Protezione umanitaria e permesso di soggiorno per calamità: un'interpretazione evolutiva
18 Febbraio 2020
Il caso. Il Tribunale di Ancona respinge il ricorso proposto da un cittadino del Bangladesh avverso il provvedimento con cui la Commissione territoriale aveva rigettato la domanda di protezione internazionale e umanitaria. Osserva il Tribunale che il richiedente aveva fornito dichiarazioni che, seppur credibili, si limitavano a riferire della decisione di espatriare per migliorare la condizione propria e della famiglia dopo un'alluvione che aveva distrutto la loro casa.
Quadro normativo.Osserva la S.C., quanto al diniego della protezione umanitaria, che, trovando applicazione l'art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286/1998, nel testo precedente al «decreto Salvini».il catalogo dei “seri motivi” che possono fondare la richiesta di protezione umanitaria risulta aperto, non essendo stati essi tipizzati o predeterminati dal legislatore neppure in via esemplificativa.
Calamità.In tale contesto assume rilievo l'art. 20-bis d.lgs. n. 286/1998 (inserito dal c.d. «decreto Salvini», d.l. n. 113/2018, conv. in l. n. 132/2018) che prevede tra l'altro il permesso di soggiorno per calamità «quando il Paese verso il quale lo straniero dovrebbe fare ritorno versa in una situazione di contingente ed eccezionale calamità che non consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza». Il Collegio afferma dunque che «in sede di interpretazione evolutiva, tale norma non può non essere utilizzata dal giudice in chiave interpretativa al fine di chiarire anche il precetto elastico di cui all'art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286/1998».
*Fonte: www.dirittoegiustizia.it |