Assegno divorzile: rileva sia la capacità del richiedente di procurarsi i mezzi di sostentamento sia le sue potenzialità professionali

Katia Mascia
25 Febbraio 2020

Se la solidarietà post coniugale si fonda su principi di autodeterminazione e autoresponsabilità, non si potrà che attribuire rilevanza alle potenzialità professionali e reddituali personali che l'ex coniuge è chiamato a valorizzare con una condotta attiva, facendosi carico delle scelte compiute e della propria responsabilità individuale, piuttosto che al contegno, deresponsabilizzante e attendista, di chi si limiti ad aspettare opportunità di lavoro riversando sul coniuge più abbiente l'esito della fine della vita matrimoniale.

Il caso. Il Tribunale di Roma, con riferimento ad una coppia di coniugi, dopo aver emesso sentenza parziale di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, nel 2014 prevedeva, con sentenza definitiva, il diritto dell'ex moglie a percepire un assegno mensile. L'uomo impugnava la pronuncia dinanzi alla Corte di Appello di Roma, la quale, nel 2016, riduceva l'importo dell'assegno divorzile. Avverso la sentenza della Corte territoriale la signora proponeva ricorso per Cassazione, sulla base di cinque motivi tutti vertenti sostanzialmente sui criteri di determinazione dell'assegno di divorzio. L'ex marito resisteva in giudizio con controricorso.

Osservazioni della Corte di Cassazione. I Supremi giudici osservano in primis come, a fronte di un orientamento secondo il quale il presupposto per l'attribuzione dell'assegno di divorzio era costituito dal fatto che il coniuge richiedente non avesse mezzi adeguati a conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, ce ne sia un altro per il quale il parametro di riferimento cui rapportare il giudizio sull'adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge, richiedente l'assegno, e sulla possibilità-impossibilità per ragioni oggettive dello stesso di procurarseli va individuato non più nel tenore di vita avuto in costanza di matrimonio, ma nel raggiungimento dell'indipendenza economica del richiedente. Infatti, qualora venga accertato che quest'ultimo sia economicamente indipendente o effettivamente in grado di esserlo non deve essergli riconosciuto il relativo diritto.

Le Sezioni Unite della Cassazione, intervenute sul tema nel 2018, hanno riconosciuto all'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, affermando altresì che, ai fini del riconoscimento dell'assegno, si deve adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall'ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età dell'avente diritto. In altre parole, lo scioglimento del vincolo incide sullo status ma non cancella tutti gli effetti e le conseguenze delle scelte e delle modalità di realizzazione della vita familiare. Il profilo assistenziale deve, pertanto, essere contestualizzato con riferimento alla situazione effettiva nella quale s'inserisce la fase di vita post-matrimoniale, in particolare in chiave perequativa-compensativa. L'adeguatezza dei mezzi deve essere valutata non solo in relazione alla loro mancanza o insufficienza oggettiva ma anche in relazione a quel che si è contribuito a realizzare in funzione della vita familiare e che, sciolto il vincolo, produrrebbe effetti vantaggiosi unilateralmente per una sola parte.
In definitiva, a detta della Suprema Corte di Cassazione, nel valutare l'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge richiedente l'assegno o l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, si deve tener conto, utilizzando i criteri di cui all'art. 5, comma 6, l. n. 898/1970, sia dell'impossibilità di questi di vivere autonomamente e dignitosamente e sia della necessità di compensarlo per il particolare contributo dato alla formazione del patrimonio comune o dell'altro coniuge durante la vita matrimoniale.
Ad avviso dei giudici della Prima Sezione, la Corte d'appello di Roma, nel ravvisare il diritto della ricorrente a ricevere l'assegno divorzile e nel procedere alla sua quantificazione, ha correttamente applicato il criterio assistenziale- perequativo. Infatti, la sperequazione reddituale e patrimoniale fra gli ex coniugi integrava pienamente l'an del diritto all'assegno in capo alla signora, il quale tuttavia doveva essere quantificato tenendo conto non soltanto che l'ex marito era andato in pensione e non percepiva più il cospicuo bonus di produzione in precedenza riconosciutogli, ma altresì del fatto che la signora, a seguito della separazione, non si era mai attivata per trovare un'occupazione ed era stata anche destinataria di un lascito ereditario da parte dei genitori.

Conclusione. Con l'ordinanza in oggetto, i giudici della Prima Sezione civile della Corte di Cassazione rigettano il ricorso, compensando integralmente le spese processuali. Danno altresì atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

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