Istanza congiunta per conciliazione “fuori udienza”InquadramentoLa conciliazione rientra tra gli istituti deflattivi del contenzioso. La materia è regolata dagli artt. 48,48-bis e 48-ter del d.lgs. n. 546/1992, ed è stata profondamente innovata, a decorrere dall'1 gennaio 2016, dall'art. 9, comma 1, lett. s) e t) del d.lgs. n. 156/2015, che ha sostituito l'art. 48 del d.lgs. n. 546/1992 e introdotto gli artt. 48-bis e 48-ter. L'art. 48 d.lgs. n. 546/1992 disciplina la conciliazione fuori udienza. Se in pendenza del giudizio le parti raggiungono un accordo conciliativo, presentano istanza congiunta sottoscritta personalmente o dai difensori per la definizione totale o parziale della controversia. La Corte di giustizia tributaria, se l'istanza è ammissibile, pronuncia sentenza di cessazione della materia del contendere; in caso di accordo parziale, pronuncia ordinanza di cessazione parziale della materia del contendere e procede all'ulteriore trattazione della causa. Formula
Alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di .... .... sez. .... ISTANZA DI CONCILIAZIONE GIUDIZIALE “FUORI UDIENZA” 1 (ex art. 48 d.lgs. n. 546/1992) Procedimento n. .... anno .... r.g. Il/La sottoscritto/a ...., nato/a a ...., il ...., residente in ...., via ...., n. ...., CAP ...., C.F. ...., P.IVA ...., rappresentato e difeso da ...., nato a .... il ...., C.F. ...., P.E.C. ...., in virtù di procura in calce/ a margine/ allegata al ricorso introduttivo OPPURE Il/La sottoscritto/a ...., nato/a a ....,il ...., residente in ...., via ...., n. ...., CAP ...., C.F. ...., in qualità di legale rappresentante della società ...., con sede in ...., C.F. ...., P.IVA ...., tel. ...., fax ...., e-mail ...., P.E.C. ...., rappresentato e difeso da ...., nato a .... il ...., C.F. ...., P.E.C. in virtù di procura in calce/a margine/allegata al ricorso introduttivo; CONTRO L'Agenzia delle Entrate, Ufficio .... Ill.mo Sig. Presidente .... Il contribuente Sig. .... NONCHÉ L'Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di .... PREMESSO 2 che con ricorso notificato il .... e depositato .... presso la segreteria della Corte di giustizia tributaria .... è stato impugnato l'atto .... emesso da .... in data .... e notificato il ....; Che le parti hanno raggiunto un accordo conciliativo totale/parziale della controversia alle seguenti condizioni .... 3 . Tutto ciò premesso CHIEDONO A seguito della intervenuta e incondizionata conciliazione totale/parziale, di dichiarare la cessazione della materia del contendere (oppure) l'estinzione parziale della lite e la prosecuzione della controversia in ordine alle questioni non conciliate 4 Luogo e data .... Firma delle parti 5 .... [1] L'art. 48 d.lgs. n. 546/1992 disciplina la conciliazione fuori udienza. Se in pendenza del giudizio le parti raggiungono un accordo conciliativo, presentano istanza congiunta sottoscritta personalmente o dai difensori per la definizione totale o parziale della controversia. [2] L'istanza deve contenere: – l'indicazione della Corte di giustizia tributaria adita; – i dati identificativi della causa, anche con riferimento all'Ufficio dell'Agenzia e al contribuente parti in giudizio; – la manifestazione della volontà di conciliare, con indicazione degli elementi oggetto della proposta conciliativa ed i relativi termini economici; – la liquidazione delle somme dovute in base alla conciliazione (ovvero, per le conciliazioni intervenute nell'ambito di controversie aventi ad oggetto operazioni catastali, gli elementi che individuano esattamente i termini dell'accordo conciliativo, quali l'indicazione del classamento o della rendita catastale rideterminati); – la motivazione delle ragioni che sorreggono la conciliazione; – l'accettazione incondizionata del ricorrente di tutti gli elementi della proposta nonché delle somme liquidate; – la data, la sottoscrizione del titolare dell'Ufficio e la sottoscrizione del contribuente o, nei casi in cui vi sia obbligo di assistenza tecnica, anche del difensore. Si precisa che, in presenza di difensore, deve essere espressamente conferito nella procura il potere di conciliare e transigere la controversia. [3] Indicare i termini chiari e precisi della conciliazione raggiunta e delle condizioni economiche. [4] Se la data di trattazione è già fissata e sussistono le condizioni di ammissibilità, la Corte di giustizia tributaria pronuncia sentenza di cessazione della materia del contendere. Se l'accordo conciliativo è parziale, la Corte di giustizia tributaria dichiara con ordinanza la cessazione parziale della materia del contendere e procede alla ulteriore trattazione della causa (comma 2). Se la data di trattazione non è fissata, provvede con decreto il presidente della sezione (comma 3). [5] Sottoscrizione del titolare dell'Ufficio e la sottoscrizione del contribuente o, nei casi in cui vi sia obbligo di assistenza tecnica, anche del difensore. Si ribadisce che, in presenza di difensore, deve essere espressamente conferito nella procura il potere di conciliare e transigere la controversia. CommentoLa conciliazione. A decorrere dall'1 gennaio 2016, l'art. 9, comma 1, lett. s) e t) del d.lgs. n. 156/2015 ha sostituito l'art. 48 del d.lgs. n. 546/1992 e introdotto gli artt. 48-bis e 48-ter, innovando profondamente l'istituto della conciliazione. L'art. 10, comma 1, lett. a), della legge delega n. 23/2014 annovera, tra i criteri direttivi della riforma, quello di “rafforzamento e razionalizzazione dell'istituto della conciliazione nel processo tributario”, nell'intento di superare la criticità legata allo scarso utilizzo di tale istituto e “anche a fini di deflazione del contenzioso e di coordinamento con la disciplina del contraddittorio fra il contribuente e l'amministrazione nelle fasi amministrative di accertamento del tributo, con particolare riguardo ai contribuenti nei confronti dei quali sono configurate violazioni di minore entità”. In attuazione del predetto criterio, le lett. s) e t) dell'art. 9 del decreto di riforma hanno operato una riscrittura della conciliazione, introducendo una serie di modifiche alla disciplina, che in tal modo risulta articolata su tre norme: l'art. 48, che rispetto alla previgente formulazione presenta la rubrica e il testo integralmente sostituiti, nonché i nuovi artt. 48-bis e 48-ter. Nello specifico, gli artt. 48 e 48-bis disciplinano separatamente le due tipologie di conciliazione, rispettivamente denominate “fuori udienza” e “in udienza”, mentre l'art. 48-ter detta disposizioni comuni alle due tipologie di conciliazione, per la definizione e il pagamento delle somme dovute. Nell'ambito delle modifiche introdotte le più rilevanti riguardano: – l'estensione dell'ambito di applicazione dell'istituto al secondo grado di giudizio; – l'individuazione di un diverso momento di perfezionamento della conciliazione e di nuove regole per il pagamento delle somme dovute; – la determinazione del beneficio consistente nella riduzione delle sanzioni, riformulata secondo modalità più favorevoli al contribuente. I nuovi artt. 48, 48-bis e 48-ter si applicano – in base a quanto stabilito dall'art. 12, comma 1, del decreto di riforma – ai giudizi pendenti alla data del 1° gennaio 2016. Circolare dell'Agenzia delle Entrate del 29 dicembre 2015, n. 38/E, precisa che, in ordine ai predetti giudizi pendenti, se alla data del 1° gennaio 2016 la conciliazione risulta già perfezionata attraverso il pagamento delle somme dovute in unica soluzione o della prima rata, gli effetti restano disciplinati dalle norme vigenti al momento del perfezionamento. Diversamente, essendo l'effetto estintivo della pretesa fiscale e la sua sostituzione con la conciliazione demandato al perfezionamento della conciliazione ed essendo il perfezionamento della conciliazione subordinato al pagamento della prima rata e alla prestazione della garanzia, in caso di mancato pagamento della prima rata o di omessa prestazione della garanzia non può eseguirsi la proposta per omesso perfezionamento della conciliazione (Cass., Sez. V, n. 18212/2021). Una prima rilevante novità della novella è l'estensione dell'ambito di applicazione dell'istituto della conciliazione anche alle liti che si trovano nella fase di appello e non limitato solo – come accadeva sotto la previgente disciplina – alle controversie tributarie pendenti nel primo grado di giudizio. È stato, infatti, eliminato il riferimento al limite temporale entro cui la conciliazione poteva avere luogo, che il previgente art. 48, comma 2 individuava nella prima udienza innanzi alla Corte di giustizia tributaria di primo grado . Va evidenziato che, secondo quanto chiarito dalla relazione illustrativa, l'opzione di estendere la conciliazione anche al grado di cassazione è stata esclusa dal legislatore, stante la particolare natura di tale giudizio, dal quale sono esclusi gli accertamenti in fatto. L'altra novità riguarda la possibilità di conciliare anche le controversie che ricadono nell'ambito di applicazione dell'istituto del reclamo/mediazione di cui all'art. 17-bis del decreto n. 546/1992, cioè le cause tributarie di valore non superiore (oggi) a cinquantamila euro, oppure relative ad operazioni catastali, instaurate a seguito di rigetto dell'istanza di reclamo ovvero di mancata conclusione dell'accordo di mediazione. Si aggiunge che, in ordine alle controversie oggetto di conciliazione giudiziale, una specifica disciplina delle spese di lite è contenuta nell'art. 15, comma 2-octies del decreto n. 546/1992, il quale prevede che, qualora una delle parti abbia formulato una proposta conciliativa, non accettata dalla controparte senza giustificato motivo, restano a carico di quest'ultima le spese del processo, ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della proposta ad essa effettuata. Se è intervenuta conciliazione le spese si intendono compensate, salvo che le parti abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione. Per i relativi chiarimenti si rinvia al par. 1.4 della Circolare n. 38/E del 29 dicembre 2015. Conciliazione fuori udienza. La conciliazione fuori udienza è regolata dal nuovo testo dell'art. 48. Se in pendenza del giudizio le parti raggiungono un accordo conciliativo, presentano istanza congiunta sottoscritta personalmente o dai difensori per la definizione totale o parziale della controversia (comma 1). Se la data di trattazione è già fissata e sussistono le condizioni di ammissibilità, la Corte di giustizia tributaria pronuncia sentenza di cessazione della materia del contendere. Se l'accordo conciliativo è parziale, la Corte di giustizia tributaria dichiara con ordinanza la cessazione parziale della materia del contendere e procede alla ulteriore trattazione della causa (comma 2). Se la data di trattazione non è fissata, provvede con decreto il presidente della sezione (comma 3). La conciliazione si perfeziona con la sottoscrizione dell'accordo di cui al comma 1, nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. L'accordo costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all'ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente (comma 4). La Circolare dell'Agenzia delle Entrate del 29 dicembre 2015, n. 38/E ha illustrato le modifiche al processo tributario apportate dal d.lgs. n. 156/2015 e, quanto alla conciliazione “fuori udienza”, ha chiarito che tale tipologia di conciliazione si realizza, come nella pregressa disciplina, con il deposito in giudizio – di primo o di secondo grado – di una “istanza congiunta”, cioè di una proposta di conciliazione alla quale l'altra parte abbia previamente aderito, con l'unica differenza che il soggetto deputato ad effettuare il deposito è ora individuato in ciascuna delle parti del giudizio e non più esclusivamente nell'Ufficio. Contenuto della istanza congiunta. L'istanza deve contenere: – l'indicazione della Corte di giustizia tributaria adita; – i dati identificativi della causa, anche con riferimento all'Ufficio dell'Agenzia e al contribuente parti in giudizio; – la manifestazione della volontà di conciliare, con indicazione degli elementi oggetto della proposta conciliativa ed i relativi termini economici; – la liquidazione delle somme dovute in base alla conciliazione (ovvero, per le conciliazioni intervenute nell'ambito di controversie aventi ad oggetto operazioni catastali, gli elementi che individuano esattamente i termini dell'accordo conciliativo, quali l'indicazione del classamento o della rendita catastale rideterminati); – la motivazione delle ragioni che sorreggono la conciliazione; – l'accettazione incondizionata del ricorrente di tutti gli elementi della proposta nonché delle somme liquidate; – la data, la sottoscrizione del titolare dell'Ufficio e la sottoscrizione del contribuente o, nei casi in cui vi sia obbligo di assistenza tecnica, anche del difensore. Si precisa che, in presenza di difensore, deve essere espressamente conferito nella procura il potere di conciliare e transigere la controversia. Termine di deposito dell'accordo di conciliazione. La nuova disposizione non fissa un termine per il deposito dell'accordo di conciliazione, che, invece, la pregressa disciplina individuava nella data di trattazione in camera di consiglio o di discussione in pubblica udienza del giudizio di primo grado. Ciononostante, si ritiene che un limite temporale sia comunque rappresentato dal momento in cui la causa è trattenuta in decisione, superato il quale apparirebbe vanificato lo scopo deflattivo del contenzioso a cui è preordinata la conciliazione (cfr. Circ. richiamata). Pertanto, il deposito della proposta preconcordata deve avvenire non oltre l'ultima udienza di trattazione, in camera di consiglio o in pubblica udienza, del giudizio di primo o di secondo grado. Perfezionamento dell'accordo. Ai sensi del comma 4 dell'art. 48, la conciliazione “fuori udienza” si perfeziona “con la sottoscrizione dell'accordo”, nel quale sono indicate le somme dovute, con i termini e le modalità di pagamento (oppure sono indicati gli elementi caratterizzanti la conciliazione “catastale”). La previsione che fa coincidere il perfezionamento della conciliazione con il momento in cui si formalizza, mediante un accordo sottoscritto congiuntamente, l'incontro di volontà tra Amministrazione e contribuente, rappresenta un'importante novità della riforma. Nella previgente disciplina il perfezionamento avveniva successivamente alla redazione dell'accordo e, precisamente, nel momento del pagamento dell'intera somma dovuta o della prima rata, da effettuare entro venti giorni dalla data di comunicazione del decreto presidenziale di estinzione del giudizio. Proprio la coincidenza un tempo esistente tra effettuazione del pagamento e perfezionamento della conciliazione poteva condurre a situazioni in cui l'insolvenza del contribuente e comunque l'omesso pagamento, determinando il mancato perfezionamento dell'istituto, si riverberava anche sulla declaratoria di estinzione della controversia, portando a configurare la necessità di una riattivazione del processo. Nella nuova formulazione si è, invece, stabilito il principio secondo cui l'intervenuto accordo ha efficacia novativa del precedente rapporto (in tal senso vedi anche Cass. V, n. 4870/2017) , con la conseguenza che il mancato pagamento delle somme dovute dal contribuente conduce alla iscrizione a ruolo del nuovo credito derivante dall'accordo stesso e all'applicazione del conseguente regime sanzionatorio per l'omesso versamento. In tal senso, il comma 4 dell'art. 48 stabilisce, altresì, che “L'accordo costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all'ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente”. La disposizione risulta modificata rispetto a quella previgente, che attribuiva efficacia di titolo per la riscossione alla proposta conciliativa preconcordata, unita al decreto di estinzione della controversia. In altri termini, l'accordo conciliativo, da un lato legittima l'iscrizione a ruolo del nuovo credito vantato dall'Amministrazione, dall'altro, qualora sia l'Amministrazione stessa a non dare esecuzione al pagamento di quanto concordato, legittima il contribuente ad esperire l'azione esecutiva davanti al giudice ordinario, analogamente a quanto previsto nella disciplina del reclamo/mediazione. Va sul punto segnalata l'ordinanza Cass. V. n. 14951/2019 che, andando di contrario avviso ha ritenuto che la conciliazione giudiziale non ha efficacia novativa del rapporto sostanziale controverso, attesa la diversa estensione degli effetti riconducibili al perfezionamento della conciliazione (mediante versamento della prima rata e prestazione di garanzia) e fatto sopravvenuto estintivo del giudizio pendente (mediante pagamento del complessivo importo rateizzato), giustificandosi la parziale rinuncia della P.A. alla maggiore pretesa contestata soltanto in caso di integrale adempimento dell'obbligazione. Ne consegue che la pronuncia di estinzione adottata alla stregua del solo perfezionamento della conciliazione, senza versamento dell'intera somma che ne è oggetto, è affetta da nullità processuale, sicché la sua mancata impugnazione, comportando la formazione del giudicato sulla pretesa tributaria, impedisce l'iscrizione a ruolo delle somme afferenti all'originario credito contestato, essendo consentita soltanto per gli importi indicati nel processo verbale di conciliazione. Provvedimenti giudiziali. Ai sensi del comma 2 dell'art. 48, se sussistono le condizioni di ammissibilità della conciliazione, il giudice dichiara la cessazione della materia del contendere, anche parziale, qualora l'accordo riguardi solo una parte della pretesa erariale, procedendo in tal caso all'ulteriore trattazione della causa. La norma stabilisce nel dettaglio le modalità con cui è dichiarata la cessata materia del contendere, nel senso che: – se non è stata ancora fissata la data dell'udienza di trattazione, provvede il presidente della sezione con decreto; – se invece è già stata fissata l'udienza di trattazione, provvede la Corte di giustizia tributaria, provinciale o regionale, con sentenza, se la conciliazione è totale, oppure con ordinanza, se la conciliazione è parziale (in quest'ultimo caso la sentenza sarà infatti adottata al termine del giudizio di merito per le questioni che non sono state oggetto di conciliazione). La locuzione “condizioni di ammissibilità”, analoga a quella riportata nella disciplina previgente, si riferisce al potere di sindacato di legittimità del giudice, che può accertare la regolarità della proposta conciliativa e l'assenza di cause di inammissibilità previste dalla legge (ad esempio, ammissibilità del ricorso introduttivo, imposte rientranti nella giurisdizione tributaria, sussistenza del potere di conciliare, ecc.). Qualora il giudice non ravvisi la sussistenza delle condizioni di ammissibilità, la causa verrà discussa e portata a decisione. Conciliazione in udienza. L'art. 48-bis del d.lgs. n. 546/1992, è stato introdotto dal d.lgs. n. 156/2015. La disposizione prevede che ciascuna parte entro il termine di cui all'art. 32, comma 2, può presentare istanza per la conciliazione totale o parziale della controversia (comma 1). All'udienza la Corte di giustizia tributaria, se sussistono le condizioni di ammissibilità, invita le parti alla conciliazione rinviando eventualmente la causa alla successiva udienza per il perfezionamento dell'accordo conciliativo (comma 2). La conciliazione si perfeziona con la redazione del processo verbale nel quale sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all'ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente (comma 3). La Corte di giustizia tributaria dichiara con sentenza l'estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere (comma 4). La Circolare n. 38/E del 29 dicembre 2015 ha chiarito che la conciliazione in udienza può essere chiesta da ciascuna delle parti presentando un'istanza per la conciliazione totale o parziale della controversia, entro il termine previsto dall'art. 32, comma 2, del d.lgs. n. 546 per il deposito delle memorie illustrative, cioè entro dieci giorni liberi prima della data di trattazione, riferibile sia al primo sia al secondo grado di giudizio. La proposta di conciliazione può essere presa su iniziativa di ciascuna delle parti del processo e cioè, il ricorrente, ossia il contribuente che ha proposto il ricorso oppure la parte resistente, quale l'Agenzia delle Entrate, l'Ente locale, etc. La precedente disciplina prevedeva che la proposta di conciliazione andasse inserita nell'istanza di discussione in pubblica udienza di cui all'art. 33 del decreto n. 546/1992, da notificare entro il medesimo termine di dieci giorni liberi prima della data di trattazione. Chiarisce la Circ. che anche nella nuova disciplina, invero, si deve ritenere che l'istanza per la conciliazione, anche ove contenuta in una memoria illustrativa, non possa prescindere dalla presentazione della richiesta di pubblica udienza, necessaria per l'esperimento del tentativo di conciliazione. In udienza la Corte di giustizia tributaria, se ravvisa le condizioni di ammissibilità della proposta, invita le parti alla conciliazione. La previgente disciplina stabiliva che, nel caso in cui la conciliazione non si realizzasse nella prima udienza, la Corte di giustizia tributaria poteva assegnare un termine non superiore a sessanta giorni affinché si addivenisse ad una conciliazione “fuori udienza”. Ora, il nuovo comma 2 dispone che la Corte di giustizia tributaria possa rinviare la causa a successiva udienza “per il perfezionamento dell'accordo conciliativo”, senza prevedere più l'assegnazione di un termine. Nell'ipotesi in cui l'accordo conciliativo sia raggiunto “in udienza”, il comma 3 dell'art. 48-bis prevede che esso debba risultare da apposito processo verbale, nel quale sono indicate le somme dovute ed i termini e le modalità di pagamento. L'accordo in questo caso viene formalizzato all'interno del processo verbale redatto dal segretario della Corte di giustizia tributaria secondo quanto previsto dall'art. 34, comma 2, del decreto n. 546. Quanto al perfezionamento, ai sensi del richiamato comma 3 dell'art. 48-bis, “La conciliazione si perfeziona con la redazione del processo verbale”. Sul punto si richiama quanto sopra detto con riguardo alla conciliazione “fuori udienza”, circa la rilevanza della novità che fa coincidere il perfezionamento con la sottoscrizione dell'accordo; nell'ipotesi di conciliazione “in udienza” l'accordo conciliativo è formalizzato nel processo verbale ed ha efficacia novativa del precedente rapporto, con la conseguenza che il mancato pagamento delle somme dovute dal contribuente determina unicamente l'iscrizione a ruolo del credito derivante dall'accordo stesso e l'applicazione delle sanzioni per l'omesso versamento delle somme dovute in base alla conciliazione. Il comma 3 dell'art. 48-bis stabilisce, infatti, che “il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute all'ente impositore e per il pagamento delle somme dovute al contribuente”, alla stregua dell'accordo nella conciliazione “fuori udienza”. A seguito dell'intervenuta conciliazione, la Corte di giustizia tributaria, ai sensi del comma 4 dell'art. 48-bis, dichiara con sentenza l'estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere. Definizione e pagamento delle somme dovute. Il nuovo art. 48-ter introdotto dal d.lgs. n. 156/2015, disciplina il pagamento delle somme dovute per effetto dell'intervenuto accordo conciliativo, nonché le modalità di pagamento e di recupero delle somme non versate. Le regole ivi previste si applicano sia alla conciliazione “fuori udienza” che a quella “in udienza”. L'art. 48-ter dispone che le sanzioni amministrative si applicano nella misura del quaranta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento della conciliazione nel corso del primo grado di giudizio e nella misura del cinquanta per cento del minimo previsto dalla legge, in caso di perfezionamento nel corso del secondo grado di giudizio (comma 1). La modalità di determinazione delle sanzioni dovute a seguito dell'accordo conciliativo è stata rideterminata in senso più favorevole per il contribuente, allo scopo di incentivare il ricorso all'istituto in questione. Infatti, in base alla pregressa disciplina, in caso di avvenuta conciliazione le sanzioni erano applicabili nella misura del “40 per cento delle somme irrogabili in rapporto dell'ammontare del tributo risultante dalla conciliazione medesima” e, in ogni caso, in misura non inferiore al “40 per cento dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo”. L'art. 48-ter prosegue nel senso che il versamento delle somme dovute ovvero, in caso di rateizzazione, della prima rata, deve essere effettuato entro venti giorni dalla data di sottoscrizione dell'accordo conciliativo di cui all'articolo 48 (fuori udienza) o di redazione del processo verbale di cui all'art. 48-bis – in udienza (comma 2). In caso di mancato pagamento delle somme dovute o di una delle rate, compresa la prima, entro il termine di pagamento della rata successiva, il competente ufficio provvede all'iscrizione a ruolo delle residue somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione di cui all'art. 13 d.lgs. n. 471/1997, aumentata della metà e applicata sul residuo importo dovuto a titolo di imposta (comma 3). Per il versamento rateale delle somme dovute si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per l'accertamento con adesione dall'art. 8 del d.lgs. 218/1997 (comma 4). Come già detto, sia l'accordo previsto in caso di conciliazione “fuori udienza”, sia il processo verbale nel caso di conciliazione “in udienza”, costituiscono titolo per la riscossione delle somme dovute all'ente impositore. La circ. cit. chiarisce che dagli importi dovuti a titolo di conciliazione vanno computate in diminuzione le eventuali somme versate dal contribuente a titolo di iscrizione provvisoria. Quanto al versamento rateale del dovuto “si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste per l'accertamento con adesione dall'art. 8 del d.lgs. n. 218/1997”. Il legislatore ha, infatti, inteso uniformare le regole che presiedono alle modalità di pagamento delle somme dovute a seguito di accertamento con adesione, reclamo/mediazione e conciliazione. Pertanto, in base all'art. 8, comma 2 del d.lgs. n. 218/1997, è ammessa la possibilità di pagamento in forma rateale delle somme dovute, “in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo o in un massimo di sedici rate trimestrali se le somme dovute superano i cinquantamila euro”; “Sull'importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi calcolati dal giorno successivo al termine di versamento della prima rata”. In precedenza, secondo quanto stabilito dal previgente art. 48 del decreto n. 546, la rateizzazione era ammessa in un massimo di otto rate, elevate a dodici nel caso di somme superiori ai cinquantamila euro. La Circ. precisa che la dilazione delle somme secondo le più favorevoli modalità previste dall'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 218/1997 è sicuramente applicabile alle controversie pendenti alla data del 1° gennaio 2016, per le quali la conciliazione si sia perfezionata a decorrere dalla medesima data. Il comma 3 dell'art. 48-ter disciplina l'ipotesi di mancato pagamento delle somme dovute entro il termine di venti giorni dalla sottoscrizione dell'accordo o del verbale di conciliazione o, in caso di rateizzazione, di una delle rate, compresa la prima, entro il termine di pagamento della rata successiva, prevedendo l'iscrizione a ruolo delle residue somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni, nonché della sanzione per omesso versamento, prevista dall'art. 13 del d.lgs. n. 471/1997, aumentata della metà ed applicata sull'importo residuo dovuto a titolo di imposta. La Circ., con riferimento alle controversie aventi ad oggetto avvisi di accertamento esecutivi, emessi ai sensi dell'art. 29 del d.l. n. 78/2010, precisa che il recupero delle somme non versate a seguito della conciliazione va effettuato mediante l'intimazione ad adempiere al pagamento, prevista dalla medesima norma (le speciali disposizioni di cui all'art. 29 del d.l. n. 78/2010, valevoli per tutti gli avvisi di accertamenti esecutivi, devono ritenersi applicabili anche in vigenza dei nuovi artt. 48, 48-bis e 48-ter del decreto n. 546, ancorché la lett. a del comma 1 di detto articolo). Si evidenzia come il regime punitivo risulti mitigato dalla riforma, posto che nella pregressa disciplina la sanzione di cui all'art. 13 del d.lgs. n. 471/1997 si applicava sul residuo importo in misura doppia. Infine, si deve ritenere che – analogamente con la disciplina prevista per l'accertamento con adesione e il reclamo/mediazione – trovi applicazione anche per la conciliazione giudiziale l'art. 15-ter, comma 3 del d.P.R. n. 602/1973 concernente il cd. “lieve inadempimento”, per il cui dettaglio si rinvia al par. 1.7.6. della Circ. cit. |