Percorsi psicoterapeutici individuali e di coppia per la tutela del minore: limiti costituzionali

Marina Pavone
31 Dicembre 2019

In tema di affidamento di figli minori, la prescrizione ai genitori di intraprendere un percorso psicoterapeutico individuale e un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme comporta comunque, anche se non ritenuta vincolante, un condizionamento per cui è in contrasto con gli artt. 13 e 32 comma 2 della Costituzione.
Massima

In tema di affidamento di figli minori, la prescrizione ai genitori di intraprendere un percorso psicoterapeutico individuale e un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme comporta comunque, anche se non ritenuta vincolante, un condizionamento per cui è in contrasto con gli artt. 13 e 32 comma 2 della Costituzione in quanto tale disposizione - diversamente dall'intervento richiesto dal giudice al servizio sociale, volto a diminuire la conflittualità tra i genitori e collegato alla possibile modifica dei provvedimenti adottati nell'interesse del minore - è connotata dalla finalità, estranea al giudizio, di realizzare la maturazione personale delle parti, rimessa esclusivamente al loro diritto di autodeterminazione.

Il caso

Nell'ambito di una causa avente ad oggetto l'affidamento di una minore, il Tribunale prescrive alla madre di intraprendere con la massima urgenza un percorso psicoterapeutico al fine di superare le criticità riscontrate nell'esercizio del ruolo genitoriale.

La Corte d'Appello evidenzia come, nel caso di specie, vi sia la necessità di tutelare e contemperare due diritti costituzionalmente garantiti, ovvero, il diritto del genitore all'autodeterminazione ed alla scelta sulla propria salute ed il diritto del minore ad un percorso di crescita sana. Ebbene, secondo la Corte territoriale, nell'esclusivo interesse del minore, il richiamo ad intraprendere un percorso di terapia è legittimo e deve essere interpretato come un “invito giudiziale” rivolto al genitore, funzionale a superare le criticità emerse nel rapporto genitoriale (madre/figlia), in ogni caso rimesso alla libera autodeterminazione di quest'ultima la quale potrà, accoglierlo o disattenderlo, nell'esercizio della propria libertà di autodeterminazione.

Viene, altresì, confermata la sentenza di primo grado nella parte in cui ha disposto l'assistenza domiciliare alla minore, presso l'abitazione della madre, da parte del servizio sociale (prevedendo anche incontri tra la minore e l'operatore senza la presenza della genitrice) e la presa in carico della bambina presso un servizio di neuropsichiatria infantile per un percorso psicologico volto a garantirle uno spazio di ascolto e a tentare di favorirne il riavvicinamento con la figura paterna. Sul punto, la sentenza evidenzia come il giudice abbia sempre il potere di disporre percorsi psicologici e terapeutici per la minore, se ritenuti necessari per la sua sana crescita, soprattutto se fondati su valutazioni tecniche di esperti.

Propone ricorso per Cassazione la madre sulla base di due motivi.

Il primo riguarda l'illegittimità della prescrizione a seguire un percorso psicoterapeutico che, seppure definita “invito giudiziale”, costituirebbe, di fatto, un ordine a sottoporsi a trattamenti costituzionalmente incoercibili che incidono sulla libertà di autodeterminazione della ricorrente.

Il secondo riguarda la presunta illegittimità delle misure adottate per riavvicinare la minore al padre (intervento del servizio sociale con incontri anche senza la presenza della madre e percorso psicologico) sulla base del fatto che quest'ultimo avrebbe rifiutato espressamente di intrattenere rapporti con la figlia.

La Cassazione ritiene fondato il primo motivo, mentre dichiara inammissibile il secondo appiglio atteso che si tratta di un apprezzamento di merito (opportunità che la minore incontri il padre), non censurato specificamente dalla madre in sede di appello e che, comunque, si fonda su valutazioni tecniche di esperti.

La pronuncia impugnata, pertanto, viene cassata in relazione al motivo accolto e la causa viene rinviata alla Corte territoriale competente, in diversa composizione, per nuovo esame della vicenda.

La questione

In tema di affidamento della prole, può il giudice, nell'interesse del minore a crescere in un contesto sano, imporre al genitore di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e/o ad un percorso di sostegno alla genitorialità oppure tale monito è da considerarsi lesivo del diritto alla libertà personale delle parti, costituzionalmente garantito, e contrario alla disposizione che vieta l'imposizione di trattamenti sanitari?

Le soluzioni giuridiche

La Corte si richiama ad una precedente pronuncia che aveva già rilevato nel diritto alla libertà personale (art. 13 Cost. «Non è ammessa … qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge») e nella disposizione che vieta l'imposizione di trattamenti sanitari (art. 32 comma 2 Cost. «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»), entrambi costituzionalmente garantiti, un limite alla prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e/o ad un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme.

Pur volendo ritenere tale disposizione non vincolante, l'invito ad intraprendere un percorso di terapia individuale o di coppia è connotato dalla finalità, estranea al giudizio, di realizzare la maturazione personale delle parti, scelta che dovrebbe, invece, essere rimessa esclusivamente al personale diritto di autodeterminazione.

La Corte riprende tale principio e lo conferma. Da un lato evidenzia come, nel caso di specie, non vi sia stata una vera e propria imposizione, un vero obbligo alla ricorrente ad intraprendere un percorso psicoterapeutico per supportare le criticità del rapporto madre/figlia, avendo esplicitato che tale monito si configura come un “invito giudiziale” e non come un obbligo. Dall'altro lato gli Ermellini riconoscono, però, che tale richiamo (al di là della veste che gli viene conferita), integra di fatto una forma di condizionamento della scelta personale, violativa della libertà di autodeterminazione del genitore alla cura della propria salute. Infatti, la scelta di realizzare una crescita ed una maturazione personale, sul piano individuale e genitoriale, sottoponendosi ad un trattamento sanitario, attiene esclusivamente alla sfera del diritto dei singoli genitori e la sua finalità è del tutto estranea al giudizio. Pertanto, a differenza dell'intervento del servizio sociale, volto ad una possibile modifica dei provvedimenti adottati nell'interesse del minore, la prescrizione al genitore di sottoporsi ad un percorso terapeutico, non può essere imposta dal giudice, né rappresentata come invito.

Ha errato, dunque, la Corte d'Appello nel ritenere che il giudice di prime cure abbia agito legittimamente imponendo alla madre un percorso volto a realizzare una maturazione personale in quanto genitrice atteso che, così facendo, ha di fatto violato la libertà di autodeterminazione di quest'ultima.

Peraltro, precisa la Cassazione, la prescrizione di un percorso psicoterapeutico individuale e/o di sostegno alla genitorialità da seguire in coppia esula dai poteri del giudice investito della controversia sull'affidamento dei minori anche nel caso in cui sia disposta con la finalità, emersa espressamente durante una CTU, di superare una condizione di immaturità genitoriale che impedisce uno scambievole rispetto dei rispettivi ruoli.

Osservazioni

La pronuncia esaminata affronta una questione molto delicata che afferisce ad una sfera personalissima dell'individuo poiché incide sulla sua libertà di autodeterminazione e di scelta in ambito sanitario, nel contempo, producendo effetti sul diritto del minore ad essere tutelato dai genitori e a crescere in un ambiente sano.

Con la sentenza in oggetto viene richiamato e confermato un orientamento della Corte già sviluppato in passato. Non sono mancate, tuttavia, nel corso del tempo, pronunce difformi nelle quali i giudici di merito, per superare le criticità genitoriali rilevate anche a mezzo di CTU, hanno sovente prescritto, alla coppia genitoriale, trattamenti sanitari di tipo psicologico per attenuare il livello di conflittualità tra le parti e, di conseguenza, affievolire il disagio del figlio. Ebbene, a sostegno di tale orientamento, costoro hanno ritenuto di non voler imporre ai genitori tale supporto, ma semplicemente di onerarli di ciò, argomentando che il Collegio, nell'interesse preminente della prole, segnala alle parti la necessità di intraprendere determinati percorsi di supporto personale anche di tipo terapeutico. A fondamento di tali tesi, i giudici affermano che la libertà personale di autodeterminazione e di scelta sulla propria salute di chi è genitore incontri pur sempre un limite nel diritto del figlio minore ad una crescita sana e consapevole, diritto di rango certamente costituzionale, garantito, tra l'altro, sia da intese comunitarie che da normative internazionali, quindi, parimenti degno di tutela.

In sostanza, dunque, per quanto esplicitata sotto forma di “invito”rivolto ai genitori e rimessa alla libertà di scelta dell'adulto, la disposizione di sottoporsi a trattamento psicoterapeutico ha pur sempre una funzione di tutela dell'interesse e dell'equilibrio psicofisico del figlio e potrà avere, a detta di molti Tribunali, precise conseguenze per il genitore non responsabile (artt. 337 ter c.c. e 333 c.c.)tutte le volte in cui le sue libere legittime scelte si traducano in comportamenti pregiudizievoli per il minore.

Le suddette pronunce, di segno opposto a quella esaminata, si fondano sul principio che la libertà di autodeterminazione e di scelta sulla salute del genitore, sebbene afferente a diritti di rango costituzionale, trova un limite nel diritto del minore ad un percorso di sana e matura crescita, anche questo di rango costituzionale, altresì, tutelato da normative sovranazionali che è «compito del tribunale in ogni caso assicurare attraverso provvedimenti incidenti sull'esercizio e/o sulla titolarità della responsabilità genitoriale. Ciò nella misura in cui interventi di supporto anche di tipo terapeutico potrebbero consentire, se seguiti, ad uno o ad entrambi i genitori, di superare le proprie fragilità e criticità personali e di conservare integra la propria responsabilità genitoriale» (Tribunale di Milano sez. IX dell'11 marzo 2017 - Pres. Amato, Est. Buffone).

Diversamente, la pronuncia in esame torna ad affermare la necessità di riconoscere e non limitare la libertà di scelta dell'individuo, anche quando è genitore nell'esercizio della propria responsabilità genitoriale. Del resto, è vero che il principio cardine che conduce a suggerire alle parti di sottoporsi a percorsi terapeutici individuali o di coppia è l'interesse superiore del minore, ma è altresì rilevante che, di fatto, tale “scelta”, a fronte di una imposizione e sotto la minaccia di perdere l'affidamento della prole o, nei casi più gravi, l'esercizio della responsabilità genitoriale, rivela profonde criticità divenendo, più che una scelta consapevole e matura, una sorta di imposizione ad un trattamento sanitario obbligatorio in violazione di un principio costituzionalmente garantito.

Peraltro, anche da un punto di vista prettamente funzionale, si deve rilevare come un percorso di sviluppo personale dei genitori, per natura, dovrebbe sempre essere liberamente avviato e mosso da un'assunzione di responsabilità, nonché, affidato al diritto imprescindibile di autodeterminazione del singolo, altrimenti, laddove intrapreso coattivamente, difficilmente potrà produrre effetti positivi e durevoli nel tempo.

Cassazione Civile S

ez. I,

07 giugno – 05 luglio

2019

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