La ripartizione delle spese di manutenzione del tetto

Gennaro Guida
09 Marzo 2020

Le spese relative alla conservazione del tetto di un edificio condominiale vanno ripartite - salvo che si tratti di tetto di proprietà esclusiva, assimilato al lastrico solare e, perciò, soggetto all'applicazione dell'art. 1126 c.c. - tra tutti i condomini in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell'art. 1123 c.c., trattandosi di bene rientrante, per la funzione necessaria all'uso collettivo, tra le cose comuni, in quanto deputato a preservare l'edificio condominiale da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d'acqua piovana e non riconducibile, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all'art. 1123, commi 2 e 3, c.c. (nella specie, la Suprema Corte ha confermato la pronuncia di merito, che aveva ravvisato l'obbligo di un condomino di concorrere alle spese di manutenzione del tetto del fabbricato, seppur non sovrastante alcuna unità immobiliare di sua proprietà esclusiva, in quanto strutturalmente destinato anche alla protezione dell'atrio comune).
Massima

In sede di riparto delle spese di manutenzione del tetto, quale struttura essenziale dello stabile unitariamente considerato e destinata a servire in maniera eguale le varie unità immobiliari dell'edificio, quel che veramente rileva non è tanto la sua appartenenza ad alcuni o a tutti i condomini, quanto la funzione di copertura, senza che con ciò, peraltro, si possa dire che solo i proprietari dei vani posti nella verticale sottostante alla zona da riparare siano tenuti alla relativa spesa, poiché non può, almeno in linea generale, ammettersi una ripartizione per zone di un medesimo tetto. Pertanto, quando il tetto del fabbricato, oggetto dell'intervento manutentivo, è destinato alla protezione dell'atrio comune, tutti i condomini sono interessati alla riparazione.

Il caso

La Corte d'Appello di Perugia, pur accogliendo parzialmente il gravame avverso la pronuncia di primo grado in ordine alla rettifica della Tabella H del condominio Alfa, ha rigettato il secondo motivo di appello, e così ha confermato quanto deciso dal Tribunale di Perugia sulla impugnativa di delibera assembleare 22 giugno 2007, ravvisando l'obbligo della condomina Sempronia di concorrere alle spese di manutenzione del tetto del fabbricato, in quanto strutturalmente destinato anche alla protezione dell'atrio comune, seppur non sovrastante alcuna unità immobiliare di sua proprietà esclusiva.

A questo punto, Sempronia ha proposto ricorso per cassazione, evidenziando che in tal modo la Corte d'Appello di Perugia si è posta in contrasto con il principio affermato dalla sentenza n. 11484/20017 della Cassazione, non rinvenendosi alcuna “comunione della copertura” ex art. 1117 c.c., coinvolgente le sue proprietà, in relazione al tetto, in quanto le unità immobiliari appartenenti alla ricorrente non si trovano al di sotto della proiezione verticale del medesimo tetto oggetto di ristrutturazione.

Su proposta del relatore, essendo infondato, il ricorso è stato trattato e definito nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c., in relazione all'art. 375, comma 1, n. 5, c.p.c.

La questione

Come si ripartiscono le spese del tetto di copertura di un edificio in condominio e, in particolare, i condomini le cui unità immobiliari non ne sono coperte devono, comunque, contribuire per la sua manutenzione, qualora copra beni condominiali, come un androne, una scala o, come nel caso di specie, un atrio?

Le soluzioni giuridiche

La decisione della Corte d'Appello di Perugia è conforme all'orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui le parti dell'edificio in condominio - quali, nella specie, muri e tetti (art. 1117, n. 1, c.c.), ovvero le opere ed i manufatti fognature, canali di scarico e simili (art. 1117, n. 3, c.c.), deputati a preservare l'edificio condominiale da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d'acqua, piovana o sotterranea, rientrano, per la loro funzione necessaria all'uso collettivo, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell'art. 1123 c.c., non ricomprendendosi, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all'art. 1123, commi 2 e 3, c.c.

La ripartizione delle spese di manutenzione proporzionate all'uso delle cose comuni o correlate all'utilità che se ne tragga non si giustifica, infatti, con riferimento a quelle parti, come il tetto (o la facciata), che costituiscono le strutture essenziali ai fini dell'esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato e che sono destinate a servire in maniera eguale ed indifferenziata le varie unità immobiliari dell'edificio (Cass. civ.,sez. II, 3 gennaio 2013, n. 64; Cass. civ., sez. II, 4 maggio 1999, n. 4403; Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1993, n. 5064; Cass. civ., sez. II, 27 novembre 1990, n. 11423; Cass. civ., sez. II, 22 dicembre 2014, n. 27154).

In un risalente precedente, si spiegava ancor meglio come il principio della proporzione fra quota di proprietà e concorso nei vantaggi e nei pesi della cosa comune vige allo stato puro nella comunione, mentre non è sufficiente nel condominio, giacché, essendo tale istituto caratterizzato dalla coesistenza di un regime di comunione con molteplici proprietà individuali, l'intensità del godimento delle cose ed impianti comuni da parte dei condomini può obiettivamente risultare diversa a seconda del rapporto in cui con quelle cose ed impianti si trova (di fatto) il bene oggetto di proprietà esclusiva; di tal che, in sede di riparto delle spese di manutenzione del tetto, quel che veramente rileva non è tanto l'appartenenza del tetto medesimo ad alcuni o a tutti i condomini, quanto la funzione di copertura, senza che con ciò, peraltro, si possa dire che solo i proprietari dei vani posti nella verticale sottostante alla zona da riparare siano tenuti alla relativa spesa, poiché non può, almeno in linea generale, ammettersi una ripartizione per zone di un medesimo tetto (Cass. civ., sez. II, 6 luglio 1973, n. 1923).

Nel caso in questione relativo alle spese di manutenzione del tetto non trova applicazione il criterio di ripartizione stabilito dall'art. 1126 c.c. (cui si riferisce Cass. civ.,sez. VI/II, 10 maggio 2017, n. 11484), il quale disciplina soltanto le riparazioni o ricostruzioni del lastrico solare, propriamente inteso, di uso esclusivo, ossia di quella superficie terminale dell'edificio dotata di accessibilità e adibita, quale accessorio, oltre che alla funzione di copertura, alla utilizzazione esclusiva di uno degli appartamenti in forza di diritto, di carattere reale o personale, che risulti dal titolo.

Solo allorquando il tetto dell'edificio in condominio è di proprietà esclusiva di uno dei partecipanti, si è ritenuto in giurisprudenza che le spese di manutenzione dello stesso dovessero ripartirsi con i criteri di cui all'art. 1126 c.c., come, appunto, stabilito per i lastrici solari di uso esclusivo (Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 1985, n. 532).

La Corte d'Appello di Perugia ha, altresì, apprezzato in fatto che, per le caratteristiche strutturali e funzionali dell'edificio, il tetto del fabbricato, oggetto dell'intervento manutentivo, è destinato anche alla protezione dell'atrio comune, e da ciò ha tratto la coerente conseguenza che tutti i condomini siano interessati alla riparazione del medesimo tetto (in tal senso, già Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1968, n. 1352).

Né risulta imputabile alla sentenza impugnata l'omesso esame, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., atteso che il fatto storico, rilevante in causa, è stato comunque preso in considerazione dalla Corte d'Appello, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

Il ricorso per questo motivo è stato rigettato.

Osservazioni

Il caso in esame mette a dura prova la semantica giuridica sui criteri di ripartizione delle spese in condominio, perché fa emergere un possibile contrasto con quanto in precedenza stabilito dalla Cassazione in tema di lastrici solari con le ordinanze del 10 maggio 2017, n. 11484 e del 18 maggio 2017, n. 12578, peraltro redatte dal medesimo estensore.

Com'è noto, l'art.1123 c.c. delinea tre criteri di ripartizione delle spese condominiali, in base al valore della proprietà, all'uso e all'utilità. Tra questi soltanto il primo è proporzionato alla quota di comproprietà che ciascun condomino ha sui beni condominiali, mentre gli altri due prescindono totalmente da questa, essendo commisurati esclusivamente al loro uso o alla loro utilità. La giurisprudenza di legittimità da tempo ha stabilito che il principio della proporzione fra quota di proprietà e concorso nei vantaggi e nei pesi della cosa comune vige allo stato puro nella comunione (artt. 1101, comma 2, e 1104, comma 1, c.c.), mentre nel condominio non è sufficiente, giacché tale istituto è caratterizzato dalla coesistenza di un regime di comunione con molteplici proprietà individuali, per cui l'intensità del godimento delle cose ed impianti comuni da parte dei condomini può obiettivamente risultare diversa a seconda del rapporto in cui con quelle cose ed impianti si trova di fatto la singola unità immobiliare. Per questo l'art. 1123 c.c., mentre nel comma 1 ripete il principio che viene già espresso nell'art. 1104c.c., negli altri due pone dei criteri di ripartizione delle spese che valgono in ipotesi particolari e che abbandonano le quote di proprietà per fondarsi esclusivamente sulla quantità dell'uso o sulla funzione (utilità) della cosa comune.

Così in base al comma 3 dell'art. 1123 c.c., se in un edificio in condominio vi sono più beni comuni con la medesima funzione - come più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti, esemplificativamente e non tassativamente indicati dalla norma - ma destinati a servire soltanto una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità. Il caso tipico è quello di un edificio composto da più scale, dalle quali si accede esclusivamente ad alcuni appartamenti, semmai ciascuna servita anche da un proprio ascensore: ogni condomino sarà tenuto a pagare solo le spese della scala e dell'ascensore in collegamento funzionale con la propria unità immobiliare.

Anche nell'ipotesi di un edificio o di più edifici in condominio, dotati di varie coperture, a livelli diversi e con strutture separate, il criterio di ripartizione è quello stabilito dal comma 3 dell'art. 1123 c.c. citato.

Sul tema abbiamo pochi, ma autentici e significativi precedenti della giurisprudenza di legittimità, che hanno espressamente stabilito i seguenti principi:

1) “nell'ipotesi di edifici distinti ed autonomi raggruppati in un unico condominio, le spese di riparazione dei singoli tetti debbono essere ripartite tra i soli condomini degli edifici su cui detta opera venga eseguita (Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 2012,n. 2487). Tale principio non trova applicazione, quando per le caratteristiche strutturali e funzionali di uno dei corpi di fabbrica compresi nel condominio risulti che tutti i condòmini siano interessati alla riparazione del relativo tetto. (nella specie, è stato ritenuto che tutti i condomini dovessero concorrere alle spese di riparazione del tetto del secondo corpo di fabbrica perché in questo si trovavano un portico, un atrio ed un tratto di scala di accesso alle proprietà esclusive di tutti i condòmini, oltre che vani e cantine aggregati ad appartamenti collocati in altri corpi di fabbricati)” (Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1968, n. 1352);

2) non può, almeno in linea generale, ammettersi una ripartizione per zone (o meglio per falde, v. Cass. civ., sez. II, 5 agosto 1949, n. 2226) di un medesimo tetto (nella specie, essendo stato accertato che trattavasi di un complesso immobiliare fabbricato in più tempi, con tetti posti a livelli diversi e con servizi di scale e di riscaldamento separati, è stata ritenuta ineccepibile la ripartizione della spesa di riparazione del tetto per gruppi di condomini, in conformità, del resto, al regolamento condominiale)” (Cass. civ., sez. II, 6 luglio 1973, n. 1923).

Diversamente da questa appena esposta, la giurisprudenza richiamata nell'ordinanza in commento in realtà non affronta il tema delle spese di manutenzione del tetto ed i criteri di ripartizione delle stesse,se non in alcune massime, evidentemente sbagliate, ma si riferisce ad altre parti di un edificio in condominio come le grondaie, i doccioni e i canali di scarico (Cass. civ.,sez. II, 22 dicembre 2014, n. 27154), le pluviali (Cass. civ.,sez. II, 3 gennaio 2013, n. 64), le fognature (Cass. civ., sez. II, 27 novembre 1990, n. 11423) e l'isolamento termico del tetto (Cass. civ., sez. II, 4 maggio 1999 n. 4403), stabilendo che tali manufatti, deputati a preservare l'edificio condominiale dagli agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d'acqua, piovana o sotterranea, rientrano, per la loro funzione, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi del primo comma dell'art. 1123 c.c., non rientrando, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui ai commi 2 e 3 della norma citata.

Sul tema, la dottrina più risalente ha rassegnato conclusioni non conformi all'ordinanza annotata, per lo più richiamando i precedenti di legittimità di cui ai punti 1) e 2) e stabilendo dei principi generali in tema di coperture degli edifici siano esse piane [ad esempio, lastrici solari di uso o proprietà esclusiva (terrazza a livello), di uso o proprietà condominiale, pedonabili, non calpestabili ecc.] oppure oblique [ad es. tetti: a due falde, a falda unica, a padiglione, a mansarda, curvi o a cupola] per il caso in cui un condominio sia composto da più edifici (c.d. condominio orizzontale) o da un unico edificio con più coperture strutturalmente separate o poste a livelli diversi:

a) la ripartizione delle spese di manutenzione delle coperture, considerate per l'intera struttura e non per zone o per falde, va fatta in base alla loro proiezione verticale, per cui le unità immobiliari che vi rientrano sono obbligate a contribuire, quelle che sono comprese parzialmente devono contribuire in parte e le unità che non rientrano affatto nella verticale sono totalmente esentate;

b) qualora nella verticale della copertura rientrassero spazi o beni condominiali (ad esempio, androni, scale, atri, cortili ecc.) in rapporto di accessorietà con unità immobiliari che non ricadono nella proiezione della copertura, queste sono comunque tenute a contribuire in misura proporzionale all'utilità che ne traggono in via indiretta, ovvero attraverso l'uso dei beni condominiali che ne sono coperti; in tal caso anche le unità immobiliari che già sono tenute a contribuire perché rientranti nella verticale, parteciperanno anche alla quota o percentuale di spesa posta a carico del bene comune.

Questo orientamento, a favore di una ripartizione delle spese di manutenzione delle diverse coperture di uno o più edifici in condominio a carico delle sole unità immobiliari ricadenti nella proiezione verticale della singola struttura, trova la sua massima espressione in tema di lastrici solari di uso esclusivo, laddove in applicazione dell'art. 1126 c.c. si è ritenuto che l'obbligo di partecipare alla spesa relativa alle riparazioni del lastrico solare di uso esclusivo, nella misura di due terzi, posto a carico di “tutti i condomini dell'edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve”, fa riferimento ai soli condomini che siano proprietari delle unità immobiliari comprese nella proiezione verticale di detto lastrico ed alle quali esso funge da copertura, mentre restano esclusi gli altri condomini alle cui porzioni individuali il lastrico stesso non sia sovrapposto, indipendentemente dall'esistenza, nella colonna d'aria ad esso sottostante, di parti comuni (Cass. civ.,sez. VI/II, 10 maggio 2017, n. 11484; conformi: Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 1964, n. 208; Cass. civ., sez. II, 22 dicembre 1967, n. 3007; Cass. civ., sez. II, 15 febbraio 1969, n. 533; Cass. civ., sez. II, 16 luglio 1976, n. 2821; Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 1974, n. 244; Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 1992, n. 11449; Cass. civ., sez. II, 3 maggio 1993, n. 5125; Cass. civ., sez. II, 15 aprile 1994, n. 3542; Cass. civ., sez. II, 9 novembre 2001, n. 13858; Cass. civ., sez. II, 4 giugno 2001, n. 7472; Cass. civ., sez. II, 15 luglio 2003, n. 11029; Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2012, n. 16583).

Con quest'ultima espressione, proprio le due ordinanze della Cassazione del 2017 sopra richiamate hanno precisato che, “del resto, è pressoché inevitabile che la terrazza a livello o il lastrico di uso esclusivo coprano altresì una o più parti che siano comuni a tutti i condomini, e non solo a quelli della rispettiva ala del fabbricato, come, ad esempio, il suolo su cui sorge l'edificio, la facciata, le fondazioni, ma se bastasse ciò per chiamare a concorrere alle spese del bene di copertura tutti i condomini, l'art. 1126 c.c., non avrebbe alcuna pratica applicazione”. Ma, come si è detto, la situazione è ben diversa se nella proiezione verticale delle coperture, come pure nel caso di un lastrico solare di uso esclusivo, ricadano spazi o volumi condominiali, come gli androni, i portici, i cortili e gli atri, usati anche da altri condomini, ovvero utili per altre unità immobiliari che non ricadono nella colonna d'aria, perché con essi poste in collegamento funzionale: in tal caso i proprietari di tali immobili saranno tenuti a contribuire in misura proporzionale all'utilità che ne traggono indirettamente, come sopra ritenuto dalla dottrina al punto b). D'altronde, se così non fosse, si giungerebbe all'aberrante conclusione che le spese di manutenzione di un lastrico solare di uso esclusivo, posto a copertura solo dell'androne o del portico condominiale, sarebbero a totale carico del condomino che lo calpesta.

È evidente che la giurisprudenza ha prodotto stridenti contraddizioni nell'interpretazione delle norme sui criteri di ripartizione delle coperture, dalle quali discendono le seguenti ed ulteriori osservazioni:

- non è possibile considerare tra le strutture di chiusura della sommità dell'involucro edilizio il tetto rientrante tra i manufatti deputati a preservare l'edificio condominiale dagli agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d'acqua piovana ed il lastrico solare di uso esclusivo no, svolgendo entrambi la medesima funzione di copertura; ne deriva che, volendo insistere sulla tesi espressa dall'ordinanza in commento, si dovrebbe affermare che anche il lastrico solare di uso esclusivo serve a tutti i condomini come protezione dell'edificio dagli agenti atmosferici, ripartendo i due terzi della spesa sulla tabella millesimale generale;

- ripartire le spese di manutenzione dei tetti a carico di tutte le unità immobiliari, a prescindere dal fatto che ne siano coperte, ed i due terzi delle spese del lastrico solare di uso esclusivo solo a carico delle unità immobiliari che se ne servono da copertura, produrrebbe una evidente disparità di trattamento tra i condomini che sono coperti dal lastrico solare di uso esclusivo, obbligati a contribuire anche alle spese di manutenzione del tetto condominiale, che semmai non copre le loro unità immobiliari, e coloro che, invece, sono coperti soltanto dal tetto e i quali non contribuirebbero affatto alle spese del lastrico solare di uso esclusivo.

Per le ragioni fin qui esposte, appare corretto ritenere che - in applicazione dei criteri legali di ripartizione delle spese, stabiliti dal comma 3 dell'art. 1123 c.c., coordinato con quanto stabilito dall'art. 1126 c.c. - le spese di manutenzione e conservazione di tetti, latrici solari e lastrici solari di uso esclusivo devono essere ripartite a carico delle sole unità immobiliari che se ne servono, ovvero che ricadono in tutto od in parte nella loro proiezione verticale, ivi comprese quelle che ne hanno un vantaggio indiretto, come nel caso in cui siano coperte anche aree o volumi condominiali (ad esempio, androni, scale, atri, portici, cortili ecc.), il tutto sempre in misura proporzionale all'utilità che ne traggono.

Guida all'approfondimento

Branca, Condominio negli edifici, in Commentario del codice civile a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1982, 477 e 485

Peretti Griva, Il condominio delle case divise in parti, Torino, 1960, 104 e 317

Rezzonico S. - Rezzonico M., Manuale del condominio, Milano, 2013, 491

Salciarini, La riforma del condominio, Milano, 2013, 4, 123

Tamborrino, Come si ripartiscono le spese di condominio e di locazione, Milano, 2007, 259

Terzago G. e Terzago P., La ripartizione delle spese nel condominio, Milano, 1994, 181 e 232

Visco, Le case in condominio, Milano, 1967, 175

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