Ricorso contro il parere sfavorevole all'istanza di interpello disapplicativoInquadramentoIl diritto d'interpello è disciplinato dall'art. 11 della l. n. 212/2000, come da ultimo modificato dal d.lgs. n. 156/2015; le istanze seguono oggi regole comuni in riferimento ai vari tipi di interpello (ordinario, probatorio, anti-abuso, disapplicativo) e sono presentate all'amministrazione dal richiedente, prima di attuare un comportamento fiscalmente rilevante, con riguardo ad una fattispecie concreta e personale in relazione alla quale si richiede una risposta sulla interpretazione, applicazione o disapplicazione di specifiche disposizioni. L'interpello disapplicativo (già previsto dall'art. 37-bis comma 8, d.P.R. n. 600/1973, abrogato dal decreto del 2015 cit.) consente di ottenere la disapplicazione di norme che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti di imposta, se viene fornita la dimostrazione che detti effetti elusivi non possono verificarsi nel caso concreto. L'istanza è presentata allo scopo di ottenere un parere in ordine alla disapplicazione di una norma antielusiva che, in linea di principio, trova applicazione in riferimento alla fattispecie prospettata. A tal fine, il contribuente deve provare che nella situazione concreta non possono realizzarsi gli effetti elusivi che la norma intende evitare. È l'unica tipologia di interpello obbligatorio. Le risposte alle istanze di interpello non sono impugnabili salvo quelle riferibili all'interpello disapplicativo, avverso le quali può essere proposto ricorso unitamente all'atto impositivo (impugnativa differita); il ricorso è possibile, dunque, solo in via successiva (art. 6, comma 2, d.lgs. n. 156/2015). Formula
Alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di .... RICORSO EX art. 18, d.lgs. n. 564/1992 Istanza Di Sospensione Ed Istanza Di Pubblica Udienza 1 Il/La sottoscritto/a ...., nato/a a ...., il ...., residente in ...., via ...., n. ...., CAP ...., C.F. ...., P.I. ...., rappresentato e difeso da ...., nato a .... il ...., C.F. ...., P.E.C., in virtù di procura in calce/ a margine/ allegata al presente atto OPPURE Il/La sottoscritto/a ...., nato/a a ...., il ...., residente in ...., via ...., n. ...., CAP ...., C.F. ...., in qualità di legale rappresentante della società ...., con sede in ...., C.F. ...., P.I. ...., tel. ...., fax ...., e-mail ...., P.E.C. ...., rappresentato e difeso da ...., nato a .... il ...., C.F. ...., P.E.C. in virtù di procura in calce/ a margine/allegata al presente atto CONTRO L'Agenzia delle Entrate, Ufficio .... PER L'IMPUGNATIVA Ai sensi dell'art. 6 del d.lgs. n. 156/2015, della risposta all'istanza di interpello disapplicativo di cui all'art. 11, comma 2 della l. n. 212/2000 unitamente all'atto impositivo emesso in data e .... notificato il .... 2 FATTO In data .... è stata presentata istanza di interpello disapplicativo ai sensi dell'art. 11, comma 2 della l. n. 212/2000. Nell'istanza è stato esposto il seguente caso concreto e personale .... 3 ed è stata chiesta la disapplicazione dell'art. ..... Si riteneva che nella situazione concretamente descritta non potessero realizzarsi gli effetti elusivi che la norma intendeva evitare per i seguenti motivi .... 4 . Quanto esposto era dimostrato da .... 5 . Nella richiamata istanza si riteneva che il caso dovesse essere risolto nel seguente modo .... 6 ; e di dover adottare il seguente comportamento .... 7 . In data .... è stata comunicata la risposta dell'amministrazione, resa in data ...., sfavorevole alla proposta soluzione per i seguenti motivi .... 8 . In data .... è stato notificato il seguente atto .... 9 : con n. / prot. .... del .... relativo all'anno d'imposta ..... Con tale è atto è stata contestata/richiesta/pretesa .... 10 . MOTIVI Il Provvedimento dell'amministrazione sfavorevole alla soluzione proposta nell'istanza di interpello disapplicativo descritta, è illegittimo per i seguenti motivi .... 11 . Il conseguente atto impositivo è parimenti viziato per i seguenti motivi .... 12 . Istanza di sospensione dell'atto impugnato ex d.lgs. n. 546/1992, art. 47 13 Si formula istanza di sospensione dell'atto impugnato ai sensi del d.lgs. n. 546/1992 art. 47, sussistendo nella specie i requisiti richiesti dalla norma indicata. Il fumus boni iuris, invero, emerge dai vizi di illegittimità esposti in precedenza e da intendersi richiamati. Il periculum in mora è parimenti sussistente ed emerge .... 14 Istanza di discussione in pubblica udienza 15 Il ricorrente formula istanza affinché la controversia sia discussa in pubblica udienza ai sensi del d.lgs. n. 546/1992, art. 33, comma 1 Per tutti questi motivi, CHIEDE a codesta Corte di giustizia tributaria provinciale, previa sospensione ai sensi del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 47, di voler annullare gli impugnati provvedimenti .... vinte le spese di lite. In via istruttoria richiede 16 : .... Si producono: 1. copia dell'istanza di interpello; 2. copia della risposta sfavorevole dell'amministrazione all'istanza; 3. copia dell'atto impositivo impugnato; 4. documenti già allegati all'istanza di interpello ....; 5. .... 6. .... Si dichiara che il valore della presente lite, ai fini del contributo unificato di cui al DPR n. 115/02, è di .... euro. Proposta di mediazione ex art. 17-bis d.lgs. n. 546/1992 17 Si comunica la disponibilità a valutare in contraddittorio la mediazione della controversia; a tal fine si formula la seguente proposta ....; Per l'eventuale invito al contraddittorio, comunicazioni e notificazioni relative al presente procedimento, si indicano i seguenti recapiti: Avv. .... tel. .... fax .... P.E.C. .... Luogo e data .... Firma del difensore .... Procura speciale Il sottoscritto, nato a .... il .... C.F. .... conferisce procura speciale alla rappresentanza e difesa nel presente procedimento, in ogni sua fase, stato e grado, a ...., con ogni facoltà di legge, incluse quelle di proporre reclamo e di mediare ai sensi dell'art. 17-bis d.lgs. n. 546/92, di trattare, comporre, conciliare, transigere, rinunciare agli atti e accettare rinunzie, farsi sostituire. Dichiaro di aver ricevuto tutte le informazioni previste dal d.lgs. n. 196/2003, artt. 7 e 13 e al regolamento europeo n. 2016/679, nonché ai conseguenti decreti ministeriali di attuazione, e presta il proprio consenso al trattamento dei dati personali per l'espletamento del mandato conferito. Eleggo domicilio, presso .... Luogo e data .... Firma del ricorrente .... È autentica Firma del difensore .... [1] Se richieste. [2] Ai sensi dell'art. 6 cit., le risposte alle istanze di interpello di cui all'art. 11 della l. n. 212/2000, recante lo Statuto dei diritti del contribuente, non sono impugnabili, salvo le risposte alle istanze presentate ai sensi del comma 2 del medesimo art. 11 (interpello disapplicativo), avverso le quali può essere proposto ricorso unitamente all'atto impositivo; il ricorso è possibile, dunque, solo in via successiva entro 60 giorni dalla notifica. [3] Descrivere la fattispecie in maniera circostanziata e specifica indicata già nella istanza, con indicazione dei fatti e delle specifiche disposizioni di cui era stata richiesta la disapplicazione (es. artt. 84,109 e 172 TUR). [4] Indicare i motivi posti a sostegno nella istanza che impedivano la realizzazione degli effetti antielusivi nella fattispecie concreta. [5] Indicare fatti, elementi di prova e documenti a sostegno della tesi. [6] Descrive la soluzione proposta nella istanza. [7] Descrivere il comportamento indicato. [8] Descrivere il contenuto del provvedimento. [9] Indicare il tipo di atto impositivo. [10] Descrivere il contenuto dell'atto impositivo. [11] Es. omessa, erronea, insufficiente motivazione. Si ricorda che la regola dettata dal decreto del 2015 della impugnabilità della risposta alle istanze riferibili all'interpello disapplicativo solo unitamente all'atto impositivo, consente al contribuente di contestare sempre vizi propri della risposta sfavorevole all'interpello, nel presupposto che questi abbiano influenzato la legittimità dell'atto impositivo. [12] Indicare i motivi di illegittimità e, dunque, sia vizi propri dell'atto impositivo, sia derivati dalla viziata risposta all'interpello (si pensi alla motivazione per relationem dell'atto impositivo). [13] Eventuale. [14] Indicare elementi a sostegno del periculum. [15] Eventuale. [16] Art. 7 d.lgs. n. 546/1992: le commissioni tributarie, a fini istruttori, possono richiedere dati, informazioni, chiarimenti agli uffici tributari o all'ente locale; in casi complessi possono richiedere relazioni ad organi tecnici della p.a. compreso la guardia di finanza o disporre consulenza tecnica; [17] Se il valore della controversia non supera i 50.000 euro (art. 17-bis d.lgs. n. 546/1992). Va ricordato che, per le controversie di valore non superiore ad euro 50.000 per gli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1º gennaio 2018, il ricorso produce gli effetti del reclamo e può contenere anche una proposta di mediazione, ossia di rideterminazione degli importi dovuti. La mediazione si attiva in automatico con il ricorso e l'istanza di mediazione è divenuta facoltativa. CommentoIl diritto di interpello. Il diritto d'interpello è disciplinato dall'art. 11 della l. n. 212/2000, come da ultimo modificato dal d.lgs. n. 156/2015, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 233/2015, ed entrato in vigore il 1° gennaio 2016, rubricato “Revisione della disciplina degli interpelli”, che ha provveduto ad un riordino complessivo del sistema. Con la circolare 1 aprile 2016, n. 9/E, l'Agenzia delle Entrate ha fornito i chiarimenti e commentato le novità del d.lgs. n. 156/15. L'art. 8, comma 1 del decreto cit. rinvia ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate, da emanare entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto, per individuare le modalità di presentazione delle istanze, gli uffici competenti ai fini della presentazione e delle risposte, le modalità di comunicazione delle medesime, nonché ogni altra regola concernente la procedura (alle istanze presentate fino alla data di pubblicazione del provvedimento si applicano le disposizioni procedurali previgenti, art. 8, comma 4). In attuazione dell'art. 8, comma 1, il 4 gennaio 2016 è stato pubblicato il Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate contenente le disposizioni procedurali applicabili alle istanze validamente presentate a partire dalla predetta data. Nuove regole procedurali per le istanze di interpello sono contenute nel successivo provvedimento dell'1 marzo 2018. Il riordino mira ad una maggiore omogeneità di disciplina, che è in parte comune a tutti i tipi di interpello ed a rendere una tempestiva risposta: 90 giorni per l'interpello ordinario; 120 giorni per tutti gli altri tipi di interpello; opera l'istituto del silenzio-assenso. Tipologie di interpello. Il d.lgs. n. 156/2015 ha riordinato gli interpelli in quattro macro categorie: 1. L'interpello ordinario consente ad ogni contribuente di chiedere un parere in ordine all'applicazione delle disposizioni tributarie di incerta interpretazione riguardo un caso concreto e personale, nonché di chiedere chiarimenti in ordine alla corretta qualificazione di fattispecie, sempre che ricorra obiettiva incertezza. Dalla lettura del comma 1 dell'art. 11 della l. n. 212/2000, si desume che si tratta di un interpello facoltativo (il contribuente può interpellare). La circolare dell'Agenzia 1 aprile 2016, n. 9/E ha chiarito che tale interpello comprende in sé a sua volta due tipi di istanze: quelle rivolte all''amministrazione per ottenere una risposta in ordine a fattispecie concrete e personali relativamente all'applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali disposizioni (cd. interpello ordinario puro); e quelle volte ad ottenere un parere sulla corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili alle medesime (cd. interpello qualificatorio), sempre ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza e non siano comunque attivabili le procedure di cui all'articolo 31-ter del d.P.R. n. 600/1973, introdotto dall'art. 1 del d.lgs. n. 147/2015 – decreto internazionalizzazione (procedure finalizzate alla stipula di accordi preventivi per le imprese con attività internazionale) e di cui all'art. 2 del medesimo decreto (interpello su nuovi investimenti). 2. L'interpello probatorio consente al contribuente di chiedere un parere in ordine alla sussistenza delle condizioni per accedere a determinati regimi fiscali nei casi espressamente previsti, o alla idoneità degli elementi di prova chiesti dalla legge per aderirvi (quali ad es. l'interpello relativo a partecipazioni acquisite per il recupero di crediti bancari, TUIR, art. 113, le istanze presentate dalle società “non operative”, l. n. 724/1994, art. 30) e le istanze previste ai fini della spettanza del beneficio ACE, d.l. n. 201/2011, art. 1, comma 8). 3. L'interpello anti-abuso sostituisce il precedente interpello antielusivo (art. 21 l. n. 413/1991) e consente di acquisire un parere relativo alla abusività di un'operazione non più solo ai fini delle imposte sui redditi, ma per qualsiasi settore impositivo. 4. L'interpello disapplicativo (già previsto dall'art. 37-bis, comma 8 d.P.R. n. 600/1973, abrogato dal decreto del 2015 in commento) consente di ottenere la disapplicazione di norme che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti di imposta, se viene fornita la dimostrazione che detti effetti elusivi non possono verificarsi nel caso concreto. L'istanza è presentata allo scopo di ottenere un parere in ordine alla disapplicazione di una norma antielusiva che, in linea di principio, trova applicazione in riferimento alla fattispecie prospettata. A tal fine, il contribuente deve provare che nella situazione concreta non possono realizzarsi gli effetti elusivi che la norma intende evitare. Nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole, resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione di cui al periodo precedente anche ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa. È l'unica tipologia di interpello obbligatorio ed è l'unica per la quale è consentita la impugnativa, sia pur differita come si vedrà, della risposta. Il decreto del 2015 ha poi introdotto per i grandi contribuenti, il regime di adempimento collaborativo, che è una tipologia abbreviata di interpello (la risposta deve pervenire entro 45 giorni). L'interpello sui nuovi investimenti, introdotto dall'art. 2 del d.lgs. n. 147/2015, consente, invece, agli investitori, italiani o stranieri, di chiedere un parere circa il trattamento tributario applicabile a importanti investimenti (di valore non inferiore a trenta milioni di euro e con rilevanti e durature ricadute occupazionali) effettuati nel territorio dello Stato. Per le istanze presentate dal 1 ° gennaio 2019 il valore degli investimenti è sceso a venti milioni di euro (l. n. 136/2018). Tale interpello di fatto consente agli investitori, italiani o stranieri, che intendano effettuare in Italia investimenti rilevanti, di conoscere il trattamento fiscale applicabile. Interpello disapplicativo (art. 11, comma 2). L'interpello disapplicativo è disciplinato al comma 2 dell'art. 11. Si tratta dell'unica forma di interpello obbligatorio; di fatto, si tratta dell'interpello già previsto dall'articolo 37-bis, comma 8, del d.P.R. n. 600/1973, abrogato dal decreto del 2015. Conseguentemente oggi anche l'interpello disapplicativo sarà sottoposto alle regole comuni di tutti gli interpelli. L'istanza è presentata per ottenere una risposta dell'amministrazione per la disapplicazione di norme tributarie “antielusive”, e che cioè, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario. A tal fine, è il contribuente che deve provare che nella situazione concreta non possono realizzarsi gli effetti elusivi che la norma intende evitare. Nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole (in 120 giorni), resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione di cui al periodo precedente anche ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Tale tipologia si caratterizza poi per la cd. impugnabilità differita, come si approfondirà avanti: la risposta negativa non è autonomamente impugnabile ma è necessario attendere un atto impositivo e, in sede di ricorso far valere le doglianze riferibili sia all'atto sia eventualmente alla risposta all'interpello. L'autonoma collocazione di questa tipologia di interpello rispetto alle fattispecie di cui al comma 1 e la differente locuzione utilizzata (“il contribuente interpella” in luogo de “il contribuente può interpellare”) confermano che, attraverso la nuova formulazione dello Statuto, il legislatore ha inteso delimitare l'area dei cosiddetti “interpelli obbligatori” a quelli previsti al comma 2, come già detto. Dunque, il legislatore delegato ha lasciato un'area – molto più ristretta rispetto al passato – di ipotesi presidiate da un vincolo di preventiva “disclosure” del contribuente, caratterizzate dalla obbligatorietà della presentazione dell'istanza, ma dalla non vincolatività della risposta per il contribuente. Infatti, la peculiarità delle istanze di interpello disapplicativo risiede nella imprescindibilità della segnalazione da parte del contribuente, mediante la presentazione di un'istanza di interpello, di trovarsi nella situazione descritta dalla norma di cui si chiede la disapplicazione (presidiata da un'autonoma sanzione, come si vedrà di seguito), ma non dalla cogenza della risposta, circostanza che risulta pienamente coerente con la funzione, la natura e le regole istruttorie dell'interpello. La presentazione dell'istanza di interpello (in caso di risposta negativa) o la mancata presentazione (pur punita attraverso l'irrogazione di una sanzione “propria”) non pregiudicano, in alcun caso, la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione della spettanza della disapplicazione anche nelle successive fasi dell'accertamento amministrativo e del contenzioso. Al fine di delimitare il campo di applicazione della disposizione in esame, tenuto conto che, a differenza delle ipotesi di interpello “probatorio”, le istanze di interpello disapplicativo non sono “tipiche” e quindi possono essere presentate dai contribuenti ogni qualvolta si sia in presenza di “norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive” assume importanza fondamentale definire i caratteri essenziali delle disposizioni suscettibili di disapplicazione, anche sulla base di un'analisi dettagliata delle istanze presentate in vigore della vecchia disciplina. Caratteristica indefettibile della norma è che la limitazione prevista dalla disposizione risponda ad una finalità antielusiva di tipo sostanziale, frutto di una valutazione preliminare da parte del legislatore di tendenziale ma non sistematica offensività del fatto, sicché è logico che il contribuente possa non incorrere nella penalizzazione prevista dalla legge dimostrando che l'effetto elusivo non si produce nel caso di specie, a differenza delle disposizioni pur presenti nel sistema insensibili ad eventuali dimostrazioni da parte del contribuente, es. art. 164 TUIR. La norma prevede una deducibilità a forfait di alcuni costi, come accade per le spese e gli altri componenti negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore, utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni e manifesta la volontà del legislatore di evitare un evasivo utilizzo privatistico del bene, in ragione della difficoltà di verificare l'eventuale uso promiscuo e della impossibilità di una esatta quantificazione del reale utilizzo del bene ai fini imprenditoriali. Si legge nella circ. che, a titolo esemplificativo e senza pretesa di esaustività: – al netto delle disposizioni che sono state attratte nell'area dell'interpello probatorio, sono suscettibili di disapplicazione: – l'art. 84 e l'art. 172 del TUIR e, in generale, le disposizioni che limitano l'utilizzo delle perdite anche in caso di operazioni straordinarie; – l'art. 109 TUIR per i fenomeni di dividend washing; – la disposizione di cui all'articolo 10, comma 6, lettera e) del d.lgs. n. 460/1997 (organizzazioni non lucrative di utilità sociale). Non sono ricomprese nel campo di applicazione della categoria della disapplicazione in esame, oltre alle disposizioni strutturalmente analoghe all'articolo 164 TUIR sopra menzionato: – le norme che regolano la residenza delle persone fisiche (art. 2 TUIR) o dei soggetti diversi (art. 73 TUIR) in quanto le disposizioni in esame, anche nella parte in cui prevedono specifiche presunzioni, non hanno la struttura di norme antielusive specifiche essendo preordinate a presidiare fenomeni di fittizio (quindi evasivo) trasferimento di residenza (cfr. Risoluzione 5 novembre 2007 n. 312/E); – la disposizione di cui all'art. 35, comma 10-quater, del d.lgs. n. 223/2006 in quanto – pur trattandosi di una disposizione di carattere antielusivo, come rilevato già con Circolare 27/E del 2006, la disposizione non è suscettibile di disapplicazione. Si tratta della disposizione in forza della quale nelle Onlus si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione la corresponsabile ai lavoratori dipendenti di salari o stipendi superiori del 20% rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro per le medesime qualifiche. Gli effetti della risposta all'interpello disapplicativo sull'attività di accertamento (art. 6 d.lgs. n. 156/2015). L'art. 6, comma 2 d.lgs. n. 156/2015, con esclusivo riferimento alle ipotesi in cui sia stata presentata istanza di interpello disapplicativo (obbligatorio) ai sensi dell'art. 11, comma 2, dello Statuto, prevede, ai fini della contestazione, una procedura di accertamento “aggravata”, costruita secondo il modello delle contestazioni di abuso del diritto (articolo 10-bis dello Statuto). In dettaglio, qualora il contribuente abbia presentato istanza di interpello disapplicativo obbligatorio, salvi i casi in cui l'istanza non sia stata istruita nel merito in quanto dichiarata inammissibile, l'amministrazione è tenuta a: 1) fare obbligatoria contestazione “separata” dell'indebita fruizione del componente negativo di reddito (deduzione, detrazione, credito d'imposta) o di altra posizione soggettiva, senza pregiudizio dell'ulteriore azione di accertamento; 2) notificare, ai sensi dell'art. 60 del d.P.R. n. 600/1973 ed entro il termine ordinario di decadenza previsto per l'emanazione dell'atto impositivo, una richiesta di chiarimenti volta ad attivare un contraddittorio endoprocedimentale obbligatorio (“a pena di nullità” dell'atto impositivo); 3) concedere al contribuente di un termine (60 giorni) entro cui fornire eventuali deduzioni difensive; 4) prorogare il termine ordinario di decadenza dell'azione di accertamento collegato tanto alla facoltà di contraddittorio endoprocedimentale tanto al tempo considerato fisiologico per l'analisi, da parte dell'amministrazione, delle eventuali deduzioni difensive addotte (la proroga, in particolare, opera sia nel caso in cui i chiarimenti siano forniti, sia nell'ipotesi in cui sia scaduto inutilmente il termine a disposizione del contribuente); 5) motivare, a pena di nullità, l'eventuale atto impositivo anche alla luce dei chiarimenti forniti dalla parte (cd. motivazione “rafforzata”). Il comma 3 dell'art. 6 cit. dispone poi che dati, notizie, atti, registri o documenti richiesti dall'amministrazione nel corso dell'istruttoria delle istanze di interpello e non esibiti possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa (questo il senso della espressa non applicazione delle disposizioni di cui all'art. 32, comma 4, d.P.R. n. 600/1973 e all'art. 52, comma 5, d.P.R. n. 633/1972). Effetti della risposta all'interpello sul contenzioso e impugnabilità della risposta. L'art. 6 del decreto del 2015, oltre che occuparsi del coordinamento della disciplina dell'interpello con la fase di accertamento, al comma 1 contiene un'importante regola di raccordo con le norme sul contenzioso: “Le risposte alle istanze di interpello di cui all'art. 11 della l. n. 212/2000, recante lo Statuto dei diritti del contribuente, non sono impugnabili, salvo le risposte alle istanze presentate ai sensi del comma 2 del medesimo art. 11, avverso le quali può essere proposto ricorso unitamente all'atto impositivo”. La regola della non impugnabilità (salva la impugnazione differita delle risposte all'interpello disapplicativo) è sostanzialmente confermativa del consolidato orientamento in particolare dell'amministrazione (cfr. Circolare 2010, n. 32/E del) teso a negare tutela giurisdizionale (sia dinanzi al giudice tributario che davanti a quello amministrativo) avverso le risposte ad istanze di interpello, conformemente alla loro natura di “pareri” (e quindi di atti privi dei caratteri necessari per la loro immediata ricorribilità in giudizio) ed alle regole di istruttoria che non attribuiscono mai all'amministrazione poteri in ordine alla verifica della completezza e veridicità delle informazioni fornite dall'istante. Va ricordata la non espressa inclusione delle risposte all'interpello nel novero degli atti impugnabili ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. n. 546/1992; ritiene l'amministrazione che la risposta resa in sede di interpello non presenta i requisiti minimi per l'impugnabilità, dal momento che non è esercizio di un potere autoritativo con il quale si esercita una pretesa fiscale, ma ha natura meramente consultiva. L'Amministrazione finanziaria invero esprime il proprio parere esclusivamente sulla base dei documenti prodotti dal contribuente in sede di presentazione dell'istanza. Trattasi quindi di monitoraggio preventivo, che, a differenza di quanto avviene in sede di accertamento, non comporta attività tese a riscontrare la veridicità di quanto affermato nei documenti prodotti. Il carattere non vincolante del parere reso in questa fase, direttamente desumibile dalla natura consultiva dell'attività svolta dall'Amministrazione, qualifica la risposta all'interpello come atto amministrativo non provvedimentale che, in quanto privo dei requisiti di esecutività (non produce automaticamente ed immediatamente effetti) ed esecutorietà (non impone coattivamente l'adempimento di alcun obbligo), risulta carente delle caratteristiche che potrebbero determinare una lesione dei diritti dell'istante, suscettibile di immediata tutela giurisdizionale (cfr. in tal senso circ.). Sulla questione della autonoma impugnabilità delle risposte rese in sede di interpello, si è espressa anche la Corte Costituzionale, la quale ha affermato, ancorché sulla base della precedente formulazione dell'art. 11 dello Statuto, che «[...] deve rilevarsi che l'efficacia vincolante della risposta, prevista dal primo periodo del comma 2 (“con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza di interpello, e limitatamente al richiedente”), riguarda solo l'amministrazione finanziaria, in quanto il terzo periodo dello stesso comma stabilisce che “Qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità dalla risposta [...] è nullo” e in quanto il comma 2 dell'art. 10 della medesima l. n. 212/2000 dispone che “non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima”. Coerentemente con la natura consultiva dell'attività demandata all'Agenzia delle entrate nella procedura di interpello, l'art. 11 non prevede, invece, alcun obbligo per il contribuente di conformarsi alla risposta dell'amministrazione finanziaria, né statuisce l'autonoma impugnabilità di detta risposta davanti alle commissioni tributarie (oggetto di impugnazione può essere, eventualmente, solo l'atto con il quale l'amministrazione esercita la potestà impositiva in conformità all'interpretazione data dall'agenzia fiscale nella risposta all'interpello)»; cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 191/2007. Nello stesso sensi si è espresso il Consiglio di Stato, che ha escluso espressamente la possibilità di assimilare il parere negativo alla disapplicazione della norma ad un provvedimento di diniego di agevolazione (e quindi direttamente impugnabile innanzi al giudice tributario a norma dell'art. 19, d.lgs. n. 546/1992), aggiungendo inoltre che «in nulla è pregiudicato il diritto [...]di impugnare, tempestivamente e a tempo debito, gli eventuali atti rientranti nella previsione dell'art. 19 d.lgs. n. 546/1992, nei quali dovesse farsi applicazione delle disposizioni antielusive il cui esonero è stato negato [...]»; cfr. Cons. o St., n. 414/2009. Quanto alla posizione della Corte di Cassazione occorre distinguere le questioni antecedenti e successive alla novella del 2015, con particolare riferimento alla disapplicazione di norme antielusive, per le quali la Corte aderiva alla tesi dell'autonoma impugnabilità delle risposte (cfr.: Cass. V, n. 32962/2018: «Le risposte rese dall'Amministrazione finanziaria agli atti di interpello di cui all'art. 11 della l. n. 212/2000 non sono impugnabili, trattandosi di meri pareri che non incidono direttamente in danno del contribuente, salvo quelli resi a seguito di richiesta di disapplicazione di norme antielusive i quali, anche secondo la disciplina anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 156/2015, possono essere impugnati in quanto contenenti una compiuta pretesa tributaria»; Cass. VI, ordinanza n. 3775/2018: «In tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19 del d.lgs. n. 546/1992 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l'Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, di talché quest'ultimo ha la facoltà di impugnare il diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37-bis, comma 8, del d.P.R. n. 600/1973, in quanto seppur atto non rientrante in quelli indicati dall'art. 19, è il provvedimento con il quale l'Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario»). Infatti, quanto alle istanze disapplicative obbligatorie, deve chiarirsi e ribadirsi che la previsione di impugnabilità è prevista oggi dalla legge in via “successiva”, cioè “unitamente all'atto impositivo”. Ne consegue che all'esito della novella per queste è possibile il ricorso solo in via successiva, “unitamente all'atto impositivo” perché è quest'ultimo a costituire il primo atto lesivo della posizione giuridica del contribuente, suscettibile di tutela giurisdizionale immediata e diretta. Va precisato che le sentenze della Corte di Cassazione cit., adesive invece alla tesi dell'autonoma impugnabilità delle sole risposte alle istanze di disapplicazione di norme antielusive, sono tutte riferibili a fattispecie antecedenti alla novella del 2015 (da ultimo cfr. Cass. V, ord. n. 12150/2019, la sentenza chiarisce anche che l'omessa impugnazione dell'atto di diniego non pregiudica in alcun modo la posizione del contribuente che ad esso non ritenga di adeguarsi, poiché si tratta di atto privo di efficacia vincolante. Infatti, la risposta all'interpello non impedisce in primo luogo all'Amministrazione di rivalutare – in sede di riesame della dichiarazione dei redditi o dell'istanza di rimborso – l'orientamento (negativo) precedentemente espresso, né al contribuente di esperire la piena tutela in sede giurisdizionale nei confronti dell'atto tipico che gli venga notificato; ovviamente la risposta positiva del direttore generale impedisce, invece, all'Amministrazione – sempre che i fatti accertati in sede di controllo della dichiarazione corrispondano a quelli rappresentati nell'istanza – l'applicazione della norma antielusiva oggetto dell'interpello, in applicazione del principio di tutela dell'affidamento, che ha diretto fondamento costituzionale e carattere generale anche nell'ordinamento tributario, nel quale trova espresso riconoscimento nell'art. 10 della l. n. 212/2000). Come ben chiarito in particolare nella sentenza Cass. VI, n. 25498/2017, il diniego di disapplicazione di norme antielusive è e rimane autonomamente impugnabile ma prima della riforma fiscale del 2015; dopo il 2015 occorre attendere l'atto impositivo. Né la riforma è retroattiva (rimane dunque impugnabile una risposta ricadente nella pregressa disciplina) atteso che il d.lgs. n. 156/2015, art. 6, non ha una valenza interpretativa ma di nuova disciplina della materia dell'interpello e, quindi, non dispone che per l'avvenire. Del resto, né la struttura né la funzione della nuova e articolata disciplina, contenente tra l'altro la limitazione dell'impugnazione, manifestano le caratteristiche tipiche dell'interpretazione autentica (in saldatura con la pregressa disciplina) o dell'innovazione retroattiva, secondo i parametri ermeneutici tracciati dal giudice delle leggi (es. Corte cost., n. 41/2011), in disparte, diversamente opinando, i rilievi di dubbia conformità convenzionale (art. 6 CEDU) desumibili da taluna giurisprudenza Europea (Corte EDU, Maggio vs. Italia). Peraltro, premesso che ogni testo normativo deve essere interpretato secondo il suo contenuto obiettivo mentre i lavori preparatori non costituiscono elemento decisivo per la sua interpretazione (cfr. in motivazione Cass. V, n. 16679/2016), neppure il tenore della relazione illustrativa del d.lgs. offre obiettivo riscontro dell'asserita valenza interpretativa della nuova normazione delegata (così in parte motiva Cass. VI, n. 16962/2017). Eguale chiarimento è contenuto nella sentenza n. 32962/2018 già citata, ove in parte motiva si legge: «In particolare, la Suprema Corte ha riconosciuto al contribuente, prima della riforma del 2015, la facoltà di impugnare il diniego di disapplicazione di norme antielusive ex art. 37-bis, comma 8, d.P.R. n. 600/1973, considerato che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dall'art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, ma provvedimento con cui l'Amministrazione finanziaria porta a conoscenza del contribuente medesimo, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario ...»; dopo la novella «il legislatore ha escluso la configurabilità come atto autonomamente impugnabile della risposta per tutti i tipi di interpello, considerandoli alla stregua di pareri, che si manifestano in una fase prodromica all'attività dell'accertamento vero e proprio, dovendo essere contestato, perciò, il solo atto impositivo finale». In ogni caso, la regola dettata dal decreto, nel confermare che il solo atto suscettibile di impugnazione è l'atto impositivo, elimina del tutto il rischio che, in sede di giudizio instaurato avverso quest'ultimo, il contribuente non possa contestare eventuali vizi della risposta all'interpello, sempre nel presupposto che questi abbiano influenzato la legittimità dell'atto impositivo. In omaggio ai principi che reggono il sistema della tutela giurisdizionale, è del tutto evidente, infatti, che il contribuente avrà interesse a far valere dinanzi al giudice doglianze riferite alla risposta all'interpello se detti vizi si sono trasformati in vizi dell'atto impositivo (ad esempio, qualora quest'ultimo sia motivato per relationem al primo), restando del tutto irrilevanti, anche ai fini della tutela giurisdizionale, percorsi argomentativi del parere dell'amministrazione che non siano poi confluiti nell'atto di accertamento (cfr. circ.). Per effetto dei chiarimenti contenuti nel decreto, resta a maggior ragione confermata la non impugnabilità delle risposte che, contestando vizi di inammissibilità dell'istanza di interpello, non contengono alcun chiarimento di merito in ordine alla fattispecie rappresentata dal contribuente. Regole comuni alle diverse tipologie di interpello. Legittimazione (art. 2, comma 1 d.lgs. n. 156/2015). Possono presentare l'istanza i contribuenti, anche non residenti (direttamente o per il tramite di propri rappresentanti o incaricati, presso cui gli stessi eleggono domicilio), o coloro che in base a specifiche disposizioni di legge sono obbligati a porre in essere adempimenti tributari per conto dei contribuenti (es. consulenti delegati all'adempimento) e coloro che rivestono il ruolo di “sostituti” e “responsabili” d'imposta. Non sono legittimati i professionisti o le associazioni di categoria in riferimento a interessi dei propri assistiti o degli associati, in assenza di mandato specifico, così come non producono l'effetto dell'interpello le istanze carenti dell'elemento di “personalità” del quesito, essendo correlato il diritto interpello alle fattispecie “concrete e personali”. Ciò comporta che, in caso di presentazione di istanze da parte di coloro che in base alla legge sono obbligati a porre in essere gli adempimenti tributari per conto dei contribuenti e di coloro che rivestono il ruolo di sostituti e responsabili d'imposta, è sempre necessario che nell'istanza siano indicate le generalità delle parti cui si riferisce il rapporto oggetto dell'interpello, anche per consentire una corretta parametrazione, nelle diverse sedi, degli effetti della risposta. Dunque, chi agisce per conto e i sostituti e responsabili d'imposta devono indicare le generalità delle parti cui si riferisce il rapporto oggetto dell'interpello. Come chiarito nella circolare 1 aprile 2016 n. 9/E, per questioni attinenti l'applicazione dell'IVA, non sono legittimati a presentare istanze d'interpello i cessionari o i committenti considerati “consumatori privati” ai fini di questo tributo. Questi soggetti non possono essere, infatti, qualificati in termini di “contribuenti” (né tanto meno di soggetti che in base alla legge sono obbligati a porre in essere gli adempimenti tributari per conto dei contribuenti) in quanto su di essi non incombono obblighi in ordine all'attuazione del rapporto tributario. Termini (art. 2, comma 2, d.lgs. n. 156/2015). L'istanza di cui al comma 1 (indipendentemente dalla tipologia di appartenenza) deve essere presentata, a pena di inammissibilità, prima della scadenza dei termini previsti dalla legge per la presentazione della dichiarazione o per l'assolvimento di altri obblighi tributari aventi ad oggetto o comunque connessi alla fattispecie cui si riferisce l'istanza medesima senza che, a tali fini, assumano valenza i termini concessi all'amministrazione per rendere la propria risposta. Come chiarito dalla circolare sopra cit. e dalla relazione illustrativa, non assumono rilievo i termini entro cui i contribuenti possono sanare l'omissione o correggere la dichiarazione presentata, né tanto meno i termini previsti dal comma 8-bis dell'art. 2 del d.P.R. n. 322/1998 (come nel tipico caso delle istanze relative alle imposte sui redditi). La circolare evidenzia pure che il riferimento alla dichiarazione come momento rilevante ai fini dell'attuazione del comportamento vale tanto per le istanze relative alle imposte sui redditi quanto per le istanze relative all'IVA in quanto – ancorché detto tributo si caratterizzi per l'effettuazione di una serie di adempimenti preliminari rispetto alla dichiarazione – è comunque con la presentazione di quest'ultima che il contribuente dà definitiva attuazione al proprio comportamento. Si precisa, infine, che quando le istanze di interpello riguardano questioni che hanno impatto su dichiarazioni relative a più periodi di imposta (come accade, ad esempio, nei casi in cui oggetto dell'istanza sia la rilevanza delle spese di ristrutturazione di cui all'art. 16-bis del TUIR), in presenza di istanze presentate oltre il termine di presentazione di una dichiarazione interessata dal quesito (di norma la prima), dovrà comunque essere apprezzato l'interesse del contribuente a conoscere la risposta dell'amministrazione anche al fine di determinare il comportamento da tenere in sede di presentazione delle dichiarazioni relative ai periodi di imposta successivi. Corollario della preventività è che le istanze presentate non interferiscano con attività di controllo già poste in essere dall'amministrazione riferite o che comunque possano produrre effetti sul contribuente e di cui quest'ultimo sia formalmente a conoscenza, se vertenti sulla questione oggetto di interpello, di cui si dirà più avanti. Contenuto dell'istanza (art. 3, comma 1, d.lgs. n. 156/2015). L'istanza deve espressamente fare riferimento alle disposizioni che disciplinano il diritto di interpello e deve contenere: a) i dati identificativi dell'istante ed eventualmente del suo legale rappresentante, compreso il C.F.; b) l'indicazione del tipo di istanza fra quelle di cui alle diverse lettere del comma 1 e al comma 2 dell'art. 11; c) la circostanziata e specifica descrizione della fattispecie; d) le specifiche disposizioni di cui si richiede l'interpretazione, l'applicazione o la disapplicazione; e) l'esposizione, in modo chiaro ed univoco, della soluzione proposta; f) l'indicazione del domicilio e dei recapiti anche telematici dell'istante o dell'eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le comunicazioni dell'amministrazione e deve essere comunicata la risposta; g) la sottoscrizione dell'istante o del suo legale rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale incaricato ai sensi dell'art. 63 d.P.R. n. 600/1973. In questo ultimo caso, se la procura non è contenuta in calce o a margine dell'atto, essa deve essere allegata allo stesso. Nel Provv. 4 gennaio 2016 si legge che l'istanza è redatta in forma libera, esente da bollo; va sottoscritta e presentata agli uffici competenti con le modalità consentite. Si ricorda che, come si legge nel punto 1.1., lettera d) del Provv. cit., l'istanza va “sottoscritta con firma autografa, ovvero, nei casi in cui il documento è trasmesso via posta elettronica certificata o, ove consentito, posta elettronica libera, con firma digitale o con le modalità di cui all'art. 38, comma 3, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000”. La circ. richiamata precisa che, con riferimento al requisito consistente nell'indicazione della tipologia di istanza presentata, laddove accada che un determinato profilo della fattispecie descritta dal contribuente imponga all'amministrazione di effettuare valutazioni riconducibili ad una diversa tipologia di interpello (si pensi al caso della valutazione della esistenza di una azienda, essenziale per definire se l'operazione realizzata integra o meno un abuso del diritto o, più in generale, i casi di istanze che impongono altresì valutazioni riconducibili ad un interpello ordinario “puro”, prodromiche rispetto alla diversa richiesta presentata), in tali circostanze, la risposta dell'amministrazione sarà unica e verrà resa nel più ampio termine di 120 giorni relativo ad una o più delle richieste formulate, senza che si determini, decorso il termine di 90 giorni, silenzio assenso rispetto agli eventuali quesiti “interpretativi” contenuti nell'istanza. Resta inteso che, ove il contribuente intenda presentare più quesiti che non presentano carattere di consequenzialità o alcun tipo di collegamento tra loro, è onere del medesimo presentare diverse istanze di interpello, ciascuna riferita alla peculiare richiesta formulata, anche in considerazione della possibile non coincidenza dei termini di risposta e/o della competenza degli uffici. In presenza di istanze così mal formulate, l'amministrazione attiverà la procedura di regolarizzazione per consentire di sanare detta irregolarità. Allegati (art. 3, comma 2, d.lgs. n. 156/2015). All'istanza di interpello è allegata copia della documentazione, non in possesso dell'amministrazione procedente o di altre amministrazioni pubbliche indicate dall'istante, rilevante ai fini della risposta. Nei casi in cui la risposta presupponga accertamenti di natura tecnica, non di competenza dell'amministrazione procedente, alle istanze devono essere allegati altresì i pareri resi dall'ufficio competente. Ufficio competente. Le istanze, redatte in carta libera e non soggette al pagamento dell'imposta di bollo, come detto, devono essere indirizzate: – alla Direzione regionale competente in base al domicilio fiscale dell'istante, persona fisica o persona giuridica con ricavi e volume di affari inferiore a 100 milioni di euro, nel caso di tributi erariali; – alla Direzione regionale nel cui ambito opera l'ufficio competente ad applicare la norma tributaria oggetto dell'interpello nel caso di tributi concernenti l'imposta ipotecaria dovuta in relazione agli atti diversi da quelli di natura traslativa, le tasse ipotecarie e i tributi speciali catastali nonché le istanze aventi ad oggetto disposizioni o fattispecie di natura catastale; – alla Divisione Contribuenti (struttura unica operativa dall'1 marzo 2018), se si tratta di interpelli presentati da Amministrazioni centrali dello Stato, Enti pubblici a rilevanza nazionale, soggetti non residenti nel territorio dello Stato (indipendentemente dalla nomina di un rappresentante fiscale o dall'identificazione diretta) e soggetti di più rilevante dimensione (con volume d'affari o ricavi non inferiori a 100 milioni di euro). Si sottolinea, infatti, che con provv. 1 marzo 2018 – sono state modificate le regole procedurali per le istanze di interpello presentate ai sensi dell'art. 11 l. n. 212/2000 (statuto del contribuente), dell'art. 2, d.lgs. n. 147/2015 (istanze di interpello sui nuovi investimenti) e dell'art. 6, comma 2, d.lgs. n. 128/2015 (le istanze di interpello per i contribuenti che aderiscono al regime dell'adempimento collaborativo) ed ai fini dell'applicazione dell'art. 24-bis d.P.R. n. 917/1986 (Opzione per l'imposta sostitutiva sui redditi prodotti all'estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia). Le modifiche hanno riguardato gli interpelli presentati da: Amministrazioni centrali dello Stato; Enti pubblici a rilevanza nazionale; soggetti di più rilevante dimensione; dai non residenti; Direzioni Regionali alle strutture centrali nei casi di maggiore complessità o incertezza. Gli Uffici competenti prima del 1° marzo 2018: la Circolare 9/E 2016 prevedeva che erano inoltrate alla Direzione Centrale Normativa ed alla Direzione Centrale Catasto, Cartografia e Pubblicità immobiliare le istanze presentate da: – Amministrazioni centrali dello Stato ed enti pubblici a rilevanza nazionale; – Soggetti non residenti nel territorio dello Stato, anche qualora i medesimi abbiano nominato un rappresentante fiscale in Italia ovvero assolvano gli obblighi o esercitino i diritti in materia di imposta sul valore aggiunto; – Soggetti di più rilevante dimensione (volume d'affari/ricavi non inferiore a cento milioni di euro con riferimento all'ultima dichiarazione presentata). Modalità di presentazione delle istanze. Il Provv. 1 aprile 2016 ha individuato le modalità di presentazione delle istanze; le stesse (al pari, come si vedrà, della documentazione integrativa ovvero dei dati e dei documenti ulteriori richiesti al contribuente per effetto della regolarizzazione) sono presentate mediante: – consegna a mano; – spedizione a mezzo plico raccomandato con avviso di ricevimento; – presentazione per via telematica attraverso l'impiego della posta elettronica certificata di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 68/2205. Il Provv. cit. prevede, infine, una modalità di presentazione estremamente semplificata per le sole istanze presentate dai contribuenti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato, i quali possono inoltrare l'istanza mediante la posta elettronica libera. Il riferimento preciso ai “soggetti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato” comporta che coloro che provvedano invece alla nomina di quest'ultimo debbano inoltrare le istanze di interpello attraverso le modalità di presentazione previste per tutti gli altri contribuenti. La circolare chiarisce che l'utilizzo della posta elettronica libera, in quanto consentito ai soli soggetti espressamente sopra indicati, non costituisce modalità generale. Le istanze dei contribuenti diversi da soggetti non residenti privi di un domiciliatario nel territorio dello Stato presentate mediante la posta elettronica libera ai suddetti indirizzi devono considerarsi, pertanto, non ritualmente presentate e del tutto improduttive degli effetti dell'interpello. Di detta circostanza viene comunque data informazione al contribuente istante. Il successivo Provv. 1 marzo 2018 ha modificato talune regole procedurali, prevedendo che l'indirizzo di posta elettronica certificata (P.E.C.) secondo le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 68/2005 previsto all'Allegato A del Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate n. 27/2016 per le Direzioni Centrali è sostituito dall'indirizzo unico: interpello@pec.agenziaentrate.it. Allo stesso indirizzo si trasmettono le istanze di interpello delle persone fisiche non residenti che presentano i requisiti di cui all'art. 24-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986 e i soggetti che presentano le istanze di interpello sui nuovi investimenti di cui al Provvedimento n. 77220/2016; gli indirizzi di posta elettronica libera (PEL) previsti all'allegato A del Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate n. 27/2016 quale modalità utilizzabile dai soggetti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato sono sostituiti dall'indirizzo unico di P.E.L: div.contr.interpello@ agenziaentrate.it. Allo stesso indirizzo trasmettono le istanze di interpello le persone fisiche non residenti che presentano i requisiti di cui all'articolo 24-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 917/1986 e i soggetti che presentano le istanze di interpello sui nuovi investimenti di cui al Provvedimento n. 77220/2016 che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato. Tali modifiche si sono rese necessarie all'esito della individuazione nella Divisione Contribuenti la struttura unica che riceve gli interpelli per gli Uffici centrali (gli interpelli presentati dalle Amministrazioni centrali dello Stato, dagli Enti pubblici a rilevanza nazionale, dai soggetti di più rilevante dimensione, dai soggetti non residenti, gli interpelli inviati dalle Direzioni regionali per la pubblicazione della risposta ai sensi dell'art. 11, comma 6, l. n. 212/2000, gli interpelli inviati dalle Direzioni regionali nei casi di maggiore complessità o incertezza della soluzione). Conclusivamente, le istanze sono presentate: – a mano – mediante spedizione a mezzo plico raccomandato con avviso ricevimento; – telematicamente, da una casella PEC (Posta Elettronica Certificata) all'indirizzo di PEC: interpello@pec.agenziaentrate.it per i soggetti residenti e per i soggetti non residenti che si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato; per interpelli presentati da Amministrazioni centrali, Enti pubblici a rilevanza nazionale, soggetti di più rilevante dimensione; – da una casella PEL (Posta Elettronica Ordinaria) all'indirizzo di PEL: div.contr.interpello@ agenziaentrate.it per i soggetti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato. In caso di invio telematico l'istanza dovrà essere sottoscritta con firma digitale ovvero, se sottoscritta con firma autografa, dovrà essere accompagnata da copia di un documento di identità. Regolarizzazione (art. 3, comma 3, d.lgs. n. 156/2015). Una significativa novità del decreto, introdotta nell'ottica di generale favor verso l'istituto dell'interpello, concerne la regolamentazione di una fase nuova: quella di regolarizzazione. Nei casi in cui le istanze siano carenti dei requisiti di cui alle lettere b), d), e), f) e g) del comma 1, l'amministrazione invita il contribuente alla loro regolarizzazione entro il termine di 30 giorni (a pena di inammissibilità dell'istanza, comma 5). I termini per la risposta iniziano a decorrere dal giorno in cui la regolarizzazione è stata effettuata. In difetto dei requisiti b) e d) le istanze sono inammissibili (art. 5). La regolarizzazione si effettua con le stesse modalità stabilite per la presentazione dell'istanza. La circolare dell'1 aprile 2016 precisa che, interpretando lo spirito di favore sotteso all'istituto della regolarizzazione, è in facoltà dell'amministrazione attivare la procedura non per effetto del mero riscontro della carenza, ma solamente nelle ipotesi in cui la mancanza di alcuni dati pregiudichi la possibilità di istruire l'istanza e di rendere una risposta nel merito. Il Provv. 1 aprile 2016 ha, inoltre, espressamente disciplinato il procedimento di regolarizzazione prevedendo che l'ufficio competente alla trattazione dell'istanza, entro trenta giorni dalla consegna o dalla ricezione della medesima, invita l'istante alla regolarizzazione segnalando il dato o i dati carenti; il contribuente, nei trenta giorni successivi alla ricezione dell'invito dell'ufficio, provvede a regolarizzare l'istanza carente. Qualora la regolarizzazione sia correttamente effettuata, i termini per la risposta decorrono dalla consegna o ricezione non dell'istanza originaria, bensì di quella regolarizzata. Come chiarisce la circolare, resta fermo che l'amministrazione, decorsi i trenta giorni previsti dal Provv. per la regolarizzazione, nei casi in cui la procedura non sia stata attivata o sia stata attivata solo in relazione ad alcune carenze riscontrate, possa comunque richiedere al contribuente, anche dopo il predetto termine, i dati di cui all'art. 3 del decreto che eventualmente si fossero rilevati, nel prosieguo della lavorazione, carenti; la richiesta, tuttavia, non determina alcun differimento del dies a quo dei termini per la risposta, che restano collegati alla presentazione dell'originale istanza all'ufficio competente. Qualora l'istanza integrata dal contribuente non pervenga nei termini fissati dal provvedimento, l'istanza è dichiarata inammissibile. Come accennato, l'istanza deve essere trasmessa con le stesse modalità previste per la presentazione dell'interpello (consegna a mano, raccomandata a/r, PEC o posta elettronica libera per i soli contribuenti cui ne è consentito l'uso); non potranno essere considerate come utilmente presentate le istanze che siano trasmesse con canali diversi da quelli ammessi. Coerentemente alle finalità della procedura in esame, che è quella di consentire all'amministrazione di pronunciarsi nel merito in presenza di vizi di forma più minimali dell'istanza, la regolarizzazione non deve essere richiesta tutte le volte in cui l'Agenzia sia in grado di riscontrare, entro i 30 giorni dalla ricezione, sulla base dei dati contenuti nell'istanza, l'inammissibilità della medesima (ad esempio, nel caso di difetto di preventività o in caso di difetto dei requisiti essenziali non suscettibili di regolarizzazione) in quanto, pur in presenza di istanza formalmente regolare, non sarebbe comunque possibile istruire nel merito il quesito presentato (circ. 9 aprile). Integrazione della documentazione (art. 4, d.lgs. n. 156/2015). Quando non è possibile fornire risposta sulla base dei documenti allegati, l'amministrazione chiede, una sola volta, all'istante di integrare la documentazione presentata. In tal caso il parere è reso entro sessanta giorni dalla ricezione della documentazione integrativa. Dunque, la richiesta dei documenti riguarda ogni tipo di interpello e interrompe il termine assegnato per la risposta, che “inizia a decorrere dalla data di ricezione, da parte dell'ufficio, della documentazione integrativa consegnata o spedita con le stesse modalità dell'interpello”. Il termine di 60 giorni è unico e, a differenza di quanto previsto per i termini “ordinari” di lavorazione delle istanze, differenziati in base alla tipologia di interpello presentato (90 gg. interpelli ordinari; 120 tutti gli altri), vale per qualsiasi tipologia di istanza. La mancata presentazione della documentazione richiesta ai sensi del comma 1 entro il termine di un anno comporta rinuncia all'istanza di interpello, ferma restando la facoltà di presentazione di una nuova istanza, ove ricorrano i presupposti previsti dalla legge. La documentazione integrativa va prodotta con le stesse modalità di presentazione dell'istanza (consegna a mano, raccomandata a/r, P.E.C. e posta elettronica libera solo per i soggetti cui ne è consentito l'utilizzo), preferibilmente su supporto informatico, e in caso di impossibilità di presentazione, ne devono essere esplicitati i motivi. Coerentemente alla natura non provvedimentale della risposta all'interpello e come peraltro espressamente confermato dall'art. 6, comma 3, del decreto, la documentazione non fornita in occasione dell'istruttoria dell'interpello, non integra il disposto degli artt. 32, comma 4, del d.P.R. n. 600/1973 e 52, comma 5, del d.P.R. n. 633/1972 nella parte cui pongono preclusioni alla utilizzabilità a favore del contribuente della notizie e dei dati non addotti, nonché, più in generale, degli atti, dei documenti, dei libri e dei registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'ufficio. Da ultimo, come precisato nel par. 1.2 della circ. con riferimento all'interpello probatorio, si ricorda che nell'istruttoria di questa particolare categoria di istanze, la richiesta di documentazione integrativa è preordinata a rimuovere eventuali dubbi dell'amministrazione tutte le volte in cui la stessa, ai fini della risposta, ritenga necessari ulteriori elementi non forniti in sede di presentazione dell'istanza, mentre non può essere attivata al solo fine di compensare una significativa carenza di elementi probatori nell'originaria istanza. Rinuncia all'istanza. Come detto, integra rinuncia implicita all'istanza la mancata presentazione della documentazione integrativa entro un anno; tuttavia, in pendenza dei termini di istruttoria, il contribuente può presentare istanza di rinuncia espressa ed ottenere la chiusura anticipata del procedimento. Sia in caso di rinuncia implicita che espressa, l'ufficio prende atto ed effettua la relativa notifica o comunicazione al contribuente (circ. 1.4.). La regolamentazione della rinuncia all'interpello è una novità della nuova disciplina, con la precisazione che è il decreto a regolare la rinuncia implicita, mentre è il provvedimento del 4 gennaio 2016 a disciplinare la pronuncia espressa laddove prevede che “in pendenza dei termini di istruttoria dell'interpello, resta ferma la possibilità per i contribuenti di presentare con le modalità consentite la rinuncia espressa all'interpello all'ufficio competente”. La rinuncia è trasmessa con le consuete modalità rituali e, come per l'istanza, si ritiene che debba essere sottoscritta dall'istante o dal suo legale rappresentante o dal procuratore generale o speciale con l'avvertenza che anche in questo caso la procura alla rinuncia – se non contenuta in calce o a margine dell'atto – deve essere a quest'ultimo allegata. Presentata rinuncia espressa, si determina una anticipata chiusura del procedimento senza che la risposta venga resa e senza che – evidentemente – il silenzio assuma significato. Il punto 4.4. del Provv. cit. – con riferimento alla rinuncia implicita, cioè quando la documentazione richiesta non è trasmessa entro un anno dalla data della relativa richiesta – per esigenze di certezza, statuisce che l'ufficio procedente prenda atto della rinuncia all'interpello effettuando la relativa notificazione o comunicazione tempestivamente. Le medesime esigenze di certezza depongono nel senso di ritenere che anche in caso di rinuncia espressa l'ufficio effettui la medesima comunicazione o notificazione al contribuente. Inammissibilità (art. 5 d.lgs. n. 156/2015). Le istanze di interpello sono inammissibili se: a) sono prive dei requisiti di cui alle lettere a) e c) dell'art. 3, comma 1 e, cioè, dei dati identificativi dell'istante ed eventualmente del suo legale rappresentante, compreso il C.F. (a), della circostanziata e specifica descrizione della fattispecie (c); b) non sono presentate preventivamente ai sensi dell'art. 2, comma 2 e, dunque, prima della scadenza dei termini previsti dalla legge per la presentazione della dichiarazione o per l'assolvimento di altri obblighi tributari aventi ad oggetto o comunque connessi alla fattispecie cui si riferisce l'istanza medesima senza che, a tali fini, assumano valenza i termini concessi all'amministrazione per rendere la propria risposta; c) non ricorrono le obiettive condizioni di incertezza ai sensi dell'art. 11, comma 4 l. n. 212/2000; d) hanno ad oggetto la medesima questione sulla quale il contribuente ha già ottenuto un parere, salvo che vengano indicati elementi di fatto o di diritto non rappresentati precedentemente; e) vertono su materie oggetto delle procedure di cui all'art. 31-ter d.P.R. n. 600/1973 (accordi preventivi per le imprese con attività internazionale), di cui all'art. 2, d.lgs. n. 147/2015 (interpello sui nuovi investimenti), e della procedura di cui all'art. 6, d.lgs. n. 128/2015 (procedura abbreviata di interpello preventivo nel regime di adempimento collaborativo); f) vertono su questioni per le quali siano state già avviate attività di controllo alla data di presentazione dell'istanza di cui il contribuente sia formalmente a conoscenza; g) il contribuente, invitato a integrare i dati che si assumono carenti ai sensi del comma 3 dell'art. 3, non provvede alla regolarizzazione nei termini previsti. Si sottolinea che non sussistono obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito applicativo delle disposizioni quando l'amministrazione ha compiutamente fornito la soluzione di fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dall'istante mediante atti resi pubblici nelle forme previste dalla legge. In tal caso l'Agenzia ha l'onere di fornire al contribuente l'indicazione dell'atto nel quale può trovare risposta al quesito e una sintetica descrizione della risposta (circ. 1.4.). Risposta (art. 11, comma 3, l. n. 212/2000). L'amministrazione risponde alle istanze di cui alla lettera a) del comma 1 (interpelli ordinari sia puri che qualificatori) nel termine di novanta giorni e a quelle di cui alle lettere b) e c) del medesimo comma 1 ed a quelle di cui al comma 2 nel termine di centoventi giorni (tutte le altre istanze). La risposta, scritta e motivata, vincola ogni organo della amministrazione con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza e limitatamente al richiedente (ma non vincola il contribuente). Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell'amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente (il contribuente si adeguerà alla soluzione da lui prospettata). Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli. Tale efficacia si estende ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell'amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell'istante. Quindi, la risposta all'interpello ordinario (sia puro che qualificatorio) deve essere notificata o comunicata al contribuente, anche telematicamente, entro 90 giorni (120 per le altre tipologie di interpello) dalla presentazione dell'istanza all'ufficio competente o entro 60 giorni dalla ricezione della eventuale documentazione integrativa (termine unico). Si ritengono tali termini perentori e, come in passato, viene riconfermata la regola del silenzio assenso, già prevista nella precedente formulazione dell'art. 11 dello Statuto, in riferimento all'interpello ordinario ed oggi estesa ad ogni tipologia di interpello. Si argomenta, anzi, che è proprio tale previsione a conferire carattere di perentorietà ai termini di risposta per tutte le tipologie di istanza. Il parere espresso dall'Agenzia non vincola il contribuente, che può decidere di non uniformarsi. Gli uffici dell'Agenzia, invece, salva la possibilità di rettificare il parere, non possono emettere atti impositivi e/o sanzionatori difformi dal contenuto della risposta fornita in sede di interpello, nel presupposto che i fatti accertati coincidano con quelli rappresentati nell'istanza. Se, invece, quanto emerge in sede di controllo non coincide con la descrizione dei fatti contenuta nell'istanza, la risposta all'interpello non produce effetti vincolanti per l'Agenzia. Dunque, la nuova disposizione prevede che l'amministrazione – stante l'immanenza del generale potere di autotutela – ha sempre la possibilità di comunicare al contribuente istante un cambio di orientamento rispetto alla precedente risposta fornita espressamente (risposta rettificativa vera e propria) o consolidatasi per effetto del silenzio (risposta cd. tardiva). Lo Statuto si preoccupa di regolamentare la rettifica essenzialmente al fine di coordinare la nuova risposta con quella precedente sotto il profilo degli effetti. Il citato comma 3 dell'art. 11 prevede, infatti, che gli effetti della risposta all'istanza (su cui si veda il successivo par.) siano in qualche modo interrotti dalla comunicazione da parte dell'amministrazione di un nuovo parere che integra e/o corregge quello precedentemente reso. Lo Statuto specifica che per effetto della comunicazione di una nuova risposta, il contribuente non potrà beneficiare degli effetti del primo parere per i comportamenti da lui posti in essere dopo la comunicazione della risposta rettificativa. Resta comunque confermata la regola secondo cui occorre aver riguardo al momento in cui la rettifica della risposta viene notificata o comunicata al contribuente: ove, infatti, al momento della ricezione della risposta rettificativa, quest'ultimo abbia già posto in essere il comportamento prospettato nell'istanza o dato attuazione alla norma oggetto dell'interpello, comportandosi in senso conforme al parere dell'Agenzia (anche formatosi per effetto del silenzio) sono nulli gli eventuali atti impositivi o sanzionatori fondati sul diverso parere contenuto nella risposta rettificativa; qualora, invece, la nuova risposta sia notificata o comunicata prima che l'istante abbia tenuto il comportamento prospettato o dato attuazione alla norma oggetto dell'interpello, l'Amministrazione finanziaria, in applicazione del parere contenuto nella nuova risposta e disatteso dal contribuente, può recuperare le imposte eventualmente dovute ed i relativi interessi, senza tuttavia, in omaggio al generale principio di tutela dell'affidamento, irrogare le sanzioni (circ. 1.4.). Effetti della presentazione delle istanze (art. 11, comma 5). La mera presentazione dell'istanza non ha effetto sulle scadenze previste dalle disposizioni tributarie, sulla decorrenza dei termini di decadenza e non interrompe o sospende i termini di prescrizione. La pubblicità delle risposte in forma di circolare o risoluzione (art. 11, comma 6). Il nuovo comma 6 del decreto dispone che l'amministrazione provvede alla pubblicazione mediante la forma di circolare o di risoluzione delle risposte rese nei casi in cui: – un numero elevato di contribuenti abbia presentato istanze aventi ad oggetto la stessa questione o questioni analoghe fra loro; – nei casi in cui il parere sia reso in relazione a norme di recente approvazione o per le quali non siano stati resi chiarimenti ufficiali; – nei casi in cui siano segnalati comportamenti non uniformi da parte degli uffici; – in ogni altro caso in cui ritenga di interesse generale il chiarimento fornito. Resta ferma, in ogni caso, la comunicazione della risposta ai singoli istanti. La descritta novità codifica le ipotesi in cui l'amministrazione provvede a dare pubblicità – in omaggio alle esigenze di trasparenza dell'azione amministrativa, correttamente temperate dall'esigenza di assicurare la certezza del diritto – alle risposte fornite in sede di interpello, dettando una regola di comportamento. Come ricordato anche nella circ. 1 aprile 2016, n. 9/E, la pubblicazione delle risposte costituisce attività soggetta a valutazione da parte della Direzione Centrale, restando sostanzialmente preclusa alle Direzioni regionali al fine di garantire un costante monitoraggio (istituzionalmente assegnato alle Direzioni centrali) sulla uniforme interpretazione ed applicazione delle norme sul territorio nazionale. In tale ottica, il provv. 4 gennaio 2016, prot. n. 27 stabilisce che le Direzioni regionali debbano inoltrare l'istanza per la lavorazione da parte della Direzione centrale tutte le volte in cui ritengano che la risposta potrebbe essere soggetta a pubblicità ai sensi dell'art. 11, comma 6, dello Statuto (2.6) e che le Direzioni Regionali possono comunque inoltrare alla Direzione Centrale competente le istanze ricevute nei casi di maggiore complessità o incertezza della soluzione (2.7). Uniformandosi alla prassi, la novella ha disposto che resta ferma, in ogni caso, la comunicazione della risposta ai singoli istanti; dunque, la pubblicazione della risposta non esime l'amministrazione dal provvedere alla ordinaria comunicazione della medesima a ciascuno dei contribuenti istanti; ciò anche al fine di consentire che rispetto questi ultimi, individualmente, si producano gli effetti propri della risposta all'interpello (come meglio chiarito nella circ. al par. n. 5, di cui più avanti). A partire dall'1 settembre 2018 le risposte alle istanze di interpello saranno pubblicate on line. La pubblicità riguarderà i vari tipi di interpello ammissibili previsti dallo Statuto del Contribuente – ordinario, probatorio, antiabuso e disapplicativo –, gli interpelli relativi ai nuovi investimenti, le risposte alle istanze di consulenza giuridica esterna di cui alla Circolare 5 agosto 2011, n. 42/E. Il provv. dell'Agenzia 7 agosto 2018, prot. n. 185630, in attuazione del principio di trasparenza, ha disposto che le strutture centrali dell'Agenzia delle Entrate provvedono a dare pubblicità alle risposte alle istanze di interpello, ammissibili, ed alle istanze di consulenza giuridica esterna (provv. 1.1); se le risposte agli interpelli e alle istanze di consulenza giuridica contengono chiarimenti interpretativi nuovi oppure modificano un precedente orientamento o garantiscono più uniformità di comportamento, si provvederà alla loro pubblicazione sotto forma di circolare o di risoluzione (provv. 1.2); è garantita la pubblicità dei soli principi di diritto espressi nella risposta, omettendo qualsiasi riferimento anche alla fattispecie oggetto del quesito, quando la pubblicazione possa recare pregiudizio concreto ad un interesse pubblico o privato, considerato prevalente e relativo, tra l'altro, al mercato, alla concorrenza, al diritto alla protezione dei dati personali, alla proprietà intellettuale, al diritto d'autore e al segreto commerciale (provv. 1.3). Non sono pubblicate, invece, le risposte fornite agli interpelli riguardanti l'esercizio dell'opzione per l'imposta sostitutiva sui redditi prodotti all'estero realizzati dalle persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia (art. 24-bis del TUIR - d.P.R. n. 917/1986). Infatti, ciò configurerebbe un'ipotesi di violazione del diritto alla protezione dei dati personali e, inoltre, non sarebbe utile per individuare un principio di diritto di interesse per gli altri contribuenti (provv. 1.4) Al punto 2.1, del provv. è prevista la pubblicità “in sintesi” anche alle istanze di interpello relative ai nuovi investimenti (art. 2, d.lgs. n. 147/2015), che abbiano interesse generale, in attuazione del comma 5 del medesimo art. 2. Le circolari e le risoluzioni di cui ai punti 1.2. e 1.3. sono pubblicate nella banca dati del servizio di documentazione economica e finanziaria, oltre che nel sito internet dell'Agenzia delle entrate. Le risposte alle istanze di cui al punto 1.1. ed i documenti di sintesi di cui al punto 2.1. sono pubblicate in un'apposita sezione del sito internet dell'Agenzia dell'entrate. La pubblicazione è prevista dal Provvedimento con riferimento alle risposte rese dalle sole strutture centrali dell'Agenzia, considerando che, sulla base delle indicazioni contenute nel Provvedimento 4 gennaio 2016, prot. n. 27 cit. e delle numerose istruzioni di servizio impartite agli uffici Consulenza delle Direzioni regionali, queste ultime devono trasmettere alle strutture centrali le istanze presentate in tutti i casi in cui il quesito verta su fattispecie per le quali non sussistano precedenti di prassi, nonché nei casi di incertezza e complessità. La trattazione delle istanze di interpello a cura delle strutture regionali è, infatti, limitata alle ipotesi in cui le Direzioni Centrali competenti si siano già pronunciate sulla fattispecie oggetto del quesito. I nuovi rafforzati obblighi di trasparenza contenuti nel Provvedimento rendono quanto mai essenziale che trovino puntuale applicazione le predette regole di riparto di competenze tra le strutture regionali e quelle centrali dell'Agenzia in materia di istanze di interpello e consulenza giuridica. In dettaglio, il Provvedimento 4 gennaio 2016, prot. n. 27: 2.6. Le Direzioni Regionali inoltrano comunque alla Direzione Centrale competente le istanze per le quali ritengono che la risposta sia soggetta a pubblicazione ai sensi dell'art. 11, comma 6, della l. n. 212/2000, recante lo Statuto dei diritti del contribuente; 2.7. Le Direzioni Regionali possono comunque inoltrare alla Direzione Centrale competente le istanze ricevute nei casi di maggiore complessità o incertezza della soluzione; 2.8. Per le istanze trasmesse dalle Direzioni regionali ai sensi dei precedenti punti 2.6 e 2.7, le Direzioni Centrali competenti forniscono direttamente la risposta al contribuente e, ove sussistono i presupposti, provvedono alla pubblicazione della medesima in forma di risoluzione o circolare. La trasmissione di un'istanza alla Direzione Centrale effettuata ai sensi dei punti 2.6. e 2.7 non ha effetto sul decorso dei termini per la risposta al contribuente. Gli effetti della risposta all'interpello sull'attività di accertamento. Come già esposto, la risposta, scritta e motivata, vincola “ogni organo” dell'amministrazione “con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza” “e limitatamente al richiedente” (cioè vincola l'amministrazione e limitatamente al richiedente, mentre quest'ultimo non è vincolato); sono nulli eventuali atti a contenuto impositivo e/o sanzionatorio difformi dalla risposta (ivi compreso il “silenzio”) e si estende, salva la possibilità di rettifica, ai “comportamenti successivi del contribuente” purché “riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello”, come accade soprattutto con riferimento alle fattispecie suscettibili di ripetersi nel tempo. Ne consegue che: – ferma restando l'attività di controllo in ordine alla corrispondenza tra la fattispecie astrattamente descritta dal contribuente nell'istanza e quella concreta riscontrabile in sede di verifica, i principi contenuti nella risposta inibiscono la possibilità di sollevare rilievi già in sede ispettiva, sia da parte dell'Agenzia che da parte della Guardia di Finanza; – la risposta produce gli effetti sopra menzionati solo nei limiti tracciati dalla richiesta della parte e dal tenore della risposta fornita; questo chiarimento assume particolare importanza con riferimento ai nuovi interpelli antiabuso per i quali, come sopra detto, sarà onere del contribuente individuare puntualmente, oltre che le norme di riferimento, più in generale anche il settore impositivo o i settori rispetto ai quali l'operazione pone dubbi. Risulta del tutto evidente che la risposta dell'amministrazione, anche con riferimento alla rilevanza dell'esimente in presenza di operazioni che integrano i presupposti per l'abuso, produce effetto esclusivamente in relazione alle questioni sollevate dal contribuente con riferimento ad uno specifico comparto ed a determinate disposizioni di legge, con la conseguenza che non saranno precluse possibili contestazioni della medesima operazione a diversi fini impositivi; – la risposta produce gli effetti tipici solo per il contribuente istante; cioè l'amministrazione è vincolata dalla risposta data ma solo per quel contribuente; detta precisazione appare di fondamentale importanza nelle ipotesi in cui la risposta all'istanza di interpello sia resa pubblica mediante risoluzione o circolare in quanto, mentre per il destinatario della risposta i chiarimenti ivi contenuti determinano la nullità degli impositivi e/o sanzionatori difformi, per la generalità dei contribuenti si configura l'ipotesi di cui all'art. 10, comma 2, dello Statuto secondo cui, ferma restando la debenza del tributo, “Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima [...]”. Segnalazioni. A fronte della eliminazione di diverse forme di interpello obbligatorio, in ragione dell'eccessiva onerosità dell'adempimento del contribuente in relazione ai benefici garantiti all'amministrazione, e della conseguente facoltà concessa al contribuente di accertare autonomamente la sussistenza dei presupposti che giustificano l'applicazione di un regime diverso da quello ordinario, vi è il rischio di un affievolimento del controllo dell'amministrazione su situazioni connotate da rischio, anche in relazione ai possibili effetti negativi sui saldi della finanza pubblica. Non bisogna dimenticare che in passato la previsione dell'obbligo di presentare un interpello in relazione a determinate fattispecie era strumentale ad assicurare un monitoraggio preventivo dell'amministrazione in dette ipotesi pericolose (si pensi alle istanze presentate dalle società che non superano i test di operatività stabiliti dalla legge). Proprio al fine di evitare questo rischio il legislatore ha introdotto comunque un obbligo di segnalazione in dichiarazione, finalizzato a consentire comunque la “disclosure” del contribuente che non abbia presentato istanza di interpello o che, pur avendola presentata, non si sia adeguato alla risposta negativa fornita dall'amministrazione (cfr. circ.). La segnalazione riguarda: a) in alcuni casi, la semplice circostanza della avvenuta presentazione dell'istanza o meno; così è per le istanze ex art. 124, comma 5, TUIR per la prosecuzione del consolidato nazionale, per le istanze ex art. 132 TUIR di accesso al consolidato mondiale e per le istanze delle società non operative ed in perdita sistematica, sia ai fini delle imposte sui redditi, che ai fini IRAP e IVA; b) in altri casi, più puntuali indicazioni previste direttamente dalla norma; così, per le istanze collegate alla detenzione di partecipazioni in Paesi a fiscalità privilegiata, è prevista l'indicazione della percezione di utili (art. 47, comma 4 TUIR ed 89, comma 3, TUIR), della percezione di plusvalenze derivanti dalla cessione delle predette partecipazioni (art. 68, comma 4, del TUIR 87, comma 1, lettera c) del TUIR) e della mera detenzione di partecipazioni; è altresì prevista l'indicazione della detenzione della partecipazione in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata o in Stati appartenenti all'Unione europea o aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni al ricorrere delle condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 8-bis dell'articolo 167; c) in altri ancora, oltre alla circostanza che sia stata o meno presentata l'istanza di interpello, una serie di ulteriori elementi informativi individuati dal provvedimento di approvazione del Modello UNICO SC 2016 (ad es., istanze di cui all'art. 113 TUIR, sulla disciplina ACE). Trattamento sanzionatorio. A garanzia dell'effettività del quadro tracciato dal decreto, il legislatore è intervenuto in sede di modifica del sistema sanzionatorio amministrativo (d.lgs. n. 158/2015) al fine di individuare fattispecie sanzionatorie specificamente correlate alle novità introdotte in sede di interpello. Dette fattispecie riguardano, nello specifico: – l'obbligo di presentazione dell'istanza, ai sensi del comma 2 dell'art. 11 dello Statuto; – gli obblighi di segnalazione introdotti dall'articolo 7 del decreto nelle disposizioni sostanziali oggetto delle singole tipologie di interpello. Il nuovo comma 7-ter dell'art. 11 del d.lgs. n. 471/1997 prevede che la mancata presentazione dell'istanza, ove obbligatoria, è punita con una sanzione amministrativa ricompresa tra 2.000 e 21.000 €; la medesima sanzione è applicata in misura raddoppiata qualora l'amministrazione, in sede di accertamento, disconosca la spettanza della disapplicazione. L'istituto del ravvedimento operoso è esclusa. Pur in assenza di un'espressa previsione in tal senso, va esclusa la possibilità di applicare l'istituto del ravvedimento operoso di cui all'art. 13 del d.lgs. n. 472/1997 in ragione del carattere obbligatorio e preventivo dell'interpello de qua che rende del tutto irrilevante la presentazione di un'istanza da parte di un contribuente che abbia già autonomamente provveduto a disapplicare la disposizione. Con riferimento alla mancata segnalazione degli elementi richiesti, come delineati nel paragrafo precedente, i nuovi commi 3-ter, 3-quater e 3-quinquies dell'art. 8 del decreto n. 471/1997 prevedono: – l'irrogazione di una sanzione amministrativa pari al 10% dei dividendi e delle plusvalenze conseguiti dal soggetto residente e non indicati, con un minimo di 1.000 € ed un massimo di 50.000 €, quando l'omissione o l'incompletezza della segnalazione riguarda le componenti di cui all'art. 47, comma 4, 68, comma 4, 87, comma 1, lettera c) e 89, comma 3, del TUIR; – l'irrogazione di una sanzione amministrativa pari al 10% del reddito conseguito dal soggetto estero partecipato e imputabile nel periodo d'imposta, anche solo teoricamente, al soggetto residente in proporzione alla partecipazione detenuta, con un minimo di 1.000 €ed un massimo di 50.000 € (per espressa previsione di legge, la sanzione nella misura minima si applica anche nel caso in cui il reddito della controllata estera sia negativo) quando l'omissione o l'incompletezza della segnalazione riguarda la detenzione di partecipazione di cui all'art. 167 del TUIR; – l'irrogazione di una sanzione fissa di importo compreso tra 2.000 e 21.000 € per tutte le altre segnalazioni. A differenza di quanto previsto per la sanzione di cui al comma 7-ter dell'articolo 11 del d.lgs. n. 471/1997, per le sanzioni di cui ai commi 3-ter e seguenti dell'art. 8 il contribuente può invece attivarsi per la correzione dell'errore e/o dell'omissione attivando l'istituto del ravvedimento operoso già entro 90 giorni dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione, ai sensi dell'art. 13, comma 1, lettera a-bis) del d.lgs. n. 472/1997. |