Ricorso contro l'avviso di accertamento in tema di imposte dirette

Nicola Graziano

Inquadramento

L'attività di accertamento delle imposte da parte degli uffici finanziari ha carattere meramente eventuale, essendo prevista nel nostro sistema l'autoliquidazione dei tributi più importanti da parte del contribuente stesso, tramite l'istituto della dichiarazione. Gli uffici intervengono quindi soltanto per rettificare le dichiarazioni risultate irregolari o nel caso di omessa presentazione delle stesse. La materia dell'accertamento relativo alle imposte dirette è disciplinata dal d.P.R. n. 600/1973 ed in particolare dal Titolo IV corrispondente agli artt. 31-45 del decreto. Contro l'avviso di accertamento il ricorrente utilizzerà il seguente ricorso.

Formula

ON. CoRTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI ....

RICORSO GIURISDIZIONALE CON ISTANZA DI RECLAMO E MEDIAZIONE

(e contestuale)

ISTANZA DI TRATTAZIONE IN PUBBLICA UDIENZA

Il Sig. ...., nato a .... ( ....) il ...., C.F. ...., residente in .... ( ....), alla via ...., ...., ed elettivamente domiciliato in .... ( ....), alla via ...., ...., presso lo studio dell'Avv. .... (C.F. ....), che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in allegato al presente atto,

PROPONE RICORSO 1

avverso l'avviso di accertamento n. .... notificato in data .... e relativo al periodo di imposta ....

NEI CONFRONTI

dell'Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di ...., in persona del rappresentante legale pro-tempore, con sede in .... ( ....), alla via ...., n. ....

FATTO

In data .... al ricorrente veniva notificato avviso di accertamento n. .... con il quale, sulla base delle analisi relative alle spese per consumi relative all'anno ...., veniva rettificato il reddito ai fini IRPEF per l'anno .....

L'odierno ricorrente propone opposizione contro il predetto avviso di accertamento per i motivi di seguito esplicitati.

DIRITTO

Deve rilevarsi preliminarmente come in tema di accertamento sintetico l'Amministrazione finanziaria deve dimostrare, mediante elementi certi, la divergenza tra reddito dichiarato e reddito determinato in via presuntiva, anche a mezzo di presunzioni gravi, precise e concordanti.

Pertanto, laddove l'accertamento non presenta tali caratteristiche, come nel caso di specie, viene a mancare il presupposto per il legittimo ricorso all'accertamento sintetico.

Pertanto, si precisa che per la determinazione del reddito per l'anno in esame debba tenersi conto dei seguenti elementi di fatto .... 2 .

Il provvedimento dell'Agenzia delle Entrate è da ritenersi, pertanto, alla luce di quanto testé esposto, illegittimo.

Per quanto espresso, così si

CONCLUDE

Piaccia all'On.le Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado , contrariis reiectis, in accoglimento del ricorso e per i motivi esposti:

– dichiarare l'illegittimità dell'avviso di accertamento n. ...., notificato in data ....;

– condannare la resistente al pagamento delle spese processuali.

ISTANZA DI DISCUSSIONE IN PUBBLICA UDIENZA

Si chiede, altresì, ai sensi e per gli effetti dell'art. 33, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, che il presente ricorso venga discusso in pubblica udienza.

Costituendosi in giudizio il ricorrente deposita:

1) copia dell'avviso di accertamento n. ...., notificato in data .... dall'Ufficio di ....;

2) ....

ISTANZA DI SOSPENSIONE

Nel caso qui in giudizio sussistono i presupposti per la sospensione degli effetti dell'atto impugnato.

Più in dettaglio:

il fumus boni iuris (esistenza dei fondati motivi) si confida emerga con sufficiente chiarezza dalla lettura del ricorso;

il periculum in mora (danno grave ed irreparabile per il contribuente) deriva da ....

Pertanto,

CHIEDE

che l'On. Corte tributaria adita Voglia disporre la sospensione dell'impugnato provvedimento e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.

Il sottoscritto procuratore, ai sensi dell'art. 14 del d.P.R. n. 115/2002 e successive modifiche dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad € ...., ragion per cui è dovuto un contributo unificato nella misura di € .....

Dichiara, altresì, di voler ricevere le comunicazioni inerenti il procedimento presso il proprio numero di fax ( ....) o indirizzo di posta elettronica certificata ( ....).

La presente copia, di cui si attesta la conformità all'originale notificato all'Agenzia delle Entrate di ...., sarà depositata presso la Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado  di .... completa con gli allegati, tenuto conto dell'istanza ex art. 17-bis d.lgs. n. 546/1992, appresso formulata.

Luogo e data ....

Firma Difensore ....

ISTANZA

ai sensi dell'art. 17-bis del d.lgs. n. 546/1992

Il Sig. ...., nato a .... ( ....) il ...., C.F. ...., residente in .... ( ....), alla via ...., ...., ed elettivamente domiciliato in .... ( ....), alla via ...., ...., come in epigrafe rappresentato, domiciliato e difeso, sulla base dei fatti e dei motivi sopra evidenziati

CHIEDE

che l'Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di ...., in alternativa al deposito del ricorso che precede presso la Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado , accolga in via amministrativa le richieste nel medesimo ricorso formulate.

Comunica in ogni caso la sua disponibilità a valutare in contraddittorio la mediazione della controversia.

Per l'invito al contraddittorio, le comunicazioni e le notificazioni relative al presente procedimento, si indicano uno o più dei seguenti recapiti:

– Studio ...., sito in .... ( ....), alla via ...., ....;

– P.E.C. ....;

– telefono ....;

– fax ....;

– posta elettronica ordinaria: .... .....

Con osservanza.

Luogo e data ....

Firma Difensore ....

PROCURA SPECIALE

Il Sig. ...., nato a .... ( ....) il ...., C.F. ...., residente in .... ( ....), alla via ...., ...., delega a rappresentarlo e a difenderlo – nel procedimento da attivare nei confronti dell'Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di ...., in ogni sua fase, stato e grado, l'Avv. ...., conferendogli con ogni facoltà di legge, incluse quelle di proporre reclamo e di mediare ai sensi dell'art. 17-bis del d.lgs. n. 546/1992, trattare, comporre, conciliare, transigere, rinunciare agli atti e accettare rinunzie, farsi sostituire, ed elegge domicilio, anche per le notificazioni relative al procedimento di reclamo e mediazione, presso il suo studio sito in .... ( ....), alla via ...., .....

Dichiara, inoltre, di aver ricevuto tutte le informazioni previste dagli artt. 7 e 13 del d.lgs. n. 196/2003, nonché dal Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, e presta il proprio consenso al trattamento dei dati personali per l'espletamento del mandato conferito.

Luogo e data ....

Firma Mandante ....

Autentica della Firma ....

[1] [1]Il ricorso deve altresì indicare il valore della lite e contenere la procura a un difensore o a un soggetto abilitato all'assistenza tecnica (obbligatoria quando il valore della controversia supera 3.000,00 € a partire dal 1° gennaio 2016, con l'obbligo anche di indicare la categoria di appartenenza del difensore ai sensi dell'art. 12 d.lgs. n. 546/1992, che consenta al giudice la liquidazione delle spese di lite secondo la tariffa professionale). Il difensore, o il ricorrente in caso di valore della controversia inferiore a 3.000,00 €, deve sottoscrivere sia l'originale sia le copie destinate alle controparti. L'art. 47 d.lgs. n. 546/1992 riconosce, inoltre, al ricorrente la possibilità di chiedere alla Corte di giustizia tributaria di primo grado competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, con istanza inserita nel ricorso o formulata con atto separato, debitamente notificato alle altre parti e depositato in segreteria. La sospensione può essere anche parziale e subordinata alla prestazione della garanzia di cui all'art. 69, comma 2 d.lgs. n. 546/1992.

[2] [2]Ad esempio l'esistenza e l'entità di una pregressa e legittima disponibilità finanziaria, oltre alla durata del possesso della stessa, oppure che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti.

Commento

L'attività di accertamento ha per oggetto l'insieme complessivo della imposte facenti parte del corpus tributario italiano; quindi imposte dirette (IRPEF, IRES, ed IRAP), indirette (IVA, registro, ecc.), erariali e locali (ICI).

Con riferimento alle imposte dirette le norme che regolano il relativo accertamento, esse sono contenute nel d.P.R. n. 600/1973; molte norme ivi contenute sono richiamate anche dalla normativa in tema di IVA.

In linea generale le dichiarazioni presentate dai contribuenti possono essere oggetto di un triplice intervento di controllo:

– controllo automatizzato;

– controllo formale o documentale;

– controllo sostanziale o di merito (accertamento analitico, induttivo e sintetico).

Il c.d. controllo automatico di liquidazione. Ai sensi dell'art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973 l'amministrazione finanziaria, avvalendosi di procedure automatizzate, procede, entro il periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo, alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentati dai contribuenti e dai sostituti di imposta. Questa tipologia di controllo si esaurisce in una verifica sull'esattezza dei dati numerici. L'amministrazione, invero, non compie una rettifica ma corregge errori risultanti dalle dichiarazioni presentate. Se dal raffronto dei dati riportati in dichiarazione con quelli rilevati dall'Anagrafe Tributaria risulta che l'importo versato è inferiore a quello da versare, l'Amministrazione finanziaria non emette un avviso di accertamento, ma provvede ad inviare una comunicazione di irregolarità (o avviso bonario) in cui vengono evidenziate le rettifiche effettuate, le imposte, le sanzioni e gli interessi da versare. Tale comunicazione di irregolarità, non costituendo un vero e proprio atto impositivo, e quindi, una pretesa tributaria definita, non è impugnabile innanzi alle Corti tributarie. Sul punto, tuttavia, si registra un certo orientamento giurisprudenziale favorevole all'impugnazione degli avvisi bonari (Cass., sez. lav., n. 18642/2012; Cass. V, n. 10987/2011).

A seguito della comunicazione di irregolarità il contribuente può regolarizzare e definire in via breve la propria posizione con il pagamento di una sanzione ridotta (oltre all'imposta e agli interessi) o, in alternativa, chiedere la rettifica, anche parziale, dell'importo, usufruendo, anche in tale circostanza, della sanzione ridotta. In quest'ultimo caso, trascorsi 30 giorni senza il pagamento, l'Ufficio avvia la procedura di riscossione per recuperare l'imposta, gli interessi e la sanzione piena.

Il c.d. controllo formale vero e proprio. L'amministrazione finanziaria prevede, altresì, delle procedure di controllo formale volte a rettificare, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione, le dichiarazioni presentate dai contribuenti senza svolgere attività ispettive particolari, ma solo mediante il semplice riscontro del contenuto delle stesse. Precisamente, secondo il disposto di cui all'art. 36-ter d.P.R. n. 600/1973, la procedura per il controllo formale delle dichiarazioni consiste nella verifica della corrispondenza dei dati indicati in dichiarazioni con:

• la documentazione conservata dal contribuente;

• i dati desunti dal contenuto delle dichiarazioni presentate da altri soggetti (sostituti di imposta, enti previdenziali e assistenziali, banche).

Anche in questo caso, trattandosi di avviso bonario, e non essendo in presenza di un vero e proprio atto impositivo, secondo una certa giurisprudenza detta comunicazione non è impugnabile dinanzi alle Corti tributarie. Quando il contribuente riceve la comunicazione di irregolarità ha due possibilità: definire in via breve la propria posizione con il pagamento di una sanzione ridotta, oltre all'imposta e agli interessi; chiedere all'Ufficio la rettifica della comunicazione. In quest'ultima ipotesi, il contribuente, se l'Ufficio rettifica la dichiarazione, riceve un nuovo modello e può usufruire della sanzione ridotta effettuando il versamento nei 30 giorni successivi al ricevimento della prima comunicazione; trascorso questo termine, l'Ufficio avvia la procedura di riscossione.

Giova ricordare che le imposte, le sanzioni e gli interessi derivanti dalla liquidazione e dal controllo formale sono iscritti direttamente a ruolo: l'Agenzia delle Entrate notifica la cartella di pagamento, senza la necessità di alcun avviso di accertamento.

L'attività di controllo sostanziale (o di merito). Il controllo sostanziale delle dichiarazioni costituisce l'unica tipologia di controllo che può condurre all'emissione di un avviso di accertamento ed è disciplinata dall'art. 37 d.P.R. n. 600/1973. Precisamente, il secondo comma della disposizione citata prevede che “in base ai risultati dei controlli e delle ricerche effettuati gli uffici delle imposte provvedono, osservando le disposizioni dei successivi articoli, agli accertamenti in rettifica delle dichiarazioni presentate e agli accertamenti d'ufficio nei confronti dei soggetti che hanno omesso la dichiarazione”. Si tratta della forma principale di controllo dei contribuenti, i quali sono individuati in base a criteri selettivi fissati annualmente dal Ministro dell'Economia e delle Finanze; gli organi preposti (Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) effettuano tale controllo attraverso specifici poteri di indagine. Gli avvisi di accertamento emessi dall'Amministrazione Finanziaria a seguito di un controllo di merito, e concernente le imposte dirette e l'iva, devono, ai sensi dell'art. 43 d.P.R. n. 600/1973 e dell'art. 57 d.P.R. n. 633/1972, essere notificati al contribuente, a pena di decadenza:

– entro il 31 dicembre del quinto anno successivo alla presentazione della dichiarazione;

– entro il 31 dicembre del settimo anno successivo alla data in cui si avrebbe dovuto presentare la dichiarazione nel caso in cui la stessa sia stata omessa o sia nulla.

Il legislatore tributario ha previsto diverse metodologie di accertamento, le quali si distinguono a seconda dei criteri che ne legittimano l'adozione o a seconda dei criteri di quantificazione del reddito:

l'accertamento analitico rappresenta la regola per la determinazione del reddito imponibile; tale accertamento rappresenta, anche ai fini dell'IVA, il metodo ordinario a cui l'Amministrazione finanziaria si attiene nell'esercizio dei suoi poteri. Tale metodo ha la funzione di ricostruire la base imponibile del reddito partendo da un analisi delle singole componenti reddituali (art. 38, comma 1, 2 e 3, d.P.R. n. 600/1973). L'incompletezza, la falsità e l'inesattezza delle singole componenti reddituali può essere desunta dalla medesima dichiarazione o dal confronto con le dichiarazioni relative ad anni precedenti, dai dati e dalle notizie raccolti nell'espletamento dei poteri istruttori di cui è titolare l'Amministrazione finanziaria, con facoltà di far ricorso altresì a presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

L'accertamento analitico – contabile (c.d. induttivo puro – art. 39, commi 1 e 3, d.P.R. n. 600/1973) costituisce il metodo ordinario di accertamento a cui l'Amministrazione finanziaria può fare ricorso in ipotesi tassative, ossia quando emergono discrasie:

– dal confronto tra dichiarazione, bilancio e scritture contabili;

– dall'esame della documentazione che sta alla base della contabilità;

– da circostanze estranee alla contabilità ovvero provenienti da terzi.

In merito ai presupposti per l'avvio legittimo di un procedimento di accertamento induttivo la Suprema Corte, aderendo all'orientamento ormai consolidato, ha statuito che la ricostruzione dei ricavi e del volume di affari di un contribuente può essere effettuata indirettamente sulla base di presunzioni gravi precisi e concordanti, anche qualora la contabilità dello stesso sia formalmente regolare. In tale contesto, si è affermato – ad esempio – che, in tema di accertamento delle imposte dirette, ed in presenza di una contabilità regolarmente tenuta, l'accertamento dei maggiori ricavi d'impresa può essere affidata alla considerazione della difformità della percentuale di ricarico applicata dal contribuente, rispetto a quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza, solo quando raggiunga livelli di abnormità ed irragionevolezza tali da privare la documentazione contabile di ogni attendibilità, concretando diversamente tale difformità un mero indizio (Nell'affermare il principio, la S.C. ha ritenuto che integrasse un siffatto livello di abnormità ed irragionevolezza il rapporto, giudicato irrisorio, tra il reddito dichiarato di € 17.840,00 ed il fatturato di € 791.871,00).

Dunque, il giudice tributario, verificata la legittimità del ricorso al metodo di accertamento induttivo, ha il potere di controllare l'operato della P.A. e di verificare se gli effetti che l'Ufficio ha ritenuto di desumere dai fatti utilizzati come indizi siano o meno compatibili con il criterio della normalità.

Alla luce dei presupposti che legittimano un accertamento di tipo induttivo, ossia l'inattendibilità parziale degli elementi indicati nelle scritture contabili, anche i poteri di rettifica della P.A. incontrano dei limiti. Precisamente, l'Ufficio può solo integrare le lacune riscontrate (ad esempio, il volume dei ricavi), ma non può rettificare completamente le risultanze contabili. Poiché i dati non sono inattendibili nel loro complesso, l'ente accertatore – nel procedere alla ricostruzione induttiva – deve comunque partire dalle risultanze contabili non specificamente considerate inattendibili e/o non provate come tali.

L'accertamento induttivo extracontabile dei redditi di impresa, disciplinato dall'art. 39, comma 2 d.P.R. n. 600/1973, è attuato, invece, quando la contabilità risulta inattendibile nel suo complesso o si verificano altre circostanze che possono legittimare un accertamento induttivo.

In tale forma di accertamento l'Amministrazione finanziaria ha a disposizione tre facoltà:

– può avvalersi dei dati e delle notizie comunque raccolti o di cui sia venuta a conoscenza;

– può non considerare in tutto o in parte i risultati del bilancio e delle scritture contabili;

– può usufruire anche di presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisioni e concordanza.

Si ricorda che il discrimine tra l'accertamento con metodo analitico – contabile e l'accertamento analitico-extracontabile sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel primo caso, la «incompletezza, falsità od inesattezza» degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l'Ufficio accertatore può solo completare le lacune riscontrate, utilizzando, ai fini della dimostrazione dell'esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all'art. 2729 c.c.; nel secondo caso, invece, «le omissioni o le false od inesatte indicazioni» risultano tali da inficiare l'attendibilità – e dunque l'utilizzabilità, ai fini dell'accertamento – anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicché l'amministrazione finanziaria può «prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti» ed è legittimata a determinare l'imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva exartt. 2727 e 2729 c.c., con l'ulteriore conseguenza che l'eventuale errore qualificatorio del giudice di merito, sul tipo di accertamento, non rileva ex se come violazione di legge, ma refluisce in un errore sull'attività processuale ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. o in un errore sulla selezione e valutazione del materiale probatorio ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (Cass. V, n. 6861/2019).

L'accertamento sintetico. È disciplinato dall'art. 38, commi 4 e 5, d.P.R. n. 600/1973. Costituisce un metodo alternativo all'accertamento analitico per rettificare il reddito delle persone fisiche. L'Ufficio determina il reddito imponibile partendo da elementi e circostanze di fatto certi e non dalle singole fonti di reddito. Tale tipologia di accertamento, quindi, ricostruisce il reddito del contribuente in ragione di fatti economici (consumi e investimenti personali). Ne consegue che se le spese per consumi e per investimenti sono superiori a i redditi dichiarati dal contribuente, l'Ufficio accerta un presunto maggior reddito. Come precisato dalla Suprema Corte, «in tema di accertamento sintetico l'Amministrazione finanziaria deve dimostrare, mediante elementi certi, la divergenza tra reddito dichiarato e reddito determinato in via presuntiva, anche a mezzo di presunzioni gravi, precise e concordanti. È onere del contribuente fornire la prova contraria, ossia dimostrare l'esistenza e l'entità di una pregressa e legittima disponibilità finanziaria, oltre alla durata del possesso della stessa» (Cass. V, n. 20344/2019). Si segnala che incombe sul contribuente l'onere di provare che le spese di investimento e i consumi, non sostenibili in ragione del reddito dichiarato in quel medesimo periodo di imposta, sono avvenuti utilizzando disponibilità economiche di natura non reddituale, oppure risparmi accantonati in anni precedenti o, ancora, ad esempio impiegando disponibilità ricevute per successione, donazione, disinvestimenti, risarcimenti o vincite (Cass. V, n. 20344/2019). Spetta altresì al contribuente dimostrare che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta. A norma dell'art. 38, comma 6, d.P.R. n. 600/1973, l'accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta; tuttavia, la citata disposizione prevede anche che l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione. La norma richiede dunque qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), ossia una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto – o sia potuto accadere (Cass. V, n. 9223/2019; Cass. V, n. 8995/2014).

L'accertamento parziale. È disciplinato dall'art. 41-bis, d.P.R. n. 600/1973. Costituisce una deroga alla regola della globalità ed unità dell'avviso di accertamento. Tale accertamento, infatti, si basa, anziché su un'istruttoria svolta dall'Ufficio, su segnalazioni provenienti da soggetti “esterni” quali ad esempio la Guardia di Finanza o l'Anagrafe Tributaria. Sulla base di tali segnalazioni, l'Amministrazione finanziaria può rettificare la dichiarazione fornita dal contribuente, senza che ciò precluda la possibilità di eseguire ulteriori accertamenti nei confronti dello stesso contribuente.

L'accertamento integrativo costituisce una deroga alla regola generale dell'unità e globalità dell'avviso di accertamento. L'Amministrazione finanziaria non può emettere un primo avviso di accertamento, servendosi solo di una parte dei dati acquisiti, per poi emetterne altri sulla base di dati già acquisiti o sulla base di una valutazione diversa dei dati già utilizzati con il primo avviso.

Detto accertamento è esperibile solo ai fini delle imposte sul reddito (art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973) e dell'IVA (art. 57, comma 4, d.P.R. n. 633/1972) e alle seguenti condizioni:

– che siano sopravvenuti nuovi elementi, relativi al periodo di imposta accertato in precedenza, i quali non erano conosciuti o conoscibili dall'Amministrazione finanziaria al momento dell'emissione del precedente avviso di accertamento;

– che ciò avvenga entro gli stessi termini previsti per l'esercizio ordinario dell'attività di controllo.

Dunque, il presupposto per l'esercizio del potere di integrazione e modificazione è dato dalla «sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi». La norma, in forza di quanto prescritto dagli artt. 43, comma 3 d.P.R. n. 600/1973 e 57, comma 4, d.P.R. n. 633/1972, ammette la riemissione di un nuovo avviso di accertamento, subordinandolo ad un ampliamento della conoscenza sulla situazione di fatto, attraverso elementi – nuovi e sopravvenuti – che se conosciuti prima, avrebbero portato ad una diversa valutazione reddituale. Tale formula, sinteticamente, esprime in maniera chiara che l'ufficio accertatore non può addivenire ad un nuovo atto sulla base di una semplice riconsiderazione di quanto era già noto al momento dell'emanazione del primo avviso. La reiterazione è possibile, infatti, solo nell'ipotesi in cui si sia verificato un ampliamento della conoscenza sulla situazione di fatto, attraverso elementi che, se conosciuti prima, avrebbero portato ad una diversa e maggiore valutazione dell'imponibile. La norma esige tanto la presenza di elementi non apprezzati nel precedente avviso quanto l'acquisizione della loro conoscenza in un momento successivo (Cass. V, n. 26191/2018; C.t.r. Lombardia (Milano), V, 30 gennaio 2017; Cass. V, n. 8029/2013; Cass. V, n. 10583/2011).

Le indicazioni fornite con la C.M. n. 7/1496 del 30 aprile 1977 affermano che, al verificarsi di tali fatti – sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi –, «l'Ufficio deve notificare un altro avviso nel quale deve specificare, a pena di nullità, i fatti in questione ed il modo in cui ne è venuto a conoscenza, curando in modo particolare di porre in rilievo che trattasi di fatti che erano sconosciuti all'Ufficio (e tali debbono effettivamente essere) alla data del primo accertamento o dei precedenti accertamenti integrativi. Gli elementi nuovi debbono pur sempre riguardare fatti rientranti nel periodo d'imposta in considerazione e perciò necessariamente anteriori al primo avviso di accertamento, di modo che, nella realtà, novità e sopravvenienza sono tutt'uno e concernenti la conoscenza, da parte dell'Ufficio, di fatti storicamente vecchi». Le istruzioni allora diramate – che pur se datate sono da ritenere tuttora valide – proseguono affermando che i fatti sono nuovi «perché venuti a conoscenza dell'Ufficio – e, quindi, non direttamente rilevabili dagli elementi contenuti nella dichiarazione o negli atti o fatti che hanno dato luogo all'accertamento d'ufficio – solo successivamente alla data dell'accertamento di cui sono integrativi, pur riguardando epoca anteriore e, precisamente, circostanze e accadimenti verificatasi nel periodo di imposta cui l'accertamento si riferisce».

Il nuovo avviso deve indicare, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell'ufficio. Dal punto di vista formale, l'accertamento integrativo deve avere un contenuto completo e, quindi, deve sottostare anche alle prescrizioni dell'art. 42 d.P.R. n. 600/1973 e dell'art. 56 d.P.R. n. 633/1972 (indicazione degli elementi o dei cespiti che sono alla base del nuovo accertamento, del nuovo imponibile, dell'aliquota applicata e dell'imposta derivata). Le indicazioni specificatamente previste per gli accertamenti integrativi debbono risultare dalla motivazione dell'atto, che è lo strumento attraverso il quale si descrive l'insieme delle argomentazioni su cui si fonda la pretesa dell'ufficio al fine di rendere edotto il contribuente delle ragioni di fatto e di diritto su cui gli atti medesimi si fondano, informando il destinatario dell'atto sulle ragioni di un provvedimento autoritativo, suscettibile di incidere unilateralmente nella sfera giuridica del destinatario stesso (Cass. V, n. 21237/2017; Cass. V, n. 18065/2010).

Si ricorda, per completezza di esposizione, che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'integrazione o la modifica “in diminuzione” di un precedente avviso, non integrando una nuova pretesa tributaria, bensì una mera riduzione di quella originaria, operata in autotutela, non necessita di adempimenti formali né di una specifica motivazione, a differenza della modifica “in aumento” che, determinando una pretesa “nuova”, deve necessariamente formalizzarsi nell'adozione di un avviso di accertamento, integrativo o sostitutivo di quello preesistente, il quale, a garanzia del contribuente, esige specifica motivazione, con l'indicazione dei nuovi elementi di fatto di cui è sopravvenuta la conoscenza, così come prescritto a pena di nullità dall'art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973 (Cass. V, n. 27543/2018).

L'accertamento d'ufficio. Tale accertamento, disciplinato dall'art. 41 d.P.R. n. 600/1973, presuppone l'omissione o la nullità della dichiarazione ai fini delle imposte sul reddito e dell'Iva (art. 55 d.P.R. n. 633/1972). Con tale metodo di accertamento l'Amministrazione finanziaria determina l'imponibile e l'imposta sostituendosi totalmente al contribuente. A tal fine l'Ufficio, sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, determina il reddito complessivo del contribuente medesimo, e, in quanto possibile, i singoli redditi delle persone fisiche soggetti all'imposta locale sui redditi, con facoltà di ricorso a presunzioni c.d. supersemplici, che comportano l'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale può fornire elementi contrari intesi a dimostrare che il reddito (risultante algebrica di costi e ricavi) non è stato prodotto o che è stato prodotto in misura inferiore a quella indicata dall'ufficio (Cass. V, n. 14950/2019).

Tuttavia, secondo una certa dottrina, il ricorso all'accertamento d'ufficio non deve essere arbitrario e deve comunque trovare giustificazione nel caso concreto.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario