Reclamo al collegio nell'ipotesi di interruzione del processo

Mauro Di Marzio

Inquadramento

L'art. 41 d.lgs. n. 546/1992, sotto la rubrica: «Provvedimenti sulla sospensione e sull'interruzione del processo», stabilisce, per quanto interessa qui, che l'interruzione è disposta dal presidente della sezione con decreto o dalla Corte di giustizia tributaria con ordinanza, e che avverso il decreto del presidente (ma ovviamente non contro l'ordinanza della Corte di giustizia tributaria) è ammesso reclamo a sensi dell'art. 28, secondo il quale contro i provvedimenti del presidente è ammesso reclamo da notificare alle altre parti costituite (nelle forme degli artt. 137 ss. c.p.c. ovvero a mezzo del servizio postale ovvero a mezzo consegna dell'atto all'impiegato addetto dell'ufficio del Ministero delle finanze oppure dell'ente locale) entro il termine perentorio di giorni trenta dalla loro comunicazione da parte della segreteria. Il reclamante, nel termine perentorio di quindici giorni dall'ultima notificazione, a pena d'inammissibilità rilevabile d'ufficio, effettua il deposito nelle forme previste. Nei successivi quindici giorni dalla notifica del reclamo le altre parti possono presentare memorie. Scaduti i termini, la Corte di giustizia tributaria decide immediatamente il reclamo in camera di consiglio. La Corte di giustizia tributaria decide nel caso in questione con ordinanza.

Formula

CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI ...

RECLAMO AL COLLEGIO

Nella causa n. ... / ... R.G. promossa da:

... con l'Avv. ...

CONTRO

... con l'Avv. ...

L'Avv. 1 ... , difensore di ...

ESPONE

-) pende tra le parti in epigrafe indicate il giudizio avente ad oggetto ... 2 ;

-) il presidente della sezione, con decreto del ... , ha dichiarato l'interruzione del processo in conseguenza della dichiarazione dell'evento interruttivo costituito dalla morte del ... 3 ;

-) la decisione adottata non può essere condivisa, poiché ... 4 ;

Tutto ciò premesso,

PROPONE

reclamo ai sensi dell'art. 41 d.lgs. n. 546/1992 avverso il decreto di dichiarazione dell'interruzione del processo indicato in espositiva e chiede che, in accoglimento del reclamo medesimo, la Corte di giustizia tributaria voglia fissare l'udienza di trattazione e nominare il relatore.

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

[1] 1. Si fa qui l'ipotesi più comune che la parte sia difesa da un avvocato. È d'obbligo rammentare che le parti diverse dall'amministrazione nei cui confronti è proposto ricorso devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato che, però, non necessariamente dev'essere un avvocato. In tal senso dispone l'art. 12 del d.lgs. 31 n. 546/1992, recante disposizioni sul processo tributario, il quale individua i soggetti abilitati (dottori commercialisti, ragionieri, periti commerciali, consulenti del lavoro purché non dipendenti dall'amministrazione pubblica; inoltre ingegneri, architetti, geometri, i periti edili, i dottori in agraria, gli agronomi e i periti agrari, per alcune materie; nonché ulteriori soggetti, che è superfluo qui menzionare). Ai detti difensori deve essere conferito l'incarico con atto pubblico o con scrittura privata autenticata od anche in calce o a margine di un atto del processo, nel qual caso la sottoscrizione autografa è certificata dallo stesso incaricato. All'udienza pubblica l'incarico può essere conferito oralmente e se ne dà atto a verbale. L'ufficio del Ministero delle finanze, nel giudizio di secondo grado, può essere assistito dall'Avvocatura dello Stato. Le controversie di valore inferiore a € 2.582,28, nonché i ricorsi di cui all'art. 10 d.P.R. n. 787/1980, possono essere proposti direttamente dalle parti interessate. I soggetti in possesso dei requisiti richiesti per esercitare la difesa possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza di altri difensori. Tra i soggetti esentati dalla difesa tecnica non è compreso il concessionario del servizio di riscossione tributi, non rientrando quest'ultimo tra i soggetti che, ai sensi del comma primo dell'art. 12 citato e dei principi generali desumibili dall'art. 82 c.p.c., hanno titolo a stare in giudizio senza l'ausilio di un difensore abilitato, e non essendo tali disposizioni suscettibili di interpretazione estensiva, in quanto poste in deroga all'obbligo generale della difesa tecnica (Cass. n. 21459/2009). Né le regole che precedono si applicano al ricorso per cassazione contro le decisioni delle commissioni tributarie, per il quale occorre il patrocinio di un avvocato iscritto nell'apposito albo e munito di procura speciale (Cass., sez. trib., n. 8918/2003).

[2] 2. Indicare sinteticamente i termini del giudizio

[3] 3. Indicare l'eventuale altro evento interruttivo nella specie verificatosi.

[4] 4. Esporre sinteticamente le ragioni poste a fondamento del reclamo.

Commento

Si è già detto che l'art. 41 d.lgs. n. 546/1992, in caso di sussistenza dei presupposti per la sospensione ed altresì per l'interruzione, assegna al Presidente della sezione il potere di sospendere con decreto. Il medesimo potere spetta inoltre alla Corte di giustizia tributaria, che decide con ordinanza. È da ritenere che la norma menzionata non incida sul regime di impugnabilità di quest'ultima, che è dunque suscettibile di impugnazione per regolamento di competenza in applicazione dell'art. 42 c.p.c. È stato in proposito affermato che il regime dell'ordinanza di sospensione del processo adottata dal giudice tributario deve essere rinvenuto negli artt. 42, 177 e 178 c.p.c., non potendo ravvisarsi un rapporto di specialità con la norma dell'art. 41, d.lgs. n. 546/1992, che prevede la reclamabilità del solo decreto presidenziale di sospensione. Di talché l'ordinanza in parola, emessa ai sensi dell'art. 39, d.lgs. n. 546/1992, ovvero ai sensi dell'art. 295 c.p.c., è soggetta alla speciale disciplina impugnatoria prevista dall'art. 42 c.p.c., con la conseguenza che, essendo previsto dalla legge uno speciale mezzo di reclamo, il provvedimento, come disposto dall'art. 177, comma 3, n. 3, c.p.c., non può essere revocato d'ufficio dalla Corte di giustizia tributaria (Cass. V, n. 4790/2016).

Si osserva nella pronuncia che il regime della ordinanza di sospensione adotta dal Giudice tributario debba essere rinvenuto negli artt. 42, 177 e 178 c.p.c., non potendo ravvisarsi un rapporto di specialità con la norma dell'art. 41 d.lgs. n. 546/1992 che prevede la reclamabilità del solo decreto presidenziale di sospensione. La espressa previsione della impugnabilità del solo decreto presidenziale, infatti, non consente di ritenere che il Legislatore del processo tributario abbia inteso implicitamente qualificare non impugnabili le ordinanze collegiali che dispongono la sospensione del processo, atteso che quando ha inteso definire tale l'ordinanza collegiale la legge processuale lo ha espressamente indicato (come è dato evincere, peraltro, proprio dalla disciplina del reclamo, contenuta nell'art. 28, comma 5, d.lgs. n. 546/1992 che qualifica "non impugnabile" la ordinanza con la quale la Corte di giustizia tributaria decide revocando il decreto presidenziale che aveva sospeso il processo, e disponendo per la prosecuzione del giudizio). Essendo stato ripetutamente affermato che la limitazione prevista dall'art. 5, comma 4, d.lgs. n. 546/1992, all'esperimento del ricorso per "regolamento di competenza" avverso le sentenze delle Commissioni tributarie dichiarative della incompetenza, non opera in relazione al rimedio ma in relazione all' oggetto dello stesso (cfr. Cass. V, n. 11140/2005; Cass. V, n. 18100/2013), ne segue che la ordinanza di sospensione del processo emessa dalle Commissioni tributarie, tanto ai sensi dell'art. 39 d.lgs. n. 546/1992, quanto ai sensi dell'art. 295 c.p.c., è soggetta alla speciale disciplina impugnatoria prevista dall'art. 42 c.p.c., e dunque l'ordinanza in questione, come disposto dall'art. 177 comma 3, n. 3) c.p.c., non poteva essere revocata di ufficio dalla Corte di giustizia tributaria, essendo previsto dalla legge uno speciale mezzo di reclamo.

Qualora invece il provvedimento sia stato adottato con decreto del Presidente, trova applicazione il reclamo dinanzi alla Corte di giustizia tributaria, che decide con ordinanza, la quale, in tal caso, non è impugnabile ed è invece revocabile e modificabile da parte dello stesso giudice che l'ha pronunciata (Cass. II, n. 4378/1982).

Il decreto deve essere comunicato da parte della segreteria alle parti costituite, ed il reclamo può essere proposto nel termine di 30 giorni dalla comunicazione. Il reclamo va notificato alle altre parti costituite e quindi depositato. Possono essere depositate memorie.

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