Istanza di rimborso a seguito di accertamento con adesioneInquadramentoL'accertamento con adesione (concordato; d.lgs. n. 218/1997), consente al contribuente, in contraddittorio con l'amministrazione, di raggiungere un accordo e definire le imposte dovute sia dopo l'emissione di un avviso di accertamento che prima (ad es. in seguito ad accessi, ispezioni e verifiche). Il procedimento si perfeziona con il pagamento delle somme concordate nei venti giorni successivi, previa concessione di una riduzione delle sanzioni. L'atto di accertamento con adesione non è impugnabile, non è modificabile, non è integrabile e non è revocabile (art. 2, comma 3, art. 3, comma 4). La dottrina argomenta che una possibilità di rimborso è possibile laddove sia inesistente il presupposto impositivo per errore di fatto o di diritto. La giurisprudenza di legittimità è di contrario avviso. FormulaISTANZA DI RIMBORSO A SEGUITO DI ACCERTAMENTO CON ADESIONE Raccomandata A.R. 1 All'Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di ... Ufficio territoriale di ... Oggetto: istanza di rimborso a seguito di accertamento con adesione Il/Lasottoscritto/a ... , nato/a ... , il ... , residente in ... , via ... , n. ... , C.A.P. ... , codice fiscale ... , partita IVA ... , tel. ... , fax ... , e-mail ... , P.E.C. ... ; OPPURE Il/La sottoscritto/a ... , nato/a ... , il ... , residente in ... , via ... , n. ... , C.A.P. ... , codice fiscale ... , in qualità di legale rappresentante della società ... , con sede in ... , codice fiscale ... , partita IVA ... , tel. ... , fax ... , e-mail ... , P.E.C. ... OPPURE Il/La sottoscritto/a ... , nato/a ... , il ... , residente in ... , via ... , n. ... , C.A.P. ... , codice fiscale ... , in qualità di procuratore (generale/speciale), giusta procura in calce/a margine/ allegata alla presente istanza, di ... , con sede in ... , codice fiscale ... , partita IVA ... , tel. ... , fax ... , e-mail ... , P.E.C. ... PREMESSO che in data ... è stato concluso atto di accertamento con adesione in riferimento agli importi dovuti per i tributi ... anno d'imposta ... ; che la procedura si è perfezionata con il pagamento dell'importo concordato di € ... ; che l'atto di accertamento con adesione è stato annullato (in autotutela o con sentenza ... ) per inesistenza del presupposto impositivo; che ha diritto al rimborso delle somme indebitamente versate; Tanto premesso CHIEDE Che venga disposto il rimborso della somma di € ... . Indica, ai fini dell'accredito in conto corrente le coordinate bancarie/postali: Banca ... Agenzia ... n. di conto corrente ... intestato a ... , A.B.I ... C.A.B. ... , I.B.A.N. ... Si allegano i seguenti documenti: 1) ... 2 ; 2) Copia del documento di identità del titolare del rimborso ... 3 ; Luogo e data ... Firma ... DELEGA 4 Il sottoscritto/a ... delega ... codice fiscale ... , nato a ... , il ... a presentare la presente istanza. Data ... Firma del dichiarante ... [1] L'istanza, redatta in carta semplice, può essere consegnata a mano all'ufficio dell'Agenzia delle Entrate competente in base al domicilio fiscale del contribuente oppure spedita con raccomandata a.r. [2] Copia dell'atto di accertamento con adesione e prova del pagamento; annullamento in autotutela o sentenza. [3] Se l'istanza non viene presentata personalmente. [4] Eventuale, se l'istanza è presentata da soggetto diverso.
CommentoAccertamento con adesione e rimborso. L'accertamento con adesione (conosciuto anche come concordato) rientra tra gli istituti deflattivi del contenzioso. Su impulso dell'amministrazione o del contribuente, le parti possono raggiungere un accordo e definire le imposte dovute sia dopo l'emissione di un avviso di accertamento che prima (ad es. in seguito ad accessi, ispezioni e verifiche). Il procedimento si perfeziona con il pagamento delle somme concordate nei venti giorni successivi, previa concessione di una riduzione delle sanzioni. La materia è disciplinata dal d.lgs. n. 218/1997. L'atto di accertamento con adesione non è impugnabile, non è modificabile e non è integrabile (art. 2, comma 3, art. 3, comma 4). Non è neppure revocabile dopo il pagamento; ne consegue che, una volta che il contribuente, ricevuta la proposta dall'Ufficio, abbia versato l'importo stabilito, l'ufficio non può, per qualsiasi ragione, revocare la proposta stessa che si è ormai perfezionata mediante l'avvenuto pagamento (Cass. V, n. 22180/2008). La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5138/2016 ha confermato che una volta definito l'accertamento con adesione, mediante la fissazione anche del “quantum debeatur”, alla parte contribuente non resta che eseguire l'accordo, versando quanto da esso risulta, essendo per legge esclusa la possibilità d'impugnare l'accordo stesso, restando esclusa ogni facoltà di ripensamento del contribuente dopo la definizione del contesto tributario mediante adesione, in qualsiasi forma esso sia manifestato. La dottrina ritiene che l'unica forma possibile di rimborso possa conseguire all'inesistenza ab origine del presupposto impositivo delle somme oggetto di definizione, per errore di fatto o di diritto. In tal caso, previo annullamento dell'atto di adesione anche in autotutela, può essere chiesto il rimborso di quanto indebitamente versato. Secondo tale orientamento, dunque, se è vero che l'accertamento definito con adesione non è impugnabile, non è integrabile e non è modificabile dall'ufficio (art. 2, comma 3 del d.lgs. n. 218/1997), è anche vero che il comma 4 dell'art. 2 comunque fa salva la possibilità per l'ufficio di esercitare ulteriore azione accertatrice qualora ricorrano le determinate circostanze indicate dalla disposizione. Tale previsione non esclude allora la possibilità di rivedere l'accordo; così come, in linea del tutto generale, è sempre il presupposto d'imposta che giustifica la causa del prelievo; la sua inesistenza non può che travolgere anche l'adesione. Conclusivamente, se non esiste il presupposto necessario sul quale l'accertamento si fonda, l'accertamento con adesione può essere posto nel nulla e può far sorgere il diritto al rimborso. La strada percorribile sarebbe quella di un'istanza di autotutela per porre nel nulla l'atto sottoscritto e di un'istanza di rimborso di quanto versato in assenza del presupposto impositivo. Ove l'ufficio non provveda alla revoca dell'accordo è possibile proporre ricorso contro il diniego di autotutela ed il relativo rimborso. Oppure si può impugnare l'accertamento di adesione perfezionato e chiedere la restituzione delle somme versate (sempre nel caso di inesistenza dei presupposti impositivi). Di contro la giurisprudenza è sempre stata assai restrittiva sulla possibilità di rivedere l'accertamento con adesione. La Cass., sez. trib., n. 20732/2010: “L'accertamento definito con adesione, mediante il procedimento dettato dal d.lgs. n. 218/1997, ed il conseguente perfezionamento con il versamento delle somme dovute, ai sensi dell'art. 9 del medesimo decreto legislativo, preclude al contribuente la facoltà di proporre istanza di rimborso di quanto a suo avviso versato in eccesso a seguito di errore che avrebbe viziato, ex art. 1427 c.c., la volontà manifestata con l'istanza di adesione e con la successiva sottoscrizione dell'atto di natura negoziale”. In senso analogo, Cass., sez. trib., n. 13129/2018: In tema di imposte sui redditi, poiché avverso l'accertamento definito per adesione è preclusa ogni forma d'impugnazione, devono ritenersi improponibili anche le istanze di rimborso in quanto esse costituirebbero una surrettizia forma d'impugnazione dell'accertamento in questione che, invece, in conformità alla "ratio" dell'istituto, deve ritenersi intangibile. Questo principio deve ritenersi del tutto consolidato, in forza della superiore premessa secondo cui avverso l'accertamento definito per adesione è preclusa ogni forma d'impugnazione; è da tale premessa che discende l’improponibilità anche delle istanze di rimborso relative ai rapporti tributari sottostanti oggetto di adesione, in quanto tali istanze costituirebbero una surrettizia forma d'impugnazione dell'accertamento in questione il quale, invece, in conformità della ratio dell'istituto, deve ritenersi intangibile (Cass., Sez. V, n. 228/2021; Cass., Sez. V, n. 26109/2020; Cass., Sez. V, n. 13478/2020). E’ stato, inoltre, precisato che la definizione dell’accertamento comporta l’intangibilità sia di quanto versato in esito all’accordo con l’Erario e in esecuzione dello stesso, sia di quanto atterrebbe relazione alla originaria pretesa impositiva, come nel caso in cui l’accertamento poi definito con adesione attenesse all’indebito esercizio della detrazione, per il quale il contribuente – una volta definita la controversia – avesse formulato istanza di rimborso (Cass., Sez. V, n. 15042/2023). L'orientamento restrittivo della Cassazione è sostenuto dai seguenti argomenti: - l'accertamento con adesione è intoccabile e, una volta fissato l'importo dell'imposta, non può più essere impugnato dal contribuente né l'atto impositivo iniziale né l'accordo con il fisco; - una volta definito l'accertamento con adesione, mediante la fissazione anche del "quantum debeatur", alla parte contribuente non resta che eseguire l'accordo, versando quanto da esso risulta, essendo per legge esclusa la possibilità d'impugnare l'accordo stesso; - non è percorribile la strada del rimborso ex art.21 del d.lgs. n. 546/1992 in quanto ancora non c'è una somma versata indebitamente: le liti di rimborso riguardano solo crediti del contribuente ed esse nascono o "perché ha versato una somma non dovuta ", o " perché ha versato acconti che, a consuntivo, superano il dovuto ", o " perché si sono verificate situazioni alle quali il legislatore collega il sorgere, in capo al contribuente medesimo, di crediti d'imposta in senso stretto" (cfr. in parte motiva sentenza da ultimo cit.); 2) neppure sarebbe possibile l'autotutela, che è lo strumento attraverso il quale l'Amministrazione finanziaria esercita il potere di riesaminare la propria azione e, conseguentemente, di annullare i propri atti che riconosca illegittimi, in attuazione del principio costituzionale di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa: nel caso di accertamento con adesione non si è in presenza di un provvedimento amministrativo unilaterale, bensì di un vero e proprio accordo che ha visto la partecipazione volitiva anche del contribuente e che si sostituisce al provvedimento originario nella regolazione del rapporto tributario; quindi l'autotutela è esclusa. Taluni sostengono che, conclusivamente, l'unica strada praticabile potrebbe essere quella di firmare un successivo accordo con l'Ufficio, sostituivo del precedente, con il quale si dà atto dell'errore commesso, con la rideterminazione degli importi globalmente dovuti e delle singole rate; nel caso l'Ufficio non recepisca si potrebbe indicare il credito nella dichiarazione integrativa e nel caso di accertamento dell'ufficio far valere la giurisprudenza che ormai ammette sempre l'emendabilità della dichiarazione, anche in sede contenziosa, in ossequio al principio della effettiva capacità contributiva. Secondo tale giurisprudenza il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dal d.P.R. n. 322/1998, art. 2 e dall'istanza di rimborso di cui al d.P.R. n. 602/1973, art. 38, "in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull'obbligazione tributaria" (cfr. Cass., S.U. n. 13378/2016 e, da ultimo Cass. n. 5728/2018). In altri termini, anche alla luce della predetta sentenza delle Sezioni Unite, il contribuente, è sempre ammesso, in sede contenziosa, a provare che egli non ha giustificatamente versato la (maggiore) somma pretesa dall'Amministrazione finanziaria con la cartella esattoriale poiché l'originaria dichiarazione era viziata da un errore di fatto o di diritto (e, dunque, il presupposto impositivo non era sussistente), senza che rispetto a tale difesa siano configurabili decadenze di sorta. Va segnalato il recente pronunciamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. V , n. 4566/2020) secondo il quale, fermo il principio generale in virtù del quale la definizione dell'accertamento con adesione, su istanza del contribuente, determina l'intangibilità della pretesa erariale oggetto del concordato intervenuto tra le parti, con la conseguente inammissibilità del ricorso volto a contestare il relativo atto, deve tuttavia ammettersi l'impugnabilità dell'atto di definizione quando non vi sia corrispondenza tra gli importi in esso contenuti e quelli indicati nel processo verbale di contestazione al quale egli aveva aderito, atteso che, diversamente, verrebbero limitati i diritti del contribuente sanciti dall'art. 24 Cost., tenuto conto peraltro, che l'art. 19 d.lgs. n. 546/1992 si deve interpretare estensivamente, identificandosi tra gli atti impugnabili tutti quelli che, a prescindere dal loro nome, avanzino una pretesa tributaria nei confronti del contribuente. Va segnalato il recente pronunciamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. V , n. 4566/2020) secondo il quale, fermo il principio generale in virtù del quale la definizione dell'accertamento con adesione, su istanza del contribuente, determina l'intangibilità della pretesa erariale oggetto del concordato intervenuto tra le parti, con la conseguente inammissibilità del ricorso volto a contestare il relativo atto, deve tuttavia ammettersi l'impugnabilità dell'atto di definizione quando non vi sia corrispondenza tra gli importi in esso contenuti e quelli indicati nel processo verbale di contestazione al quale egli aveva aderito, atteso che, diversamente, verrebbero limitati i diritti del contribuente sanciti dall'art. 24 Cost., tenuto conto peraltro, che l'art. 19 d.lgs. n. 546/1992 si deve interpretare estensivamente, identificandosi tra gli atti impugnabili tutti quelli che, a prescindere dal loro nome, avanzino una pretesa tributaria nei confronti del contribuente. |