L'ordine di liberazione dell'immobile pignorato dopo la l. n. 12/2019

22 Gennaio 2020

La l. 11 dicembre 2019, n. 12 ha profondamente modificato l'art. 560 c.p.c., riscrivendo la disciplina dell'ordine di liberazione dell'immobile pignorato. Infatti, mentre in precedenza la permanenza del debitore nell'immobile oggetto di esecuzione costituiva un'eventualità ed avveniva a discrezione del giudice dell'esecuzione che emetteva la relativa autorizzazione, ora è previsto l'esatto opposto.
Le modifiche introdotte nel 2019

La l. 11 dicembre 2019, n. 12, di conversione del d.l. n. 135/2018, ha profondamento modificato l'art. 560 c.p.c., riscrivendo la disciplina dell'ordine di liberazione dell'immobile pignorato.

Infatti, mentre in precedenza la permanenza del debitore nell'immobile oggetto di esecuzione costituiva un'eventualità ed avveniva a discrezione del giudice dell'esecuzione che emetteva la relativa autorizzazione, ora è previsto l'esatto opposto.

Il debitore (e la sua famiglia) può infatti continuare ad abitare l'immobile durante tutto l'iter esecutivo e spetta al custode l'obbligo di vigilare affinché il debitore (e l'eventuale nucleo familiare) conservi il bene pignorato con la diligenza del buon padre di famiglia e ne mantenga e tuteli l'integrità.

Il diritto a mantenere il possesso dell'immobile pignorato spetta al debitore solo se quest'ultimo vi abiti concretamente, non applicandosi invece nel caso in cui l'esecuzione riguardi altri immobili del debitore. Solamente nel caso in cui l'immobile oggetto di espropriazione coincida con la residenza anagrafica del debitore al tempo del pignoramento allora si dovrà applicare la tutela in esame.

Pertanto, il debitore e il proprio nucleo familiare non perdono il possesso dell'immobile e non possono quindi essere legittimamente sfrattati sino a che non è emesso il decreto di trasferimento, salvo i casi in cui il medesimo debitore (e il proprio nucleo familiare) si rendano inadempienti rispetto agli obblighi previsti dal nuovo comma 6 dell'art. 560 c.p.c., ovvero non abitino l'immobile pignorato.

L'art. 560 c.p.c., invero, nel prevedere - in contrapposizione alla normativa previgente - un notevole beneficio in favore del debitore, inserisce anche una serie di obblighi a carico di quest'ultimo, in aggiunta a quelli già previsti dalla legge, ossia:

(i) l'obbligo di rendicontazione ex art. 593 c.p.c., dovendo il debitore, come il custode, provvedere nei termini fissati dal giudice a rendere conto della propria gestione dell'immobile, ai sensi dell'art. 593 c.p.c.;

(ii) l'obbligo di consentire la visita di potenziali acquirenti, in accordo con il custode, secondo le modalità previste dal giudice con l'ordinanza di cui all'art. 569 c.p.c.;

(iii) l'obbligo di tutelare e mantenere in stato di buona conservazione l'immobile pignorato, avendo il debitore il preciso obbligo di non danneggiare l'immobile, conservandolo in buono stato, nell'esclusivo interesse degli acquirenti e dei creditori;

(iv) l'obbligo di non concedere in locazione il bene pignorato, già previsto dal previgente comma 2, prevedendosi il divieto per il debitore (e non per il custode) di dare in locazione l'immobile pignorato, salvo che sia all'uopo autorizzato dal giudice.

Per effetto delle disposizioni transitorie della legge (art. 4, comma 4, d.l. n. 135/2018, convertito con l. n. 12/2019), la nuova disciplina di cui all'art. 560 c.p.c. è applicabile soltanto alle esecuzioni immobiliari iniziate a seguito di pignoramenti notificati dal 13 febbraio 2019 in poi. Si deve, tuttavia, ritenere che il nuovo art. 560 c.p.c. debba fornire un criterio interpretativo per il giudice dell'esecuzione anche con riferimento al regime previgente – con particolare riferimento alla possibilità per il debitore di occupare l'immobile fino all'emanazione del decreto di trasferimento – al fine di evitare, in contrasto con l'art. 3 Cost., un trattamento differenziato dell'esecutato a fronte di situazioni sostanzialmente omogenee.

Le criticità sollevate dal nuovo art. 560 c.p.c.

Il legislatore ha inteso prestare una precisa tutela alla situazione di difficoltà in cui può trovarsi il debitore che abiti, anche con il proprio nucleo familiare, nell'immobile pignorato.

Le motivazioni che hanno quindi portato il legislatore a riformare, in questi termini, l'art. 560 c.p.c. si possono rinvenire nella volontà, spinta anche da taluni casi mediatici, di voler permettere ai debitori espropriandi di non subire uno sfratto prima che la propria abitazione sia concretamente venduta all'asta.

Tuttavia, tale volontà – che emerge dagli stessi lavori parlamentari (Senato della Repubblica, resoconto stenografico del 28 gennaio 2019: http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=18&id=1098260&part=doc_dc-ressten_rs; Camera dei Deputati, resoconto stenografico del 5 febbraio 2019: http://www.camera.it/leg18/410?idSeduta=0120&tipo=stenografico) – non collima con la finalità primaria dell'istituto della liberazione dell'immobile, ossia quello di rendere il cespite più appetibile sul mercato, assolvendo gli acquirenti da ulteriori oneri relativi alla liberazione dell'abitazione acquistata e dalle incertezze circa le tempistiche di effettiva immissione nel relativo possesso.

Inoltre, secondo una interpretazione sistematica della disciplina dell'esecuzione e della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., la regola dovrebbe essere la liberazione dell'immobile, da effettuarsi il prima possibile al fine di rendere più snella la procedura e garantire un esito favorevole della stessa.

Sul punto si era infatti anche espresso il Consiglio Superiore della Magistratura (Buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari - Linee guida, delibera dell'11 ottobre 2017, n. 12) che, nel definire le “buone prassi” che i giudici debbono seguire nel procedimento esecutivo, aveva precisato come «la pratica del processo esecutivo, peraltro, dimostra che può sicuramente sortire effetti benefici l'anticipazione (dell'emissione e dell'attuazione) dell'ordine di liberazione, posto che un bene libero è certamente più appetibile sul mercato. È dunque buona prassi che il Giudice dell'esecuzione emetta detto ordine di liberazione contestualmente all'ordinanza di delega quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare l'immobile».

Con l'attuale versione dell'art. 560 c.p.c., quindi, comprimendo la discrezionalità del giudice dell'esecuzione sull'emissione dell'ordine di liberazione, ora legato a circostanze o fasi processuali predeterminate ex lege, si deve ritenere superata la prassi seguita negli ultimi anni, che permetteva di concludere con maggiore celerità e successo i procedimenti esecutivi.

Le questioni interpretative

La novella legislativa solleva qualche dubbio interpretativo per il caso in cui il debitore esecutato sia una persona giuridica.

La norma infatti sembra riguardare esclusivamente i debitori persone fisiche (e i propri familiari), sebbene le espropriazioni possano riguardare anche le persone giuridiche.

Appare opportuno quindi comprendere se il beneficio introdotto dalla norma in esame possa riferirsi anche alla società che subisce un pignoramento immobiliare presso la propria sede principale, come un'interpretazione sistematica della normativa lascerebbe supporre.

Ancora, occorrerebbe chiarire la posizione giuridica dei familiari del debitore, ossia se questi abbiano un diritto a tenere il possesso dell'immobile ex art. 560, comma 3, c.p.c. anche senza la presenza del debitore esecutato, allorquando quest'ultimo abbandoni l'immobile in seguito al pignoramento e nelle more della procedura.

Dalla lettura della norma pare potersi tuttavia ritenere che i familiari non dispongano di alcuna situazione giuridica autonoma e distinta dal debitore, di cui seguono le “sorti”; infatti, la norma cita solamente i familiari conviventi.

Da ciò si desume che la cessazione della convivenza – ad esempio, a causa dell'abbandono dell'abitazione da parte del debitore - fa venir meno anche il beneficio del possesso.

La conferma di questo ragionamento si ricava altresì dal comma 6 dell'art. 560 c.p.c. e dalla congiunzione coordinativa “e”, in luogo di una disgiuntiva, nel punto in cui il «il Giudice ordina, sentiti il custode e il debitore, la liberazione dell'immobile pignorato per lui ed il suo nucleo familiare (…) quando l'immobile non è abitato dal debitore e dal suo nucleo familiare».

Inoltre, ulteriore questione che viene sollevata dal novellato art. 560 riguarda i profili processuali inerenti alla liberazione dell'immobile di cui al comma 6.

Innanzitutto, la disposizione presuppone che sia stato nominato un custode e che il debitore (se contumace) sia appositamente citato; tuttavia, allorquando il custode non sia stato nominato, spetterà ai creditori della procedura, nel caso in cui ne ricorrano i presupposti, chiedere al Giudice la fissazione d'udienza per la liberazione dell'immobile.

Si ritiene poi che, nonostante non sia espressamente previsto dall'art. 560 c.p.c., contro il provvedimento che dispone la liberazione, il debitore dovrà proporre opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617, comma 2, c.p.c. contestando la sussistenza dei requisiti per l'emissione del provvedimento medesimo: questo è infatti il rimedio generale previsto per contestare la regolarità degli atti compiuti nel corso del processo esecutivo.

Ulteriore rilevante dubbio emerge con riguardo all'attuazione dell'ordine di liberazione emesso dal giudice a seguito del decreto di trasferimento: non è invero specificato chi nei fatti dovrà occuparsi di eseguire l'ordine del Giudice in mancanza del rilascio spontaneo da parte de debitore.

In assenza infatti di qualsiasi riferimento testuale sul punto, deve ritenersi che l'onere ricada sull'aggiudicatario (o sull'assegnatario) in quanto, a seguito del decreto di trasferimento, la titolarità del bene si trasferisce in capo a quest'ultimo e solo questi è legittimato a porre in essere tutti gli incombenti necessari per entrare nel possesso dell'immobile.

Di talché, l'acquirente del bene pignorato (o l'assegnatario) dovrà provvedere a proprie spese ad ottenere la liberazione dell'immobile instaurando all'uopo apposito processo di rilascio ai sensi degli artt. 605 ss. c.p.c.

Infine, giova evidenziare un ultimo dubbio derivante dalla sostituzione del previgente comma 4 dell'art. 560, disciplinante i cd. beni relitti, ossia quei beni mobili rimasti nell'immobile a seguito della liberazione.

Il previgente comma 4 prevedeva la loro asportazione a cura del soggetto che ha subito l'esproprio, ovvero del proprietario di detti beni mobili, in un termine non inferiore a trenta giorni; nei casi d'urgenza, poi, laddove rimanesse ineseguita l'intimazione di liberazione anche delle cose relitte e salvo diversa disposizione del giudice, il custode aveva la facoltà di smaltire o distruggere i beni mobili lasciati nell'abitazione al fine di consegnare all'aggiudicatario un immobile libero sia dalle persone che dalle cose.

La nuova formulazione dell'art. 560, tuttavia, nulla dice al riguardo e, come con riguardo agli oneri di liberazione predetti, si può supporre che anche per i beni reietti i costi di smaltimento o distruzione - nei casi in cui il debitore non adempia spontaneamente - siano a carico dell'aggiudicatario che, dopo il decreto di trasferimento, diventa effettivo titolare dell'immobile.

Guida all'approfondimento
  • M. Angelone, Il nuovo «Modo» della custodia dopo la l. 12/2019, in Riv. es. forz., 2019, 506 ss.;
  • G. Fanticini, La liberazione dell'immobile pignorato dopo la “controriforma” del 2019, in inexecutivis.it, 14 marzo 2019;
  • R. Giordano, Note in punta di penna sul nuovo art. 560 c.p.c., in www.ilProcessoCivile.it, 15 febbraio 2019;
  • M. Giorgetti-R. Fedele, La liberazione dell'immobile pignorato: il nuovo art. 560 c.p.c. come modificato dalla L. n. 12/2019, in Immobili & proprietà, 2019, 506 ss.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario