Ricorso (generico)

Carlo Buonauro

Inquadramento

Ai sensi degli artt. 18, d.lgs. n. 546/1992 e 14, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, il giudizio tributario è introdotto con ricorso alla Corte di giustizia tributaria di primo grado il quale deve contenere l'indicazione della Corte di giustizia tributaria cui è diretto; del ricorrente e del suo legale rappresentante, della relativa residenza o sede legale o del domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato, nonché del C.F. e dell'indirizzo di posta elettronica certificata, dell'ufficio nei cui confronti il ricorso è proposto, dell'atto impugnato, dell'oggetto della domanda e dei motivi.

Il 16.9.2022 è entrata in vigore la L. 130/2022 recante disposizioni in materia di giustizia e processo tributario che apporterà diverse modifiche al D.Lgs. 546/1992, alcune delle quali destinate ad entrare in vigore il 16.9.2022.

L'art. 4 comma 1 lett. c) della legge 31 agosto 2022 n. 130 ha riscritto il comma IV dell'articolo 7 del d.lgs. 546/1992 nei seguenti termini: «Non è ammesso il giuramento. La corte di giustizia tributaria, ove lo ritenga necessario ai fini della decisione e anche senza l'accordo delle parti, può ammettere la prova testimoniale, assunta con le forme di cui all'articolo 257-bis del codice di procedura civile. Nei casi in cui la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso, la prova è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale».

 La disposizione, che ha selezionato gli elementi di ammissibilità più importanti, rimettendo il dettaglio al codice processuale civile, ha riservato la valutazione di ammissione alla Corte tributaria, precisando che il giudizio relativo debba compendiarsi nello scrutinio di utilità a fini decisori.

In questo senso il giudizio di “necessità” della prova trova un precedente nell'art. 58 del d.lgs. 546/1992 che consente al giudice d'appello di disporre nuove prove, anche se non è peregrino sostenere che una simile valutazione possa sottendere la straordinarietà del mezzo di cui non vi sarebbe utilità in costanza di altri elementi istruttori.

Se il giudice “può” ammettere o meno la prova, la sua decisione istruttoria è certamente sindacabile nel grado d'appello e neppure al giudizio di legittimità potrebbe sfuggire la deduzione dell'erroneità di una scelta eseguita contra legem.

Una prova “opportunistica” e decisoria non necessità dell'accordo delle parti, inizialmente prevista (la modifica in sede parlamentare è stata salutata come una novità certamente migliorativa). È dunque legittimata l'iniziativa anche di una sola parte.

 Inoltre l'accesso ad essa è appannaggio di tutte le parti del processo, anche se è immaginabile che la necessità maggiore sia quella del contribuente.

La prova testimoniale scritta in sede tributaria, prescindendo dall'accordo delle parti, potrebbe trovare accesso anche su impulso e a giudizio della sola Corte tributaria.

La forma che dà ingresso alla testimonianza è quella “scritta” dell'art. 257 bis c.p.c.. Si tratta dell'unica modalità che, nel codice di procedura civile, è invece, alternativa all'oralità. Essa appaga la necessità di conservare al giudizio tributario la sua attuale struttura in cui difetta una vera e propria fase istruttoria, stante la natura eminentemente documentale del giudizio. L'ambito, invece, è confinato dalla prova documentale, da una parte, e dalla

prova indiziaria, dall'altra.

Spetta al giudice tributario decidere se ne ricorrono i presupposti e conseguentemente ammettere la prova testimoniale, anche se le parti non sono d'accordo, il che tuttavia non esclude che esse possano interloquire sulla sua ammissibilità e rilevanza.

Spicca inoltre l'inserimento del comma 9 bis all'art. 17 bis inerente al reclamo e alla mediazione. Ai sensi dell'art. 4 co. 1 lett. e) L. 130/2022, l'art. 17 bis è stato integrato con il seguente comma: “In caso di rigetto del reclamo o di mancato accoglimento della proposta di mediazione formulata ai sensi del comma 5, la soccombenza di una delle parti, in accoglimento delle ragioni già espresse in sede di reclamo o mediazione, comporta, per la parte soccombente, la condanna al pagamento delle relative spese di giudizio. Tale condanna può rilevare ai fini dell'eventuale responsabilità amministrativa del funzionario che ha immotivatamente rigettato il reclamo o non accolto la proposta di mediazione”.

All'esito della controversia, il deciso dell'organo giudicante, se conforme a quanto esposto in sede di reclamo o proposta di mediazione, comporta l'obbligo di condanna del soccombente alle spese.

È, inoltre, prevista normativamente la possibile responsabilità del funzionario che rigetta, senza motivazione, il reclamo e la proposta di mediazione, preordinati al giudizio vero e proprio.

Gli Enti sono quindi chiamati ad individuare, con precisione e prima dell'emissione dell'atto impositivo (si ricorda che il nominativo del soggetto responsabile del contenzioso deve essere indicato nell'avviso di accertamento), il soggetto cui attribuire tale responsabilità, la quale discenderà direttamente dal danno economico cagionato all'Ente in quanto condannato al pagamento delle spese processuali.

Formula

ALLA CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO DI ....

RICORSO

EX ART. 18 DEL D.LGS. N. 546/1992

Il Sig./La Sig. .... nato a .... il .... C.F. .... residente in .... alla via .... n. ...., CAP .... (oppure: della società .... con sede in ...., via ...., P.IVA o C.F. .... in persona del legale rappresentante pro-tempore), rappresentat. .... e difes. ...., in virtù di procura a margine /in calce e su foglio separato al presente atto, dall'Avv./Dott.Comm./ ...., C.F. ...., con il quale elettivamente domicilia presso il suo studio in .... alla via .... n. .... ai sensi degli artt. 170 e 176 c.p.c., si dichiara di voler ricevere comunicazioni e/o atti difensivi e/o provvedimenti relativi al presente procedimento al seguente indirizzo P.E.C. .... o n. fax .....

PROPONE RICORSO  1

– contro ....;

– avverso il seguente provvedimento prot. n. .... emesso il .... e notificato il ....

PER I SEGUENTI MOTIVI

– violazione e falsa applicazione di legge (sia sostanziale che procedimentale): individuare le norme giuridiche erroneamente applicate o non correttamente interpretate dall'ufficio; evidenziare come l'atto impugnato, per i fatti ed i presupposti su cui si basa (alla luce della motivazione che lo sorregge o proprio per l'insufficienza o la contraddittorietà della motivazione), dimostri tale violazione o falsa applicazione.

- In presenza di annullamento parziale adottato dall'amministrazione in via di autotutela e, in genere, i provvedimenti che riducono la pretesa impositiva contenuta nell'atto divenuto definitivo – premesso che gli stessi di regola non sono impugnabili ex art 19, d.lgs. 546/1992 non comportando alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e definitivo, nondimeno e secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione ha, invece, deve ritenersi ammissibile un'autonoma impugnabilità del nuovo atto, se di portata ampliativa rispetto all'originaria pretesa (Cass. nn. 7511/2016; Cass. 29595/2018 e, nella giurisprudenza di merito, da ultimo C.t.r. Sardegna  n. 69/4/2020). Secondo una linea egualmente recente e più aperturista per il contribuente (C.t.r. Calabria n. 811/03/2020), in parte discostantesi dalla posizione assunta dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 181/2017, il giudice tributario può sindacare la legittimità del diniego o il silenzio serbato dall'amministrazione finanziaria sull'istanza di autotutela presentata dal contribuente: infatti, a differenza dei poteri di autotutela in ambito amministrativo, quelli riconosciuti alle amministrazioni finanziarie sono caratterizzati da una discrezionalità “estremamente limitata”. Ciò in considerazione del fatto che l'autotutela in materia tributaria è strettamente connessa all'attività impositiva e, dunque, assoggettata ai medesimi principi costituzionali di legalità (art. 23 Cost.), di equa tassazione (art. 53 Cost.) e buon andamento (art. 97 Cost.) nonché, strumentale alla prevenzione delle controversie tra ente impositore e contribuente.

Alla luce delle svolte considerazioni si rendono le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia la Corte di giustizia tributaria di primo grado così provvedere:

– in via principale, annullare l'atto impugnato (previa sospensione cautelare ex art. 47 del d.lgs. n. 546/1992);

– con vittoria delle spese di giudizio (con distrazione delle spese processuali al procuratore costituito).

Si depositano i seguenti atti: .....

Ai sensi dell'art. 22, comma 3 del d.lgs. n. 546/1992, si attesta la conformità del presente atto all'originale consegnato (o spedito) all'ente convenuto.

Luogo e data ....

Firma ....

PROCURA  2

(generalità del ricorrente) ....nomina proprio procuratore alle liti (titolo) ....e, per l'effetto, lo autorizza a rappresentarlo e difenderlo nel giudizio, conferendo allo stesso ogni più ampia facoltà di legge, ed eleggendo domicilio presso lo studio del predetto legale in ...., via ....

Luogo e data ....

Firma ....

Autentica della Firma ....

[1] Il ricorso deve altresì indicare il valore della lite e contenere la procura a un difensore o a un soggetto abilitato all'assistenza tecnica (obbligatoria quando il valore della controversia supera 3.000,00 € a partire dal 1° gennaio 2016, con l'obbligo anche di indicare la categoria di appartenenza del difensore ai sensi dell'art. 12 d.lgs. n. 546/1992, che consenta al giudice la liquidazione delle spese di lite secondo la tariffa professionale). Il difensore, o il ricorrente in caso di valore della controversia inferiore a 3.000,00 €, deve sottoscrivere sia l'originale sia le copie destinate alle controparti. L'art. 47 d.lgs. n. 546/1992 riconosce, inoltre, al ricorrente la possibilità di chiedere alla Corte di giustizia tributaria di primo gradocompetente la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, con istanza inserita nel ricorso o formulata con atto separato, debitamente notificato alle altre parti e depositato in segreteria. La sospensione può essere anche parziale e subordinata alla prestazione della garanzia di cui all'art. 69, comma 2 d.lgs. n. 546/1992.

[2] L'incarico deve essere conferito: con atto pubblico o scrittura privata autenticata; in calce o a margine di un atto nel processo, con certificazione dello stesso incaricato dell'autografia della sottoscrizione; oralmente in udienza pubblica, dandone atto nel verbale.

Commento

La struttura impugnatoria del processo tributario non consente la disapplicazione, da parte del giudice, di atti – precedenti e presupposti rispetto a quello contestato – autonomamente impugnabili.

Dalla natura del processo tributario – il quale non è annoverabile tra quelli di “impugnazione-annullamento”, ma tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell'atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell'accertamento dell'ufficio – discende che il contribuente-ricorrente può sia dedurre motivi formali (ossia per vizi di forma talmente gravi da impedire l'identificazione dei presupposti impositivi e precludere l'esame del merito del rapporto tributario), sia di carattere sostanziale, nella quale ipotesi il giudice tributario non può limitarsi ad annullare l'atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte.

Nel processo tributario, non prevedendo il d.lgs. n. 546/1992 alcuna disposizione in ordine al cumulo dei ricorsi e rinviando l'art. 1, comma 2, al codice di procedura civile per quanto non disposto e nei limiti della compatibilità, deve ritenersi applicabile l'art. 103 c.p.c. in tema di litisconsorzio facoltativo, per cui è ammissibile la proposizione di un ricorso congiunto da parte di più soggetti, anche se in relazione a distinte cartelle di pagamento, ove abbia ad oggetto identiche questioni dalla cui soluzione dipenda la decisione della causa (Cass. V, n. 7940/2016, secondo cui è ammissibile un ricorso collettivo e cumulativo, contenete identica contestazione, avverso diverse cartelle di pagamento emesse nei confronti di distinti contribuenti per il pagamento del canone televisivo).

Avverso il diniego dell'Amministrazione di esercitare il potere di autotutela può essere proposta impugnazione solo per allegare eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria. Alla luce di tale principio, recentemente ribadito dalla Suprema Corte con la sentenza 24033/19, anche la recente giurisprudenza di merito (C.t.r. Umbria, n. 59/1 /2020) ha chiarito che il sindacato del giudice tributario sul provvedimento di diniego dell'annullamento dell'atto tributario divenuto definitivo è consentito solo qualora ricorrano ragioni di rilevante interesse generale dell'Amministrazione finanziaria alla rimozione dell'atto, originarie o sopravvenute. E', invece, escluso che possa essere accolta l'impugnazione dell'atto di diniego proposta dal contribuente che contesti i vizi dell'atto impositivo che lo stesso avrebbe potuto far valere in giudizio prima che la pretesa tributaria divenisse definitiva.

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