La natura soggettiva dell'aggravante agevolatrice dell'attività mafiosa

Redazione Scientifica
09 Marzo 2020

L'aggravante di agevolazione mafiosa, ex art. 416-bis 1 c.p., ha natura soggettiva ed è caratterizzata dal dolo intenzionale; nel reato concorsuale si applica «al concorrente non animato da tale scopo, che risulti consapevole dell'altrui finalità».

L'aggravante di agevolazione mafiosa, ex art. 416-bis.1 c.p., ha natura soggettiva ed è caratterizzata dal dolo intenzionale; nel reato concorsuale si applica «al concorrente non animato da tale scopo, che risulti consapevole dell'altrui finalità».

uesto è il principio affermato dalle Sezioni Unite Penali della Suprema Corte, con sentenza n. 8545/20, depositata il 3 marzo. La Corte d'Appello respingeva il gravame proposto dall'imputato avverso la decisione con cui il Tribunale riconosceva la sua responsabilità per i reati di usura, tentata estorsione ed abusiva attività finanziaria, aggravati dalla finalità di agevolazione mafiosa svolta in favore di un clan, e lo condannava alla pena di giustizia. Avverso tale decisione, l'imputato ricorre in Cassazione sostenendo che con riferimento alla suddetta aggravante, mentre il primo giudice l'ha ritenuta oggettiva, e quindi estensibile a tutti i concorrenti, il secondo l'ha ritenuta soggettiva.

Reati aggravati dalla finalità di agevolazione mafiosa. La questione di diritto sulla quale sono intervenute le Sezioni Unite della S.C. è se l'aggravante speciale, già prevista dall'art. 7 d.l. n. 152/1991 e inserita oggi nell'art. 416-bis 1 c.p., la quale prevede l'aumento di pena quando la condotta tipica sia consumata al fine di agevolare le associazioni mafiose, abbia natura oggettiva riguardando le modalità dell'azione, o abbia natura soggettiva concernendo la direzione della volontà.
Sul punto, i Supremi Giudici affermano che la suddetta aggravante, agevolatrice dell'attività mafiosa, di cui all'art. 416-bis 1 c.p., ha natura soggettiva ed è caratterizzata dal dolo intenzionale; nel reato concorsuale si applica «al concorrente non animato da tale scopo, che risulti consapevole dell'altrui finalità».
Nel caso concreto, verificata, attraverso le prove acquisite, la consapevolezza da parte del ricorrente della finalità che ha animato la condotta dei coimputati, il Collegio perviene dl rigetto del ricorso, che si fonda sulla pretesa disapplicazione dell'aggravante, in ragione della riconducibilità della stessa nell'ambito delle circostanze esclusivamente soggettive di cui all'art. 118 c.p.

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