Intercettazioni: una riforma nel segno della “non dispersione”. I nuovi limiti di utilizzabilità ex art. 270 c.p.p.

24 Febbraio 2020

Nel corso dei lavori al Senato in fase di conversione il d.l. n. 161 del 2019, in materia di intercettazioni, è stato, fra gli altri, presentato un emendamento teso ad allargare i limiti di utilizzabilità delle intercettazioni regolati dall'art. 270 c.p.p.

Nel corso dei lavori al Senato in fase di conversione il d.l. n. 161 del 2019, in materia di intercettazioni, è stato, fra gli altri, presentato un emendamento teso ad allargare i limiti di utilizzabilità delle intercettazioni regolati dall'art. 270 c.p.p.

Si tratta di una modifica che ha marcato significative contrapposizioni nei componenti della Commissione Giustizia, ponendo a rischio la stessa sopravvivenza della decretazione d'urgenza.

Tenuto conto dell'importanza che assume quella disciplina, non è inopportuno affrontare le implicazioni possibili, quali emergono dal testo approvato dall'Aula e ora trasmesso alla Camera per la definitiva approvazione.

Converrà partire dai testi originari dell'art. 270 c.p.p.

Il comma 1, restato immutato nel d.lgs. n. 216 del 2017, afferma che «… i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza».

Il significato di questa previsione è stato chiarito dalle Sezioni Unite 28 novembre 2019 - 2 gennaio 2020, Cavallo, che hanno fissato il seguente punto di diritto:

Il divieto di cui all'art. 270 c.p.p. di utilizzazione dei risultati di intercettazioni di conversazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali siano state autorizzate le intercettazioni – salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza – non opera con riferimento ai risultati relativi a reati che risultino connessi ex art. 12 c.p.p. a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dalla legge.

La nuova formulazione recita ora:

I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli per i quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza e dei reati di cui all'art. 266, comma 1, c.p.p.

Per una miglior comprensione del ragionamento che si intende svolgere – anche in considerazione dell' incipit della disposizione ( fermo restando quanto previsto dal comma 1) - appare opportuno riportare anche la formulazione del comma 1- bis dello stesso art. 270 c.p.p. che nella versione del citato d.lgs. n. 216 del 2017, con cui è stato introdotto recitava: «I risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile non possono essere utilizzati per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione, salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza»; diversamente, il d.l. n. 161 del 2019 ha sostituito il comma 1 bis nei seguenti termini: «1- bis. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile possono essere utilizzati anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione, se compresi tra quelli indicati dall'art. 266, comma 2- bis (n.d.a. qualora risultino indispensabili)» e che ora ha visto inserire in sede di conversione la interpolazione della indispensabilità.

Con queste previsioni, si consente l'utilizzo delle intercettazioni tra presenti anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali il captatore è stato attivato, se si tratta di reati di cui all'art. 266, comma 2-bis c.p.p.

La giustificazione della conclusione risiede nella diversità dei presupposti per i quali è possibile procedere all'intercettazione per questi reati, che sono più attenuati rispetto ai presupposti ordinari. Seppur, ora, temperato dal canone della indispensabilità, il risultato dell'attività di intercettazione è comunque riconducibile alle condizioni generali dell'attività di captazione, pur se relativa ad un altro reato.

Se mancasse il provvedimento genetico di autorizzazione o questo fosse viziato ne sarebbe travolto anche il reato indirettamente risultante. Al di fuori della riferita ipotesi troverebbe operatività quanto previsto dall'art. 270, comma 1, c.p.p. come emerge dall' incipit del comma 2- bis c.p.p.

Del tutto diversa si prospetta la situazione di cui al comma 1 dell'art. 270 c.p.p.

L'elemento che distingue le due situazioni è costituito dal fatto che mentre nel comma 1- bis si parla di reato diverso, nel comma 1 si parla di procedimento diverso.

Come chiarito dalla citata sentenza Cavallo il concetto di procedimento diverso non si identifica con la nozione di reato diverso.

Senza richiamare tutte le motivazioni delle Sezioni Unite va ricordato che il comma 2 dell'art. 270 fa riferimento al deposito dei verbali e delle registrazioni presso l'autorità competente per il diverso procedimento e che la stessa previsione rovescia la riferita impostazione dell'utilizzabilità ponendo come premessa generale quella dell'inutilizzabilità.

La possibilità di avvalersi dei risultati intercettati è assicurata dalla "copertura" della giurisdizione (v., per tutte, Corte cost. n. 34 del 1973) per i reati (di cui all'art 266 c.p.p.) connessi in quanto non riguardanti procedimenti diversi. Il dato difetterebbe invece per i reati non connessi che riguarderebbero procedimenti diversi fatti salvi i risultati delle intercettazioni per i reati di cui all'art 380 c.p.p. e ora anche quelli di cui all'art 266 c.p.p., con l'integrazione dei criteri della rilevanza e indispensabilità.

Sotto quest'ultimo profilo non può negarsi che l'estensione dei reati per i quali è obbligatorio l'arresto (nel codice precedente si faceva riferimento al mandato di cattura obbligatorio) ai reati di cui all'art. 266 c.p.p., seppur temperati dai criteri della rilevanza e della indispensabilità (di per sé evanescenti e inutilmente duplicati) finisce per appannare le differenze in tema di utilizzabilità delle situazioni delineate.

Sarebbe solo in questo modo evitata la “delega in bianco” che lascerebbe priva di copertura l'attività di captazione per il nuovo reato, con conseguente lesione delle garanzie costituzionali (v., ancora, Sezioni Unite Cavallo).

Anche in questo caso il difetto del provvedimento autorizzativo iniziale renderebbe inutilizzabili i risultati della captazione.

Fuori dagli ambiti normativamente delineati, gli esiti della captazione costituirebbero sicuramente uno spunto investigativo, mentre resterà da valutare, di volta in volta, la loro capacità ad assurgere a notitia criminis.

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