Istanza del consulente tecnico d'ufficio per la liquidazione del compenso

Mauro Di Marzio

Inquadramento

Il d.P.R. n. 115/2002, recante il testo unico sulle spese di giustizia, dedica il titolo VII della parte II, artt. 49 ss. d.P.R. n. 115/2002, agli ausiliari del magistrato – la norma si riferisce non soltanto al giudice civile o penale, ma anche al pubblico ministero, come è chiarito all'art. 3, comma 1, lett. a), del testo unico – nel processo civile, ed altresì in quello penale, amministrativo, contabile e tributario.

La disciplina, in generale, riprende ed in massima parte ricalca quella già dettata dalla l. n. 319/1980 (cui rinvia l'art. 7 d.lgs. n. 546/1992, rinvio da intendersi oggi appunto riferito al testo unico sulle spese di giustizia), di cui il testo unico, all'art. 299, ha disposto l'abrogazione, eccezione fatta per l'art. 4, in tema di determinazione dell'onorario commisurato al tempo.

La definizione degli ausiliari del magistrato, tuttavia, è già premessa all'art. 3, comma 1, lett. n), d.P.R. n. 115/2002, che li identifica, per i fini del testo unico e se non diversamente ed espressamente indicato: a) nel perito; b) nel consulente tecnico; c) nell'interprete; d) nel traduttore; e) in qualunque altro soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all'ufficio può nominare a norma di legge. Quest'ultimo riferimento, di amplissima portata, assume significativo rilievo innovativo rispetto alla disciplina previgente dettata dalla citata l. n. 319/1980, volta a regolare i compensi spettanti esclusivamente ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori: esso, infatti, consente di ritenere, come si ripeterà in chiusura di capitolo, che il testo unico si applichi anche a quell'ampia ed eterogenea categoria di figure di ausiliari alle quali la legge del 1980 era ritenuta estranea.

Le spettanze degli ausiliari sono elencate, nel complesso, all'art. 49, comma 1, d.P.R. n. 115/2002 e sono: a) l'onorario; b) l'indennità di viaggio e di soggiorno; c) le spese di viaggio; d) le spese per l'adempimento dell'incarico. Il comma 2 dello stesso articolo, poi, soggiunge, sulla scia della previsione già dettata dall'art. 1 comma 2 l. n. 319/1980, che: «Gli onorari sono fissi, variabili e a tempo».

Sono onorari fissi quelli previsti a compenso di accertamenti standardizzati, riguardo ai quali il giudice non possiede alcun margine di discrezionalità. Sono onorari variabili quelli previsti a compenso di accertamenti non standardizzabili, i quali, secondo i casi, possono richiedere all'ausiliare un'opera più o meno duratura ed impegnativa. Gli onorari variabili si suddividono a loro volta in due diverse specie. Può accadere, talora, che l'impegno richiesto sia naturalmente commisurato al valore economico pertinente all'accertamento da compiere, nel qual caso l'onorario è stabilito in percentuale. In altri casi la variabilità dell'impegno necessario all'esecuzione dell'incarico peritale dipende dalle circostanze del caso, sicché l'onorario è stabilito in un minimo ed un massimo. Sono onorari a tempo quelli previsti a compenso di accertamenti il cui impegno si valuta, appunto, in proporzione al tempo che l'ausiliario impiega per il loro espletamento.

Tanto nel quadro di applicazione della previgente l. n. 319/1980 che delle tabelle attualmente vigenti, il ricorso alla liquidazione a vacazione, mediante gli onorari a tempo, possiede carattere residuale e, cioè, in tanto trova applicazione in quanto non ricorrano i presupposti per fare applicazione delle tabelle. Difatti, la precedente legge, all'art. 3, stabiliva che gli onorari fissi e quelli variabili si applicano anche per le prestazioni analoghe a quelle espressamente previste nelle tabelle ed aggiungeva all'art. 4, che per le prestazioni non previste nelle tabelle e per le quali non fosse applicabile l'articolo precedente gli onorari dovevano commisurarsi al tempo impiegato. L'attuale normativa non contiene più né la previsione dell'applicazione analogica delle tabelle né quella della residualità della liquidazione a tempo.

Si ricordi che nella determinazione degli onorari spettanti ai consulenti va applicato il criterio delle vacazioni, anziché quello a percentuale, non solo quando manca una specifica previsione della tariffa, ma altresì quando, in relazione alla natura dell'incarico e al tipo di accertamento richiesti al giudice, non sia logicamente giustificata e possibile un'estensione analogica delle ipotesi tipiche di liquidazione secondo il criterio della percentuale. La decisione di liquidare gli onorari a tempo e non a percentuale – comunque – è incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivata (Cass. II, n. 8359/2012).

Quanto alla liquidazione, il principio della soccombenza, nei rapporti tra le parti, si applica alle spese di consulenza tecnica d'ufficio. L'onere delle spese di consulenza tecnica, cioè, non si sottrae alla comune disciplina delle spese processuali di cui all'art. 91 c.p.c., e, pertanto, la parte che le abbia anticipate e che in esito al giudizio di merito, sia risultata definitivamente vittoriosa ha diritto ad ottenerne il rimborso, salva la facoltà di compensazione attribuita al giudice dall'art. 92 c.p.c. (Cass. II, n. 425/1963; Cass. II, n. 1180/1973, e la giurisprudenza successiva). Nei rapporti tra le parti e il CTU, invece, il compenso è solidalmente dovuto indipendentemente dalla soccombenza, perfino se la relazione è inservibile (Cass. I, n. 573/1973; Cass. I, n. 6199/1996; Cass. II, n. 23586/2008).

Formula

CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI ....

ISTANZA DEL CONSULENTE TECNICO D'UFFICIO PER LA LIQUIDAZIONE DEL COMPENSO

Il sottoscritto Dott. ...., nominato consulente tecnico d'ufficio nel giudizio iscritto al n. .... R.G., vertente tra .... ed avente ad oggetto ....;

ESPONE

-) ha tempestivamente depositato la consulenza tecnica in data ...., nel rispetto del termine assegnato da codesta Corte di giustizia tributaria;

.... 1 ;

CHIEDE

ai sensi dell'art. 83 d.P.R. n. 115/2002, che la Corte di giustizia tributaria voglia liquidare il compenso spettante.

A tal fine, deposita l'allegata nota degli onorari e delle spese.

Luogo e data ....

Il Consulente tecnico d'ufficio ....

[1] [1]Esporre sinteticamente gli aspetti rilevanti per i fini della quantificazione del compenso spettante.

Commento

L'art. 71 d.P.R. n. 115/2002, sotto la rubrica: «Domanda di liquidazione e decadenza del diritto per testimoni, ausiliari del magistrato e aventi titolo alle trasferte», stabilisce, per quanto qui rileva, che le spettanze degli ausiliari «sono corrisposte a domanda degli interessati, presentata all'autorità competente ai sensi degli artt. 165 e 168». L'art. 165 citato stabilisce che la liquidazione delle spese disciplinate nel testo unico è sempre effettuata con ordine di pagamento del funzionario addetto all'ufficio se non espressamente attribuita al magistrato. L'art. 168 citato dispone però che: «La liquidazione delle spettanze agli ausiliari del magistrato e dell'indennità di custodia è effettuata con decreto di pagamento, motivato, del magistrato che procede». E l'art. 171 d.P.R. n. 115/2002 soggiunge che: «Il decreto di pagamento emesso dal magistrato costituisce titolo di pagamento della spesa in tutte le fattispecie previste dal presente testo unico». Ciò significa, oltre al provvedimento del magistrato non occorre, in questo caso, un ulteriore provvedimento del funzionario.

In base alla disciplina di cui all'art. 56, comma 3, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ai fini del rimborso delle spese sostenute dal consulente tecnico d'ufficio per le attività strumentali svolte dal prestatore d'opera di cui sia stato autorizzato ad avvalersi, non è necessario che il consulente abbia già corrisposto il compenso al suo collaboratore, atteso che la stessa modalità di liquidazione prevista dalla legge di detto esborso implica necessariamente il pagamento ad avvenuta liquidazione da parte del giudice (Cass. II, n. 18906/2020).

Tornando alla domanda di liquidazione, essa, ai sensi dell'art. 71 comma 2 già menzionato, è presentata, «a pena di decadenza»:

-) trascorsi cento giorni dal compimento delle operazioni per gli onorari e le spese per l'espletamento dell'incarico degli ausiliari del magistrato; il compimento delle operazioni va fissato al momento del deposito della relazione da parte dell'ausiliare;

-) trascorsi duecento giorni dalla trasferta (cioè: dal rientro dalla trasferta), per le spese e indennità di viaggio e soggiorno degli ausiliari del magistrato.

La disciplina così introdotta va di pari passo con l'abrogazione, ad opera dell'art. 299 d.P.R. n. 115/2002, dell'art. 24 r.d. n. 1043/1923, che sottoponeva il diritto alla percezione degli onorari ed alle altre indennità ad un termine di prescrizione di cento giorni, ritenuto vigente dalla giurisprudenza fino all'entrata in vigore della nuova normativa. Sorge, qui, il problema del significato da attribuire all'espressione «a pena di decadenza», la quale trova ulteriore specificazione nella rubrica della norma, riferita alla «decadenza del diritto». Ebbene, la decadenza, ai sensi dell'art. 2969 c.c., non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, salvo che, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti, il giudice non debba rilevare le cause d'improponibilità dell'azione. Quest'ultima disposizione appare modellata su un processo contenzioso, il quale metta la parte interessata in condizione di far valere la decadenza. Ciò sta a significare che il giudice, in presenza di una domanda di liquidazione del compenso formulata oltre il decorso di cento giorni dal deposito della relazione, non ha il potere di rilevare la decadenza, la quale, d'altronde, non può in questa fase essere eccepita, almeno di regola, giacché l'ordinamento non prevede che detta domanda debba essere portata a conoscenza delle parti, né istituisce un meccanismo che consenta a queste ultime di interloquire sul punto.

L'art. 71 citato, infine, conclude stabilendo che: «In caso di pagamento in contanti l'importo deve essere incassato, a pena di decadenza, entro duecento giorni dalla ricezione dell'avviso di pagamento di cui all'art. 177». Quest'ultima norma si riferisce agli adempimenti degli uffici che dispongono il pagamento e, dunque, trova applicazione per i pagamenti a carico dell'erario, sicché è di regola estranea al compenso liquidato in sede civile agli ausiliari del giudice.

Il provvedimento di liquidazione ha forma di decreto motivato (art. 168 d.P.R. n. 115/2002, sulla scia dell'art. 11, comma 1, l. n. 319/1980). Ciò vuol dire che il giudice, in sede di liquidazione, deve rendere palesi, sia pur con la opportuna sintesi, le ragioni che determinano, in concreto, la quantificazione del complessivo compenso, tenuto conto sia dei margini di discrezionalità connaturati alla liquidazione degli onorari variabili, sia dei criteri correttivi delle previsioni tabellari in alto e in basso, sia del potere-dovere di individuare le spese rimborsabili ed escludere quelle superflue.

Il decreto è adottato dal «magistrato che procede». Nel caso che la consulenza sia disposta in sede collegiale, è da credere che il provvedimento di liquidazione ben possa essere assunto dal presidente.

Una volta emesso, il decreto va comunicato all'ausiliare e alle parti, intendendosi con ciò le sole parti costituite, in ossequio alla regola generale stabilità dall'art. 170 c.p.c. Nell'ambito delle parti costituite non va distinto tra le parti onerate del pagamento in forza del decreto di liquidazione e le altre parti: la comunicazione spetta cioè, oltre che all'ausiliare, a tutte le parti costituite, le quali, del resto, sono tutte interessate alla quantificazione del compenso che solo in sede di statuizione conclusiva verrà definitivamente posto a carico dell'una o dell'altra parte.

Il comma 2 del citato art. 168 stabilisce poi che il decreto «è titolo provvisoriamente esecutivo». L'art. 11 l. n. 319/1980 disponeva invece che: «Nei procedimenti civili il decreto di liquidazione costituisce titolo provvisoriamente esecutivo nei confronti della parte a carico della quale è posto il pagamento». Dunque, la vecchia normativa imponeva espressamente al giudice di individuare la parte provvisoriamente tenuta al pagamento, mentre la nuova normativa nulla dispone al riguardo. È tuttavia da ritenere che anche attualmente il giudice debba indicare la parte provvisoriamente onerata del carico delle spese, in applicazione anzitutto della regola generale secondo la quale ciascuna parte è tenuta ad anticipare le spese processuali quando l'anticipazione è posta a suo carico dalla legge o dal magistrato (art. 8, comma 1 d.P.R. n. 115/2002; in precedenza v. art. 90 c.p.c.): e, poiché la legge non stabilisce chi debba anticipare le spese in questione, deve di necessità provvedervi il giudice. Ed inoltre, l'individuazione della parte onerata è da ritenere indispensabile poiché connaturata alla natura di titolo esecutivo del decreto di liquidazione.

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