La decorrenza del termine per la notifica del decreto cautelare corretto per errore materiale

21 Gennaio 2020

Due le questioni processuali affrontate dal tribunale di Napoli nell'ordinanza in esame, ovvero se sia possibile che il termine perentorio di otto giorni per la notifica del decreto cautelare possa decorrere dalla correzione di tale provvedimento sotto altro profilo e se legittimi una notifica “tardiva” l'erronea indicazione di un termine superiore da parte del giudice.
Massima

È illegittima l'ordinanza che conferma il decreto cautelare emesso inaudita altera parte e notificato oltre il termine di otto giorni previsto dall'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c., anche ove sia stato rispettato il termine superiore erroneamente indicato dal giudice e senza che assuma rilevanza, per un nuovo decorso del termine di legge, l'avvenuta correzione materiale del decreto stesso.

Il caso

Una società a responsabilità limitata proponeva reclamo cautelare contro un'ordinanza inibitoria della promozione, offerta in vendita, commercializzazione e distribuzione di alcuni prodotti oggetto di sequestro a proprio carico, ordinanza integralmente confermativa del decreto emesso inaudita altera parte.

La parte reclamante deduceva in via pregiudiziale l'avvenuta notifica del decreto cautelare (e del pedissequo provvedimento di fissazione dell'udienza nel contraddittorio tra le parti) in violazione del termine perentorio di otto giorni previsto dal secondo comma dell'art. 669-sexies c.p.c.

La società resistente in sede di reclamo adduceva di aver notificato il decreto nel termine indicato dal giudice e, in ogni caso, entro il termine di otto giorni dalla correzione del predetto provvedimento.

La questione

Due le questioni processuali affrontate dal tribunale di Napoli nell'ordinanza in esame, ovvero se sia possibile che il termine perentorio di otto giorni per la notifica del decreto cautelare possa decorrere dalla correzione di tale provvedimento sotto altro profilo e se legittimi una notifica “tardiva” l'erronea indicazione di un termine superiore da parte del giudice.

Le soluzioni giuridiche

La decisione che si annota ha dichiarato invalida l'ordinanza cautelare emessa, a conferma integrale del decreto inaudita altera parte tardivamente notificato, assumendo l'irrilevanza di entrambe le questioni prospettate ai fini del rispetto del termine di otto giorni contemplato dall'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c.

In primo luogo, invero, la pronuncia in esame ha ritenuto non incidente sul dovere della parte beneficiaria del decreto di notificare lo stesso all'altra parte entro il termine previsto la circostanza che il giudice avesse erroneamente indicato, nel provvedimento emanato in data 11 febbraio 2019, ai fini della notifica, la data del 26 febbraio 2019, ossia un termine di quindici giorni in luogo del termine inferiore di otto giorni stabilito dalla predetta disposizione normativa.

Sotto un distinto profilo, l'ordinanza in commento ha poi sottolineato che nessuna rilevanza avrebbe potuto avere per un differimento del dies a quo del termine perentorio per la notifica del decreto cautelare la circostanza che, in data 12 febbraio 2019, la parte ricorrente avesse chiesto la correzione del provvedimento in ordine all'individuazione dei beni oggetto dello stesso, correzione ottenuta solo in data 14 febbraio 2019, con conseguente tempestività della notifica tentata una prima volta il 21 febbraio 2019.

In particolare, secondo l'impostazione seguita nella decisione assunta dal collegio in sede di reclamo, innanzitutto il differimento in questione non poteva operare, nel caso concreto, perché la parte beneficiaria della misura cautelare non aveva richiesto la correzione della medesima anche nella parte in cui il giudice aveva erroneamente indicato un termine superiore a quello massimo contemplato dall'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c. (dovendo così intendersi, a sommesso parere di chi scrive, il riferimento dell'ordinanza alla mancanza di un'istanza di rimessione in termini ex art. 153, comma 2, c.p.c., istanza che non avrebbe avuto senso proporre, come evidenziato peraltro dalla stessa decisione in commento nella pagina successiva, perché il termine “di legge” di otto giorni per l'effettuazione della notifica alla data del 12 febbraio 2019 non era, evidentemente, decorso).

Né, in accordo con la ricostruzione della pronuncia in esame, il termine per la notifica del decreto cautelare avrebbe potuto iniziare a decorrere dalla data del 14 febbraio 2019 di pronuncia del provvedimento di correzione del decreto nella parte in cui erano stati individuati i beni oggetto dello stesso, poiché, in tal guisa, «si finirebbe con il riconoscere ad un errore del decreto di fissazione efficienza sanante della decadenza degli effetti del decreto inaudita altera parte originariamente concesso».

Osservazioni

La soluzione affermata dalla pronuncia in commento sulla prima questione è coerente con la tesi, dominante nella giurisprudenza di merito edita, per la quale è in ogni caso onere della parte beneficiaria del provvedimento cautelare inaudita altera parte, anche in caso di errore o dimenticanza del giudice, procedere comunque alla notifica del ricorso e del decreto entro il termine perentorio che il codice indica in quello massimo di otto giorni, termine questo vincolante, in tale suo limite massimo, anche per il giudice stesso (cfr. Trib. Teramo, 16 giugno 2010, n. 227, in Giur. Merito, 2010, n. 11, 2738).

A prescindere da qualsivoglia valutazione sulla condivisibilità di un siffatto orientamento - che finisce con il porre a carico del difensore della parte le conseguenze di un errore del giudice che ha emanato il decreto cautelare - la decisione in esame non convince soprattutto nella parte in cui ha ritenuto che il termine di cui all'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c., non potesse decorrere dall'emanazione del provvedimento reso sull'istanza di correzione di errore materiale.

Invero, poiché nella fattispecie in esame la correzione, pur non afferendo al termine per la notifica, non riguardava un elemento privo di rilievo ai fini della determinazione della portata del provvedimento a carico della parte destinataria di esso, incidendo sui beni oggetto dell'inibitoria concessa, è evidente che la parte beneficiaria doveva attendere l'emanazione del decreto corretto in parte qua per notificarlo alla parte resistente nella sua esatta portata, i.e. l'unica idonea a fondare una corretta instaurazione del contraddittorio, mentre non avrebbe avuto alcun senso notificare il decreto non corretto, sicché il termine di otto giorni non avrebbe potuto che decorrere dalla data di emanazione del provvedimento di correzione di un errore che, pur rubricato come “materiale”, andava in realtà ad incidere sul contenuto della misura cautelare. Diversamente opinando, infatti, il termine per la notifica del decreto cautelare, già di soli otto giorni, dovrebbe ridursi a seconda del momento dell'emanazione del provvedimento corretto da notificare, con il non peregrino rischio che lo stesso venga pronunciato una volta che sia già decorso il termine di otto giorni dall'emanazione del primo decreto ovvero solo qualche giorno prima dalla scadenza di tale termine.

Guida all'approfondimento
  • Consolo – Luiso – Sassani, Commentario alla riforma del processo civile, Milano 1996;
  • Consolo, Contraddittorio e pronuncia dei sequestri (di un modo cauto, ma opportuno, di provvedere sulle istanze cautelari di sequestro giudiziario), in Giur. it., 1989, I, 2, 101;
  • De Matteis, La riforma del processo cautelare, Milano 2006;
  • Giordano, Il procedimento cautelare uniforme. Prassi e questioni, Milano 2008;
  • Guaglione, La prova nel procedimento cautelare, in Rass. dir. civ., 2002, 212;
  • Luiso, La riforma dei procedimenti cautelari nei “provvedimenti urgenti” per il processo civile, in Doc. Giust., 1990, n. 7-8, 50;
  • Merlin, Procedimenti cautelari ed urgenti in generale, in Dig., disc. priv., sez. civ., 1996, 402;
  • Ronco, Urgenza e solerzia: dove ci si domanda se la pronuncia cautelare inaudita altera parte sia interdetta al ricorrente che avrebbe potuto attivare il procedimento con un anticipo sufficiente a consentire la convocazione della controparte, in Giur. it., 2002, 2302.

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