Atto di disconoscimento di scrittura privataInquadramentoAnche nel processo tributario possono prodursi scritture private, documenti, cioè, che contengono la sottoscrizione dell'autore di esse, sempre che questi sia un privato e non un pubblico ufficiale il quale operi nell'esercizio delle sue funzioni, nel qual caso la scrittura ha natura di atto pubblico. L'efficacia probatoria della scrittura privata è disciplinata dall'art. 2702 c.c., il quale stabilisce che essa fa piena prova della provenienza da chi l'ha sottoscritta nonché delle dichiarazioni in essa contenute, salvo che colui contro il quale la scrittura è prodotta in giudizio non disconosca formalmente la sottoscrizione o (ipotesi che qui non viene approfondita) la scrittura. In conseguenza del disconoscimento, che va effettuato con la prima difesa successiva alla produzione (v. art. 215 c.p.c.), la scrittura privata rimane priva di ogni efficacia probatoria, se la parte che l'ha prodotta non dà corso al procedimento di verificazione. L'efficacia probatoria privilegiata della scrittura privata riconosciuta ex art. 2702 c.c. si riferisce peraltro solo alla provenienza di essa da colui che l'ha sottoscritta, e non anche alla veridicità del contenuto, che può essere contrastata con ogni mezzo di prova. Nel processo tributario, in altri termini, in forza del rinvio operato dal d.lgs. n. 546/1992, art. 1 comma 2, alle norme del codice di procedura civile, trova applicazione l'istituto di cui all' art. 214 c.p.c. e ss., con la conseguenza che, in presenza del disconoscimento della firma - la cui tempestività, in forza della struttura del giudizio tributario, deve valutarsi con riferimento alla proposizione del ricorso con cui è impugnato l'atto impositivo fondato sulla scrittura privata - il giudice ha l'obbligo di accertare l'autenticità delle sottoscrizioni, altrimenti non utilizzabili ai fini della decisione, ed a tale accertamento procede ove ricorrano le condizioni per l'esperibilità della procedura di verificazione (Cass., sez. trib., n. 7689/2020). Legittimato al disconoscimento è colui al quale il documento è attribuito, ossia chi si assume esserne autore, contro cui la produzione è effettuata. Non trova applicazione il disconoscimento, viceversa, nei confronti delle scritture provenienti da terzi, che sono prive di efficacia probatoria piena e possono essere oggetto di contestazione delle parti in causa e di libero apprezzamento del giudice. È importante sottolineare che il disconoscimento del documento può essere effettuato direttamente dal difensore (a differenza, ad esempio, della querela di falso), senza che occorra un apposito mandato. La giurisprudenza ribadisce stabilmente che per i fini del riconoscimento non occorrono formule sacramentali. Deve essere però chiara la volontà di negare la scrittura o la sottoscrizione. FormulaCORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO/SECONDO GRADO DI .... ATTO DI DISCONOSCIMENTO DI SCRITTURA PRIVATA Nella causa n. .... / .... R.G. PROMOSSA DA: .... con l'Avv. .... CONTRO .... con l'Avv. .... All'udienza 1 del ...., ad ore .... è comparso l'Avv. .... 2 , difensore di .... Sono altresì presenti .... A questo punto l'Avv. .... in rappresentanza del proprio assistito dichiara di disconoscere formalmente il doc. 3 .... prodotto dalla controparte, negando in particolare che la sottoscrizione siano quelle del proprio assistito. L'Avv. ...., difensore di ...., chiede a questo punto rinvio per conferire con il proprio cliente, al fine di valutare se proporre istanza di verificazione. La Corte, dato atto, rinvia per la prosecuzione all'udienza del .... ad ore .... Il presidente [1] Viene qui contemplata l'ipotesi del disconoscimento effettuato in udienza. È però possibile che, prodotto il documento unitamente all'atto introduttivo del giudizio, il disconoscimento debba essere contenuto nella comparsa di costituzione. [2] Si fa qui l'ipotesi più comune che la parte sia difesa da un avvocato. È d'obbligo rammentare che le parti diverse dall'amministrazione nei cui confronti è proposto ricorso devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato che, però, non necessariamente dev'essere un avvocato. In tal senso dispone l'art. 12 d.lgs. n. 546/1992, recante disposizioni sul processo tributario, il quale individua i soggetti abilitati (dottori commercialisti, ragionieri, periti commerciali, consulenti del lavoro purché non dipendenti dall'amministrazione pubblica; inoltre ingegneri, architetti, geometri, i periti edili, i dottori in agraria, gli agronomi e i periti agrari, per alcune materie; nonché ulteriori soggetti, che è superfluo qui menzionare). Ai detti difensori deve essere conferito l'incarico con atto pubblico o con scrittura privata autenticata od anche in calce o a margine di un atto del processo, nel qual caso la sottoscrizione autografa è certificata dallo stesso incaricato. All'udienza pubblica l'incarico può essere conferito oralmente e se ne dà atto a verbale. L'ufficio del Ministero delle finanze, nel giudizio di secondo grado, può essere assistito dall'Avvocatura dello Stato. Le controversie di valore inferiore a € 2.582,28, nonché i ricorsi di cui all'art. 10 d.P.R. n. 787/1980, possono essere proposti direttamente dalle parti interessate. I soggetti in possesso dei requisiti richiesti per esercitare la difesa possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza di altri difensori. Tra i soggetti esentati dalla difesa tecnica non è compreso il concessionario del servizio di riscossione tributi, non rientrando quest'ultimo tra i soggetti che, ai sensi del comma primo dell'art. 12 citato e dei principi generali desumibili dall'art. 82 c.p.c., hanno titolo a stare in giudizio senza l'ausilio di un difensore abilitato, e non essendo tali disposizioni suscettibili di interpretazione estensiva, in quanto poste in deroga all'obbligo generale della difesa tecnica (Cass., n. 21459/2009). Né le regole che precedono si applicano al ricorso per cassazione contro le decisioni delle Corti di giustizia tributaria, per il quale occorre il patrocinio di un avvocato iscritto nell'apposito albo e munito di procura speciale (Cass., sez. trib., n. 8918/2003; Cass. trib., n. 8024/2011). [3] Occorre individuare con esattezza il documento che si intende disconoscere, e manifestare in modo inequivoco la volontà di effettuare il disconoscimento, ossia di negare formalmente la riferibilità a sé della sottoscrizione. CommentoNel processo tributario, in forza del rinvio operato dall'art. 1, comma 2 d.lgs. n. 546/1992 alle norme del codice di procedura civile, trova applicazione l'istituto di cui all'art. 214 c.p.c. e ss., con la conseguenza che, in presenza del disconoscimento della firma – la cui tempestività deve valutarsi con riferimento alla proposizione del ricorso con cui è impugnato l'atto impositivo fondato sulla scrittura privata – il giudice ha l'obbligo di accertare l'autenticità delle sottoscrizioni, altrimenti non utilizzabili ai fini della decisione, ed a tale accertamento procede ove ricorrano le condizioni per l'esperibilità della procedura di verificazione, attivando, in caso positivo, i poteri istruttori nei limiti delle disposizioni speciali dettate per il contenzioso tributario (Cass., sez. trib., n. 13333/2019, che in applicazione del principio, ha ritenuto tardivo il disconoscimento della firma per girata apposta su un assegno effettuato solo in sede di udienza di trattazione). Nel giudizio tributario, la parte che abbia prodotto una scrittura privata, la cui sottoscrizione sia stata tempestivamente disconosciuta da colui che ne appare l'autore, contro il quale è prodotta, non può avvalersene, come prova della propria pretesa, in mancanza di verificazione a norma dell'art. 216 c.p.c., ammissibile anche nel processo tributario, previa sospensione di questo ai sensi degli artt. 1, comma 2, e 39 d.lgs. n. 546/1992 (Cass., sez. trib., n. 6184/2006, che ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, la quale – a fronte del disconoscimento da parte del contribuente della sottoscrizione apposta in calce alla domanda di condono fiscale sulla cui base era stata emessa la cartella di pagamento impugnata – aveva ritenuto che detto disconoscimento non fosse sufficiente a rendere inefficace la richiesta di condono, essendo altresì necessaria, a tale scopo, la prova che la presentazione di questa fosse avvenuta contro la volontà dell'apparente firmatario o a sua insaputa. La S.C. ha peraltro precisato che il principio in massima non esclude che la pretesa fiscale possa essere altrimenti provata, anche in base ad indizi e presunzioni, la cui valenza rimane affidata all'apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in cassazione se adeguatamente motivato). Bisogna tener presente, in materia, che la querela di falso ed il disconoscimento della scrittura privata sono istituti preordinati a finalità diverse e del tutto indipendenti fra loro, in quanto il primo postula l'esistenza di una scrittura riconosciuta, della quale si intende eliminare l'efficacia probatoria attribuitale dall'art. 2702 c.c., mentre l'altro, investendo la stessa provenienza del documento, mira ad impedire che la scrittura acquisti detta efficacia, e si risolve in un'impugnazione vincolata da forme particolari, volta a negare l'autenticità del documento che si assume contraffatto. La scrittura privata deriva infatti la sua efficacia dal riconoscimento, espresso o tacito, che ne faccia il soggetto contro il quale essa è prodotta; quest'ultimo, pertanto, ove voglia impedire tale riconoscimento e contesti il documento, deve operarne il disconoscimento, che pone a carico della controparte l'onere di dimostrare, in contrario, che la scrittura non è stata contraffatta e proviene invece effettivamente dal suo autore apparente (Cass., sez. trib., n. 1572/2007, che ha accolto il ricorso avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria, la quale, a fronte del disconoscimento, da parte del contribuente, della sottoscrizione di un contratto di affitto, aveva affermato che sarebbe stato necessario proporre querela di falso, anziché porre a carico dell'Ufficio l'onere di chiedere la verificazione). |