Ricorso per revocazione delle decisioni della Corte di Cassazione (generico)

Giuseppe Fichera
aggiornato da Filippo d'Aquino

Inquadramento

Il ricorso per revocazione delle sentenze ed ordinanze della Corte di Cassazione è previsto per tutte le ipotesi di revocazione, ordinaria e straordinaria, disciplinate dal Codice di procedura civile.

Formula

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

RICORSO PER REVOCAZIONE

PER

il sig. ...., C.F. ...., residente in .... e domiciliato in ...., alla via ...., n. .... presso lo studio dell'avv. .... (qualifica, nome e cognome e indirizzo P.E.C. del difensore), da cui è rappresentato e difeso in virtù di mandato in calce al presente atto.

- ricorrente -

CONTRO

.... 1

- resistente -

FATTO

1. Il sig. ...., in data ...., ha ricevuto notifica del .... 2 , n. .... del ...., emesso da ....

2. L'atto così notificato aveva per oggetto .... 3 dovuto per l'anno .... per il complessivo importo di € ....

3. Con ricorso del ...., (notificato, consegnato o spedito) il ...., l'odierno resistente ha instaurato il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado di ...., proponendo i seguenti motivi:

a) ....

b) ....

c) ....

4. La Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado di ...., sezione ...., con sentenza n. ...., depositata il ...., ha respinto il ricorso (parzialmente o integralmente), affermando che:

a) ....

b) ....

c) ....

5. Avverso la detta sentenza, il ricorrente .... ha proposto appello innanzi a codesta Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del ...., che con sentenza n. .... depositata il .... e non ancora notificata, lo ha respinto, affermando che:

a) ....

b) ....

c) ....

5. Avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del ...., il ricorrente .... ha proposto ricorso per cassazione avanti a codesta S.C., che con sentenza n. depositata il .... e non ancora notificata, lo ha respinto, affermando che:

a) ....

b) ....

c) ....

Quanto sopra premesso, il sig. ....

RICORRE IN REVOCAZIONE

avanti a codesta Corte Suprema di Cassazione avverso la sentenza meglio sopra indicata, per i seguenti

MOTIVI

I. ....

II. ....

III. ....

Per tutto quanto premesso e considerato, il sig. ...., rappresentato e difeso come sopra

CHIEDE

che codesta Corte Suprema di Cassazione per i motivi suesposti, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, voglia:

1) revocare la sentenza n. .... depositata il ....;

2) cassare con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del ...., la sentenza n. .... depositata il ...., già impugnata con ricorso per cassazione, ovvero decidendo nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., dichiarare nullo, annullare ovvero comunque privare di ogni effetto giuridico l'atto impositivo impugnato descritto in narrativa;

3) condannare il resistente al pagamento di spese diritti ed onorari del presente procedimento.

Si producono i seguenti documenti:

1) copia della sentenza della Corte di Cassazione n. ...., depositata il ....;

2) copia della sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Gradodel .... n. ...., depositata il ....;

3) .....

Luogo e data ....

Il difensore ....

MANDATO ALLE LITI

Mi rappresenti e difenda nel presente giudizio di revocazione innanzi alla Suprema Corte di Cassazione, l'avv. ...., presso il cui studio eleggo domicilio ad ogni effetto di legge.

Luogo e data ....

.... (firma del ricorrente)

È autentica .... (firma del difensore)

[1] [1]Indicare il soggetto di cui all'art. 18, lett. c), del d.lgs. n. 546/1992.

[2] [2]Indicare l'atto impugnato.

[3] [3]Indicare il tributo oggetto dell'atto notificato.

Commento

Principi generali. La revocazione è uno dei mezzi per impugnare le sentenze. Disciplinata dagli artt. 395 e ss. c.p.c, è un'impugnazione a critica vincolata, essendo possibile solo per i motivi tassativamente indicati nell'art. 395.

Sono impugnabili con la revocazione tutte le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado, le sentenze o le ordinanze pronunciate ai sensi dell'art. 375, comma 1, n. 4) e 5) c.p.c. dalla Corte di cassazione se affette da errore di fatto (artt. 395, n. 4 e 391-bis c.p.c.), nonché il provvedimento con il quale la Corte di cassazione abbia deciso nel merito, per i motivi di cui ai nn. 1), 2), 3) e 6) dell'art. 395 (art. 391-ter c.p.c.), il decreto d'ingiunzione divenuto esecutivo ai sensi dell'art. 647 c.p.c., nei casi indicati nei nn. 1, 2, 5 e 6 dell'art. 395 c.p.c.

Nel corso degli ultimi trent'anni si è assistito a un progressivo allargamento della revocabilità delle sentenze della cassazione. Già la Corte costituzionale, con sentenza n. 17/1986, aveva dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 395 c.p.c. nella parte in cui non prevedeva la revocazione di sentenze dalla Corte di Cassazione rese su ricorsi basati sul n. 4 dell'art. 360 c.p.c. (nullità della sentenza) e affette dall'errore di cui al n. 4 dell'art. 395 c.p.c., ciò in quanto la Corte di Cassazione nei ricorsi aventi ad oggetto la nullità della sentenza è giudice del fatto processuale. E' stato, quindi, introdotto con la l. n. n. 353/1990 l'art. 391-bis c.p.c. che ha previsto la revocazione per errori di fatto a termini dell'art. 395 c.p.c.

La Corte costituzionale con sentenza n. 36/1991, è intervenuta nuovamente sul tema, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 395, n. 4 c.p.c. nella parte in cui non prevede la revocazione di sentenze della Corte di cassazione per errore di fatto nella lettura di atti interni al suo stesso giudizio.

L'impugnabilità con revocazione è, poi, stata estesa interpretativamente anche alle ordinanze della Corte di Cassazione (Cass. Sez. U, n. 6663/1992), per quanto l'art. 395 c.p.c. facesse riferimento alle sole sentenze, pronunciate in grado di appello o in unico grado, con esclusione delle ordinanze. La lacuna normativa è, poi, stata colmata dall'art. 16 d. lgs. n. 40/2006, che ha esteso la revocabilità alle ordinanze previste dai nn. 4, 5 dell'art. 375 c.p.c. La Corte costituzionale ha, poi, esteso l'impugnabilità anche alle ordinanze che hanno dichiarato l'inammissibilità del ricorso ex art. 375, n. 1, c.p.c. (Corte cost., n. 207/2009).  L'art. 391-bis c.p.c., nella sua attuale formulazione, come novellata dal citato d.l. n. 168/2016, individua i provvedimenti revocabili nella «sentenza o ordinanza» pronunciata dalla Corte di cassazione che risulti affetta «da errore di fatto» ai sensi dell'art. 395, n. 4) c.p.c. La revocazione per errore di fatto, pertanto, è ormai ammessa contro tutte le sentenze e ordinanze della Cassazione, senza altra specificazione.

Il d.lgs. n. 40/2006 ha, poi, introdotto l'art. 391-ter c.p.c., che ha esteso la revocazione dei provvedimenti della Cassazione per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 6) dell'articolo 395 primo comma c.p.c. ma solo limitatamente ai casi in cui la Corte ha deciso la causa nel merito nel caso previsto dall'art. 384, secondo comma, c.p.c., ossia quando non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto e sia stato accolto o rigettato l'originario ricorso del contribuente.

Non è, invece, proponibile ricorso per revocazione delle sentenze della cassazione nel caso previsto dall'art. 395, n. 5, c.p.c. per contrasto tra la sentenza e altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata (Corte cost. n. 77/2006), non potendosi pervenire interpretativamente a un allargamento delle ipotesi di revocazione nei casi non previsti dalla legge (Cass. SU, n. 23833/2015; Cass. SU, n. 17775/2013), né si tratta di un vulnus al diritto di difesa in contrasto con il diritto dell'Unione Europea, essendo l'attuazione delle regole che presidiano il giudicato rimesso alla disciplina interna dei singoli Stati membri (Cass. Sez. V, 8630/2019).

Devono, inoltre, ritenersi esclusi dal novero dei provvedimenti impugnabili ai sensi di tale norma, poiché non aventi forma di sentenza o ordinanza, i decreti di estinzione di cui all'art. 391 c.p.c., essendo prevista soltanto la possibilità di proporre un'istanza di fissazione dell'udienza collegiale per la trattazione del ricorso nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto (Cass. VI, n. 6607/2016).

Si distingue, pertanto, anche per le pronunce della cassazione (nei limiti previsti dall'art. 391-ter c.p.c.) tra i motivi di revocazione straordinaria e quelli di revocazione ordinaria. I primi si hanno quando la sentenza è l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra (art. 395, n. 1) c.p.c.); se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza, o che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza (art. 395, n. 2) c.p.c.); se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario (art. 395, n. 3 c.p.c.); se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato (art. 395, n. 6 c.p.c.). Si hanno motivi di revocazione ordinaria, invece, quando la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa, circostanza che si verifica quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso «se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare» art. 395, n. 4) c.p.c.; ovvero quando la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione (art. 395, n. 5, c.p.c.), caso, peraltro, non operante per le pronunce della cassazione.

Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l'appello possono essere impugnate per revocazione nei casi dei nn. 1), 2), 3) e 6) dell'art. 395 c.p.c., purché la scoperta del dolo o della falsità o il recupero dei documenti o la pronuncia della sentenza, di cui al n. 6), siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto. Se i fatti menzionati avvengono durante il corso del termine per l'appello, il termine stesso è prorogato dal giorno dell'avvenimento in modo da raggiungere i trenta giorni da esso.

L'art. 391-ter c.p.c., invece, nel disciplinare la revocazione per i motivi di cui ai nn. 1), 2), 3) e 6) dell'art. 395 c.p.c., fa genericamente riferimento al «provvedimento con il quale la Corte ha deciso la causa nel merito», a prescindere, dunque, dalla forma che esso abbia in concreto assunto.

Non rientrano tra i provvedimenti impugnabili per revocazione tutte le sentenze e le ordinanze che la Corte abbia già emesso all'esito di un primo giudizio di revocazione. Tale esclusione deriva dal divieto sancito dall'art. 403 c.p.c., secondo cui «non può essere impugnata per revocazione la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione», nonché dal costante orientamento di legittimità, secondo cui le pronunce emessa dalla Cassazione nel giudizio di revocazione non sono suscettibili di una nuova impugnazione per revocazione, essendo esauriti i mezzi di impugnazione ordinari, a norma dell'art. 403, comma 1, c.p.c. (Cass. I, n. 20724/2017).

Neppure le pronunce di cassazione con rinvio possono essere oggetto di revocazione, potendo ogni eventuale errore revocatorio essere denunciato innanzi al giudice del rinvio, purché si tratti di errore che abbia portato all'omesso esame di eccezioni, questioni o tesi difensive che possano costituire oggetto di una nuova, libera ed autonoma valutazione da parte del giudice del rinvio (Cass. VI, n. 12046/2018).

Il “nocciolo duro” della revocabilità delle pronunce della Cassazione rimane, tuttavia, la pronuncia che sia affetta da “errore revocatorio” nel caso previsto dall'art. 395, n. 4 c.p.c., ossia l'errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull'affermazione di esistenza o inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare. Vanno, quindi, dichiarati inammissibili i ricorsi in cui si denunci non un errore di fatto, bensì un errore di diritto, ossia quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione o interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall'area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. Sez. VI, n. 10040/2022); né l'errore revocatorio può concernere norme giuridiche (Cass. SU, n. 4367/2021; Cass. Sez. VI, n. 4584/2020). Ciò che rileva è l'errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, errore che presuppone l'esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l'altra dagli atti e documenti di causa, da ritenersi svista percettiva (Cass. SU, n. 31032/2019).

Per i casi di revocazione previsti dall'art. 391-bis c.p.c., al termine lungo annuale previsto originariamente, con la novella del d.l. n. 168/2016 si è sostituito il termine semestrale, come oggi generalmente previsto dall'art. 327 c.p.c., dopo la modifica introdotta dalla l. n. 69/2009, al quale, in alternativa, si aggiunge il termine di sessanta giorni dall'avvenuta notifica della sentenza o ordinanza oggetto di revocazione; quanto ai casi di revocazione di cui all'art. 391-ter c.p.c., tale norma non sancisce alcun termine, ma si ritiene che il ricorso debba essere proposto entro sessanta giorni dalla scoperta del vizio.

La revocazione (che può essere anche proposta dal pubblico ministero, ai sensi dell'art. 397 c.p.c.) si propone con citazione davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. L'impugnazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il relativo procedimento. Tuttavia, il giudice davanti a cui è proposta la revocazione, su istanza di parte, può sospendere l'uno o l'altro fino alla comunicazione della sua sentenza, qualora ritenga «non manifestamente infondata» la domanda di revocazione. Contro la sentenza pronunciata nel giudizio di revocazione sono ammessi i mezzi di impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata.

Il ricorso per revocazione deve essere sottoscritto da un difensore munito di procura speciale, non essendo utilizzabile quella rilasciata per il precedente ricorso per cassazione (Cass. I, n. 16224/2015) e deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione del motivo di revocazione, prescritto dall'art. 398, comma 2, c.p.c. (nonché, nei casi di cui all'art. 391-ter c.p.c., le prove relative alla scoperta del vizio) e l'esposizione dei fatti di causa rilevanti per la decisione revocatoria, non essendo necessaria l'esposizione dei fatti di cui all'originario ricorso per cassazione, né la riproposizione dei relativi motivi (Cass., S.U., n. 13863/2015).

L'ultimo comma dell'art. 391-bis c.p.c. stabilisce che «in caso di impugnazione della sentenza della Corte di cassazione non è ammessa la sospensione dell'esecuzione della sentenza passata in giudicato, né è sospeso il giudizio di rinvio o il termine per riassumerlo». La S.C. ha tuttavia ammesso la sospensione dell'esecuzione delle sentenze con cui la Cassazione ha deciso nel merito ai sensi dell'art. 384, comma 2 c.p.c. (Cass. VI, n. 18300/2015).

L'intervenuto passaggio in giudicato della sentenza della Cassazione, anche in caso di proposizione di ricorso per revocazione, comporta che non possa essere proposta la domanda di definizione agevolata delle controversie in pendenza del giudizio di cassazione, il che conferisce alla revocazione delle sentenze della cassazione il carattere di rimedio impugnatorio straordinario (Cass., Sez. III, n. 4678/2022; Cass., Sez. I, n. 9174/2006). Per l'effetto, per controversie «pendenti» per le quali è proponibile la definizione agevolata devono intendersi quelle la cui decisione giurisdizionale sia ancora impugnabile con i mezzi ordinari, non anche quelle in cui l'unico rimedio esperibile sia la revocazione (Cass., Sez. V, n. 16708/2023; Cass., Sez. V, n. 26939/2022).

Quanto al procedimento, l'art. 391-bis c.p.c. stabilisce che la Corte «sul ricorso per revocazione pronuncia con ordinanza se lo dichiara inammissibile, altrimenti rinvia alla pubblica udienza»; anche per le ipotesi regolate dall'art. 391-ter c.p.c., la Corte pronuncia nell'osservanza delle disposizioni di cui all'art. 380-bis, comma 1 e 2 c.p.c. se ritiene l'inammissibilità, «altrimenti rinvia alla pubblica udienza della sezione semplice».

Ovviamente, se il ricorso per revocazione risulta ammissibile e viene ritenuto fondato, la Corte, pronunciata la revocazione, procede al giudizio rescissorio, decidendo il ricorso oggetto della decisione revocata, in virtù di un nuovo esame che prescinde dalle rationes decidendi della sentenza revocata (Cass. VI, n. 12215/2017). Nel caso in cui, per la decisione si rendano necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte pronuncia la revocazione e rinvia la causa al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata.

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