Ricorso contro l'atto di irrogazione delle sanzioni (generico)InquadramentoLa disciplina delle sanzioni amministrative applicabili in ambito tributario trova fondamento in due provvedimenti normativi adottati in pari data, ossia i d.lgs. nn. 471/1997 e 472/1997: il primo dedicato all'individuazione degli illeciti comportanti l'irrogazione delle sanzioni ed il secondo disciplinante i principi generali, ricalcanti in gran parte quelli operanti in materia penale. Perché possa essere integrato un illecito tributario, oltre ad un comportamento, commissivo od omissivo, che viola una norma, deve sussistere l'elemento psicologico, ossia la colpevolezza, integrata dal dolo ovvero dalla colpa ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. n. 472/1997, norma che, tuttavia, deve essere intesa, secondo quanto chiarito in sede di legittimità, nel senso della sufficienza della coscienza e della volontà, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, atteso che la norma pone una presunzione di colpa per l'atto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, lasciando a costui l'onere di provare di aver agito senza colpa (Cass. n. 22890/2006). Le sanzioni di solito sono stabilite entro un minimo ed un massimo e devono essere comminate nel rispetto del generale principio di proporzionalità, espresso a più riprese anche nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea. FormulaCORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI .... 1 RICORSO 2 AVVERSO PROVVEDIMENTO DI IRROGAZIONE SANZIONI 3 N. .... EMESSO DA AGENZIA DELLE ENTRATE - UFFICIO DI .... Il Sig. ...., nato a ...., il ...., e residente in ...., C.F. ...., elettivamente domiciliato in ...., via ...., presso lo Studio dell'Avv. ...., il quale lo rappresenta e difende giusta procura in calce al presente atto 4 ; Agenzia delle Entrate di ..... - resistente - PREMESSO CHE – in data .... è stato notificato allo scrivente, a cura della Agenzia delle Entrate - Ufficio di ...., “Atto di Contestazione - Provvedimento Irrogazione Sanzione n. ...., relativo all'anno di imposta RICORRE Contro il predetto atto per i seguenti motivi: 1. Invalidità della notifica a mezzo posta elettronica certificata 2. Carente motivazione dell'atto impugnato 3. Omessa considerazione delle deduzioni difensive del contribuente PER QUESTI MOTIVI Il sottoscritto, come rappresentato, domiciliato e difeso, CHIEDE all'Ill.ma Corte di giustizia tributaria di primo grado adita di dichiarare ..... Ai sensi dell'art. 10, comma 6 del d.P.R. 115/2002 si dichiara che il valore della presente causa è stabilito in € .... e che dunque viene versato un contributo unificato di importo pari ad € .... 5 . Con vittoria di spese. ISTANZA DI DISCUSSIONE IN PUBBLICA UDIENZA 6 Si chiede, altresì, ai sensi e per gli effetti dell'art. 33, comma 1 - d.lgs. n. 546/1992, che il ricorso venga discusso in pubblica udienza. Si fa riserva di produzione di memorie, in ragione delle difese della parte resistente, e si allega la seguente documentazione: 1. Atto impugnato; 2. ....; 3. ..... Luogo e data .... Firma Difensore .... PROCURA 7 Il Sig. ...., nomina proprio procuratore alle liti l'Avv. ...., e per l'effetto, lo autorizza a rappresentarlo e difenderlo nel giudizio, conferendo allo stesso ogni più ampia facoltà di legge, ed eleggendo domicilio presso lo studio del predetto legale in ...., via ..... Luogo e data .... Firma Mandante .... Autentica della Firma .... [1] [1]La competenza per territorio delle Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado e di Secondo Grado deve essere determinata avendo riguardo al disposto dell'art. 4 del d.lgs. n. 546/1992, come modificato dell'art. 9, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 156/2015. Più in particolare, la competenza per territorio deve essere individuata secondo i seguenti criteri: a) per le controversie proposte nei confronti degli enti impositori, degli agenti della riscossione e dei soggetti iscritti all'albo di cui all'art. 53 del d.lgs. n. 446/1997, sono competenti le Corti Tributarie nella cui circoscrizione i primi hanno la sede; b) per le controversie proposte nei confronti di articolazioni dell'Agenzia delle Entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, sono competenti le Corti tributarie nella cui circoscrizione hanno sede, non le articolazione medesime, ma l'ufficio al quale spettano le attribuzioni sul rapporto controverso. [2] [2]L'art. 16 (Giustizia tributaria digitale) del d.l. n. 119/2018, modificando il comma 3 dell'art. 16-bis del d.lgs. n. 546/1992, ha disposto l'obbligo della costituzione in giudizio di I e II grado con modalità telematica relativamente ai ricorsi notificati a decorrere dal 1° luglio 2019. La stessa modifica normativa chiarisce che per i ricorsi già iscritti a ruolo, in casi eccezionali il Presidente della Corte di giustizia tributaria o di Sezione, può autorizzare, con provvedimento motivato, il deposito con modalità diverse da quelle telematiche. Si precisa che il suddetto obbligo non vale per i soggetti che decidono di non avvalersi dell'assistenza tecnica nelle cause di valore inferiore ai tremila euro (art. 16-bis, comma 3-bis del d.lgs. n. 546/1992); tuttavia se intendono avvalersi della modalità telematica ai fini della costituzione in giudizio devono avere un indirizzo di posta elettronica certificata da indicare nel ricorso (art. 16-bis, comma 3-bis del d.lgs. n. 546/1992). [3] [3]Occcorre specificare la tipologia di atto dell'Amministrazione finanziaria oggetto di contestazione. Sono impugnabili esclusivamente gli atti, rientranti nella giurisdizione tributaria i cui limiti sono tracciati secondo i criteri di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 546/1992, di cui all'art. 19 dello stesso decreto. Tuttavia a riguardo va considerato che, in accordo con un orientamento ormai consolidato della Suprema Corte, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell' art. 19 del d.lgs. n. 546/1992 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l'Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria (Cass. n. 3775/2018). [4] [4]Occorre considerare che l'art. 12 del d.lgs. n. 546/1992 contempla l'obbligo dell'assistenza in giudizio di un difensore abilitato, per le parti diverse dagli enti impositori, dagli agenti della riscossione, dai soggetti iscritti nell'albo di cui all'art. 53 del d.lgs. n. 446/1997. L'obbligo non sussiste per le controversie il cui valore non sia maggiore di tremila euro, calcolato sulla base dell'importo del tributo, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni. In caso di difetto di rappresentanza di assistenza o di autorizzazione, o in caso di vizio che determina la nullità della procura al difensore, si applica, per espresso rinvio dell'art. 12, la disciplina dell'art. 182 c.p.c. Possono essere abilitati all'assistenza tecnica: – gli avvocati, i commercialisti (iscritti nella sezione A del relativo albo), i consulenti del lavoro; – se iscritti nell'elenco tenuto a cura del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ed in possesso degli ulteriori requisiti richiesti per ciascuna categoria, a titolo esemplificativo: gli impiegati delle carriere dirigenziale; gli ufficiali e ispettori della guardia di finanza; i dipendenti delle associazioni di categoria rappresentate dal CNEL, e i dipendenti delle imprese, o delle loro controllate; i dipendenti dei centri di assistenza fiscale (CAF) e delle relative società di servizi, limitatamente alle controversie dei propri assistiti, se scaturite da adempimenti per i quali i CAF hanno prestato assistenza. L'elenco di cui sopra è tenuto secondo le modalità stabilite nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentito il Ministero della giustizia, congiuntamente alla determinazione delle ipotesi di incompatibilità, diniego, sospensione e revoca della iscrizione, anche sulla base dei principi contenuti nel codice deontologico forense. Allo stato attuale il decreto è in fase di approvazione; – se iscritti nei relativi albi professionali, e per le controversie concernenti l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo di una particella e la consistenza, il classamento delle unità immobiliari e l'attribuzione della rendita catastale: gli ingegneri, gli architetti, i geometri, i periti industriali, i dottori agronomi e forestali, gli agrotecnici, i periti agrari; – se iscritti nel relativo albo e per le controversie relative ai tributi doganali: gli spedizionieri doganali. I soggetti indicati possono stare in giudizio personalmente limitatamente alle controversie rientranti nell'ambito della loro attività. [5] [5]Per la determinazione del contributo unificato tributario si deve prendere in considerazione la somma del tributo portato dall'atto impugnato, al netto delle eventuali sanzioni e/o interessi. Nel caso di atto relativo alle sole sanzioni pecuniarie, il contributo unificato andrà calcolato sulla base del valore delle stesse. [6] [6]In mancanza di tale istanza, il ricorso viene trattato in camera di consiglio. [7] [7]L'incarico deve essere conferito: con atto pubblico o scrittura privata autenticata; in calce o a margine di un atto nel processo, con certificazione dello stesso incaricato dell'autografia della sottoscrizione; oralmente in udienza pubblica, dandone atto nel verbale. CommentoLa disciplina delle sanzioni amministrative applicabili in ambito tributario trova fondamento in due provvedimenti normativi adottati in pari data, ossia i d.lgs. nn. 471/1997 e 472/1997: il primo dedicato all'individuazione degli illeciti comportanti l'irrogazione delle sanzioni ed il secondo disciplinante i principi generali, ricalcanti in gran parte quelli valevoli in materia penale. In seguito, il legislatore ha provveduto alla revisione del sistema sanzionatorio, penale ed amministrativo, con il d.lgs. n. 158/2015, attuativo dell'art. 8, comma 1 della l. n. 23/2014: tale riforma, pur apportando alcune rilevanti modifiche, specie in relazione all'entità delle sanzioni ed ai criteri di quantificazione delle stesse, ha lasciato immutati i principi generali disciplinanti la materia. La successione normativa è particolarmente rilevante nella materia delle sanzioni amministrative, stante l'operatività nella stessa, come in quella penale, del principio di legalità, sancito dall'art. 3 del d.lgs. n. 472/1997, secondo cui “Nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione ed esclusivamente nei casi considerati dalla legge” e che nei due commi seguenti regola, in conformità del principio del favor rei, il fenomeno della successione delle leggi sanzionatorie nel tempo. Pronunciandosi sulla portata, a riguardo, della novella operata dal d.lgs. n. 158/2015, la S.C. non si è ancora attestata su un orientamento uniforme. Più in particolare, secondo una prima tesi, le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 158/2015, applicabili ai processi in corso in virtù degli artt. 3, comma 3, e 25, comma 2, del d.lgs. n. 472/1997, non operano in maniera generalizzata in virtù del principio del favor rei, rendendo la sanzione irrogata illegale, sicché deve escludersi che la mera deduzione, in sede di legittimità, dello ius superveniens, senza altra precisazione con riferimento al caso concreto, imponga la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, dovendo il contribuente allegare e, se necessario, provare la sussistenza dei fatti costitutivi e/o eventualmente modificativi, ovvero estintivi, necessari per la concreta applicazione di dette norme, atteso che il giudice non può introdurre nella controversia, di sua iniziativa, elementi di fatto diversi da quelli dedotti e dimostrati dalle parti (Cass. n. 15828/2018). Per un'altra posizione, invece, in materia di irrogazione di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, nel rispetto del principio del favor rei, trova applicazione il trattamento più favorevole previsto dal d.lgs. n. 158/2015, la cui utilizzabilità quale ius superveniens è assicurata in pendenza di giudizio dall'art. 32, comma 1, (come modificato dall'art. 1, comma 133 della l. n. 208/2015), purché vi sia un processo ancora in corso ed il provvedimento impugnato non sia, quindi, divenuto definitivo (Cass. n. 1706/2018). Anche in relazione ai profili concernenti l'intrasmissibilità della sanzione agli eredi (nonché, secondo Cass. n. 9094/2017 ai soci e liquidatori di società estinta), al concorso di persone nell'illecito tributario ed al concorso di più violazioni commesse con una sola azione od omissione, la disciplina ricalca in gran parte quella di matrice penalistica. Affinché possa essere integrato un illecito tributario, oltre ad un comportamento, commissivo od omissivo, che viola una norma, deve sussistere l'elemento psicologico, ossia la colpevolezza, integrata dal dolo ovvero dalla colpa ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. n. 472/1997, norma che, tuttavia, deve essere intesa, secondo quanto chiarito in sede di legittimità, nel senso della sufficienza della coscienza e della volontà, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, atteso che la norma pone una presunzione di colpa per l'atto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, lasciando a costui l'onere di provare di aver agito senza colpa (Cass. n. 22890/2006). Le sanzioni di solito sono stabilite entro un minimo ed un massimo e devono essere comminate nel rispetto del generale principio di proporzionalità, espresso anche a più riprese dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea. Ai fini della concreta determinazione delle sanzioni occorre considerare, poi, per un verso, l'art. 13 del d.lgs. n. 471/1997, per il quale il ritardato od omesso versamento dell'imposta risultante dalla dichiarazione fiscale è sanzionato nella misura del trenta per cento di ogni importo non versato e, per un altro, l'art. 12 del d.lgs. n. 472/1997, che attribuisce rilevanza al cd. cumulo giuridico (nelle differenti ipotesi di concorso formale, concorso materiale, progressione e continuazione). Il rapporto tra queste due previsioni normative appare tuttavia controverso nell'elaborazione giurisprudenziale poiché, per una prima tesi, deve essere esclusa l'applicazione del cumulo giuridico ex art. 12 del d.lgs. n. 472/1997 sia nell'ipotesi di tardivo versamento dell'imposta (Cass. n. 5897/2013), sia in quello di omesso versamento della stessa (Cass. n. 10357/2015). Per un'altra impostazione, invece, deve giungersi ad opposta conclusione, stante il carattere generale del disposto dell'art. 12 del d.lgs. n. 472/1997, quale attuazione del principio del favor rei diretta a mitigare il rigore del cumulo materiale ed assume, di contro, che l'art. 13 del predetto decreto si limiterebbe ad identificare l'entità della sanzione in caso di tardivi od omessi versamenti, senza tuttavia escludere il beneficio del cumulo giuridico (Cass. n. 21570/2016). L'art. 6 del d.lgs. n. 472/1997 contempla cinque cause di esclusione della punibilità: a) errore incolpevole sul fatto; b) errore di diritto, derivato da ignoranza inevitabile della legge tributaria; c) incerta portata della legge tributaria; d) imputabilità ad un terzo dell'omesso pagamento del tributo; e) forza maggiore. Un'ulteriore ipotesi di non punibilità è prevista dall'art. 10 del cd. Statuto del contribuente che stabilisce che quest'ultimo non può essere assoggettato a sanzioni per violazioni aventi rilevanza meramente formale, ossia quelle che non pregiudichino l'esercizio delle azioni di controllo e, al contempo, non incidano sulla determinazione della base imponibile dell'imposta e sul versamento della stessa (Cass. n. 27598/2018). Non riveste tuttavia carattere meramente formale neppure la violazione afferente la tardiva trasmissione in via telematica delle dichiarazioni dei redditi dei contribuenti da parte del professionista incaricato in quanto il rispetto dei relativi termini si correla all'esigenza di permettere un efficace controllo su tali dichiarazioni in conformità tanto al principio di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione, quanto ai principi dell'equilibrio del bilancio e della capacità contributiva, essendo volto ad evitare errori nella quantificazione delle imposte dovute (Cass. n. 19381/2018). |