Ricorso per revocazione straordinaria ex art. 395, n. 1 c.p.c.InquadramentoIl ricorso per revocazione ex art. 395, n. 1) c.p.c. riguarda i casi in cui il provvedimento impugnato, emesso dal giudice di appello o in unico grado, risulta frutto della condotta dolosa serbata da una parte ai danni dell'altra. FormulaCORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL .... RICORSO PER REVOCAZIONE PER il sig. ...., C.F. ...., residente in .... e domiciliato in ...., alla via ...., n. .... presso lo studio di .... (qualifica, nome e cognome e indirizzo PEC del difensore), da cui è rappresentato e difeso in virtù di mandato in calce al presente atto. - ricorrente - CONTRO .... 1 - resistente - FATTO 1. Il sig. ...., in data ...., ha ricevuto notifica del .... 2 , n. .... del ...., emesso da .... 2. L'atto così notificato aveva per oggetto .... 3 dovuto per l'anno .... per il complessivo importo di € .... 3. Con ricorso del ...., (notificato, consegnato o spedito) il ...., l'odierno resistente ha instaurato il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di ...., proponendo i seguenti motivi: a) .... b) .... c) .... 4. La Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di ...., sezione ...., con sentenza n. ...., depositata il ...., ha respinto il ricorso (parzialmente o integralmente), affermando che: a) .... b) .... c) .... 5. Avverso la detta sentenza, il ricorrente .... ha proposto appello innanzi a codesta Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del ...., che con sentenza n. ...., depositata il .... e non ancora notificata, lo ha respinto, affermando che: a) .... b) .... c) .... Quanto sopra premesso, il sig. .... RICORRE IN REVOCAZIONE avanti a codesta Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado avverso la sentenza meglio sopra indicata, per violazione dell'art. 395, n. 1) c.p.c., per i seguenti MOTIVI I. .... II. .... III. .... Per tutto quanto premesso e considerato, il sig. ...., rappresentato e difeso come sopra CHIEDE che codesta Corte di Giustizia per i motivi suesposti, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, voglia: 1) revocare la sentenza n. ...., depositata il ....; 2) dichiarare nullo, annullare ovvero comunque privare di ogni effetto giuridico l'atto impositivo impugnato descritto in narrativa; 3) condannare il resistente al pagamento di spese, diritti ed onorari del presente procedimento. Si producono i seguenti documenti: 1) copia della sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del ...., n. ...., depositata il ....; 2) ..... Luogo e data .... Il difensore .... MANDATO ALLE LITI Mi rappresenti e difenda nel presente procedimento, in ogni stato e grado del giudizio, il ...., presso il cui studio eleggo domicilio ad ogni effetto di legge. Luogo e data .... .... (firma del ricorrente) È autentica .... (firma del difensore) [1] [1]Indicare il soggetto di cui all'art. 18, lett. c), del d.lgs. n. 546/1992. [2] [2]Indicare l'atto impugnato. [3] [3]Indicare il tributo oggetto dell'atto notificato. CommentoPrincipi generali. La revocazione è uno dei mezzi per impugnare le sentenze. Disciplinata dagli artt. 395 e ss. c.p.c, è un'impugnazione a critica vincolata, essendo possibile solo per i motivi tassativamente indicati nell'art. 395. Sono impugnabili con la revocazione tutte le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado, le sentenze o le ordinanze pronunciate ai sensi dell'art. 375, comma 1, n. 4) e 5), c.p.c. dalla Corte di cassazione se affette da errore di fatto (artt. 395, n. 4) e 391-bis c.p.c.), nonché il provvedimento con il quale la Corte di cassazione abbia deciso nel merito, per i motivi di cui ai nn. 1), 2), 3) e 6) dell'art. 395 (art. 391-ter c.p.c.), il decreto d'ingiunzione divenuto esecutivo ai sensi dell'art. 647 c.p.c., nei casi indicati nei nn. 1, 2, 5 e 6 dell'art. 395 c.p.c.. Per effetto dell'intervento della Corte costituzionale (Corte cost. n. 51/1985 e Corte cost. n. 558/1988) l'impugnazione per revocazione ai sensi dell'art. 395, n. 4) c.p.c., è ammessa altresì nei confronti dell'ordinanza di convalida di sfratto o licenza per finita locazione, nonché di convalida di sfratto per morosità, emessi in assenza o per mancata opposizione dell'intimato. Anche il lodo arbitrale rituale può essere impugnato per revocazione ex art. 395, n. 1), 2),3) e 6) c.p.c. Si distingue tra i motivi di revocazione straordinaria e quelli di revocazione ordinaria. I primi si hanno quando la sentenza è l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra (art. 395, n. 1) c.p.c.); se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza, o che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza (art. 395, n. 2) c.p.c.); se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario (art. 395, n. 3 c.p.c.); se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato (art. 395, n. 6 c.p.c.). Si hanno motivi di revocazione ordinaria, invece, quando la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa, circostanza che si verifica quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso «se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare» art. 395, n. 4) c.p.c.; ovvero quando la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione (art. 395, n. 5) c.p.c.). Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l'appello possono essere impugnate per revocazione nei casi dei nn. 1), 2), 3) e 6) dell'art. 395 c.p.c., purché la scoperta del dolo o della falsità o il recupero dei documenti o la pronuncia della sentenza, di cui al n. 6), siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto. Se i fatti menzionati avvengono durante il corso del termine per l'appello, il termine stesso è prorogato dal giorno dell'avvenimento in modo da raggiungere i trenta giorni da esso. La revocazione (che può essere anche proposta dal pubblico ministero, ai sensi dell'art. 397 c.p.c.) si propone con citazione davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. L'impugnazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il relativo procedimento. Tuttavia, il giudice davanti a cui è proposta la revocazione, su istanza di parte, può sospendere l'uno o l'altro fino alla comunicazione della sua sentenza, qualora ritenga «non manifestamente infondata» la domanda di revocazione. Contro la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione sono ammessi i mezzi di impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata. La revocazione nel processo tributario. Nel processo tributario la revocazione è disciplinata dagli artt. da 64 a 67 del d.lgs. n. 546/1992; la disciplina richiama esattamente il disposto dell'art. 395 c.p.c. Unica peculiarità è costituita dalla circostanza che la revocazione – secondo il modello processuali tipico del processo tributario – si propone con ricorso anziché con citazione e si applica integralmente il rito previsto per la corte tributaria innanzi al quale il ricorso è proposto, salve le deroghe contenute nelle disposizioni in commento. Ai sensi dell'art. 65, comma 3-bis, d.lgs. n. 546/1992, nel testo risultante dopo le modifiche apportate dall'art. 9 d.lgs. n. 156/2015, emanato in attuazione della l. n. 23/2014, contenente delega per il riordino del sistema fiscale, le parti possono proporre istanze cautelari secondo quanto previsto dall'art. 52 d.lgs. n. 546/1992. Dunque, sarà possibile richiedere alla corte tributaria adita di sospendere in tutto o in parte l'esecutività della sentenza impugnata, se sussistono gravi e fondati motivi; in ogni caso il contribuente potrà chiedere la sospensione dell'esecuzione dell'atto se da questa può derivargli «un danno grave e irreparabile». La revocazione straordinaria per dolo della parte. La revocazione straordinaria presuppone una serie di eventi codificati che giustificano la revisione della decisione impugnata; così quando si scopre che la sentenza è frutto del dolo di una delle parti in danno dell'altra (art. 395, n. 1) c.p.c.); se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza, o che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza (art. 395, n. 2 c.p.c.); se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario (art. 395, n. 3) c.p.c.); se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato (art. 395, n. 6, c.p.c.). A pena di inammissibilità, l'art. 65 d.lgs. n. 546/1992 impone che il ricorso in revocazione della sentenza debba contenere la specifica indicazione del motivo di revocazione e della prova dei fatti di cui ai nn. 1), 2), 3) e 6) dell'art. 395 del c.p.c., nonché la prova del giorno della scoperta o della falsità dichiarata o del recupero del documento. La prova della sentenza passata in giudicato che accerta il dolo del giudice deve essere data esclusivamente «mediante la sua produzione in copia autentica», ai sensi dell'art. 65, comma 2, d.lgs. n. 546/1992. Il dolo processuale di una delle parti in danno dell'altra può costituire motivo di revocazione della sentenza, ai sensi dell'art. 395, n. 1) c.p.c., quando consista in un'attività deliberatamente fraudolenta, concretantesi in artifici o raggiri tali da paralizzare, o sviare, la difesa avversaria ed impedire al giudice l'accertamento della verità, facendo apparire una situazione diversa da quella reale. Ne consegue che non sono idonei a realizzare la suddetta fattispecie la semplice allegazione di fatti non veritieri favorevoli alla propria tesi, il silenzio su fatti decisivi della controversia o la mancata produzione di documenti, che possono configurare comportamenti censurabili sotto il diverso profilo della lealtà e correttezza processuale, ma non pregiudicano il diritto di difesa della controparte, la quale resta pienamente libera di avvalersi dei mezzi offerti dall'ordinamento al fine di pervenire all'accertamento della verità (Cass., sez. lav., n. 26078/2018). Per integrare la fattispecie del dolo processuale revocatorio non è poi di certo sufficiente la sola violazione dell'obbligo di lealtà e probità previsto dall'art. 88 c.p.c., nè, in linea di massima, sono di per sè sufficienti il mendacio, le false allegazioni o le reticenze (Cass. III, n. 5329/2005). Il termine perentorio per proporre la revocazione di sentenza per dolo di una parte in danno dell'altra, decorre, ai sensi dell'art. 326 c.p.c., dalla scoperta del dolo, benché debba trattarsi di scoperta effettiva e completa, riconoscibile solo quando si sia acquisita la ragionevole certezza – non essendo sufficiente il mero sospetto – che il dolo vi sia stato ed abbia ingannato il giudice, fino a determinarne statuizioni diverse da quelle che sarebbero state adottate a conclusione di un dibattito corretto (Cass. I, n. 2989/2016). In tema di contenzioso tributario, il precetto di indicare, fin dall'istanza di revocazione, le prove del giorno della scoperta o dell'accertamento del dolo o della falsità, o del recupero dei documenti, impone che la data in questione debba costituire un preciso thema probandum e risultare ab initio, perché, dandosi ingresso al giudizio rescindente, è necessario conoscere, ai fini della decorrenza del termine perentorio, se almeno, secondo l'assunto di chi agisce, questo non appaia scaduto. Non vale ad escludere la sanzione di inammissibilità, la integrazione di tali indicazioni negli atti difensivi successivi a quello introduttivo, né la eventuale indagine giudiziaria compiuta dal giudice, intesa a precisare il giorno della scoperta, che verrebbe a risolversi in una non consentita relevatio ab onere probandi della parte (Cass. V, n. 11451/2011). |