” conf. Cass. V, 2144/2020). Il contribuente, pertanto, ha facoltà, benché non l'onere, di impugnare il provvedimento direttoriale di disapplicazione delle norme antielusive (Cass. V, 16642/2021; Cass. V 16029/2022). Conf. Cass. V, n. 36050/2022;Cass., V, 2634/2023.

Quanto alle istanze disapplicative obbligatorie, deve chiarirsi e ribadirsi che la previsione di impugnabilità è prevista oggi dalla legge in via “successiva”, cioè “unitamente all'atto impositivo”. Ne consegue che all'esito della novella per queste è possibile il ricorso solo in via successiva, “unitamente all'atto impositivo” (art. 6, comma 1, d. lgs. n. 156/2015) perché è quest'ultimo a costituire il primo atto lesivo della posizione giuridica del contribuente, suscettibile di tutela giurisdizionale immediata e diretta.

Va precisato che le sentenze della Corte di Cassazione cit., adesive invece alla tesi dell'autonoma e facoltativa impugnabilità delle sole risposte alle istanze di disapplicazione di norme antielusive, sono tutte riferibili a fattispecie antecedenti alla novella del 2015 [ad es. da ultimo cfr. Cass. V, ord. n. 12150/2019; la sentenza chiarisce anche che l'omessa impugnazione dell'atto di diniego non pregiudica in alcun modo la posizione del contribuente che ad esso non ritenga di adeguarsi, poiché si tratta di atto privo di efficacia vincolante. Infatti, la risposta all'interpello non impedisce in primo luogo all'Amministrazione di rivalutare – in sede di riesame della dichiarazione dei redditi o dell'istanza di rimborso – l'orientamento (negativo) precedentemente espresso, né al contribuente di esperire la piena tutela in sede giurisdizionale nei confronti dell'atto tipico che gli venga notificato; ovviamente la risposta positiva del direttore generale impedisce, invece, all'Amministrazione – sempre che i fatti accertati in sede di controllo della dichiarazione corrispondano a quelli rappresentati nell'istanza – l'applicazione della norma antielusiva oggetto dell'interpello, in applicazione del principio di tutela dell'affidamento, che ha diretto fondamento costituzionale e carattere generale anche nell'ordinamento tributario, nel quale trova espresso riconoscimento nell'art. 10 della l. n. 212/2000].

Come ben chiarito in particolare nella sentenza Cass. VI, n. 25498/2017, il diniego di disapplicazione di norme antielusive è e rimane autonomamente impugnabile ma prima della riforma fiscale del 2015; dopo il 2015 occorre attendere l'atto impositivo. Né la riforma è retroattiva (rimane dunque impugnabile una risposta ricadente nella pregressa disciplina) atteso che il d.lgs. n. 156/2015, art. 6, non ha una valenza interpretativa ma di nuova disciplina della materia dell'interpello e, quindi, non dispone che per l'avvenire. Del resto, né la struttura né la funzione della nuova e articolata disciplina, contenente tra l'altro la limitazione dell'impugnazione, manifestano le caratteristiche tipiche dell'interpretazione autentica (in saldatura con la pregressa disciplina) o dell'innovazione retroattiva, secondo i parametri ermeneutici tracciati dal giudice delle leggi (es. Corte cost. n. 41/2011), in disparte, diversamente opinando, i rilievi di dubbia conformità convenzionale (art. 6 CEDU) desumibili da taluna giurisprudenza Europea (Corte EDU, Maggio vs. Italia). Peraltro, premesso che ogni testo normativo deve essere interpretato secondo il suo contenuto obiettivo mentre i lavori preparatori non costituiscono elemento decisivo per la sua interpretazione (cfr. in motivazione Cass. V, n. 16679/2016), neppure il tenore della relazione illustrativa del d.lgs. offre obiettivo riscontro dell'asserita valenza interpretativa della nuova normazione delegata (così in parte motiva Cass. VI, n. 16962/2017). Eguale chiarimento è contenuto nella sentenza del 2018 n. 32962 già citata, ove in parte motiva si legge: “In particolare, la Suprema Corte ha riconosciuto al contribuente, prima della riforma del 2015, la facoltà di impugnare il diniego di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37-bis, comma 8, d.P.R. n. 600/1973, considerato che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dall'art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, ma provvedimento con cui l'Amministrazione finanziaria porta a conoscenza del contribuente medesimo, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario ...”; dopo la novella “il legislatore ha escluso la configurabilità come atto autonomamente impugnabile della risposta per tutti i tipi di interpello, considerandoli alla stregua di pareri, che si manifestano in una fase prodromica all'attività dell'accertamento vero e proprio, dovendo essere contestato, perciò, il solo atto impositivo finale”.

Altro tema riguarda, in relazione alle medesime istanze, il deposito dell'istanza di interpello disapplicativo senza il rispetto del termine di novanta giorni anteriore alla presentazione della dichiarazione ma, comunque, prima della scadenza di quest'ultimo termine, l'interpello deve ritenersi preventivo quando è presentato prima che il contribuente ponga in essere il comportamento oggetto dell'istanza. Se, pertanto, il comportamento trova attuazione nella dichiarazione, l'interpello è preventivo se proposto prima della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione (Cass. V, n. 1317/2020, cit.), anche in caso di mancato rispetto del termine di novanta giorni. In altri termini, se la presentazione dell'interpello avviene anche un giorno prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione, si verificherebbe una situazione analoga a quella in cui l'Ufficio andrebbe a chiedere una integrazione documentale, come anche nel caso in cui il contribuente presentasse una dichiarazione integrativa, per cui l'interpello si considera presentato in tempo utile in relazione ad eventuali successivi adempimenti. Resta fermo che, invece, ove l'interpello viene presentato dopo la scadenza del termine per la dichiarazione, esso non può considerarsi proposto in tempo utile (Cass. V, 7462/2023).

In ogni caso, la regola dettata dal decreto, nel confermare che il solo atto suscettibile di impugnazione è l'atto impositivo, elimina del tutto il rischio che, in sede di giudizio instaurato avverso quest'ultimo, il contribuente non possa contestare eventuali vizi della risposta all'interpello, sempre nel presupposto che questi abbiano influenzato la legittimità dell'atto impositivo.

In omaggio ai principi che reggono il sistema della tutela giurisdizionale, è del tutto evidente, infatti, che il contribuente avrà interesse a far valere dinanzi al giudice doglianze riferite alla risposta all'interpello se detti vizi si sono trasformati in vizi dell'atto impositivo (ad esempio, qualora quest'ultimo sia motivato per relationem al primo), restando del tutto irrilevanti, anche ai fini della tutela giurisdizionale, percorsi argomentativi del parere dell'amministrazione che non siano poi confluiti nell'atto di accertamento (cfr. circ.).

Per effetto dei chiarimenti contenuti nel decreto, resta a maggior ragione confermata la non impugnabilità delle risposte che, contestando vizi di inammissibilità dell'istanza di interpello, non contengono alcun chiarimento di merito in ordine alla fattispecie rappresentata dal contribuente.

Segnalazioni. A fronte della eliminazione di diverse forme di interpello obbligatorio, in ragione dell'eccessiva onerosità dell'adempimento del contribuente in relazione ai benefici garantiti all'amministrazione, e della conseguente facoltà concessa al contribuente di accertare autonomamente la sussistenza dei presupposti che giustificano l'applicazione di un regime diverso da quello ordinario, vi è il rischio di un affievolimento del controllo dell'amministrazione su situazioni connotate da rischio, anche in relazione ai possibili effetti negativi sui saldi della finanza pubblica.

Non bisogna dimenticare che in passato la previsione dell'obbligo di presentare un interpello in relazione a determinate fattispecie era strumentale ad assicurare un monitoraggio preventivo dell'amministrazione in dette ipotesi pericolose (si pensi alle istanze presentate dalle società che non superano i test di operatività stabiliti dalla legge).

Proprio al fine di evitare questo rischio il legislatore ha introdotto comunque un obbligo di segnalazione in dichiarazione, finalizzato a consentire comunque la “disclosure” del contribuente che non abbia presentato istanza di interpello o che, pur avendola presentata, non si sia adeguato alla risposta negativa fornita dall'amministrazione (cfr. circ.).

La segnalazione riguarda:

a) in alcuni casi, la semplice circostanza della avvenuta presentazione dell'istanza o meno; così è per le istanze ex art. 124, comma 5, TUIR per la prosecuzione del consolidato nazionale, per le istanze ex art. 132 TUIR di accesso al consolidato mondiale e per le istanze delle società non operative ed in perdita sistematica, sia ai fini delle imposte sui redditi, che ai fini IRAP e IVA;

b) in altri casi, più puntuali indicazioni previste direttamente dalla norma; così, per le istanze collegate alla detenzione di partecipazioni in Paesi a fiscalità privilegiata, è prevista l'indicazione della percezione di utili (artt. 47, comma 4 TUIR ed 89, comma 3, TUIR), della percezione di plusvalenze derivanti dalla cessione delle predette partecipazioni (art. 68, comma 4, del TUIR 87, comma 1, lettera c) del TUIR) e della mera detenzione di partecipazioni; è altresì prevista l'indicazione della detenzione della partecipazione in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata o in Stati appartenenti all'Unione europea o aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni al ricorrere delle condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 8-bis dell'articolo 167;

c) in altri ancora, oltre alla circostanza che sia stata o meno presentata l'istanza di interpello, una serie di ulteriori elementi informativi individuati dal provvedimento di approvazione del Modello UNICO SC 2016 (ad es., istanze di cui all'art. 113 TUIR, sulla disciplina ACE).

Trattamento sanzionatorio. A garanzia dell'effettività del quadro tracciato dal decreto, il legislatore è intervenuto in sede di modifica del sistema sanzionatorio amministrativo (d.lgs. n. 158/2015) al fine di individuare fattispecie sanzionatorie specificamente correlate alle novità introdotte in sede di interpello.

Dette fattispecie riguardano, nello specifico:

– l'obbligo di presentazione dell'istanza, ai sensi del comma 2 dell'art. 11 dello Statuto;

– gli obblighi di segnalazione introdotti dall'art. 7 del decreto nelle disposizioni sostanziali oggetto delle singole tipologie di interpello.

Il nuovo comma 7-ter dell'art. 11 del d.lgs. n. 471/1997 prevede che la mancata presentazione dell'istanza, ove obbligatoria, è punita con una sanzione amministrativa ricompresa tra 2.000 e 21.000 €; la medesima sanzione è applicata in misura raddoppiata qualora l'amministrazione, in sede di accertamento, disconosca la spettanza della disapplicazione.

L'istituto del ravvedimento operoso è esclusa. Pur in assenza di un'espressa previsione in tal senso, va esclusa la possibilità di applicare l'istituto del ravvedimento operoso di cui all'art. 13 del d.lgs. n. 472/1997 in ragione del carattere obbligatorio e preventivo dell'interpello de qua che rende del tutto irrilevante la presentazione di un'istanza da parte di un contribuente che abbia già autonomamente provveduto a disapplicare la disposizione.

Con riferimento alla mancata segnalazione degli elementi richiesti, come delineati nel paragrafo precedente, i nuovi commi 3-ter, 3-quater e 3-quinquies dell'art. 8 del decreto n. 471/1997 prevedono:

– l'irrogazione di una sanzione amministrativa pari al 10% dei dividendi e delle plusvalenze conseguiti dal soggetto residente e non indicati, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 €, quando l'omissione o l'incompletezza della segnalazione riguarda le componenti di cui all'artt. 47, comma 4, 68, comma 4, 87, comma 1, lettera c) e 89, comma 3, del TUIR;

– l'irrogazione di una sanzione amministrativa pari al 10% del reddito conseguito dal soggetto estero partecipato e imputabile nel periodo d'imposta, anche solo teoricamente, al soggetto residente in proporzione alla partecipazione detenuta, con un minimo di 1.000 € ed un massimo di 50.000 € (per espressa previsione di legge, la sanzione nella misura minima si applica anche nel caso in cui il reddito della controllata estera sia negativo) quando l'omissione o l'incompletezza della segnalazione riguarda la detenzione di partecipazione di cui all'art. 167 del TUIR;

– l'irrogazione di una sanzione fissa di importo compreso tra 2.000 e 21.000 € per tutte le altre segnalazioni.

A differenza di quanto previsto per la sanzione di cui al comma 7-ter dell'art. 11 del d.lgs. n. 471/1997, per le sanzioni di cui ai commi 3-ter e seguenti dell'articolo 8 il contribuente può invece attivarsi per la correzione dell'errore e/o dell'omissione attivando l'istituto del ravvedimento operoso già entro 90 giorni dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione, ai sensi dell'art. 13, comma 1, lettera a-bis) del d.lgs. n. 472/1997.

Interpello sui nuovi investimenti. L'interpello sui nuovi investimenti (introdotto dall'art. 2 del d.lgs. n. 147/2015, c.d. “decreto internazionalizzazione”) è un'istanza che può essere rivolta all'Agenzia delle Entrate da parte degli investitori, italiani o stranieri, che intendono effettuare nel territorio dello Stato importanti investimenti, aventi un valore non inferiore a trenta milioni di euro, con rilevanti e durature ricadute occupazionali (dal 1 ° gennaio 2019 il valore degli investimenti è sceso a venti milioni di euro; l. n. 136/2018).

Gli investitori interessati possono formulare, mediante presentazione di un'istanza unitaria, quesiti riconducibili ad una o più delle tipologie di interpello disciplinate dallo Statuto dei diritti del contribuente (interpretativo, qualificatorio, probatorio e anti-abuso), nonché presentare istanze dirette ad individuare con certezza il complessivo trattamento tributario applicabile al business plan descritto.

La finalità di tale nuova tipologia di interpello è quella di rendere più competitivi gli investimenti in Italia, da parte di operatori economici residenti o non residenti.

Le modalità e le procedure di presentazione del nuovo interpello sono stati fissati dall'art. 3 del decreto attuativo del Ministro dell'Economia e delle Finanze del 29 aprile 2016 (GU n. 110 del 12 maggio 2016) e da un successivo provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 20 maggio 2016, prot. n. 77220, che ha dato il via alla possibilità di presentare questo nuovo tipo di interpello a partire da tale ultima data.

Ai sensi dell'art. 9 del d.m. 29 aprile 2016, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni in tema di interpello di cui al titolo I del d.lgs. n. 156/2015.

L'art. 2 del d.m. 29 aprile 2016 descrive tipologia e criteri di quantificazione dell'investimento. L'investimento può coinvolgere:

a) la realizzazione di nuove attività economiche o l'ampliamento di attività economiche preesistenti;

b) la diversificazione della produzione di un'unità produttiva esistente;

c) la ristrutturazione di un'attività economica esistente a fine di consentire all'impresa il superamento o la prevenzione di una situazione di crisi;

d) le operazioni aventi ad oggetto le partecipazioni in un'impresa.

Ai fini della determinazione del valore dell'investimento occorre tenere in considerazione tutte le risorse finanziarie, anche di terzi, necessarie all'impresa per l'attuazione del piano di investimento. Nel caso di investimenti realizzati da gruppi di società o raggruppamenti di imprese occorre tenere in considerazione il valore complessivo dell'investimento unitario, dato dalla somma del valore dei singoli investimenti di tutti i soggetti partecipanti all'iniziativa.

Ai fini della verifica della soglia minima dell'investimento, l'istante deve illustrare il metodo prescelto per la relativa quantificazione monetaria.

L'istanza d'interpello deve essere presentata alla Divisione Contribuenti, o, per i soggetti in regime di cooperative compliance, all'Ufficio Adempimento collaborativo - Settore Strategie per la Compliance e per l'attrazione degli investimenti - Direzione Centrale Grandi contribuenti della Divisione Contribuenti, e deve contenere la descrizione del business plan che può prevedere sia operazioni di asset deal e che di share deal (provv. n. 77220/2016 siccome modificato dal provv. 1 marzo 2018).

L'istanza può essere presentata in carta libera, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ovvero consegnata direttamente all'ufficio che deve rilasciare attestazione di ricezione. Copia della istanza e della relativa documentazione sono prodotti su supporto elettronico. L'istanza può essere presentata in via telematica a mezzo P.E.C. o secondo le altre modalità di cui al provv. del 4 gennaio 2016.

In caso di investimenti presentati da gruppi di società o raggruppamenti di imprese, i soggetti partecipanti all'investimento conferiscono un mandato speciale per la presentazione dell'istanza a una delle imprese del gruppo o del raggruppamento.

L'istanza deve contenere (art. 3):

a) la denominazione dell'impresa, gli elementi identificativi del suo legale rappresentante, la sede legale o il domicilio fiscale, se diverso dalla sede legale, il C.F. o la partita IVA ovvero altro codice di identificazione dell'impresa, nonché l'indicazione dei recapiti, anche telematici, del domiciliatario per la procedura di interpello presso il quale si richiede di inoltrare le comunicazioni attinenti alla procedura. Nel caso in cui più soggetti intendano partecipare all'investimento, l'istanza deve contenere la denominazione e gli elementi identificativi di tutte le imprese partecipanti all'investimento;

b) la descrizione dettagliata del piano di investimento, sul quale si chiede la valutazione dell'Agenzia delle entrate con riferimento al trattamento fiscale dello stesso e alle operazione societarie pianificate per la relativa attuazione. La descrizione deve necessariamente specificare: l'ammontare dell'investimento, non inferiore a trenta milioni di euro, e la metodologia seguita per la quantificazione; i tempi e le modalità di realizzazione dello stesso; le ricadute occupazionali significative, in termini di aumento o mantenimento del livello occupazionale, da valutare in relazione alla attività in cui avviene l'investimento e durature, e i riflessi, anche in termini quantitativi, dell'investimento oggetto dell'istanza sul sistema fiscale italiano;

c) le specifiche disposizioni tributarie di cui si richiede l'interpretazione o in relazione alle quali si chiede di valutare l'eventuale abusività delle operazioni connesse al piano di investimento, nonché le specifiche disposizioni antielusive delle quali si chiede la disapplicazione e gli specifici regimi o istituti ai quali si chiede di avere accesso;

d) l'esposizione, in modo chiaro e univoco, del trattamento fiscale che il contribuente ritiene corretto in relazione al piano di investimento, con esplicitazione delle soluzioni e dei comportamenti che l'istante intende adottare in relazione alla sua attuazione;

e) la sottoscrizione dell'istante o del suo legale rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale incaricato ai sensi dell'art. 63 d.P.R. n. 600/1973. In questo ultimo caso, se la procura non è contenuta in calce o al margine dell'atto, essa deve essere allegata allo stesso.

All'istanza di interpello è allegata copia della documentazione non in possesso dell'amministrazione procedente o di altre pubbliche amministrazioni indicate dall'istante, rilevante ai fini della risposta. Qualora l'istanza di interpello venga presentata ad un ufficio diverso da quello competente ai sensi dell'art. 3, comma 1, questo provvede a trasmetterla tempestivamente all'ufficio competente, dandone nel contempo notizia al contribuente istante. In tale caso, il termine per la risposta inizia a decorrere dalla data di ricezione dell'istanza da parte dell'ufficio competente.

La presentazione dell'istanza di interpello non ha effetto sulle scadenze previste dalle norme tributarie, né sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.

L'istanza è inammissibile (art. 4) quando:

– è totalmente priva dei dati identificativi degli investitori e delle imprese coinvolti nel business plan, nonché della descrizione del piano d'investimenti cui si riferisce l'istanza, ove tali elementi non siano regolarizzati entro 30 giorni dall'invito dell'Ufficio competente;

– non è presentata preventivamente, cioè prima della scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione o per l'assolvimento di altri obblighi tributari aventi ad oggetto o comunque connessi alle questioni rappresentate nell'istanza;

– reitera le medesime questioni sulle quali il contribuente ha già ottenuto un parere (salvo che vengano indicati elementi di fatto o di diritto nuovi) oppure non ricorrono obiettive condizioni di incertezza (a meno che l'istanza non investa il complessivo trattamento fiscale di uno specifico business plan);

– verte su materie oggetto delle speciali procedure di accordo preventivo ai sensi dell'articolo 31-ter d.P.R. n. 600/1973, fatta eccezione, sia ai fini delle imposte dirette che dell'IVA, per la preventiva configurabilità di un'azienda qualificabile come stabile organizzazione;

– verte su questioni per le quali siano state già avviate attività di controllo alla data di presentazione dell'istanza di cui il contribuente sia formalmente a conoscenza.

Ex art. 5 la risposta, scritta e motivata, deve essere fornita entro 120 giorni, prorogabili, se è necessaria documentazione integrativa, di ulteriori 90 giorni decorrenti dalla data di acquisizione delle informazioni necessarie, nonché della documentazione integrativa.

La risposta vincola l'Agenzia delle Entrate, in relazione al piano di investimento descritto nell'istanza, nei confronti di tutti i soggetti coinvolti nell'investimento, senza possibilità di rettifica in autotutela, restando valida fino a che sono invariate le circostanze di fatto e di diritto sulla cui base è stata resa (o desunta in caso di silenzio-assenso).

La documentazione integrativa va trasmessa con le stesse modalità di trasmissione dell'istanza, possibilmente su supporto informatico; in alternativa il contribuente deve esplicitare i motivi della mancata esibizione della documentazione richiesta.

Invece, laddove l'istanza sia carente dei requisiti richiesti a pena di inammissibilità, l'Agenzia invita alla regolarizzazione entro 30 giorni; in difetto l'istanza è inammissibile.

L'Agenzia delle entrate può effettuare interlocuzioni con l'istante, anche invitandolo a comparire per mezzo del suo legale rappresentante ovvero di un suo procuratore, al fine di verificare la regolarità dell'istanza e la completezza delle informazioni fornite e di acquisire ulteriori elementi informativi.

Qualora lo si reputi necessario, funzionari dell'Agenzia delle entrate possono accedere presso le sedi di svolgimento dell'attività dell'impresa o della stabile organizzazione, previa intesa con l'istante e nei tempi con questo concordati, allo scopo di prendere diretta cognizione di elementi informativi utili ai fini istruttori.

Di ogni attività svolta in contraddittorio è redatto processo verbale, copia del quale è rilasciata al soggetto istante.

Quando la documentazione richiesta ai sensi del comma 1 non è ‘trasmessa entro un anno dalla data della relativa richiesta, l'Agenzia delle entrate prende atto della rinuncia all'interpello ed effettua la relativa notificazione o comunicazione senza indugio. In pendenza dei termini di istruttoria dell'interpello, resta ferma la possibilità per i contribuenti di presentare con le modalità consentite la rinuncia espressa all'interpello.

Nel caso in cui nell'istanza di interpello siano sollevati profili relativi a tributi non di competenza dell'Agenzia delle entrate, quest'ultima inoltra, entro trenta giorni dalla ricezione dell'istanza, la richiesta ai competenti enti impositori che rendono in via autonoma risposta al contribuente, ai sensi della disciplina generale in tema di interpello di cui all'art. 11 della l. n. 212/2000.

L'art. 6 disciplina la accennata efficacia delle risposte all'interpello, disponendo che la risposta vincola l'Agenzia delle entrate in relazione al piano di investimento come descritto nell'istanza di interpello ed è valida finché restano invariate le circostanze di fatto e di diritto sulla base delle quali essa è stata resa.

L'Agenzia delle entrate può verificare l'assenza di mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto rilevanti ai fini del rilascio della risposta e la corretta applicazione delle indicazioni date nella stessa.

La Circolare dell'Agenzia delle Entrate 1 giugno 2016, n. 25/E ha fornito l'importante chiarimento secondo il quale la risposta che l'Agenzia esprime, sia espressamente che tacitamente, sull'istanza di interpello sui nuovi investimenti è vincolante per tutti.

Infatti, tanto gli investitori quanto la stessa Agenzia devono rispettare la risposta fornita con l'interpello finché non cambiano le circostanze di fatto e di diritto sulla base delle quali essa è stata fornita. E ciò non solo nei confronti del richiedente, ma anche verso tutti i soggetti coinvolti nel piano di investimento.

Nelle ipotesi in cui, nell'esercizio dei predetti poteri istruttori, emerga invece, un mutamento delle circostanze di fatto o di diritto, oppure si ravvisi che le circostanze di fatto o di diritto rappresentate dall'impresa sono non veritiere o non complete, la risposta resa dall'Agenzia delle entrate non produce gli effetti di cui al comma 1 e, dunque, in tal caso non sarà vincolante.

La previsione secondo la quale la risposta non produce effetti solo nel caso in cui le circostanze siano variate, non veritiere o incomplete, differenzia l'istanza di interpello sui nuovi investimenti con la disciplina generale degli interpelli prevista dallo Statuto dei diritti del contribuente.

Gli organi preposti all'effettuazione dei controlli sulle imprese e, dunque, ad esercitare attività di accertamento sugli investitori coinvolti (come chiarito dalla circolare cit.) è tenuto, prima di redigere atti di contestazione o altri atti a contenuto impositivo o sanzionatorio, a interpellare l'Ufficio che ha redatto la risposta, per verificare se l'accertamento in corso riguardi la stessa fattispecie già risolta in sede di interpello sui nuovi investimenti, ai fini di un necessario coordinamento.

Qualora la risposta dell'Agenzia delle entrate su istanze ammissibili e recanti l'indicazione della soluzione interpretativa di cui all'art. 3, comma 2, lettera d), non pervenga all'impresa istante entro il termine di cui all'art. 5, comma 1, si intende che l'Amministrazione finanziaria concordi con l'interpretazione o il comportamento prospettato dal richiedente. Limitatamente alle questioni oggetto di interpello, sono nulli gli atti amministrativi di ogni genere, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanati dall'Amministrazione finanziaria in difformità della risposta fornita dall'Agenzia delle entrate, ovvero della interpretazione sulla quale si è formato il silenzio assenso.

L'art. 7 disciplina il coordinamento con l'attività di accertamento e contenzioso, disponendo che resta fermo l'esercizio degli ordinari poteri di controllo (art. 32 d.P.R. n. 600/1973 e art. 52 d.P.R. n. 633/1972), da parte delle competenti strutture dell'Amministrazione finanziaria esclusivamente in relazione a questioni diverse da quelle oggetto del parere.

L'art. 8 disciplina il coordinamento con l'istituto dell'adempimento collaborativo disponendo che Il contribuente che si conforma al contenuto della risposta resa dall'Agenzia delle entrate può, a prescindere dall'ammontare del suo volume d'affari o dei suoi ricavi, accedere all'istituto dell'adempimento collaborativo (artt. da 3 a 7 del d.lgs. n. 128/2015), sempre che ricorrano gli altri requisiti necessari per l'accesso al regime previsto da tale istituto. La facoltà di accesso al regime diadempimento collaborativo alle condizioni del comma 1 è riconosciuta alle imprese che effettuano l'investimento. Nel caso di operazioni aventi ad oggetto partecipazioni ad un'impresa (di cui all'art. 2, comma 1, lettera d), tale facoltà è riconosciuta all'impresa il cui patrimonio è oggetto dell'investimento.

L'interpello agli enti locali. La revisione della disciplina degli interpelli di cui al Titolo I del d.lgs. n. 156/2015 incide anche sull'attività precontenziosa degli enti locali.

Il Ministero delle Finanze (risoluzione DPF n. 1/2002) aveva già chiarito che la competenza a pronunciarsi riguardo alle istanze d'interpello concernenti l'applicazione di fiscalità locale spetta esclusivamente a Regioni, Province e Comuni. Dunque, quando l'istanza d'interpello concerne l'applicazione di disposizioni normative dettate in materia di tributi locali, la competenza a decidere riguardo a tale tipologia di domanda è attribuita esclusivamente all'Ente locale, poiché titolare della potestà d'imposizione, nella quale è compreso l'esercizio dei poteri di accertamento del tributo. Se la questione verte sui tributi locali, sono solo la Regione, la Provincia o il Comune, che deve comunicare al contribuente la linea interpretativa che seguirà nella fase di accertamento del tributo, quando, cioè, si troverà ad esaminare la particolare posizione.

Vanno allora riferite all'ente locale le disposizioni comuni sopra esaminate: l'ente locale è l'unico soggetto vincolato ad eseguire quanto ha espressamente affermato in una risposta scritta o quanto implicitamente ha accettato attraverso il silenzio protrattosi oltre il termine di legge, dalla presentazione dell'istanza; l'ente locale non potrà emettere, se non a pena di nullità, atti a contenuto impositivo o sanzionatorio in difformità della risposta fornita, ovvero dell'interpretazione sulla quale si è formato il silenzio assenso.

In ragione dei riflessi sul bilancio, la competenza a definire la procedura dell'interpello non può in alcun modo essere trasferita ad un organo esterno, del tutto estraneo alla sfera organizzativa dell'ente territoriale. Né soggetti esterni possono imporre agli enti locali le proprie determinazioni sui loro tributi e vincolarne l'attività di accertamento, perché tale evenienza sarebbe in aperto contrasto con l'autonomia impositiva riconosciuta dall'ordinamento.

L'unica eccezione alla competenza dell'Ente locale viene riscontrata all'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);la circolare del 31 maggio 2001, n. 50/E emanata da Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, partendo dalla constatazione che la competenza a gestire l'interpello compete necessariamente alla stessa amministrazione che esercita in materia i poteri di accertamento, ha precisato che “Ai sensi degli artt. 24 e 25 del d.lgs. n. 446/1997, la potestà di accertamento in materia di IRAP è attribuita all'Agenzia delle Entrate salvo che non sia diversamente previsto dalle leggi regionali e dalle convenzioni intervenute in materia”.

Come già esposto, l'art. 8, comma 1, d.lgs. n. 156/2015 ha stabilito che i Direttori delle Agenzie fiscali devono emanare, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto, le modalità di presentazione delle istanze ed indicare gli uffici ai quali le medesime istanze devono essere trasmesse e quelli da cui perverranno le risposte, le modalità di comunicazione delle medesime, nonché ogni altra regola concernente la procedura.

Adempimenti analoghi incombono anche sulle Regioni e sugli Enti locali.

Quanto alle Regioni, il comma 2 dispone che Le regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dal presente Titolo I in attuazione delle disposizioni in essa contenute; le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali contenute nel presente Titolo I.

Quanto agli Enti locali, il comma 3 dispone tali enti devono provvedere, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ad adeguare i rispettivi statuti e gli atti normativi da essi emanati ai principi dettati dal presente Titolo I.

Gli Enti locali non possono introdurre nuovi tributi, poiché dotati solo del potere regolamentare e non anche normativo. La riserva di legge in materia tributaria giustifica l'applicazione di uno stesso termine per adeguare gli statuti, per i Comuni ricadenti in Regioni sia a statuto ordinario sia a statuto speciale.

Alle domande d'interpello presentate prima dell'adeguamento degli statuti, restano applicabili le disposizioni procedurali in vigore al momento della presentazione dell'istanza (comma 4).

La consulenza giuridica. A differenza dell'istituto dell'interpello finalizzato alla soluzione di casi concreti e personali, la consulenza giuridica si occupa dell'individuazione del corretto trattamento fiscale di fattispecie riferite a problematiche di carattere generale, prospettate anche nel corso di attività di controllo o in sede di esame di istanze di rimborso o di autotutela, dai seguenti soggetti:

– Uffici dell'Amministrazione Finanziaria, inclusa Agenzia delle Entrate - Riscossione (consulenza interna);

– Associazioni sindacali e di categoria e Ordini professionali (consulenza esterna);

– Amministrazioni dello Stato, enti pubblici, enti pubblici territoriali e assimilati e altri enti istituzionali operanti con finalità di interesse pubblico (consulenza esterna).

La competenza a trattare le istanze di consulenza giuridica è attribuita alle Direzioni regionali e alla Divisione Contribuenti in ragione della rilevanza territoriale del soggetto richiedente (regionale o nazionale).

L'istanza di consulenza giuridica è redatta in carta libera e non è soggetta al pagamento dell'imposta di bollo; è presentata a mano o mediante spedizione in plico raccomandato con avviso di ricevimento, alle Direzioni regionali o alla Divisione Contribuenti in base al rispettivo ambito di competenza (circolare Agenzia 5 agosto 2011, n. 42/E detta le istruzioni sulla trattazione delle richieste di consulenza giuridica).

Il parere espresso dall'amministrazione non è vincolante per il contribuente e il suo adeguamento all'indirizzo espresso dall'Agenzia ha come unica conseguenza la non applicabilità di sanzioni e interessi moratori.

Sulla pubblicità delle risposte v. supra.

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