Ricorso contro l'avviso di accertamento di redditi di impresa per omessa deduzione di costi relativi a operazioni inesistenti

Nicola Graziano

Inquadramento

Secondo quanto stabilisce l'art. 1, comma 1, d.lgs. n. 74/2000, recante la disciplina organica delle violazioni penali-tributarie, «per fatture o altri documenti per operazioni inesistenti si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi». Rispetto a tali operazioni la giurisprudenza, soprattutto di legittimità, ha elaborato precisi principi in tema sia di onere della prova che di deducibilità dei costi.

Formula

ON. CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI ....

RICORSO GIURISDIZIONALE CON ISTANZA DI RECLAMO E MEDIAZIONE

(e contestuale)

ISTANZA DI TRATTAZIONE IN PUBBLICA UDIENZA

La società ...., con sede legale in .... ( ....), alla via ...., ...., P.IVA ...., in persona del legale rappresentante pro tempore, Sig. ...., elettivamente domiciliata in .... ( ....), alla via ...., ...., presso lo studio dell'Avv. .... (cod. fisc. ....), che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in allegato al presente atto,

PROPONE RICORSO 1

avverso l'avviso di accertamento n. ...., notificato in data ....,

NEI CONFRONTI

dell'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di ...., in persona del rappresentante legale pro tempore, con sede in .... ( ....), alla via ...., n. ....

FATTO

In data .... alla ricorrente veniva notificato l'avviso di accertamento n. ...., con il quale l'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di .... rettificava la dichiarazione dei redditi, relativa all'anno di imposta ...., presentata il ...., recuperando a tassazione maggiori imposte ai fini IRES, IRAP ed IVA.

Il predetto atto impositivo trae origine da una verifica della Guardia di finanza di .... dalla quale sarebbe emerso che la società aveva contabilizzato e dichiarato costi relativi ad operazioni oggettivamente inesistenti derivanti da fatture emesse dalla ditta individuale ...., esercente l'attività di ...., risulta poi impresa cd. cartiera.

L'odierna ricorrente propone opposizione contro il predetto avviso di accertamento per i motivi di seguito esplicitati.

DIRITTO

La pretesa dell'Agenzia delle Entrate è completamente infondata.

Il fatto che la ditta individuale .... sia, come asserisce l'Ufficio, un soggetto poco raccomandabile non inficia la regolarità della contabilità dell'opponente, che peraltro non è in contestazione. Il rapporto di lavoro intercorso con la ditta .... è sorto a conclusione di un iter interlocutorio avvenuto per corrispondenza e conclusosi con la stipula di un atto privato che disciplinava diritti e doveri. Per fugare il dubbio che il tutto si sia verificato fittiziamente si producono, anche in questa sede, non solo la fonte contrattuale ma anche la documentazione comprovante la fornitura (documenti di trasporto sottoscritti e fatture) e le contabili dei bonifici eseguiti per il pagamento del prezzo della fornitura.

Per quanto espresso, così si

CONCLUDE

Piaccia all'On.le Corte di giustizia tributaria di primo grado, contrariis reiectis, in accoglimento del ricorso e per i motivi esposti:

– dichiarare l'illegittimità dell'avviso di accertamento n. ...., notificato in data ....;

– condannare l'Ufficio resistente al pagamento delle spese processuali.

ISTANZA DI DISCUSSIONE IN PUBBLICA UDIENZA

Si chiede, altresì, ai sensi e per gli effetti dell'art. 33, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, che il presente ricorso venga discusso in pubblica udienza.

Costituendosi in giudizio la ricorrente deposita:

1) copia dell'avviso di accertamento n. ...., notificato in data .... dall'Ufficio di ....;

2) .....

ISTANZA DI SOSPENSIONE

Nel caso qui in giudizio sussistono i presupposti per la sospensione degli effetti dell'atto impugnato.

Più in dettaglio:

il fumus boni iuris (esistenza dei fondati motivi) si confida emerga con sufficiente chiarezza dalla lettura del ricorso;

il periculum in mora (danno grave ed irreparabile per il contribuente) deriva da .....

Pertanto,

CHIEDE

che l'On. Corte di giustizia tributaria adita Voglia disporre la sospensione dell'impugnato provvedimento e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.

Il sottoscritto procuratore, ai sensi dell'art. 14 del d.P.R. n. 115/2002 e successive modifiche dichiara che il valore del presente procedimento è pari ad € ...., ragion per cui è dovuto un contributo unificato nella misura di € .....

Dichiara, altresì, di voler ricevere le comunicazioni inerenti il procedimento presso il proprio numero di fax ( ....) o indirizzo di posta elettronica certificata ( ....).

La presente copia, di cui si attesta la conformità all'originale notificato all'Agenzia delle Entrate di ...., sarà depositata presso la Corte di giustizia tributaria di primo grado di .... completa con gli allegati, tenuto conto dell'istanza ex art. 17-bis d.lgs. n. 546/1992, appresso formulata.

Luogo e data ....

Firma Difensore ....

ISTANZA

ai sensi dell'art. 17-bis del d.lgs. n. 546/1992

La società ...., con sede legale in .... ( ....), alla via ...., ...., P.IVA ...., in persona del legale rappresentante pro-tempore, sig. ...., come in epigrafe rappresentata, domiciliata e difesa, sulla base dei fatti e dei motivi sopra evidenziati

CHIEDE

che l'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di ...., in alternativa al deposito del ricorso che precede presso la Corte di giustizia tributaria di primo grado, accolga in via amministrativa le richieste nel medesimo ricorso formulate.

Comunica in ogni caso la sua disponibilità a valutare in contraddittorio la mediazione della controversia.

Per l'invito al contraddittorio, le comunicazioni e le notificazioni relative al presente procedimento, si indicano uno o più dei seguenti recapiti:

– Studio ...., sito in .... ( ....), alla via ...., ....;

– P.E.C. ....;

– telefono ....;

– fax ....;

– posta elettronica ordinaria: .... .....

Con osservanza.

Luogo e data ....

Firma Difensore ....

PROCURA SPECIALE

La società ...., con sede legale in .... ( ....), alla via ...., ...., P.IVA ...., in persona del legale rappresentante pro-tempore, sig. ...., delega a rappresentarla e a difenderla – nel procedimento da attivare nei confronti dell'Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di ...., in ogni sua fase, stato e grado, l'avv. ...., conferendogli con ogni facoltà di legge, incluse quelle di proporre reclamo e di mediare ai sensi dell'art. 17-bis del d.lgs. n. 546/1992, trattare, comporre, conciliare, transigere, rinunciare agli atti e accettare rinunzie, farsi sostituire, ed elegge domicilio, anche per le notificazioni relative al procedimento di reclamo e mediazione, presso il suo studio sito in .... ( ....), alla via ...., ....

Dichiara, inoltre, di aver ricevuto tutte le informazioni previste dagli artt. 7 e 13 del d.lgs. n. 196/2003, nonché dal Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, e presta il proprio consenso al trattamento dei dati personali per l'espletamento del mandato conferito.

Luogo e data ....

Firma Mandante ....

[1] [1]Il ricorso deve altresì indicare il valore della lite e contenere la procura a un difensore o a un soggetto abilitato all'assistenza tecnica (obbligatoria quando il valore della controversia supera 3.000,00 € a partire dal 1° gennaio 2016, con l'obbligo anche di indicare la categoria di appartenenza del difensore ai sensi dell'art. 12 d.lgs. n. 546/1992, che consenta al giudice la liquidazione delle spese di lite secondo la tariffa professionale). Il difensore, o il ricorrente in caso di valore della controversia inferiore a 3.000,00 €, deve sottoscrivere sia l'originale sia le copie destinate alle controparti. L'art. 47 d.lgs. n. 546/1992 riconosce, inoltre, al ricorrente la possibilità di chiedere alla Corte di giustizia tributaria di primo grado competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, con istanza inserita nel ricorso o formulata con atto separato, debitamente notificato alle altre parti e depositato in segreteria. La sospensione può essere anche parziale e subordinata alla prestazione della garanzia di cui all'art. 69, comma 2 d.lgs. n. 546/1992.

Commento

Il d.lgs. n. 74/2000, recante la disciplina organica delle violazioni penali-tributarie, contiene all'art. 1, comma 1, la definizione di operazioni inesistenti: «per fatture o altri documenti per operazioni inesistenti si intendono le fatture o gli altri documenti aventi rilievo probatorio analogo in base alle norme tributarie, emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi».

Un'operazione può, pertanto, essere considerata inesistente oggettivamente oppure soggettivamente.

Nell'inesistenza oggettiva rientra ogni tipo di divergenza tra realtà commerciale ed espressione documentale di essa, compresa l'inesistenza parziale, cioè quando solo alcune operazioni sono poste in essere.

Nel concetto di inesistenza oggettiva rientra sia l'inesistenza materiale (o economica) sia l'inesistenza giuridica.

L'ipotesi di inesistenza materiale si realizza nell'accordo illegale tra una parte venditrice e una acquirente, ove la parte venditrice emette fattura per una prestazione di servizi ovvero una cessione di beni, che non vengono effettuate. In tale ipotesi la parte che figura quale acquirente, ricevuta la fattura, la registra nella propria contabilità, esercitando il diritto alla detrazione dell'Iva e, ove il costo rispetti apparentemente il principio dell'inerenza lo deduce ai fini delle imposte sui redditi, e ciò pur non provvedendo “realmente” al pagamento dell'importo di cui alla fattura.

L'inesistenza materiale può essere anche “relativa” (o “parziale”) se le fatture sono emesse a fronte di operazioni in parte non realmente effettuate.

L'inesistenza giuridica si configura quando la fattura viene emessa per un negozio simulato, ovvero per un negozio giuridico apparente, diverso da quello realmente posto in essere tra le parti.

L'operazione soggettivamente inesistente, invece, si caratterizza per il fatto che la fattura viene emessa per una prestazione realmente avvenuta, ma la stessa è stata intrattenuta con un soggetto differente rispetto a quello che viene indicato nella fattura attestante l'effettuazione dell'operazione. Pertanto, l'operazione risulta effettivamente effettuata, ma il documento attestante l'effettuazione della stessa viene emesso da un soggetto che non ne ha titolo, non avendo partecipato all'operazione.

In virtù dell'accordo simulatorio, una delle parti dell'operazione non appare in fattura, al suo posto figurando un soggetto diverso, il soggetto interposto, che funge da mero paravento per nasconderla. Si tratta della cd. società “cartiera”, quale società priva di consistenza patrimoniale, che non svolge alcuna attività economica, domiciliata presso un indirizzo fittizio o di comodo e che ha l'unico funzione di emettere fatture per operazioni inesistenti.

La Corte di Cassazione, con riferimento alle operazioni oggettivamente inesistenti, ha ampiamente, con numerose pronunce, argomentato in ordine al regime probatorio che contraddistingue tali operazioni: nel caso in cui l'amministrazione finanziaria ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, e cioè sia una mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno, ha l'onere di fornire elementi probatori, anche in forma indiziaria e presuntiva (Cass. n. 18118/2016; Cass. n. 21953/2007; Cass. n. 9784/2010; Cass. n. 9108/2012; Cass. n. 15741/2012; Cass. n. 23560/2012; Cass. n. 27718/2013; Cass. n. 20059/2014), del fatto che l'operazione fatturata non è stata effettuata, dopo di che passerà sul contribuente l'onere di dimostrare l'effettiva esistenza delle operazioni contestate; siffatta prova, tuttavia, non può consistere nella esibizione della fattura o nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali vengono infatti normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un'operazione fittizia (Cass. n. 28572/2017; Cass. n. 5406/2016; Cass. n. 28683/2015; Cass. n. 428/2015; Cass. n. 12802/2011; Cass. n. 15228/2001).

Sempre con riferimento alle operazioni oggettivamente inesistenti è stato altresì precisato che «in tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo ad operazioni oggettivamente inesistenti, grava sul contribuente l'onere di provare la fittizietà dei componenti positivi che, ai sensi del d.l. n. 16/2012, art. 8, comma 2, convertito, con modificazioni, nella l. n. 44/2012, ove direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica, entro i limiti dell'ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi» (Cass. n. 21189/2014; Cass. n. 7896/2016).

Ciò significa, quindi, che se il contribuente prova che i componenti positivi, in quanto correlati a componenti negativi ritenuti fittizi, sono anch'essi fittizi, detti componenti positivi andranno esclusi dalla base imponibile, fatta salva l'applicazione di una sanzione amministrativa.

Quanto, invece, alle operazioni soggettivamente inesistenti, i Giudici di Piazza Cavour, anche in epoca recentissima (Cass. n. 20587/2019), hanno affermato che «in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l'onere della prova che grava sull'Amministrazione si incentra su due circostanze di valenza costitutiva rispetto alla pretesa erariale, ossia l'alterità soggettiva dell'imputazione delle operazioni, nel senso che il soggetto formale non è quello reale, ed il fatto che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione si inseriva in una evasione IVA. Non occorre la prova della partecipazione all'evasione, ma è sufficiente e necessario che il contribuente avrebbe dovuto esserne consapevole».

È stato altresì precisato che «in tema di imposte sui redditi, a norma della l. 1993, n. 537/1993, art. 14, comma 4-bis, nella formulazione introdotta con il d.l. n. 16/2012, art. 8, comma 1 (conv. in l. n. 44/2012), sono deducibili per l'acquirente dei beni i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti (non utilizzati direttamente per commettere reato), anche per l'ipotesi che l'acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che, a norma del T.U. delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. n. 917/1986, siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità».

Riassumendo, attraverso l'analisi delle numerose pronunce della Suprema Istanza nomofilattica è possibile affermare quanto segue:

1. ai fini iva, l'imposta assolta sugli acquisti derivanti da fatture per operazioni inesistenti (oggettivamente e soggettivamente) risulta oggettivamente indetraibile;

2. ai fini delle imposte sui redditi, i costi relativi alle fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, a fronte di un reale acquisto della merce, sono deducibili dal reddito di impresa, rimanendo soggetti unicamente al vaglio dei requisiti previsti dalla normativa di riferimento (certezza, inerenza, competenza dei costi sostenuti).

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