Rinuncia all'atto di appello

Mauro Di Marzio

Inquadramento

L'art. 6 d.lgs. n. 546/1992 stabilisce che nel procedimento d'appello si osservano in quanto applicabili le norme dettate per il procedimento di primo grado, se non sono incompatibili con le disposizioni della sezione appunto dedicata all'appello. Tra le norme applicabili è l'art. 44 d.lgs. n. 546/1992, rubricato: «Estinzione del processo per rinuncia al ricorso», stabilisce, appunto, che il processo si estingue per rinuncia al ricorso. Il ricorrente che rinuncia deve rimborsare le spese alle altre parti salvo diverso accordo fra loro. La liquidazione è fatta dal presidente della sezione o dalla Corte di giustizia tributaria con ordinanza non impugnabile. La rinuncia non produce effetto se non è accettata dalle parti costituite che abbiano effettivo interesse alla prosecuzione del processo. La rinuncia e l'accettazione, ove necessaria, sono sottoscritte dalle parti personalmente o da loro procuratori speciali, nonché, se vi sono, dai rispettivi difensori e si depositano nella segreteria della Corte. Il presidente della sezione o la Corte, se la rinuncia e l'accettazione, ove necessaria, sono regolari, dichiarano l'estinzione del processo. L'estinzione è dichiarata dal presidente della sezione con decreto o dalla corte con sentenza. Avverso il decreto del presidente è ammesso reclamo alla Corte.

Formula

CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI ..... DI ...

RINUNCIA ALL'ATTO DI APPELLO

Nella causa n. ... / ... R.G. promossa da:

... con l'Avv. ...

CONTRO

... con l'Avv. ...

PREMESSO

-) che ... ha proposto ricorso in appello avverso la sentenza n. della Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado di ... , del ... ;

-) che l'appellante intende rinunciare al ricorso in appello.

Tutto ciò premesso

DICHIARA

di rinunciare al ricorso in appello e sottoscrive a tal fine il presente atto unitamente al proprio difensore.

Luogo e data ...

Sottoscrizione della parte ...

Sottoscrizione del difensore ... 1

[1] 1. O del procuratore speciale, che può essere lo stesso difensore, ove la procura sia estesa anche alla rinuncia.

Commento

La rinuncia al ricorso riceve, in sostanza, un trattamento analogo a quello previsto dall'art. 306 c.p.c. per il caso di rinuncia agli atti del giudizio, sicché sono di regola applicabili nella materia i principi formatisi con riguardo a tale norma. Ne discende, in tema di contenzioso tributario, che la distinzione fra rinuncia al ricorso e rinuncia alla pretesa sostanziale, consacrata nel combinato disposto degli artt. 306 e 310 c.p.c., ancorché non riprodotta integralmente negli artt. 44,45 e 46 d.lgs. n. 546/1992, deve considerarsi regola di carattere generale applicabile anche al suddetto processo, in virtù del generale rinvio contenuto nell'art. 1 del d.lgs. citato, con la conseguenza che la dichiarazione di estinzione del giudizio, a seguito di rinuncia al ricorso da parte del contribuente, ai sensi dell'art. 44 del d.lgs. n. 546/1992, non comporta l'automatica inammissibilità di altri ricorsi dallo stesso tempestivamente proposti avverso il medesimo atto dell'Amministrazione, salvo che il ricorrente non abbia inteso rinunciare all'azione (Cass., sez. trib., n. 26292/2010; Cass., sez. trib., n. 8182/2007).

In caso di litisconsorzio necessario, occorre la rinuncia di tutti i litisconsorti. In caso invece di litisconsorzio facoltativo, in virtù dell'autonomia dei diversi rapporti processuali, la rinuncia può essere effettuata anche solo da alcuni litisconsorti e, in tal caso, avrà effetto esclusivamente nei loro confronti (Circ. Min. n. 98/E/1996).

L'esigenza che la rinuncia sia sottoscritta personalmente dalla parte o dal suo procuratore speciale discende dalla circostanza che essa è estranea all'ambito degli atti che il difensore può compiere in forza del mandato alle liti. Trova dunque applicazione nella materia il principio, formatosi con riguardo all'art. 306 c.p.c., secondo cui la rinuncia alla domanda o ai suoi singoli capi, qualora si atteggi come espressione della facoltà della parte di modificare le domande e le conclusioni precedentemente formulate, rientra fra i poteri del difensore (che in tal guisa esercita la discrezionalità tecnica che gli compete nell'impostazione della lite e che lo abilita a scegliere, in relazione anche agli sviluppi della causa, la condotta processuale da lui ritenuta più rispondente agli interessi del proprio rappresentato), distinguendosi così dalla rinunzia agli atti del giudizio, che può essere fatta solo dalla parte personalmente o da un suo procuratore speciale, nelle forme rigorose previste dall'art. 306 c.p.c., e non produce effetto senza l'accettazione della controparte (Cass. III, n. 1439/2002). Perciò, la rinuncia non sottoscritta dalla parte né dall'avvocato munito di apposito mandato non dà luogo ad una valida rinuncia, ma si connota quale atto significativo del sopravvenuto difetto di interesse all'impugnazione e pertanto comporta l'inammissibilità della stessa per cessazione della materia del contendere (Cass. VI-III, n. 19907/2018).

Peraltro, nel processo tributario, il funzionario «autorizzato a rappresentare l'amministrazione finanziaria presso la Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado », senza alcuna specificazione limitativa o restrittiva di poteri, ha anche la facoltà di rinunciare all'appello proposto dall'ufficio finanziario (Cass., sez. trib., n. 7082/2004, in un caso in cui il funzionario era stato «incaricato di rappresentare» l'amministrazione «nella seduta presso» una determinata sezione della Corte di Giustizia Tributaria di Secondo  Grado in un determinato giorno, e la rinunzia all'appello si era resa conseguente alla allegazione ex adverso di copia di un contratto - e quindi di prova documentale precostituita - avente un contenuto diverso da quello ritenuto dall'Amministrazione in precedenza).

La riserva o condizione apposta alla rinuncia agli atti del giudizio rende inefficace la rinuncia medesima, dovendosi estendere a tale ipotesi il principio espressamente dettato dall'art. 306 c.p.c. per il caso di riserva o condizione all'accettazione della rinuncia (Cass. II, n. 9636/1998). La rinuncia deve in altri termini essere sostenuta da una chiara ed inequivoca manifestazione di volontà in tal senso, sicché, ad esempio, con riguardo all'estinzione del processo per inattività, è stato detto che l'atteggiamento, anche prolungato, delle parti di mera attesa delle determinazioni della Corte tributaria non equivale alla rinuncia tacita al ricorso di cui all'art. 45 d.lgs. n. 546/1992 - che prevede l'estinzione del processo nell'ipotesi in cui le parti non rispettino termini perentori entro i quali proseguire, integrare o riassumere il giudizio - non potendosi ricondurre nell'ambito di applicazione della norma, in mancanza di disposizioni che prevedano l'onere di sollecitare la definizione del processo, situazioni di inattività delle parti caratterizzate dalla generica assenza di istanze di sollecitazione (Cass., sez. trib., n. 7330/2011, che ha ritenuto illegittimo il decreto adottato dal Presidente di una Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado  il quale, rilevato che erano trascorsi sei anni dalla presentazione del ricorso senza che ricorrente ed Ufficio ne avessero sollecitato la definizione, aveva dichiarato l'estinzione del giudizio per rinuncia tacita al ricorso).

La dichiarazione di rinuncia assume sovente la forma di atto apposito. Tuttavia, in sede di udienza non è in linea di principio vietato alle parti di rendere dichiarazioni di rinuncia o concernenti la cessazione della materia del contendere, nella forma della dichiarazione «a verbale». Posto che per la rinuncia è richiesta la forma scritta, una dichiarazione resa in udienza, alla presenza del segretario e del collegio, integra gli estremi del verbale-atto pubblico, fidefacente, cosicché tale dichiarazione assume la forma - e la garanzia - dell'atto di fede privilegiata. La sostituzione della forma scritta con la dichiarazione a verbale nel corso dell'udienza pubblica è pertanto da considerarsi ammissibile (Cass., sez. trib., n. 6039/2004). Insomma, in tema di contenzioso tributario, la rinuncia al ricorso, disciplinata dall'art. 44 d.lgs. n. 546/1992, può essere validamente effettuata, oltre che in forma scritta, anche nella forma della dichiarazione a verbale nel corso dell'udienza pubblica (Cass., sez. trib., n. 10215/2003).

La dichiarazione di rinuncia non deve essere notificata, ma va depositata presso la Segreteria della Corte adita entro la data di trattazione della causa.

La rinuncia non produce effetto se non è accettata dalle parti costituite che abbiano effettivo interesse alla decisione sul merito. Al fine della declaratoria di estinzione del processo a norma dell'art. 306 c.p.c., l'accettazione della rinuncia agli atti del giudizio è richiesta soltanto nel caso in cui la parte nei cui confronti la rinuncia è fatta abbia interesse alla prosecuzione del processo. Tale interesse - che deve concretarsi nella possibilità di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile - sussiste allorché il convenuto abbia chiesto una pronuncia nel merito o abbia, a sua volta, proposto una domanda riconvenzionale. Pertanto, la notificazione della dichiarazione di rinuncia, al fine dell'accettazione della stessa, non è necessaria allorché il convenuto, non essendosi costituito, non abbia rivelato alcun interesse (nel senso sopra indicato) alla prosecuzione del processo (Cass. sez. lav., n. 1168/1995). Ai fini della declaratoria di estinzione del processo, l'accettazione della rinuncia agli atti del giudizio è dunque necessaria solo quando, nel rapporto processuale già instaurato, vi sia una parte costituita che potrebbe avere interesse alla prosecuzione del giudizio, non rilevando a tal fine che la parte non costituita abbia un interesse a partecipare al giudizio o un interesse dipendente da quello ivi dedotto (Cass. I, n. 6850/2011).

Nell'ambito del processo tributario di primo grado, l'ufficio resistente non ha di regola interesse alla prosecuzione del giudizio, in quanto la rinuncia del ricorso introduttivo rende definitivo l'atto impositivo impugnato; analogamente, la rinuncia all'atto di appello da parte del contribuente produce il passaggio in giudicato della sentenza di merito appellata, pertanto, non ha interesse alla prosecuzione del giudizio l'ufficio che non ha impugnato, quantomeno in via incidentale.

La parte che rinuncia deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo che non esista un diverso accordo tra loro. In tema di processo tributario, in caso di rinuncia al ricorso debitamente formalizzata dal procuratore della parte e accettata dalla controparte con l'intesa di compensare le spese tra le parti, deve comunque dichiararsi l'estinzione del processo e la compensazione delle spese tra le parti, ex dell'art.44 d.lgs. n. 546/1992 (Cass., sez. trib., n. 7273/2016). Anche nella giurisprudenza di merito si è ritenuto che la richiesta di rinuncia al ricorso presentata dalla parte e debitamente accettata dalla controparte, con l'intesa di compensare le spese, comporta comunque l'estinzione del processo C.t.r. Firenze, (Toscana) 14 maggio 2019, n. 824.

La rinuncia al ricorso per cassazione non è disciplinata dall'art. 306 c.p.c. e determina, pertanto, l'estinzione del giudizio anche in assenza di accettazione, considerato che, peraltro, comportando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, fa venire meno l'interesse a contrastare il ricorso (Cass., sez. trib., n. 11033/2019).

L'annullamento dell'avviso di accertamento mediante autotutela e conseguente rinuncia all'appello determina cessazione della materia del contendere con compensazione delle spese, ma non può essere modificata la statuizione sulle spese del giudizio di primo grado (Comm. trib. reg. Lombardia 18 marzo 2019, n. 1272).

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