Lo strano caso della condanna per decreto seguita da opposizione dopo la riforma della prescrizione. Una ulteriore ipotesi di incostituzionalità?

06 Marzo 2020

L'art. 1, lett. e) l. 3/2019 ha sostituito il secondo comma dell'art. 159 c.p. con un testo, entrato in vigore il 1° gennaio 2020 (art. 2), in forza del quale la “nuova” inedita forma di sospensione del corso della prescrizione del reato opera «dalla pronuncia […] del decreto di condanna fino alla data… dell'irrevocabilità» dello stesso.

L'art. 1, lett. e) l. 3/2019 ha sostituito il secondo comma dell'art. 159 c.p. con un testo, entrato in vigore il 1° gennaio 2020 (art. 2), in forza del quale la “nuova” inedita forma di sospensione del corso della prescrizione del reato opera «dalla pronuncia […] del decreto di condanna fino alla data… dell'irrevocabilità» dello stesso.

Se al riferito decreto, che, è bene ricordarlo, quale actus duarum personarum esprime una decisione di condanna emessa dal giudice preliminare sulla sola richiesta del pubblico ministero - che così promuove l'azione penale senza che l'imputato abbia potuto contraddire - una volta notificato segue la tempestiva opposizione, la condanna decade, giacché, in ogni caso, il giudice revoca il decreto penale di condanna (art. 464, comma 3,ult. parte, c.p.p.).

In tal caso, che ne è del blocco (perché di tanto ormai si tratta e non già di sospensione) della prescrizione del reato quale effetto scattato al momento della pronuncia del decreto, in relazione al quale, per effetto della revoca, va considerato che non potrà mai più inverarsi una irrevocabilità?

Una decisione di condanna che, per automatismo codicistico, viene necessariamente rimossa per effetto dell'esercizio del potere, comunque assegnato all'imputato e da questi coltivato, di impugnarla, per assicurarsi lo svolgimento giudizio e, con esso, il proprio diritto ad optare per altro rito o di difendersi provando, in ordine ad una accusa che però, per un inedito ed irrazionale effetto collaterale generato da una norma stravagante, finisce per concernere un reato senza più alcun presidio di un limite prescrizionale.

Tutto questo non può che tradursi in un ulteriore serio sospetto di illegittimità costituzionale della novella riformatrice sul punto in relazione, solo per citarne alcuni, alle violazioni del principio di uguaglianza, per una ingiustificata disparità di trattamento tra imputati per di più conseguente a una scelta del rito contratto riservata al pubblico ministero; del principio di ragionevolezza vulnerato dalla preventiva pretermissione della garanzia della prescrizione; della intangibilità del diritto di difesa; della ragionevole durata del processo.

Viviamo ormai tempi terribilmente oscuri, segnati da un Parlamento che pretende di legiferare dando a vedere di trascurare, quando non addirittura di dimenticare, il quadro costituzionale e quello convenzionale recante le garanzie fondamentali assicurate nel processo penale e dei diritti dell'accusato in essi consacrate.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.