Il regime “ostativo” alla rieducazione per i minorenni è incostituzionale

Redazione Scientifica
11 Dicembre 2019

Con sentenza n. 263/2019, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 3 del d.lgs. n. 121/2018 in materia di Disciplina dell'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione della delega di cui all'art. 1, commi 82, 83 e 85, lettera p), della legge 23 giugno 2017, n. 103, in relazione ai parametri costituzionali di cui agli artt. 76, 27, comma 3, e 31, comma 2, Cost....

Con sentenza n. 263/2019, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 3 del d.lgs. n. 121/2018 in materia di Disciplina dell'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, in attuazione della delega di cui all'art. 1, commi 82, 83 e 85, lettera p), della legge 23 giugno 2017, n. 103, in relazione ai parametri costituzionali di cui agli artt. 76, 27, comma 3, e 31, comma 2, Cost., nella parte in cui inserisce nell'esecuzione della pena detentiva per i minorenni il meccanismo preclusivo dell'accesso ai benefici penitenziari di cui all'art. 4-bis ord. penit.: partendo dal presupposto che la “preminenza della funzione rieducativa dell'esecuzione minorile ha già portato a ritenere illegittima, per contrasto con gli artt. 27 e 31 Cost., la preclusione posta dall'art. 656, comma 9, lettera a), cod. proc. pen., nella parte in cui esso vietava la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva nei confronti dei minori condannati per i delitti di cui all'art. 4-bis ordin. penit. (sentenza n. 90 del 2017)”, le medesime finalità di garanzia della funzione educativa della pena e di individualizzazione del trattamento penitenziario, già riconosciute con riferimento alla sospensione della pena disposta dal pubblico ministero, si pongono allo stesso modo anche dinanzi al tribunale di sorveglianza chiamato a decidere in ordine all'applicabilità delle misure alternative alla detenzione ai condannati minorenni e comportano l'illegittimità della stessa preclusione, determinata dal richiamo all'art. 4-bis ord. penit.

Pertanto, secondo la Corte costituzionale, “una volta riconosciuta come costituzionalmente imposta la necessità di prognosi individualizzate e di flessibilità del trattamento, si tratta, dunque, di restituire al tribunale di sorveglianza quel medesimo potere di apprezzamento delle specificità di ciascun caso che è già stato riconosciuto al pubblico ministero, in sede di sospensione dell'esecuzione delle pene detentive nei confronti dei condannati minorenni”. Del resto, si aggiunge che: “Dal superamento del meccanismo preclusivo che osta alla concessione delle misure extramurarie non deriva in ogni caso una generale fruibilità dei benefici, anche per i soggetti condannati per i reati elencati all'art. 4-bis ordin. penit. Al tribunale di sorveglianza compete, infatti, la valutazione caso per caso dell'idoneità e della meritevolezza delle misure extramurarie, secondo il progetto educativo costruito sulle esigenze del singolo. Solo attraverso il necessario vaglio giudiziale è possibile tenere conto, ai fini dell'applicazione dei benefici penitenziari, delle ragioni della mancata collaborazione, delle condotte concretamente riparative e dei progressi compiuti nell'ambito del percorso riabilitativo, secondo quanto richiesto dagli artt. 27, terzo comma, e 31, secondo comma, Cost. 5”.

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