Il decreto fiscale diventa legge: un nuovo tentativo di “lotta” all'evasione attraverso il diritto penale

08 Gennaio 2020

Il contrasto all'evasione fiscale è una priorità in ogni Paese civile. Se, come ha scritto, con intelligente spirito provocatorio, Vittorio Emanuele Falsitta, lo Stato, che continua imperterrito ad abusare dell'imposizione diretta (e non solo per il livello della stessa) e dell'utilizzo del gettito, decidesse di chiamare parte delle imposte sui redditi “imposta sull'evasione fiscale altrui” quantomeno crescerebbe la sensibilità di ognuno dei contribuenti onesti verso il problema.

Il contrasto all'evasione fiscale è una priorità in ogni Paese civile. Se, come ha scritto, con intelligente spirito provocatorio, Vittorio Emanuele Falsitta, lo Stato, che continua imperterrito ad abusare dell'imposizione diretta (e non solo per il livello della stessa) e dell'utilizzo del gettito, decidesse di chiamare parte delle imposte sui redditi “imposta sull'evasione fiscale altrui” quantomeno crescerebbe la sensibilità di ognuno dei contribuenti onesti verso il problema.

Dall'inizio degli anni '80 si è assegnato al diritto penale un ruolo di primo piano nell'azione di contrasto all'evasione fiscale, sopravvalutandone le capacità e sottovalutandone i limiti.

La scelta è risultata, quindi, poco soddisfacente sia sul piano criminale, sia sul piano della politica fiscale.

L'esperienza di questi anni, d'altra parte, insegna che l'evasione fiscale non si contrasta rendendo più rigorose le sanzioni penali e che l'intervento sulle misure repressive di natura penale dovrebbe essere l'ultimo segmento di strumenti e iniziative, amministrativi prima ancora che legislativi, più ampi, frutti di una “nuova cultura” (la “vecchia” non sembra avere funzionato e lo dimostra il fatto che l'evasione fiscale resta ipertrofica nonostante l'impegno di Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate, magistratura), elaborata da esperti veri, non improvvisati, che abbiano a cuore le sorti di questo Paese.

Comunque sia, la realtà legislativa di questi giorni offre essenzialmente un quadro di più rigorose sanzioni penali, in un'alternanza, cominciata nel 1982, di “manette” più o meno facili e con inasprimenti, quelli di cui andremo a parlare, fatti più o meno a caso, senza un attento raffronto sistematico quantomeno con le fattispecie penali omogenee. Ennesimo esempio del fatto che è più facile fingere di “lottare” usando come surrogato il diritto penale, che pensare a un efficace sistema amministrativo di accertamento e riscossione delle imposte.

L'art. 39 del d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, di questo essenzialmente si occupa.

Non vale la pena, tuttavia, di perdere tempo occupandosi dell'art. 39 dell'originario decreto-legge, ampiamente modificato dalle Camere, atteso che le disposizioni del decreto, in virtù di una scelta governativa inedita, se non incostituzionale, in materia di decretazione d'urgenza, erano comunque destinate ad applicarsi ai reati commessi a far tempo dalla pubblicazione della legge di conversione.

L'art. 39, comma 1, del d.l. 124/2019 ha elevato le pene della maggior parte dei reati tributari previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74.

Il commento di queste disposizioni, destinate ad applicarsi, ai sensi dell'art. 39 comma 3, ai reati commessi a far tempo dal 24 dicembre 2019, data di pubblicazione della legge di conversione sulla Gazzetta Ufficiale, non esige particolare impegno. Queste le linee essenziali dell'intervento.

Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, d.lgs. n. 74 del 2000) che punisce chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi (di seguito II.RR) o sul valore aggiunto (di seguito I.V.A.), indichi in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, vale a dire registrandoli nelle scritture contabili obbligatorie o detenendoli a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria, è ora sanzionato con la pena della reclusione da 4 a 8 anni (la cornice sostituita era da 1 anno e 6 mesi a sei anni).

La modifica (contenuta nell'art. 39, comma 1, lett. a) rende praticabile anche il fermo di cui all'art. 384 c.p.p.

I restanti riflessi processuali sono inalterati: nel giudizio ordinario è prevista l'udienza preliminare; la competenza appartiene al Tribunale in composizione monocratica; l'arresto in flagranza è facoltativo ex art. 381 c.p.p.; sono adottabili misure cautelari personali, anche custodiali.

Quanto alla prescrizione, invece, il termine sale a 10 anni e 8 mesi in applicazione dell'art. 17, comma 1-bis, del d.lgs. n. 74 del 2000, che prevede che i termini di prescrizione per i delitti previsti dagli artt. da 2 a 10 del medesimo decreto sono elevati di un terzo.

L'art. 39, comma 1, lett. b), ha introdotto nell'art. 2 una circostanza attenuante con il nuovo comma 2-bis, stabilendo che se l'ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a 100.000,00 euro la cornice edittale è ridotta da un anno e sei mesi a sei anni.

Analoga attenuante (con tetto più elevato: 300 milioni di lire) era prevista dal comma 3 dell'art. 2, ma era stata abrogata, a far tempo dal 17 settembre 2011, dall'art. 2, comma 36-vicies semel, del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, inserito dalla l. di conversione 14 settembre 2011, n. 148.

Il reato di Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3) che consiste nel fatto di chi, fuori dei casi previsti dall'art. 2, al fine di evadere le II.RR. o l'I.V.A., indichi in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, avvalendosi di documenti falsi (vale a dire registrandoli nelle scritture contabili obbligatorie o detenendoli a fini di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria) o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'amministrazione finanziaria ovvero compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente, quando, congiuntamente: a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a 30.000 euro; b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al 5% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore a euro un milione cinquecentomila, ovvero qualora l'ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell'imposta, è superiore al 5% dell'ammontare dell'imposta medesima o comunque a euro trentamila, è ora punito con la reclusione da tre a otto anni (la cornice sostituita era da un anno e sei mesi a sei anni).

Anche in tal caso la modifica (contenuta nell'art. 39, comma 1, lett. c) rende praticabile anche il fermo di cui all'art. 384 c.p.p.

I restanti riflessi processuali sono inalterati: nel giudizio ordinario è prevista l'udienza preliminare; la competenza appartiene al Tribunale in composizione monocratica; l'arresto in flagranza è facoltativo ex art. 381 c.p.p.; sono adottabili misure cautelari personali, anche custodiali.

Quanto alla prescrizione, il termine sale a 10 anni e 8 mesi in applicazione dell'art. 17, comma 1-bis, del d.lgs. n. 74 del 2000, che prevede che i termini di prescrizione per i delitti previsti dagli artt. da 2 a 10 del medesimo decreto sono elevati di un terzo.

Il reato di dichiarazione infedele (art. 4), che consiste nel fatto di chi, fuori dei casi previsti dagli artt. 2 e 3, al fine di evadere le II.RR e l'I.V.A., indichi in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente: a)l'imposta evasa sia superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a 100.000 euro; b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, sia superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a 2 milioni di euro, è ora punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi (la cornice sostituita era da uno a tre anni).

Non è più praticabile l'esercizio dell'azione penale con citazione diretta a giudizio, ma, nel giudizio ordinario, è necessaria l'udienza preliminare; è consentito l'arresto in flagranza e sono adottabili misure cautelari personali diverse dalla custodia cautelare in carcere (anche il fermo continua a non essere consentito).

Resta inalterato il termine prescrizionale, che era stato elevato a 8 anni a far tempo dal 17 settembre 2011 (v. il citato art. 17, comma 1-bis, del d.lgs. n. 74 del 2000).

All'inasprimento del trattamento sanzionatorio è correlato l'aggravamento del reato, oggi ipotizzabile anche in caso di imposta evasa superiore a 100.000 euro (prima la soglia di rilevanza penale era fissata a 150.000 euro) e di elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, a 2 milioni di euro (prima erano 3).

È stato modificato anche il comma1-ter dell'art. 4 (dall'art. 39, comma 1, lett. g) che disciplina le valutazioni non punibili. In particolare, la parola: “singolarmente” è stata sostituita dalla parola “complessivamente”, sicché ora, fuori dei casi di cui al comma 1-bis (secondo il quale esulano dall'idea dell'infedeltà sia la non corretta classificazione, sia la valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, sia infine la violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali) , non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che, non più singolarmente ma complessivamente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 % da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b).

Anche la pena del reato di omessa dichiarazione (art. 5), che consiste (comma 1) nel fatto di chi, al fine di evadere le II.RR. e l'I.V.A., non presenti, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l'imposta evasa sia superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte a 50.000 euro e (comma 1-bis) nel fatto di chi non presenti, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d'imposta, quando l'ammontare delle ritenute non versate è superiore a 50.000 euro, è stata elevata: la cornice è ora da due a cinque anni, contro la precedente da un anno e sei mesi a quattro anni (art. 39, comma, 1, lett. h) e i)).

Sul versante processuale, ferma restando la competenza del Tribunale in composizione monocratica, non è più praticabile l'esercizio dell'azione penale con citazione diretta a giudizio, ma, nel giudizio ordinario, è necessaria l'udienza preliminare; è ora adottabile anche la custodia cautelare in carcere ed è consentito l'arresto in flagranza, mentre resta preclusa la misura precautelare del fermo.

Resta inalterato il termine prescrizionale, anche in tal caso elevato a 8 anni a far tempo dal 17 settembre 2011 (v. art. 17, comma 1-bis, del d.lgs. n. 74 del 2000).

Per il reato di “emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” (art. 8), che consiste nel fatto di chi, al fine di consentire a terzi l'evasione delle II.RR o dell'I.V.A., emetta o rilasci fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, valgono le stesse considerazioni svolte con riguardo alla frode tributaria di cui all'art. 2 (§ 2.1). Il reato è ora punito con la pena della reclusione da 4 a 8 anni (la cornice sostituita era da 1 anno e 6 mesi a sei anni).

La modifica (contenuta nell'art. 39, comma 1, lett. n) rende praticabile il fermo di cui all'art. 384 c.p.p.

I restanti aspetti processuali non sono cambiati. Il giudizio ordinario prevede l'udienza preliminare, benché la competenza appartenga al Tribunale in composizione monocratica.

L'arresto in flagranza resta facoltativo ex art. 381 c.p.p. e sono adottabili misure cautelari personali, compresa la custodia cautelare in carcere.

Come per il reato di cui all'art. 2, il termine di prescrizione sale a 10 anni e 8 mesi in applicazione dell'art. 17, comma 1-bis, del d.lgs. n. 74 del 2000, che prevede che i termini di prescrizione per i delitti previsti dagli artt. da 2 a 10 del medesimo decreto sono elevati di un terzo.

L'art. 39, comma 1, lett. m), ha introdotto nell'art. 8 una circostanza attenuante con il nuovo comma 2-bis, stabilendo che se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d'imposta, è inferiore a centomila euro, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

Analoga attenuante (con tetto più elevato: 300 milioni di lire) era prevista dal comma 3 dell'art. 8, ma era stata abrogata, a far tempo dal 17 settembre 2011, dall'art. 2, comma 36-vicies semel, del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, inserito dalla l. di conversione 14 settembre 2011, n. 148.

2.6. L'ultimo reato sul quale il legislatore è intervenuto è quello di occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10), che consiste nel fatto di chi, salvo che il fatto costituisca più grave reato, al fine di evadere le II.RR. o l'I.V.A., ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulti o distrugga in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.

La pena irrogabile è ora da tre a sette anni di reclusione; prima era da un anno e sei mesi a 6 anni.

È dunque stato elevato il termine di prescrizione da 8 anni a 8 anni e 4 mesi.

È, inoltre, adottabile il fermo, oltre che le misure cautelari personali (e, naturalmente, l'arresto in flagranza facoltativo).

Altra sanzione rafforzata dal legislatore è la confisca.

Già l'art. 12-bis prevede, per il caso di condanna (compresa la sentenza di applicazione concordata della pena), oltre alla confisca obbligatoria di prezzo o profitto dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, la confisca, per equivalente, ossia per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto, dei beni di cui l'autore del reato ha la disponibilità (confisca che il contribuente può evitare con il versamento del dovuto all'Erario).

La confisca per equivalente ha natura sanzionatoria (Cass., Sez. un., 27.3.2008, n. 26654; Corte cost., 2.4.2009, n. 97) e presuppone l'impossibilità della confisca diretta di prezzo o profitto del reato.

Ora l'art. 39, comma 1, lett. q), ha introdotto nel d.lgs. n. 74 del 2000 l'art. 12-ter, prevedendo la confisca “allargata” dell'art. 240-bis c.p. (nata per contrasto alla criminalità organizzata ed essenzialmente fondata sulla sproporzione tra i beni di cui l'imputato dispone e i suoi redditi dichiarati) in caso di condanna per il reato di cui all'art. 2 quando l'ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a 200.000 euro; per il reato di cui all'art. 3 quando l'imposta evasa è superiore a 100.000 euro; per il reato di cui all'art. 8 quando l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è superiore a 200.000 euro; per il reato di cui all'art. 11, comma 1 (sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte) , quando l'ammontare delle imposte, delle sanzioni e degli interessi è superiore a 100.000 euro; per il reato di cui all'art. 11, comma 2 (falso nella transazione fiscale), quandol'ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi è superiore a 200.000 euro.

La disposizione è destinata ad applicarsi, ai sensi dell'art. 39, comma 1-bis, esclusivamente alle condotte poste in essere successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, quindi successivamente al 24 dicembre 2019.

I reati tributari sono stati inclusi nel catalogo del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, in particolare nel nuovo art. 25-quinquisdecies (art. 39, comma 2).

In particolare, in relazione alla commissione dei delitti previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, si applicano all'ente la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote per i reati di cui all'art. 2, comma 1, all'art. 3, all'art. 8, comma 1; la sanzione fino a quattrocento quote per le ipotesi attenuate di cui all'art. 2, comma 2-bis e all'art. 8, comma 2-bis, nonché per il reato di cui all'art. 10 e per i reati di cui all'art. 11.

Se, in seguito alla commissione di uno di tali reati, l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo e si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, lett. c (divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio), d (esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi) ed e (il divieto di pubblicizzare beni o servizi). E, come è risaputo, la confisca, anche nella forma per equivalente, è contemplata altresì nei confronti degli enti (art. 19, comma 2, d.lgs. n. 231/2001), in ipotesi di condanna per l'illecito derivante da reato commesso dalla persona fisica nell'interesse o a vantaggio dell'ente medesimo.

In precedenza, in caso di reati tributari commessi nell'interesse o a vantaggio di uno degli enti suddetti – si pensi ad esempio ai delitti in tema di dichiarazione, in cui l'autore è di regola individuabile nel legale rappresentante/amministratore che sottoscrive/presenta la dichiarazione in nome e per conto della società, ecc. – non si poteva far luogo a confisca per equivalente nei confronti della società: né ai sensi dell'art. 12-bis poiché è solo la persona fisica ad essere condannata (e non l'ente), né ai sensi dell'art. 19 d.lgs. n. 231/2001, giacché appunto l'ente non era previsto come responsabile “da reato tributario”.

Confisca diretta del prezzo o del profitto, correlata confisca per equivalente in caso di impossibilità, confisca allargata, confisca amministrativa a carico dell'ente, sanzioni amministrativo-tributarie: l'arsenale è vasto.

Il problema del ricarico punitivo irragionevole (bis in idem) è in agguato; il tema è complesso e non affrontabile in queste righe. Certo per venirne a capo si dovrà partire da quanto affermato dalla Corte costituzionale, con la sentenza 24 ottobre 2019, n. 222: non c'è bis in idem qualora le due sanzioni perseguano scopi diversi e complementari, connessi ad aspetti diversi della medesima condotta; quando la duplicazione dei procedimenti sia prevedibile per l'interessato; quando esista una coordinazione, specie sul piano probatorio, tra i due procedimenti; e quando il risultato sanzionatorio complessivo, risultante dal cumulo della sanzione amministrativa e della pena, non risulti eccessivamente afflittivo per l'interessato, in rapporto alla gravità dell'illecito”.

In controtendenza è l'art. 39, comma 1, lett. q-bis) (voluto dalla legge di conversione).

La causa di non punibilità di cui all'art. 13, comma 2, è estesa anche ai reati di cui agli articoli 2 e 3.

Anche queste ipotesi di frode tributaria, al pari della dichiarazione infedele e dell'omessa dichiarazione, non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso, sempreché sia intervenuto prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Si applica anche il comma 3 secondo il quale, qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, anche ai fini dell'applicabilità dell'articolo 13-bis, è dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo.

In tal caso la prescrizione è sospesa. Il Giudice ha facoltà di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi, qualora lo ritenga necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione.

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