La disciplina penale in materia di contrabbando di tabacchi lavorati esteri trova applicazione anche ai liquidi per sigarette elettroniche?

10 Marzo 2020

La disciplina penale in materia di contrabbando di tabacchi lavorati esteri di cui all'art. 291-bis, comma 2, deld.P.R. n. 43 del 1973 trova applicazione, in forza dell'art. 62-quater, commi 1-bis e 7-bis del d.lgs. n. 504 del 1995, anche ai liquidi per sigarette elettroniche?
Massima

L'art. 291-bis, comma 1 del d.P.R. n. 43 del1973, trova applicazione, in forza dell'art. 62 quater, commi 1-bis e 7-bis del d.P.R. n. 504 del 1995, anche ai liquidi per sigarette elettroniche, secondo i criteri di equivalenza determinati sulla base di apposite procedure tecniche, con provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in forza dei quali 1 ml di prodotto liquido da inalazione corrisponde a 5,63 g convenzionali.

Il caso

Con ordinanza del 13 giugno 2019, il Tribunale di Varese confermava il decreto di convalida di perquisizione e sequestro probatorio emesso dal P.M. il 25 maggio 2019, avente ad oggetto flaconi contenenti liquidi per sigarette elettroniche di diverse marche, trovati dal personale dell'Agenzia delle Dogane in quantitativo non corrispondente a quanto dichiarato dall'indagato al momento del controllo doganale e in misura eccedente la franchigia prevista per il pagamento dei diritti doganali e dell'Iva dovuta, configurandosi indizi del reato di tentato contrabbando di prodotti liquidi da inalazione per 4500 ml, corrispondenti a kg 25,335 (art. 291-bis, comma 1, e art. 293 del d.P.R. n. 43 del 1973).

Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per Cassazione l'imputato adducendo due motivi: con il primo deduceva la violazione degli artt. 43 e 56 c.p., per l'omessa considerazione dell'elemento documentale dal quale si sarebbe potuta desumere la mancanza del dolo, rappresentato dalla dichiarazione doganale inerente il possesso di liquidi per sigarette elettroniche effettivamente resa dall'indagato; con il secondo, deduceva l'erronea applicazione del d.P.R. n. 43 del1973, artt. 291-bis, 293 e 301 nonché degli artt. 5 e 43 c.p. e del d.lgs. n. 504del 1995, art. 62-quater, comma 7-bis. Secondo la difesa, sarebbe stato applicabile alla fattispecie in esame l'art. 295 bis deld.P.R. n. 43 del1973, il quale si riferisce ai diritti di confine dovuti per beni diversi dai tabacchi lavorati esteri e prevede una sanzione amministrativa pecuniaria; inoltre, l'art. 291-bis, comma 1, non prevede espressamente un meccanismo di equivalenza tra il liquido da inalazione e tabacco lavorato estero, ma rinvia a tale scopo all'equivalenza di consumo convenzionale determinata sulla base di apposite procedure tecniche, definite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Dunque, i commi 1-bis e 7-bis dell'art. 62-quater del d.lgs. n. 504 del 1995 rappresenterebbero norme penali in bianco, mentre l'applicazione dell'art. 291 bis del d.P.R. n. 43 del 1973, risulterebbe possibile unicamente integrando tali norme con una circolare della pubblica amministrazione, che non rientrerebbe nel presuntivo oggetto della conoscenza del reo, mero vettore delle merci.

La Suprema Corte con la Sentenza di cui si tratta, ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La questione

La questione presa in esame è la seguente: la disciplina penale in materia di contrabbando di tabacchi lavorati esteri di cui all'art. 291-bis, comma 2, deld.P.R. n. 43 del 1973 trova applicazione, in forza dell'art. 62-quater, commi 1-bis e 7-bis del d.lgs. n. 504 del 1995, anche ai liquidi per sigarette elettroniche?

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in commento, dopo avere rigettato il primo motivo di ricorso perché la valutazione circa la sussistenza del dolo in capo all'indagato esula dalla sfera di cognizione in sede di riesame, passa ad esaminare la normativa in materia, che è la seguente.

L'art. 291-bis, comma 1 del d.P.R. n. 43 del 1973 prevede che chiunque introduce, vende, trasporta, acquista o detiene nel territorio dello Stato un quantitativo di tabacco lavorato estero di contrabbando superiore a dieci chilogrammi convenzionali è punito con la multa di lire diecimila per ogni grammo convenzionale di prodotto, come definito dalla L. 7 marzo 1985, n. 76, art. 9 e con la reclusione da due a cinque anni.

Ai sensi dell'art. 62-quater, comma 7-bis del d.lgs. n. 504 del 1995, l'art. 291 bisdel d.P.R. n. 43/1973, si applica, secondo il meccanismo di equivalenza, anche con riferimento ai prodotti di cui al comma 1-bis dello stesso articolo ovvero i prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del d.lgs. 24 aprile 2006, n. 219, e successive modificazioni; tali prodotti, «sono assoggettati ad imposta di consumo in misura pari, rispettivamente, al dieci per cento e al cinque per cento dell'accisa gravante sull'equivalente quantitativo di sigarette, con riferimento al prezzo medio ponderato di un chilogrammo convenzionale di sigarette rilevato ai sensi dell'art. 39 quinquies e alla equivalenza di consumo convenzionale determinata sulla base di apposite procedure tecniche, definite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in ragione del tempo medio necessario, in condizioni di aspirazione conformi a quelle adottate per l'analisi dei contenuti delle sigarette, per il consumo di un campione composto da almeno dieci tipologie di prodotto tra quelle in commercio, di cui sette contenenti diverse gradazioni di nicotina e tre con contenuti diversi dalla nicotina, mediante tre dispositivi per inalazione di potenza non inferiore a 10 watt. Con provvedimento dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli è indicata la misura dell'imposta di consumo, determinata ai sensi del presente comma. Entro il primo marzo di ogni anno, con provvedimento dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli è rideterminata, per i prodotti di cui al presente comma, la misura dell'imposta di consumo in riferimento alla variazione del prezzo medio ponderato delle sigarette«. La Corte osserva che tale disposizione non prevede espressamente un meccanismo di equivalenza tra liquido da inalazione e tabacco lavorato estero, ma rinvia a tale scopo all'equivalenza di consumo convenzionale determinata sulla base di apposite procedure tecniche, definite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Tale determinazione è contenuta nella direttiva doganale n. 11038/RU del 25 gennaio 2018 del Direttore dell'Agenzia delle dogane e monopoli, che richiama la correlata direttiva n. 6615 del 10 gennaio 2015 del Direttore dell'Agenzia delle dogane e monopoli, con cui è stata prevista l'equivalenza di 1 ml di prodotto liquido da inalazione con 5,63 sigarette convenzionali, ovvero con 5,63 g convenzionali (sulla base delle procedure tecniche fissate con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli in data 24 dicembre 2014).

Secondo la Suprema Corte le suddette direttive direttoriali non hanno il solo fine di fornire parametri utili alla quantificazione dell'imposta sul consumo, ma rendono anche applicabile la normativa penale di cui all'art. 291-bis del D.P.R n. 43 del 1973, espressamente richiamato dall'art. 62-quater, comma 1-bis, del d.lgs. n. 504 del 1995, i quali rappresentano norme penali in bianco integrate da provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle dogane e monopoli.

Sulla base di tali argomentazioni e secondo i criteri di equivalenza determinati sulla base di apposite procedure tecniche, con provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, l'art. 291-bis, comma 1 del d.P.R. n. 43/1973 che riguarda il contrabbando di tabacchi lavorati esteri, trova applicazione, in forza dell'art. 62-quater, comma 1-bis e 7-bis del d.lgs. n. 504 del 1995 ai liquidi per sigarette elettroniche.

Osservazioni

Deve essere rilevato preliminarmente che il rigetto del primo motivo di ricorso circa la sussistenza del dolo in capo all'indagato si basa su un principio che la più recente giurisprudenza ha superato con l'affermazione secondo la quale in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al "fumus" del reato ipotizzato relativamente a tutti gli elementi della fattispecie contestata; ne consegue che lo stesso giudice può rilevare anche il difetto dell'elemento soggettivo del reato, purché esso emerga ictu oculi (Cass. pen., Sez. II, 22 aprile 2016, n. 18331; Cass.pen., Sez. III, 5 aprile 2019, n. 26007 del 05/04/2019).

Con riferimento alla questione giuridica in esame, la soluzione adottata dalla Suprema Corte, si basa sul presupposto che i commi 1-bis e 7-bis del d.lgs. n. 504/1995 rappresentano norme penali in bianco in quanto rinviano, al fine di adeguare gli obblighi di legge all'evoluzione anche scientifica del contesto cui la legge stessa intende riferirsi, a disposizione proveniente da fonte diversa da quella penale. La norma penale in bianco è rivestita di contenuti in base a norme extrapenali integratrici del precetto penale, che possono essere emanate anche da autorità amministrative o sovranazionali, le quali dettano disposizioni regolatrici od impongono divieti anche in base ad accertamenti scientifici relativi a situazioni storiche determinate. Tale meccanismo, è quello che si applica nel caso del raffronto fra sigarette tradizionali e sigarette elettroniche in commercio in un determinato momento.

Su tale punto la sentenza ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza della Suprema Corte e ancor prima della Corte costituzionale, la quale già in tempi risalenti aveva precisato che il principio di legalità della pena può considerarsi soddisfatto quando sia una legge dello Stato ad indicare con sufficiente specificazione i presupposti, i caratteri ed i limiti dei provvedimenti dell'Autorità non legislativa alla trasgressione dei quali deve seguire la pena (Corte Cost., n. 26 del 1996) e, in tempi più recenti ha chiarito che il principio di determinatezza non può dirsi leso quando sia immediatamente percepibile quale sia la condotta repressa (Corte Cost., n.21 del 2009). Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sulla scia della Corte costituzionale, hanno ribadito che l'individuazione della norma incriminatrice è frutto, in alcuni casi, dell'integrazione tra la disciplina espressa dalla legge e gli atti amministrativi che contribuiscono a definire l'area del penalmente rilevante. Tale struttura dell'incriminazione dà luogo ad una fattispecie penale parzialmente in bianco nei casi in cui la specificazione del precetto avviene per effetto di fonti secondarie come i decreti ministeriali. Si tratta di un metodo che non reca violazione del principio di legalità espresso dall'art. 25 Cost., giacché corrisponde all'esigenza di pronto adeguamento della normativa al divenire scientifico e criminologico, cui la legge potrebbe non essere in grado di far fronte con la tempestività e puntualità dovute: l'indicato principio costituzionale è rispettato quando sia una legge ad indicare con sufficiente specificazione i presupposti, i caratteri, il contenuto ed i limiti dei provvedimenti dell'autorità non legislativa (Cass. S.U. n. 29316/2015).

Guida all'approfondimento

Corte Cost. Sent. n. 26 del 1996

Corte Cost. Sent. n.21 del 2009

Cass. S.U. n. 29316/2015

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