Assicuratore RC eccepisce la prescrizione del diritto risarcitorio del terzo: l'assicurato ne giova anche se non ha sollevato l'eccezione tempestivamente

Redazione Scientifica
03 Dicembre 2019

L'assicuratore della responsabilità civile (non obbligatoria) dell'autore di un fatto illecito, se chiamato in causa dall'assicurato, è legittimato a sollevare l'eccezione di prescrizione del diritto vantato dal terzo danneggiato nei confronti dell'assicurato. Tale eccezione, se fondata, ha effetto estintivo del credito vantato dal terzo nei confronti dell'assicurato, quand'anche quest'ultimo l'abbia sollevata tardivamente.

IL CASO Il proprietario di alcuni beni immobili chiede al Comune a alla provincia il risarcimento per i danni subiti dalle sue proprietà a causa di una frana, lamentando che questa fosse stata causata dalla difettosa progettazione ed esecuzione dei lavori di ampliamento di una strada, commissionati dal Comune, e la conseguente realizzazione di un parcheggio. Nel costituirsi, la pronuncia eccepisce l'avvenuta prescrizione e nega la propria responsabilità, il Comune invece chiama in causa l'assicuratore, per essere tenuto indenne. L'assicuratore si costituisce eccependo ex art. 2952 c.c. la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni del comune e del suo diritto all'indennizzo. Il Tribunale esclude la responsabilità della provincia e afferma quella del Comune, condannato dunque al risarcimento del danno, privato del diritto all'indennizzo. Il comune promuove appello ma il Tribunale lo rigetta dichiarando che l'eccezione di prescrizione del Comune era stata tardiva e che l'ente non poteva avvalersi dell'eccezione sollevata dalla provincia in quanto ritenuta non responsabile, né tantomeno di quella sollevata dall'assicurazione che rilevava solo nei rapporti interni con l'assicurato. Il comune ricorre dunque, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza.

IL PRIMO MOTIVO In particolare, con il primo motivo si contesta la violazione degli artt. 24 e 111 Cost. nonché dell'art. 183 c.p.c., denunciando come il tribunale avesse dichiarato d'ufficio la tardività dell'eccezione di prescrizione sollevata dal comune, senza sottoporre la questione alle parti medesime. La Suprema Corte dichiara che il tribunale non avrebbe potuto non esprimersi, una volta sollevata l'eccezione da parte del comune, e che non rileva il silenzio delle altre parti sul punto. La riserva per la parte non è infatti prevista dalla legge con riguardo all'eccezione di tardività dell'eccezione di prescrizione, bensì riguardo alla sola eccezione di prescrizione. La Cassazione prosegue poi dichiarando che è da ritenersi assodato che le norme che prevedono preclusioni assertive ed istruttorie nel processo civile hanno come fine la tutela di interessi generali; ciò posto, la loro violazione è sempre rilevabile dal giudice d'ufficio, anche in caso di acquiescenza della parte legittimata a dolersene (ex multis, Cass. civ. n. 16800/2019).

IL SECONDO MOTIVO Con il secondo motivo il Comune contesta poi la violazione degli artt. 1310, 2055, 2937 e 2939 c.c., e degli artt. 167 e 416 c.p.c., denunciando come in ambedue i giudizi di merito sia stato escluso che l'ente, pur incorso nella decadenza dell'eccezione, potesse giovarsi dell'eccezione sollevata per tempo dalla provincia e dalla compagnia assicuratrice. Parte ricorrente dichiara a sostegno della propria tesi che comune e provincia erano stai convenuti nel giudizio come coobbligati in solido, che la loro posizione di coobbligati solidali dovesse essere considerata al momento della proposizione dell'eccezione e non al momento della decisione. Lato assicuratore, il Comune ricorda inoltre come egli avesse espressamente dichiarato l'interesse a sollevare l'eccezione di prescrizione e come nessuna parte avesse contestato tale sussistenza sul presupposto che l'eccezione sollevata da un debitore coobbligato giova a tutti gli altri, ove questi possa essere pregiudicato dall'accoglimento della domanda verso gli altri tanto che se un coobbligato solleva un'eccezione, gli altri non possono giovarsene solo se espressamente e contestualmente rinunciano ad avvalersene. La Suprema Corte respinge il motivo con riferimento ai rapporti con la provincia, accogliendolo invece in riferimento ai rapporti con l'assicurazione.

ECCEZIONE TAMQUAM NON ESSET Dal momento che era stata esclusa la responsabilità della provincia, del tutto estranea dunque a qualsiasi rapporto obbligatorio, non essendo né debitrice dell'attore, né creditrice del comune -, la sua eccezione è da ritenersi tamquam non esset, senza rilevanza alcuna, insomma (e senza che possa porsi la questione di efficacia intersoggettiva dei suoi effetti). Secondo l'art. 2939 c.c. la prescrizione può essere infatti eccepita o al debitore o dai terzi che vi abbiano interesse. La qualità del soggetto legittimato ad eccepire la prescrizione non può individuarsi nel momento in cui l'eccezione è proposta, ma solo al momento della decisione; l'opposta conclusione non sarebbe possibile non solo per l'inesistenza di fondamenti normativi, ma anzi per l'applicazione del principio che vuole che, anche i fini dell'applicazione dell'art. 2939 cit., la qualità di debitore è individuata dalla sentenza, giammai dalla domanda attorea; inoltre differentemente concludendo, otterremmo effetti insostenibili: e cioè, tra gli altri, l'estinzione di un diritto di cui né il debitore né i creditori abbiamo invocato la prescrizione.

MOTIVO FONDATO SE RIFERITO AI RAPPORTI CON L'ASSICURAZIONE Viceversa, il motivo è fondato con riferimento ai rapporti con l'assicurazione. La Cassazione ricorda che nel passato esisteva un contrasto nella giurisprudenza di legittimità sulla questione:

  • un orientamento più risalente escludeva che l'eccezione sollevata dal terzo potesse paralizzare l'azione verso il debitore che avesse rinunciato espressamente ad avvalersene, con la conseguenza che il debitore non poteva fare valere la propria pretesa verso il terzo (sono citati i precedenti di Cass. civ., n. 567/1976 e, per l'estensione del principio alla rinuncia tacita, Cass. civ., n. 5262/2001, e SS. UU. n. 4779/1981).
  • Un orientamento più recente invece rileva che: l'art. 2939 c.c. non segna un confine netto tra il caso in cui l'eccezione di prescrizione è sollevata dal creditore del debitore e quella in cui è sollevata da terzi, dunque non si può concludere che il debitore che non la sollevi sia giovato solo nella prima ipotesi; la categoria dei terzi interessati di cui all'art. 2939 c.c. non è omogenea; spetta all'interprete valutare nel caso concreto se l'eccezione sollevata dal terzo giovi anche al debitore; per stabilire se l'eccezione del terzo giovi anche al debitore principale bisogna guardare all'interesse del terzo, e, nel caso della solidarietà passiva (che, osserva la Corte, non è il nostro caso), si è detto, vedere se dalla sopravvivenza del rapporto in capo al condebitore derivi un pregiudizio per il debitore solidale che ha sollevato l'eccezione (e qui anche la Corte, come il ricorrente, fa riferimento alla sentenza n. 6934 del 2007, ma poi richiama anche altri provvedimenti di legittimità che hanno abbandonato il precedente orientamento, e cioè, l'ord. n. 17420/2019 e la sent. n. 15869/2019; quest'ultima, in particolare, in motivazione rileva che l'art. 2939 c.c. tutela la categoria dei “terzi interessati” che rilevano l'eccezione nel senso di evitare che nella loro sfera giuridica possa prodursi un effetto “riflesso e pregiudizievole” dato dalla sopravvivenza del rapporto principale e che unico ostacolo in tal senso è quello della rinuncia espressa alla prescrizione da parte del debitore principale.

LITISCONSORZIO NECESSARIO PROCESSUALE Nella fattispecie concreta, la Corte ritiene che trovi applicazione il più recente orientamento, sebbene l'assicurazione non sia coobbligata in solido con il comune. La Corte dichiara che l'assicuratore subisce un effetto riflesso e pregiudizievole dal permanere del debito dell'assicurato, debito che è «presupposto giuridico dell'obbligo indennitario gravante sull'assicuratore». All'assicuratore della responsabilità civile, infatti, non è opponibile il giudicato formatosi nei confronti dell'assicurato solo se rimasto estraneo al giudizio (Cass. civ., n. 18325/2019). Ma, come è stato già rilevato dalle Sezioni Unite, se l'assicuratore è chiamato in causa e non solo contesta la validità e l'efficacia del contratto di assicurazione, ma anche la sussistenza della responsabilità extracontrattuale dell'assicurato, si instaura un rapporto di c.d. litisconsorzio necessario processuale tra attore, convenuto e chiamato, nei cui confronti la sentenza di condanna è opponibile (vedi Cass. civ., Sez. Un., n. 24707/2015 e n. 7770/2016).

In sostanza, nel nostro caso, il Comune, se condannato, farebbe valere nei confronti dell'assicurazione il contratto ed in tal caso l'assicurazione subirebbe quel pregiudizio che legittima l'interesse dell'assicuratore a sollevare la prescrizione ex art. 2939 c.c., con effetto non solo nei rapporti interni, ma anche verso il creditore.

IL PRINCIPIO DI DIRITTO La Corte dunque cassa la sentenza impugnata con rinvio alla corte d'appello in diversa composizione ed enuncia il seguente principio di diritto: «L'assicuratore della responsabilità civile (non obbligatoria) dell'autore di un fatto illecito, se chiamato in causa dall'assicurato, è legittimato a sollevare l'eccezione di prescrizione del diritto vantato dal terzo danneggiato nei confronti dell'assicurato. Tale eccezione, se fondata, ha effetto estintivo del credito vantato dal terzo nei confronti dell'assicurato, quand'anche quest'ultimo l'abbia sollevata tardivamente».

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