Le indagini tecniche nelle ipotesi di colpa medica

06 Febbraio 2020

L'ingresso di conoscenze esterne al circuito strettamente giudico del processo è fonte di complessità che è stata oggetto di analisi essenzialmente nel versante penale ma i cui risultati sono agevolmente estrapolabili anche nel settore civile. In questo specifico contesto, l'Autore analizza i problemi connessi alla CTU (e anche alle consulenze svolte per le parti) in relazione alle ipotesi di colpa medica e in riferimento alle disposizioni previste dalla l. 24/2017, oltre che alla giurisprudenza.
Premessa

La consulenza tecnica d'ufficio fa parte delle attività di indagine e valutazione (utilizziamo una definizione volutamente ampia) a contenuto tecnico che entrano nella dialettica processuale, in questo caso di tipo civile. Come nella sua omologa penale (la perizia) e nelle altre forme di attività di questa natura (la consulenza per il PM ex artt. 359 e 360 c.p.p. e le consulenze effettuate dalle altre parti), l'elemento caratterizzate è dato dalla necessità di utilizzare, in un contesto giudiziario, competenze esterne al circuito strettamente giuridico.

L'art. 61 c.p.c. stabilisce che «Quando è necessario, il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica». Analogamente, l'art. 220 c.p.p. prevede che «La perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche»; l'art. 359 c.p.p. (Consulente tecnici del pubblico ministero) a sua volte prevede che: «Il pubblico ministero, quando procede ad accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici e ad ogni altra operazione tecnica per cui sono necessarie specifiche competenze, può nominare e avvalersi di consulenti, che non possono rifiutare la loro opera».

Il cardine di tutte queste attività, quindi, è costruito dalla necessità di acquisire elementi conoscitivi estranei alla sfera di diretto dominio da parte del giudice (civile o penale) o del pubblico ministero; identiche considerazioni si devono estendere anche alle altre parti processuali. Si tratta di un'esigenza che implica difficoltà concettuali e operative rilevanti, il cui nucleo è costituito dalla richiesta di valutazioni che di per sé stesse sfuggono a un controllo autonomo del giurista.

Il giurista, infatti, ha necessità della valutazione tecnica perché non ha le conoscenze sufficienti a risolvere autonomamente la questione. Nello stesso tempo, è il giurista che dovrà decidere della competenza del perito e del valore della valutazione tecnica (o dell'accertamento), dovendo a questo scopo stabilire la sua validità e affidabilità, per poi utilizzare i dati tecnici nell'argomentazione sua propria. Ma tale serie di analisi richiede, a sua volta, competenze tecniche specifiche. È un loop ricorsivo e senza possibilità di interruzione; è il paradosso della perizia (ad esempio: Broeders A.P.A. Of earprints, fingerprints, scent dogs, cot deaths and cognitive contamination—a brief look at the present state of play in the forensic arena. Forensic Science International 159 (2006) 148–157). Il diritto statunitense ha condensato nel Daubert Standard (Daubert v. Merrell Dow Pharmaceuticals, U. S. 509 1993) le regole che dovrebbero servire al giudice per discriminare l'accettabilità di uno strumento di analisi di provenienza tecnico-scientifica. Secondo lo standard, perché un mezzo di prova sia ammissibile nel processo, deve soddisfare questi requisiti: «Empirical testing: the theory or technique must be falsifiable, refutable, and testable. Subjected to peer review and publication. Known or potential error rate. The existence and maintenance of standards and controls concerning its operation. Degree to which the theory and technique is generally accepted by a relevant scientific community) ». Queste indicazioni sono state recepite anche dalla giurisprudenza italiana (Cass. pen. sez. V, 27 marzo 2015 n. 36080) ma non risolvono le questioni indicate, perché in ogni caso presuppongono conoscenze estranee alla competenza del giudice. L'unico strumento praticabile in concreto sta nel confronto dialettico (declinato secondo le specificità dei singoli ambiti) che è l'unico strumento per saggiare la consistenza delle argomentazioni contrapposte.

Le ipotesi di colpa medica. Il ruolo valutativo tecnico

Il tema oggi più pressante riguarda le vertenze incentrate su ipotesi di colpa medica. La l. 24/2017 (c.d. Gelli Bianco) ha sancito l'obbligatorietà, in via preliminare, della conciliazione (ex art. 696-bis), stabilito regole tassative per la nomina degli esperti (art. 15 - Nomina dei consulenti tecnici d'ufficio e dei periti nei giudizi di responsabilità sanitaria) e previsto l'espletamento di accertamenti da parte di un collegio di specialisti (in medicina legale e di area clinica). Vi sono poi ulteriori specificazioni riguardanti la formazione degli albi civili e penali (art. 16).

Emerge con ogni evidenza la centralità della valutazione dei presupposti medici della vertenza, sin dalla fase preliminare. D'altro canto, la medesima norma (all'art. 5) incardina la correttezza dell'intervento medico sull'utilizzo di linee guida accreditate e, in assenza di queste, sulle buone pratiche clinico-assistenziali, senza dimenticare l'esclusione di punibilità per i delitti di lesioni personali e omicidio colposo correlata a colpa medica (art. 590-sexies comma 2 c.p. «…Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto …»).

In sostanza, l'intero sistema è incardinato su profili strettamente tecnici e, di conseguenza, l'accertamento peritale diviene essenziale, tanto quanto accadeva in precedenza. Questo evidentemente riporta al centro della discussione la criticità della “perizia”, proprio perché le acquisizioni tecniche diventano una parte ingombrante dell'argomentazione giuridica che spesso ha difficoltà nel loro utilizzo, come emerge dalla giurisprudenza che si è soffermata sul ruolo processuale della CTU e sull'utilizzo di quella da parte del giudice all'interno della sua motivazione (ad es. Cass. civ., sez. II, 21 marzo 2011, n. 6399. Sul punto, una revisione analitica da parte di Azzalini M. Nesso di causalità, accertamento tecnico e potere di apprezzamento del giudice: brevi note sul valore della consulenza tecnica d'ufficio. Resp. Civ. Prev. 2011, 12: 2563).

Tuttavia, in questo ambito specifico, l'analisi bio-medica diventa il fulcro di ogni valutazione giuridica e questo non per una rivendicazione di un ruolo centrale ma per il dettato normativo che indica categorie tecniche (prima di tutto, linee guida e buone pratiche clinico-assistenziali) come parametri essenziali di accettabilità dell'atto medico; e anche se riguarda il versante penale, anche il concetto di imperizia, oggi, ha un contenuto tecnico prima sconosciuto.

La CTU civile, tanto quanto la perizia penale, è procedura collegiale, fondata sul confronto dialettico tra gli argomenti delle parti e le valutazioni del collegio nominato dell'ufficio. In una prospettiva di lungo periodo, si potrebbe arrivare a un repertorio di linee guida accreditate sufficientemente ampio da poter affrontare un largo numero di evenienze, ricorrendo a strumenti di analisi per così dire standardizzati. Di fatto, a distanza di tre anni circa dall'emanazione della norma, la situazione è molto lontana da un traguardo che, d'altro canto, è nella sostanza impossibile. Infatti, il sistema delle linee guida accreditate prevede una serie di passaggi tali da rendere fondatamente prospettabile un insufficiente aggiornamento delle linee guida rispetto alla reale produzione scientifica; e senza dimenticare che il presupposto della norma (generazione di linee guida per ogni tipo di attività medica) è irrealizzabile. Ne consegue che il ricorso alla categoria “buone pratiche clinico-assistenziali” è essenziale anche nel ristretto ambito della valutazione forense delle ipotesi di colpa medica.

Pertanto, abbandonata la chimera di una soluzione semplice di queste vertenze grazie a criteri di valutazione standardizzati (le linee guida accreditate), l'apporto tecnico rimane essenziale anche in un ambito civilistico (ove, almeno, non sussistono scriminanti di non punibilità), perché rimane immutata la necessità di ricostruire lo standard operativo ottimale, identificare le deviazioni dallo standard, delineare l'eventuale esistenza di motivazioni tecniche della deviazione, definire le basi biologiche della relazione causale tra la condotta e l'evento biologico finale. Tutti elementi essenziali per la costruzione, giuridica, della responsabilità. Anni fa, un'illuminante sentenza di cassazione penale (Cass. pen., sez. IV, 9 aprile 2013, n. 16237 - Cantore; in precedenza, tra le molte, Cass. pen., sez. IV, sent., 13 dicembre 2010, n. 43786), ha evidenziato le difficoltà dell'analisi giuridica, proprio in relazione alle difficoltà richiamate in apertura. In particolare, si legge: «Questa Suprema Corte (…) ha già avuto modo di porre in luce i pericoli che incombono in questo campo: la mancanza di cultura scientifica dei giudici, gli interessi che talvolta stanno dietro le opinioni degli esperti, le negoziazioni informali oppure occulte tra i membri di una comunità scientifica; la provvisorietà e mutabilità delle opinioni scientifiche; addirittura, in qualche caso, la manipolazione dei dati; la presenza di pseudoscienza in realtà priva dei necessari connotati di rigore; gli interessi dei committenti delle ricerche». E ancora: «Pertanto, per valutare l'attendibilità di una tesi occorre esaminare gli studi che la sorreggono; l'ampiezza, la rigorosità, l'oggettività delle ricerche; il grado di consenso che l'elaborazione teorica raccoglie nella comunità scientifica». E in ultimo: «il giudice di merito non dispone delle conoscenze e delle competenze per esperire un'indagine siffatta: le informazioni relative alle differenti teorie, alle diverse scuole di pensiero, dovranno essere veicolate nel processo dagli esperti. Costoro, come si è accennato, non dovranno essere chiamati ad esprimere (solo) il loro personale seppur qualificato giudizio, quanto piuttosto a delineare lo scenario degli studi ed a fornire gli elementi di giudizio che consentano al giudice di comprendere se, ponderate le diverse rappresentazioni scientifiche del problema, vi sia conoscenza scientifica in grado di guidare affidabilmente l'Indagine. Di tale indagine il giudice è infine chiamato a dar conto in motivazione, esplicitando le informazioni scientifiche disponibili e fornendo razionale spiegazione, in modo completo e comprensibile a tutti, dell'apprezzamento compiuto».

Gli strumenti di analisi

Queste affermazioni (anche se dedicate a un caso valutato secondo i criteri del cosiddetto decreto Balduzzi) hanno un valore programmatico generale e sono, ad avviso di chi scrive, estrapolabili anche in un ambito civilistico. È chiaramente affermato che il giudizio sul merito non è delegato all'esperto ma è altrettanto chiaro che le valutazioni degli esperti sono critiche per il giudizio e non se ne può prescindere.

Se si assumono come valide le posizioni sopra richiamate, l'analisi compiuta dal collegio ha come strumento di analisi essenziale la letteratura clinica. Se vogliamo fare riferimento al Daubert Standard (oltre che alla sentenza richiamata), si dovrà procedere con una selezione critica molto rigida delle fonti. D'altro canto, la letteratura clinica è sterminata e presenta una notevole variabilità della potenza di indagine e di interpretazione che poi si riflette nella classificazione dell'attendibilità dei risultati in funzione del tipo di sperimentazione condotta (per strategia, strumenti statistici, etc.), condensata nella formula livelli di evidenza. Schematicamente, la scala di valore crescente parte dal cosiddetto Case report (segnalazione del caso eccezionale – valore nullo), per arrivare al Trial randomizzato controllato (RCT) e quindi alla metanalisi che valuta l'affidabilità dei risultati in funzione della solidità della costruzione del protocollo sperimentale (valore massimo). Il differente grado di affidabilità clinica si riflette sulla fondatezza delle valutazioni forensi.

Tanto premesso, è evidente che, per assolvere correttamente l'incarico, il collegio (medico legale e clinico) dovrà necessariamente avere accesso a banche dati sufficientemente estese; essere in grado di individuare gli articoli metodologicamente affidabili; acquisire i lavori per esteso (senza limitarsi all'abstract) avendo una sufficiente padronanza dell'inglese. Tutto questo è preliminare all'estrapolazione degli elementi utili a risolvere la questione specifica nelle articolazioni prima indicate. Questo comporta aspetti operativi da non sottovalutare, ad esempio i costi connessi all'acquisizione dei lavori. Per esemplificare: PubMed comprende circa 30 milioni di citazioni di letteratura biomedica. Una parte esigua di lavori è open source e quindi si possono scaricare i testi senza costi; la parte maggiore dei lavori può essere acquistata (con costi nell'ordine di 30-50$ per articolo).

Peraltro, trattandosi di un'analisi interpretativa è anche da considerare la variabile costituita dalla soggettività dell'esperto che in alcuni casi può tradursi in veri e propri bias (= pregiudizi) che sono, in ultima analisi, distorsioni di valutazione (situazioni ampiamente analizzate nell'ambito delle cosiddette scienze forensi ad applicazione penalistica – ad es. Dror IE, Hampikian G. Subjectivity and bias in forensic DNA mixture interpretation. Science and Justice. 2011; 51: 204–208. Commons ML, Miller PM, Li EY, Gutheil TG. Forensic experts' perceptions of expert bias. Int J Law Psychiatry. 2012;35 (5-6):362-71).

I ruoli, i compiti

In tutto questo, i consulenti delle parti e dell'ufficio hanno un ruolo essenziale, proprio perché costituiscono l'elemento dialettico essenziale dell'analisi e sono il mezzo per evidenziare al giudice eventuali distorsioni di valutazione. Non casualmente, la sentenza Cantore richiamata fa riferimento a tutti gli esperti (dell'ufficio e delle parti) come attori della ricostruzione processuale complessiva. Questo ovviamente si riflette sulle consulenze che sono per solito all'origine della vertenza giudiziaria e che dovrebbero (nel migliore dei mondi possibili) avere gli stessi caratteri di metodologia e di rigore della consulenza svolta per l'ufficio.

Da ciò discende il ruolo centrale della selezione di tutti gli esperti coinvolti, medici legali e clinici. Per quanto riguarda quest'ultimo versante, esistono indicazioni statunitensi da parte delle società scientifiche di branca che, nella sostanza, convergono nell'indicare alcuni requisiti essenziali per la partecipazione del clinico al processo (ad esempio, Paul SR, Narang SK; Committee on Medical Liability and Risk Management. Expert Witness Participation in Civil and Criminal Proceedings. Pediatrics. 2017 Mar;139(3). Expert Witness Guidelines for the Specialty of Emergency Medicine. Ann Emerg Med. 2016 Jul;68(1):145-6.American Medical Association; Council on Ethical and Judicial Affairs. Code of Medical Ethics Opinion E-9.7.1: medical testimony. (https://www-ama-assn-org.bibliopass.unito.it/delivering-care/ethics/medical-testimony). American College of Obstetricians and Gynecologists. 2007. ACOG Committee Opinion: expert testimony. https://www.acog.org/-/media/Committee-Opinions/Committee-on-Ethics/co374.pdf?dmc=1&ts=20191201T1752295501). I requisiti comuni riguardano i seguenti punti: lo specialista deve dimostrare la competenza clinica operativa nell'area in discussione; deve avere sufficienti nozioni sulla procedura giurisdizionale e sui riferimenti normativi; deve avere a disposizione il materiale completo; le valutazioni devono essere riferite a standard fondati con l'obbligo di illustrare tutte le possibili opzioni diagnostico-terapeutiche; deve fornire al committente tutti gli elementi determinanti del caso, indipendentemente dalla posizione processuale. In ultimo, l'attività di consulente non deve essere preponderante su quella clinica.

In conclusione

In definitiva, senza voler anche solo immaginare sconfinamenti, nello specifico campo degli accertamenti in tema di colpa medica è necessario che tutti i soggetti coinvolti abbiano piena consapevolezza che si tratta di indagini complesse che richiedono competenze dedicate. Questo vale per ogni posizione ma ha una particolare rilevanza per la parte che dà inizio alla procedura. È necessario che la consulenza a supporto della richiesta di accertamento ex art. 696-bis sia articolata tanto quanto una CTU per l'ufficio e sia affidata a un collegio. Tutti gli esperti di area medica devono necessariamente proporre una ricostruzione degli eventi rispettosa dei processi biologici e delle procedure, derivata da una disamina attenta della letteratura di riferimento che diviene un vero e proprio strumento di analisi. Del pari essenziale è la consapevolezza delle regole processuali che costituiscono la trama e il confine dell'indagine tecnica.

Per quanto riguarda gli interlocutori giuridici, è altrettanto necessario che l'intervento degli esperti sia considerato strumento essenziale per la soluzione dei problemi di loro pertinenza.

Una collaborazione dialogante e rispettosa dei ruoli e delle competenze è la miglior garanzia per una soluzione soddisfacente di vertenze di così elevata complessità.

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