Ricorso contro l'atto impositivo emesso per operazioni oggettivamente inesistentiInquadramentoL'ipotesi della emissione di fatture per operazioni “oggettivamente” inesistenti – a differenza del caso di operazioni “soggettivamente” inesistenti in cui la operazione commerciale si è realmente conclusa sebbene con un soggetto diverso dall'apparente-cedente – presuppone la simulazione assoluta della operazione imponibile – in quanto non realizzata – fittiziamente rappresentata in fattura, ed in relazione alla quale la capacità organizzativa della società-cedente si palesa del tutto indifferente, in quanto anche società dotate di adeguata organizzazione e capacità produttiva bene possono emettere fatture cui non corrisponde nella realtà alcuna effettiva operazione economica. In tema di imposte sui redditi, e con riguardo ad operazioni oggettivamente inesistenti, ai sensi dell'art. 8, comma 2 d.l. n. 16/2012, conv. con modif. in l. n. 44/2012, che ha portata retroattiva ed è applicabile anche d'ufficio, i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica, entro i limiti dell'ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese. In tema di IVA, una volta assolta da parte dell'Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l'emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell'oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell'IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l'effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l'esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un'operazione fittizia. FormulaALLA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI .... RICORSO ex art. 18 del d.lgs. n. 546/1992 Il Sig./La Sig. .... nato a .... il .... C.F. .... residente in .... alla via .... n. ...., c.a.p. .... (oppure: della società .... con sede in ...., via ...., P.IVA o C.F. .... in persona del legale rappresentante pro-tempore), rappresentat. .... e difes. ...., in virtù di procura a margine/in calce e su foglio separato al presente atto, dall'Avv./Dott.Comm./ ...., C.F. ...., con il quale elettivamente domicilia presso il suo studio in .... alla via .... n. .... ai sensi degli artt. 170 e 176 c.p.c., si dichiara di voler ricevere comunicazioni e/o atti difensivi e/o provvedimenti relativi al presente procedimento al seguente indirizzo P.E.C. .... o n. fax .... PROPONE RICORSO 1 – contro ....; – avverso il seguente provvedimento prot. n. .... emesso il .... e notificato il .... PER I SEGUENTI MOTIVI 1) È infondata la pretesa impositiva che, come nel caso di specie, affermi che le operazioni realizzate siano oggettivamente inesistenti laddove la motivazione dell'accertamento si concretizzi nell'acritico rinvio al P.V.C. della Guardia di Finanza e non si sia adeguatamente tenuto conto degli argomenti/prove forniti dalla parte e del fatto che si sia trattato di operazioni poste in essere con primarie società nazionali tenute a rispettare rilevanti regole di compliance. 2) In ogni caso, anche nella denegata ipotesi in cui si ritenga che l'Amministrazione finanziaria, contestata l'inesistenza di operazioni oggettivamente inesistenti assunte a presupposto della deducibilità dei relativi costi e di detraibilità della relativa imposta, abbia provato, anche mediante presunzioni semplici, che dette operazioni, in realtà, non sono state effettuate, parte ricorrente, già in sede procedimentale ed ora in sede processuale, in presenza di siffatta prova, ha pienamente dimostrato la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non limitandosi a rilevare la regolarità formale delle scritture e le evidenze contabili dei pagamenti, ma smentendo l'assunto di controparte con adeguate prove “positive” contrarie. Alla luce delle svolte considerazioni si rendono le seguenti CONCLUSIONI Voglia la Corte di giustizia Tributaria così provvedere: – in via principale, annullare l'atto impugnato (previa sospensione cautelare ex art. 47 del d.lgs. n. 546/1992); – con vittoria delle spese di giudizio (con distrazione delle spese processuali al procuratore costituito). Si chiede la trattazione in pubblica udienza. Si depositano i seguenti atti: ..... Ai sensi dell'art. 22, comma 3 del d.lgs. n. 546/1992, si attesta la conformità del presente atto all'originale consegnato (o spedito) all'ente convenuto. Luogo e data .... Firma .... PROCURA 2 (generalità del ricorrente) .... nomina proprio procuratore alle liti (titolo) .... e, per l'effetto, lo autorizza a rappresentarlo e difenderlo nel giudizio, conferendo allo stesso ogni più ampia facoltà di legge, ed eleggendo domicilio presso lo studio del predetto legale in ...., via .... Luogo e data .... Firma .... Autentica della Firma .... [1] [1] Il ricorso deve altresì indicare il valore della lite e contenere la procura a un difensore o a un soggetto abilitato all'assistenza tecnica (obbligatoria quando il valore della controversia supera 3.000,00 € a partire dal 1° gennaio 2016, con l'obbligo anche di indicare la categoria di appartenenza del difensore ai sensi dell'art. 12 d.lgs. n. 546/1992, che consenta al giudice la liquidazione delle spese di lite secondo la tariffa professionale). Il difensore, o il ricorrente in caso di valore della controversia inferiore a 3.000,00 €, deve sottoscrivere sia l'originale sia le copie destinate alle controparti. L'art. 47 d.lgs. n. 546/1992 riconosce, inoltre, al ricorrente la possibilità di chiedere alla Corte di giustizia Tributaria di Primo Grado competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, con istanza inserita nel ricorso o formulata con atto separato, debitamente notificato alle altre parti e depositato in segreteria. La sospensione può essere anche parziale e subordinata alla prestazione della garanzia di cui all'art. 69, comma 2 d.lgs. n. 546/1992.
[2] [2] L'incarico deve essere conferito: con atto pubblico o scrittura privata autenticata; in calce o a margine di un atto nel processo, con certificazione dello stesso incaricato dell'autografia della sottoscrizione; oralmente in udienza pubblica, dandone atto nel verbale.
CommentoL'Amministrazione Finanziaria ha l'onere della prova in tutte le controversie riguardanti operazioni oggettivamente inesistenti, attraverso la presentazione, anche mediante presunzioni semplici, di elementi da cui cogliere l'inattendibilità delle scritture contabili e delle fatture utilizzate, con l'esclusione del parametro della buona fede del committente o del cessionario. In tema di IVA, una volta assolta da parte dell'Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l'emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell'oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell'IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l'effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l'esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un'operazione fittizia. In tema di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, qualora l'Amministrazione finanziaria fornisca elementi (anche presuntivi purché oggettivi) atti ad asseverare l'emissione di fatture in assoluta assenza di corrispondente prestazione, è onere del contribuente fornire la prova dell'effettiva esistenza delle operazioni. In tema di contenzioso tributario, l'Amministrazione finanziaria, ove contesti l'inesistenza di operazioni assunte a presupposto della deducibilità dei relativi costi e di detraibilità della relativa imposta, ha l'onere di provare, anche mediante presunzioni semplici, che dette operazioni, in realtà, non sono state effettuate, mentre, in presenza di siffatta prova, spetta al contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, precisandosi, al riguardo, che non rileva la regolarità formale delle scritture e le evidenze contabili dei pagamenti. Pertanto, in tema di operazioni oggettivamente inesistenti, l'onere della prova, che può essere assolto anche solo mediante presunzioni, spetta inizialmente all'Amministrazione finanziaria, ricadendo, solo in un secondo momento, sul contribuente l'onere di smentire l'assunto di controparte con adeguate prove “positive” contrarie. La giurisprudenza di legittimità ha tracciato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi, in particolare affermando che la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno ricavati dal loro complessivo esame, in un giudizio globale e non atomistico di essi (ciascuno dei quali può essere insufficiente), ancorché preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall'altro in vicendevole completamento (cfr. Cass. III, n. 12002/2017; Cass. IV, ord. n. 5374/2017). Ciò che rileva, in base a deduzioni logiche di ragionevole probabilità, non necessariamente certe, è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, salvo l'ampio diritto del contribuente di fornire la prova contraria. |