La mancata instaurazione di legami affettivi nel luogo di residenza del minore giustifica il cambio di collocamento?

20 Febbraio 2020

Lo sradicamento dall'ambiente nel quale il minore è vissuto sino all'età di tredici anni e la mancata instaurazione di legami significativi nel luogo di nuova residenza non giustificano il cambio di collocamento dello stesso
Massima

La richiesta del minore per il trasferimento presso il padre non avendo trovato egli soddisfacenti condizioni di vita per l'inesistenza di validi rapporti di amicizia e di significativa frequentazione con i parenti del lato materno non può essere accolta; l'allontanamento del minore dalla città di residenza è una delle conseguenze della dissoluzione del vincolo matrimoniale tra i due genitori e della circostanza che la madre del minore proviene da altra città ed ivi ha il diritto di ritornare.

Il caso

Tizio ha chiesto al Tribunale la revisione dei provvedimenti relativi all'esercizio della responsabilità genitoriale già emessi nell'ambito del procedimento di separazione personale dalla moglie Caia.

Nello specifico, Tizio ha chiesto che la residenza del figlio minore fosse trasferita presso di lui, in ragione della volontà espressa da quest'ultimo, che non aveva trovato soddisfacenti condizioni di vita presso l'ambiente materno a seguito della dissoluzione del nucleo familiare.

Caia si è opposta a tale richiesta.

Il Giudice ha ascoltato il figlio minore, il quale ha confermato sia la sua volontà di trasferirsi presso il padre sia l'assenza di una rete parentale o di amicizie presso l'ambiente materno.

Il Giudice ha respinto la richiesta di Tizio, confermando il collocamento del minore presso Caia.

La questione

Il provvedimento interinale qui commentato ha ad oggetto la richiesta di un padre di rivedere le condizioni di affidamento e frequentazione del figlio minore conseguenti alla separazione dei genitori.

In particolare, il ricorrente ha dedotto che il figlio, trasferitosi in una città diversa da quella nella quale era cresciuto in costanza di convivenza matrimoniale dei genitori e sino all'età di tredici anni unitamente alla madre, lamentava di non essere riuscito a instaurare significativi rapporti di amicizia con i nuovi compagni di classe e di non avere neppure una solida rete parentale alla quale appoggiarsi, in quanto i cugini del ramo materno erano distanti da lui per età e frequentazioni. Per queste ragioni ha chiesto che, a modifica dei provvedimenti precedentemente assunti, fosse disposto il trasferimento del figlio minore presso il padre.

Le soluzioni giuridiche

Il Giudice competente, pur dando atto che dall'ascolto del minore è emerso il desiderio di quest'ultimo di trasferirsi presso il padre, lamentando lo stesso di non aver instaurato legami significativi né con i compagni di classe, né con i cugini del ramo materno, e neppure con i compagni del corso di atletica, ha rigettato la richiesta del padre (e del figlio).

A fondamento della propria decisione di non accogliere le “preferenze manifestate dal minore”, il Tribunale di Massa argomenta che lo sradicamento “innegabile” dall'ambiente della città nella quale il ragazzo ha vissuto fino all'età di tredici anni è una delle conseguenze della dissoluzione del vincolo matrimoniale tra i due genitori e della circostanza che la madre del minore proviene da altra città e ivi ha il diritto di ritornare.

Secondo il Tribunale di Massa inoltre detto trasferimento sarebbe avvenuto in un momento (tredici anni) in cui il ragazzo ha già acquistato una maggiore maturità che lo mette in condizione di affrontare i disagi dell'inserimento in un ambiente diverso.

A ciò si aggiunge poi la considerazione che la volontà del minore di vivere con il padre si sarebbe manifestata in coincidenza delle vacanze estive, e quindi in un momento in cui la vita “gli è presumibilmente sembrata una eterna vacanza”; apparenza che, secondo la valutazione prognostica del giudicante, “è destinata a dissolversi al momento della fine delle vacanze e dell'inizio del nuovo anno scolastico”.

Da ultimo, il Presidente osserva che il padre risulta impegnato intensamente nel lavoro mentre la madre non ha ancora reperito un'attività lavorativa, e pertanto, presumibilmente, quest'ultima potrà seguire meglio il figlio nelle sue attività scolastiche, culturali, sociali e sportive.

Osservazioni

Il provvedimento in commento ha ritenuto di disattendere la domanda di trasferimento del minore presso il padre avanzata, non solo da quest'ultimo, ma dal minore stesso, senza fornire, a parere di chi scrive, adeguata motivazione.

Si rammenta infatti che secondo la normativa nazionale (art. 315-bis c.c.) e sovranazionale (Convenzione di New York sui diritti del Fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con la legge 27 maggio 1991 n. 176; Convenzione di Strasburgo sull'esercizio dei diritti del Fanciullo del 25 gennaio 1996, ratificata con la legge 20 marzo 2003 n. 77; Regolamento CE 2201/2003) l'ascolto del minore nell'ambito dei giudizi che lo riguardano è un diritto fondamentale dello stesso, in quanto parte sostanziale del processo, essendo portatore di interessi contrapposti e diversi da quelli dei genitori.

Secondo il costante orientamento della Suprema Corte il momento dell'ascolto rappresenta il riconoscimento del diritto del minore ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni ed è elemento fondamentale per valutare il migliore interesse dello stesso (v. Cass. 26 marzo 2015 n. 6129; Cass. S.U. 21 ottobre 2009 n. 22238; Cass. 14 marzo 2019 n. 12018).

Pertanto, se è vero che il giudice non è tenuto a recepire le dichiarazioni di volontà espresse dal minore, è altrettanto vero che qualora intenda disattendere tali dichiarazioni ha l'obbligo di motivare la sua decisione con particolare rigore e pertinenza.

Nel caso di specie, le motivazioni addotte sono le seguenti:

a) Lo sradicamento del minore dal luogo nel quale è cresciuto e in cui desidera tornare è la normale conseguenza della separazione dei suoi genitori e del diritto fondamentale della madre di far ritorno alla propria città di origine;

b) Il minore, di anni tredici, è sufficientemente maturo da sopportare il disagio del trasferimento desiderato dalla madre;

c) Il momento temporale nel quale il minore ha maturato la propria volontà di trasferirsi dal padre (rectius è stato chiamato a esprimere tale volontà davanti al giudice) corrisponde con le vacanze scolastiche estive. Da ciò si dovrebbe dedurre l'inattendibilità di tale dichiarazione di volontà, che sarebbe viziata dall'atmosfera goliardica di tale periodo dell'anno;

d) La madre è attualmente disoccupata e pertanto ha, presumibilmente, ampia disponibilità di tempo per seguire il figlio in tutte le sue attività, a differenza del padre che, in quanto professionalmente molto impegnato, potrebbe non essere in grado di garantire adeguata cura al figlio;

e) La città di residenza materna, secondo il prudente apprezzamento del giudice, offre maggiori opportunità in termini di offerta culturale rispetto a quella di residenza del padre.

Tali motivazioni non appaiono esaustive per le seguenti ragioni:

a) È appena il caso di ricordare che il faro che deve guidare le decisioni dell'autorità giudiziaria in tema di relazioni familiari è l'interesse del minore. Orbene, fermo restando l'insindacabile diritto della madre di fare ritorno, dopo la separazione, nella propria città di origine, non si ritiene che tale diritto possa corrispondere automaticamente a una compromissione del diritto del minore a continuare a vivere nell'habitat nel quale è cresciuto per i primi tredici anni della sua vita, quanto meno laddove tale possibilità sia garantita da un suo collocamento presso l'abitazione del padre, a sua volta pieno titolare della responsabilità genitoriale;

b) Se è sicuramente vero che a tredici anni può essere sopportato il disagio di un trasferimento in una nuova città, ci si domanda per quale ragione l'uguale e contrario disagio della madre di restare nella città nella quale aveva progettato di far crescere il proprio figlio non possa essere allo stesso modo sopportato, sempre nell'ottica del best interest of the child, che, come si è detto, deve sempre guidare le decisioni del giudicante;

c) La ritenuta inattendibilità della dichiarazione di volontà del minore in quanto manifestata nel periodo delle vacanze estive si base su un giudizio prognostico del giudice che non pare ancorato a nessuna risultanza processuale;

d) La valutazione delle attività lavorative di ciascun genitore e la conseguente disponibilità di tempo da dedicare all'organizzazione quotidiana della vita del figlio è forse l'unica condivisibile, in quanto effettivamente finalizzata alla ricerca del miglior interesse del minore. Vale tuttavia la pena di domandarsi se, nell'ambito di un corretto bilanciamento degli interessi in gioco, non fosse opportuno accertare concretamente se la gravosa attività lavorativa del padre si traducesse in un attuale pregiudizio per il minore, e non, viceversa, in un mero aggravio per lo stesso padre;

e) Per quanto insindacabili siano le valutazioni del Giudice in ordine all'offerta culturale delle città di residenza di ciascun genitore, non si può negare che quel minore in quella località ritenuta meno valida in termini di sollecitazioni socio culturali ci sia cresciuto e ci voglia abitare, e non vi è prova che da ciò possa per lui derivarne un concreto pregiudizio, atto a giustificare il rigetto delle sue richieste. Se così fosse sarebbero molti i minori in Italia sottoposti a questo rischio.

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