Istanza di rimborso in materia di imposte diretteInquadramentoIl contribuente che ha versato le imposte in misura maggiore al dovuto deve essere rimborsato. Il contribuente può chiedere il rimborso delle imposte dirette che ha versato in eccedenza o che gli sono state erroneamente trattenute dal sostituto d'imposta (artt. 37 e 38 d.P.R. n. 602/73) o le eccedenze di credito non utilizzate in compensazione e non riportate nelle successive dichiarazioni dei redditi. La richiesta può essere fatta con la dichiarazione dei redditi o con domanda specifica. L'onere della prova è a carico del contribuente. Aggiungendo l'art. 6 l. n. 130/2022 un comma 5 bis all'art. 7 d.lgs. n. 546 del 1992 si sono precisati importanti principi in tema di ripartizione dell'onere della prova tra contribuente e amministrazione, tra l'altro stabilendosi espressamente che “Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati”. Formula
ISTANZA DI RIMBORSO IN MATERIA DI IMPOSTE DIRETTE EXartt. 37 e 38 d.P.R. n. 602/1973[1] Raccomandata A.R. [2] All'Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di .... Ufficio territoriale di .... Oggetto: istanza di rimborso delle imposte dirette Il/La sottoscritto/a ...., nato/a a ...., il ...., residente in ...., via ...., n. ...., CAP ...., C.F. ...., partita IVA ...., tel. ...., fax ...., e-mail ...., P.E.C. ....; OPPURE Il/La sottoscritto/a ...., nato/a a ...., il ...., residente in ...., via ...., n. ...., CAP ...., C.F. ...., in qualità di legale rappresentante della società ...., con sede in ...., C.F. ...., partita IVA ...., tel. ...., fax ...., e-mail ...., P.E.C. .... OPPURE Il/La sottoscritto/a ...., nato/a a ...., il ...., residente in ...., via ...., n. ...., CAP ...., C.F. ...., in qualità di procuratore (generale/speciale), giusta procura in calce/a margine/ allegata alla presente istanza, di ...., con sede in ...., C.F. ...., partita IVA ...., tel. ...., fax ...., e-mail ...., P.E.C. .... PREMESSO che l'istante svolge l'attività di ....; che in data .... ha versato la somma di € .... a titolo di .... [3] in riferimento all'anno d'imposta ....; che tale somma è stata erroneamente versata in eccesso in quanto .... [4] ; OPPURE che in data .... ha subito erroneamente una ritenuta a titolo di .... in riferimento all'anno di imposta ....; OPPURE che vanta un'eccedenza di credito non utilizzata in compensazione e non riportata nelle successive dichiarazioni dei redditi (indicare imposta ed anno di riferimento); come dimostrato dalle copie delle ricevute di versamento e dalle certificazioni che si allegano [5] . Tanto premesso, CHIEDE Che venga disposto il rimborso della somma di € ...., imposta ...., anno ...., oltre gli interessi di legge; Indica, ai fini dell'accredito in conto corrente le coordinate bancarie/postali: Banca .... Agenzia .... n. di conto corrente .... intestato a ...., A.B.I .... C.A.B. ...., I.B.A.N. .... Si allegano i seguenti documenti: 1) .... [6] ; 2) Copia del documento di identità del titolare del rimborso .... [7] ; Luogo e data .... Firma .... [1]Il contribuente può chiedere il rimborso delle imposte dirette che ha versato in eccedenza o che gli sono state erroneamente trattenute dal sostituto d'imposta (artt. 37 e 38 d.P.R. n. 602/1973) o le eccedenze di credito non utilizzate in compensazione e non riportate nelle successive dichiarazioni dei redditi. [2]L'istanza, redatta in carta semplice, può essere consegnata a mano all'ufficio dell'Agenzia delle Entrate competente in base al domicilio fiscale del contribuente oppure spedita con raccomandata A.R. [3]Indicare l'imposta e l'anno; [4]Indicare i motivi per i quali il pagamento non era dovuto o è stato versato in eccedenza; errore materiale, duplicazione o inesistenza totale o parziale dell'obbligazione tributaria (es. maggior imposta versata a seguito di mancata detrazione di acconti). [5]Indicare versamenti e certificazioni a sostegno della istanza. [6]Copia delle distinte di versamento e di tutti i documenti a supporto delle motivazioni. [7]Se l'istanza non viene presentata personalmente. CommentoI rimborsi in materia di imposte dirette. Il contribuente può chiedere il rimborso delle imposte dirette che ha versato in eccedenza o che gli sono state erroneamente trattenute dal sostituto d'imposta (artt. 37 e 38 d.P.R. n. 602/1973) o le eccedenze di credito non utilizzate in compensazione e non riportate nelle successive dichiarazioni dei redditi. Per le imposte sui redditi (Irpef, Ires, etc.), i versamenti diretti (è il metodo di riscossione volontario più diffuso e consiste nello spontaneo versamento da parte del contribuente all'erario delle imposte, generalmente con il versamento alla Tesoreria dello Stato attraverso una delega irrevocabile ad una Banca o alle Poste. Tale delega per le imposte dirette, l'IRAP, l'IVA e molti altri tributi, è concretamente costituita dal modello F24. Esso è divenuto nel tempo il sistema principale attraverso il quale i contribuenti versano tributi, ma anche contributi previdenziali ed altre tipologie di somme. Il metodo del versamento diretto trova applicazione, tra l'altro, per i versamenti degli acconti e dei saldi delle imposte sui redditi indicate nella dichiarazione, delle relative addizionali e dell'IRAP, per i versamenti periodici e a saldo dell'IVA e per i versamenti delle ritenute operate dai sostituti d'imposta, la cosiddetta ritenuta ordinaria di cui prima. Nell'ambito dell'adempimento tramite versamento diretto va altresì segnalato l'adempimento mediante compensazione ex art. 1241 c.c), le ritenute operate dal sostituto di imposta, le ritenute dirette operate dallo Stato e da altre P.A. (sono pagate per ritenuta diretta le imposte dovute sui redditi di lavoro dipendente corrisposti dalla Pubblica amministrazione ex art. 29 d.P.R. n. 600/1973. La somma pagata dalla Pubblica Amministrazione viene decurtata «a monte» di una ritenuta, che può essere a titolo di acconto, c.d. ritenuta diretta a titolo d'acconto, o a titolo di imposta, c.d.ritenuta diretta a titolo definitivo. La ritenuta diretta va tenuta distinta dalla «ordinaria» ritenuta alla fonte che si ricollega al fenomeno della «sostituzione» di cui all'art. 64 d.P.R. n. 600/1973: nel primo caso, infatti, il sostituto d'imposta coincide con il soggetto creditore dell'imposta, lo Stato; mentre, nel secondo caso, il sostituto d'imposta non coincide con il soggetto creditore dell'imposta sicché, una volta effettuata la ritenuta sulla somma versata al sostituito, egli è tenuto a versare la ritenuta stessa all'Erario. La ritenuta ordinaria è una modalità di riscossione spontanea dei tributi che rientra nel versamento diretto), il termine è di 48 mesi dalla data del versamento o della ritenuta. L'istanza di rimborso è l'unico atto idoneo a interrompere il decorso del termine di decadenza e presentata oltre i termini è inefficace e il contribuente decade dalla domanda di rimborso. Si ritiene, difatti, che non opera in materia tributaria l'art. 2966 c.c., che riconnette al riconoscimento della controparte un effetto impeditivo della decadenza, in quanto norma che opera per i soli diritti disponibili, quali non sono quelli relativi alle obbligazioni tributarie per cui non ha efficacia interruttiva del termine di decadenza il riconoscimento di un credito di imposta contenuto in un atto dell'Ufficio (es. p.v.c.), il cui termine per l'esercizio del diritto al rimborso decorre in ogni caso dal momento del versamento indebito (Cass. V, n. 39521/2021). Poiché il legislatore non ha dettato una disciplina generale per i rimborsi, i termini sopra indicati sono desunti da specifiche disposizioni di legge. In particolare, gli artt. 37 (relativo alle ritenute dirette) e 38 (relativo ai versamenti diretti) d.P.R. n. 602/1973, prevedono, in caso di imposta sui redditi, che il contribuente, che, «per errore materiale, duplicazione o inesistenza parziale o totale dell'obbligazione tributaria» abbia effettuato un versamento diretto o abbia subito ritenuta alla fonte non dovuti o dovuti in misura inferiore, possa presentare, entro quattro anni (nel caso delle ritenute alla fonte decorrenti dalla data del pagamento del relativo compenso, mentre nel caso dei versamenti diretti, decorrenti dalla data del versamento) l'istanza finalizzata a chiedere il rimborso delle maggiori somme versate. In definitiva, l'art. 38 d.P.R. n. 602/1973 in tema di rimborso delle imposte sui redditi, stabilisce il dies a quo nella «data del versamento» o in quella «in cui la ritenuta è stata operata». Si ricorda che l'art. 21 d.lgs. n. 546/1992 prevede che in mancanza di disposizioni specifiche, la richiesta di rimborso debba essere inoltrata entro due anni dal pagamento dell'imposta, o se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione. La Cass., S.U., n. 15032/2009 ha sancito che in tema di rimborso delle imposte sui redditi, ai sensi dell'art. 38 d.P.R. n. 602/973, sono legittimati a richiedere all'Amministrazione finanziaria il rimborso della somma non dovuta ed ad impugnare l'eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario sia il soggetto che ha effettuato il versamento (cd. sostituto d'imposta), sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (cd. sostituito). In materia la giurisprudenza di legittimità ha chiarito anche che, in tema di rimborso delle imposte sui redditi, qualora un'imposta sia stata dichiarata, in epoca successiva al pagamento, incompatibile con il diritto comunitario da una sentenza della Corte di Giustizia, il termine di decadenza del diritto al rimborso, previsto dall'art. 38 d.P.R. n. 602/1973, decorre dalla data del versamento (quanto ai versamenti diretti) o della ritenuta (quanto alle somme assoggettate a ritenuta alla fonte), e non da quella in cui è intervenuta la pronuncia che ne ha sancito la contrarietà all'ordinamento comunitario, senza che possano invocarsi, in senso contrario, i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di “overruling” per giustificare la decorrenza del suddetto termine dalla data della decisione della Corte di Giustizia, in quanto, per un verso, non vengono in rilievo regole processuali e, per un altro, vi è un'esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, tanto più cogente in materia tributaria, che sarebbe compromessa dalla sostanziale protrazione a tempo indeterminato dei relativi rapporti (Cass., S.U., n. 13676/2014; conforme Cass. V., ord. n. 22345/2018; Cass. V, 21419/2021). Quanto al diverso ambito di operatività degli artt. 37 e 38 cit. la Cass., ord. n. 6903/2014, aderendo all'orientamento consolidato in materia, ha ben chiarito quali rimborsi ricadono nella disciplina dell'art. 38 d.P.R. n. 602/1973 (rubricato «Rimborso di versamenti diretti») e quali nella diversa disciplina di cui all'art. 37 del medesimo decreto (rubricato «Rimborsi di ritenute dirette»). Mentre l'art. 38 riguarda il rimborso delle ritenute trattenute dal datore di lavoro privato, ovvero «diverso da un'Amministrazione statale», che opera in qualità di sostituto d'imposta – e ricomprende tanto l'istanza di rimborso di chi ha fatto il versamento quanto, ex comma 2, quella «presentata dal dipendente percipiente» – l'art. 37, viceversa, regola la «diversa ipotesi della “ritenuta diretta”, che si verifica solo per le Amministrazioni dello Stato, cui è concesso di avvalersene nei confronti dei dipendenti, per attuare una compensazione tra il credito dell'Amministrazione stessa e il credito del contribuente» (così anche Cass. V, n. 9940/2000; da ultimo anche Cass., sez. trib., n. 7110/2019; si consideri che la vecchia formulazione dell'art. 37 prevedeva la possibilità di chiedere il rimborso nel termine decennale di prescrizione; di qui anche la rilevanza della distinzione rispetto ai diversi termini dell'art. 38). Modalità di presentazione delle istanze. L'istanza di rimborso deve essere presentata, in carta semplice, all'ufficio dell'Agenzia delle Entrate competente in base al domicilio fiscale del contribuente al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi da cui genera il rimborso; per le imposte indirette, l'istanza deve essere presentata all'ufficio dove è stato registrato l'atto o la dichiarazione di successione. L'istanza può essere presentata a mano o tramite raccomandata con ricevuta di ritorno. Secondo l'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità, in tema di rimborso delle imposte sui redditi, disciplinato dall'art. 38, comma 2 d.P.R. n. 602/1973, la presentazione della relativa istanza ad un organo diverso da quello territorialmente competente a provvedere costituisce atto idoneo non solo ad impedire la decadenza del contribuente dal diritto al rimborso, ma anche a determinare la formazione del silenzio-rifiuto impugnabile dinanzi al giudice tributario, sia perché l'ufficio non competente (purché non estraneo all'Amministrazione finanziaria) è tenuto a trasmettere l'istanza all'ufficio competente, in conformità delle regole di collaborazione tra organi della stessa Amministrazione, sia alla luce dell'esigenza di una sollecita definizione dei diritti delle parti, ai sensi dell'art. 111 Cost. (Fattispecie relativa a comunicazione preliminare di inizio lavori di ristrutturazione, inviata mediante raccomandata al locale Ufficio delle Entrate in luogo del Centro operativo dell'Agenzia di Pescara, individuato dagli artt. 1 e 4 del decreto interministeriale n. 41/1998); così in massima Cass. V, ord. n. 30229/2018. Contenuto dell'istanza. L'istanza deve contenere i dati anagrafici e l'attività svolta dal richiedente; le indicazioni riferibili ai versamenti ed alle ritenute di cui si chiede il rimborso (data, natura – saldo e acconti – e anno di imposta); i motivi della richiesta di rimborso. Alla domanda vanno allegate le distinte dei versamenti eseguiti o le certificazioni delle ritenute subite. Occorre cioè corredare l'istanza della documentazione utile a sostenere il rimborso. La giurisprudenza di legittimità ha argomentato che le domande di rimborso, prive delle indicazioni inerenti gli estremi di versamento e gli importi relativi all'ammontare delle ritenute IRPEF, nonché della indicazione degli importi chiesti in restituzione, non possono considerarsi giuridicamente valide e non sono, dunque, idonee alla formazione del silenzio-rifiuto impugnabile, in quanto non consentono di valutare la fondatezza o meno della richiesta; né tale vizio è sanabile con il successivo deposito di documenti, atti a colmare le lacune predette, deposito che è comunque tardivo, in quanto intervenuto nel corso di un procedimento che non avrebbe dovuto neppure essere iniziato (Cass. V, n. 21400/2012). In tempi più recenti, Cass. V., ord. n. 32263/2018: l'istanza di rimborso generica od incompleta è inidonea a formare il silenzio-rigetto, autonomamente impugnabile, in quanto non consente all'Ufficio di valutare la fondatezza della stessa né al giudice tributario di sindacare le presuntive ragioni del diniego. Risposta. La domanda può essere accolta e respinta espressamente. Se è accolta, viene disposta la restituzione della somma; se è respinta (con apposita comunicazione motivata e notificata) il contribuente può presentare ricorso alla competente Corte di giustizia tributaria provinciale entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento di rigetto. Se l'ufficio non risponde, la domanda di rimborso deve ritenersi respinta, in quanto vige l'istituto del silenzio-rifiuto. Trascorsi almeno 90 giorni dalla presentazione della domanda di rimborso (art. 19, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 546/1992) ed entro il termine di prescrizione, ordinariamente decennale, l'interessato può in ogni caso ricorrere alla Corte di giustizia tributaria; egual ricorso può essere presentato in caso di accoglimento parziale dell'istanza o di conseguenza del silenzio-rifiuto parziale (sull'impugnabilità del provvedimento di rimborso parziale di un tributo e di rigetto implicito per il resto, cfr. Cass. V, n. 12804/2002; successivamente Cass. V, n. 8195/2015 secondo cui in tema di contenzioso tributario, qualora, a fronte di una istanza di rimborso d'imposta, l'Amministrazione finanziaria si limiti ad emettere un provvedimento di rimborso parziale, senza evidenziare alcuna riserva o indicazione nel senso di una sua eventuale natura interlocutoria, il provvedimento, per la parte relativa all'importo non rimborsato, ha valore di rigetto – sia pure implicito – della richiesta originariamente presentata dal contribuente. Ne consegue che detto provvedimento costituisce atto impugnabile quale rifiuto espresso, nel termine di sessanta giorni dalla notificazione, ai sensi degli artt. 19 e 21 d.lgs. n. 546/1992, ed è improponibile una seconda istanza di rimborso per il mancato accoglimento integrale della prima, con conseguente inidoneità della stessa alla formazione di un silenzio-rifiuto impugnabile (conf. Cass. V, n. 23157/2020). Modalità di erogazione del rimborso. Se il contribuente nella istanza di rimborso ha indicato le coordinate del conto corrente bancario o postale, il rimborso, qualunque sia l'importo, viene accreditato sul conto; è però necessario che l'intestatario del conto (o almeno uno degli eventuali cointestatari) coincida con il beneficiario del rimborso, pena il mancato accredito del rimborso. Le coordinate del conto possono essere comunicate in ogni momento anche successivamente presso qualsiasi ufficio dell'Agenzia delle entrate oppure on line attraverso l'applicazione disponibile sul sito dell'Agenzia. In mancanza, il rimborso viene erogato con modalità diverse in base all'importo della somma da riscuotere. Per gli importi fino a 999,99 €, comprensivi di interessi, il contribuente riceverà un invito a presentarsi in un qualsiasi ufficio postale presso il quale, esibendo un documento d'identità, può riscuotere il rimborso in contanti. Chi si presenta in qualità di delegato, insieme alla delega compilata in ogni sua parte, deve esibire anche il documento d'identità del delegante. Per gli importi oltre 999,99 € e fino a 51.645,69 €, comprensivi di interessi, al contribuente arriverà un invito a comunicare le coordinate del proprio conto corrente, unitamente a un modello da compilare e consegnare, entro il termine indicato, a un ufficio postale. Se il contribuente non consegna il modello e non fornisce le coordinate del proprio conto, il rimborso verrà eseguito con l'emissione di un vaglia della Banca d'Italia. Per gli importi superiori a 51.645,69 €, comprensivi di interessi, e per i rimborsi di soli interessi di qualsiasi importo, la restituzione avviene, per ragioni di sicurezza, esclusivamente tramite accredito su conto corrente bancario o postale. Gli interessi di cui all'art. 44 d.P.R. n. 602/1973 non presuppongono la mora dell'Amministrazione e mirano a reintegrare la diminuzione patrimoniale subita dal contribuente per non aver goduto della somma di denaro già versata al fisco oggetto di restituzione, per cui maturano, indipendentemente dalla buona o mala fede dell'accipiens, al compimento di ogni singolo semestre, escluso il primo, successivo alla data del versamento (non già della domanda) e fino a quella dell'ordinativo di pagamento (Cass. V, n. 11189/2023). Rimborsi da dichiarazione. Quando dalla dichiarazione dei redditi risulta un credito il contribuente, nel compilare il quadro RX del modello Redditi Persone Fisiche, può indicare di voler ottenere il rimborso. Si può alternativamente scegliere di riportare il credito all'anno successivo o compensare il credito con altri tributi da versare. Se il contribuente non effettua alcuna scelta, il credito si considera come eccedenza utilizzabile nella dichiarazione successiva. Se si utilizza il modello 730 si può ottenere il rimborso direttamente dal datore di lavoro o ente pensionistico in busta paga o nella rata di pensione; anche in tal caso, in alternativa al rimborso, è possibile scegliere di utilizzare il credito che risulta dal 730, per pagare con compensazione, oltre all'Imu, anche le altre imposte che possono essere versate con il modello F24. Se, per qualunque motivo, il rimborso non viene effettuato, si può fare istanza di rimborso all'ufficio dell'Agenzia delle Entrate del luogo di residenza. In questo caso, occorre allegare una certificazione con cui il datore di lavoro o l'ente pensionistico attesti di non aver eseguito il conguaglio e di non aver, quindi, rimborsato le imposte. L'Agenzia delle Entrate, entro 4 mesi dal termine previsto per la trasmissione della dichiarazione 730, oppure dalla data di trasmissione, se successiva a questo termine, può effettuare dei controlli preventivi anche documentali sulle dichiarazioni che presentano elementi di incoerenza o determinano un rimborso di importo superiore a 4.000 €. Il rimborso che risulta spettante al termine delle operazioni di controllo preventivo è erogato dall'Agenzia delle Entrate non oltre il sesto mese successivo al termine previsto per la trasmissione della dichiarazione, oppure dalla data di trasmissione, se successiva a questo termine. Si segnala sul punto Cass., S.U., n. 2687/2007 secondo cui in tema di imposte sui redditi, qualora il contribuente abbia evidenziato nella dichiarazione un credito d'imposta, non trova applicazione, ai fini del rimborso del relativo importo, il termine di decadenza previsto dall'art. 38 d.P.R. n. 602/1973, non occorrendo la presentazione di un'apposita istanza, in quanto l'Amministrazione, resa edotta con la dichiarazione dei conteggi effettuati dal contribuente, è posta in condizione di conoscere la pretesa creditoria. La relativa azione è pertanto sottoposta all'ordinario termine di prescrizione decennale, sulla cui decorrenza non incide né il limite temporale stabilito per il controllo c.d. formale o cartolare delle dichiarazioni e la liquidazione delle somme dovute, ai sensi dell'art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973, né il limite alla proponibilità della relativa eccezione, posto dall'art. 2, comma 58, l. n. 350/2003: la prima disposizione è volta infatti ad imporre un obbligo all'Amministrazione finanziaria, senza stabilire un limite all'esercizio dei diritti del contribuente, mentre la seconda contiene un mero “invito” rivolto agli uffici, non suscettibile di applicazione diretta da parte del giudice. Si segnala anche Cass. V, ord. n. 10690/2018 la quale ha statuito che in tema di imposte sui redditi, posto che l'indicazione nella dichiarazione di un credito d'imposta costituisce già istanza di rimborso, il corrispondente diritto alla restituzione può essere esercitato a partire dall'inutile decorso del termine di novanta giorni dalla presentazione dell'istanza contenuta nella dichiarazione, su cui si forma il silenzio-rifiuto, impugnabile ex art. 19, comma 1, lett. g) d.lgs. n. 546/1992, senza che sia necessario attendere la scadenza dei termini entro cui l'Amministrazione deve esercitare i propri poteri di liquidazione, controllo formale o accertamento vero e proprio, che non riguardano l'esercizio dei diritti del contribuente. È possibile compensare i ruoli con i crediti di imposta (cioè possono pagarsi le cartelle esattoriali con i rimborsi attesi e spettanti). Infatti, se il contribuente attende un rimborso già verificato dall'Agenzia delle entrate e risulta destinatario di una cartella di pagamento per tributi erariali (dello Stato, Irpef, Irap, Iva, Ires, no crediti Inps e Inail) non pagati, riceve una comunicazione dall'agente della riscossione contenente una proposta di compensazione di tutti i debiti, erariali e non, con i crediti etc. La compensazione delle cartelle è stata introdotta dal d.l. n. 78/2010 e dal successivo d.m. 10 febbraio 2011. Il contribuente può utilizzare in compensazione con il modello F 24 gli eventuali crediti tributari con gli eventuali debiti iscritti a ruolo; la compensazione può essere solo parziale ma occorre che il debito sia iscritto a ruolo mediante l'emissione delle cartelle esattoriali da parte dell'agenzia di riscossione. Se il credito non copre la intera somma portata dalla cartella il contribuente deve inviare una dichiarazione contenente l'imputazione delle somme compensate (art. 31, comma 1 d.l. n. 78/2010), altrimenti l'agenzia imputerà il pagamento alla cartella scaduta più vecchia. Se il debito viene totalmente estinto non occorrerà alcuna dichiarazione. A partire dell'1 gennaio 2011, per effetto dello stesso decreto che ha introdotto la compensazione, è stato disposto il divieto di compensazione orizzontale di crediti erariali in presenza di debiti iscritti a ruolo per imposte erariali di ammontare superiore a 1.500,00 € e per i quali è scaduto il termine di pagamento. Il contribuente potrà allora utilizzare la compensazione solo se paga parzialmente i pregressi debiti scaduti fino ad un residuo di e 1.500,00 (art. 31 d.l. n. 78/2010). Il divieto di compensazione riguarda esclusivamente i crediti relativi ad imposte erariali ed interessa le sole compensazioni “orizzontali” (quelle cioè relative a crediti e debiti di natura diversa). Tra le imposte che impediscono la compensazione rientrano quindi l'IRPEF, l'IRES, l'IVA, ma anche l'IRAP e le addizionali ai tributi diretti, così come specificato nella relazione illustrativa al decreto Mef del 10 febbraio 2011. Non sono invece interessati dalla nuova disposizione (in quanto non rientranti tra le imposte erariali) l'ICI, i contributi previdenziali, i premi INAIL. Ai fini dell'individuazione dei debiti per imposte erariali che fanno scattare il divieto alla compensazione, sono esclusi i contributi e le agevolazioni erogati a qualsiasi titolo sotto forma di credito d'imposta, anche se vengono indicati nella sezione “erario” del modello F24. Per quanto riguarda gli importi accessori a cui fa riferimento la norma, devono intendersi tali, oltre che sanzioni e interessi, gli aggi, gli interessi di mora e le altre spese collegate al ruolo, quali quelle di notifica o quelle relative alle procedure esecutive sostenute dall'agente della riscossione e, in generale, tutte le spese rimborsabili all'agente della riscossione. La preclusione alla compensazione vale non soltanto per le cartelle di pagamento scadute notificate successivamente al 1° gennaio 2011, ma anche per le cartelle già notificate in precedenza e, quindi, per tutte quelle il cui termine di pagamento sia scaduto, anche se anteriormente al 1° gennaio 2011, indipendentemente dalla data di notifica. La preclusione non opera: – nel caso di debiti per imposte erariali iscritti a ruolo non ancora scaduti al momento del versamento, quindi la compensazione è ancora possibile entro 60 giorni dalla notifica della cartella; – in presenza di ruoli per i quali sia in atto concessa una sospensione. In presenza di debiti per i quali è stata concessa la rateazione, il mancato pagamento alla scadenza di una sola rata non pregiudica il piano di rateazione, che rimane ancora in essere, e, quindi, esclusivamente la rata scaduta andrà computata (al fine del raggiungimento del limite di 1.500 €) tra l'ammontare complessivo dei debiti iscritti a ruolo il cui termine di pagamento è scaduto. Nel caso invece di mancato pagamento di otto rate anche non consecutive, il debitore decade automaticamente dal beneficio della dilazione e l'intero importo iscritto a ruolo diventa immediatamente riscuotibile e, quindi, la preclusione riguarda l'importo complessivo del debito residuo non pagato. Per la determinazione della soglia dei 1.500 € di debiti scaduti verso l'Erario, il cui superamento fa scattare il divieto di compensazione, è necessario fare riferimento agli importi scaduti in essere al momento del versamento (comprensivi non solo delle imposte, ma anche di tutti gli accessori). Quindi, nel caso di più cartelle, per importi e per scadenze diverse, occorrerà verificare il complessivo debito scaduto ancora in essere al momento dell'effettuazione del versamento e conseguentemente, in caso di pagamento parziale avvenuto in data anteriore a quella in cui si intende procedere alla compensazione, occorrerà fare riferimento all'ammontare del debito residuo nel giorno di presentazione della delega modello F24. Rimborsi di ufficio. In talune ipotesi è l'amministrazione e rimborsare di ufficio, cioè di propria iniziativa, le imposte non dovute. I casi di rimborso di ufficio sono disciplinati dalla legge. Es.: – somme indebitamente riscosse a causa di errori materiali e duplicazioni imputabili all'Agenzia delle entrate: ex art. 41, comma 1 d.P.R. n. 602/1973, accertato l'errore materiale o la duplicazione, l'ufficio ha l'obbligo di rimborsare le maggiori imposte iscritte a ruolo; – crediti risultanti dopo il controllo formale o la liquidazione della dichiarazione dei redditi (arrt. 36-bis e ter d.P.R. n. 600/7193): ex art. 41, comma 2 d.P.R. n. 602/1973, il rimborso viene riconosciuto quando l'ammontare della ritenuta d'acconto sugli importi che hanno concorso alla determinazione del reddito imponibile (risultanti dai certificati d'imposta o quando questi non siano previsti, da altra idonea documentazione, allegati alla dichiarazione), risulti superiore a quello dell'imposta liquidata in base alla dichiarazione ai sensi dell'art. 36-bis d.P.R. n. 600/1973, nonché per i crediti di imposta derivanti dalla liquidazione delle dichiarazioni effettuata ai sensi dello stesso art. 36-bis. In tali casi è l'agenzia a comunicare l'importo del credito da rimborsare e il contribuente dovrà solo comunicare le coordinate del conto corrente per ottenere l'accredito. |