Capacità lavorativa dei coniugi e gli obblighi alimentari

Piera Gasparini
12 Marzo 2020

La decisione in commento riguarda il tema dell'accertamento della sussistenza di una capacità lavorativa in capo al coniuge richiedente la prestazione alimentare, dove assume rilievo la distinzione tra capacità specifica e capacità generica, nonchè...
Massima

Non spetta l' assegno alimentare al coniuge richiedente in assenza della prova dello stato di bisogno, che va escluso quando residui una capacità lavorativa generica compatibile con la presenza di una patologia psicofisica.

Il caso

La Corte d'Appello di Brescia con la sentenza n. 5 del 2019 depositata il 3 gennaio 2029 del 29/6/2017 ha negato l'assegno alimentare provvisorio, previsto dall'art. 446 c.c., al coniuge, in specie alla moglie, che lo aveva richiesto al marito e alla suocera in ragione delle proprie gravi condizioni di salute (malattia depressiva) e dell'impossibilità di provvedere al proprio mantenimento. Detto assegno era stato, invece, riconosciuto e fissato dal Tribunale, in primo grado, nella misura mensile di € 200,00.

Con ricorso in sede di legittimità la signora denunciava in primo luogo violazione e/o falsa applicazione dell'art. 438, comma 1, c.c. per non avere la Corte d'Appello accuratamente verificato la sussistenza dello stato di bisogno e della possibilità di mantenersi in capo al coniuge richiedente, e per non avere correttamente valutato la documentazione medica versata in atti dalla quale avrebbero dovuto trarsi conclusioni opposte a quelle raggiunte in sede di gravame.

Ciò in considerazione della sindrome ansioso-depressiva con disturbo di personalità diagnosticata e adeguatamente certificata dalla richiedente.

Denunciava, inoltre, la ricorrente, ex art. 115 c.p.c., l'omessa valutazione da parte del giudice d'appello della anzidetta prova documentale, ritenuta decisiva.

La Corte di legittimità ha dichiarato inammissibili i motivi di ricorso in quanto fondati su una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità se non integrante un vizio di motivazione, e ha altresì concluso per l'inutilizzabilità e tardività della documentazione, allegata alla costituzione di nuovo difensore con note conclusionali.

Nel caso concreto, la Corte ha dunque confermato il ragionamento dei giudici di appello che avevano, in sostanza, riconosciuto in capo alla richiedente la capacità di poter svolgere un lavoro anche meramente esecutivo (come quello delle pulizie domestiche), richiamandosi al concetto di capacità lavorativa generica.

La questione

La decisione in commento riguarda il tema dell'accertamento della sussistenza di una capacità lavorativa in capo al coniuge richiedente la prestazione alimentare, dove assume rilievo la distinzione tra capacità specifica e capacità generica, nonché della distribuzione dell'onere della prova del fatto che il coniuge non sia responsabile del proprio stato di inoccupazione.

In particolare, con pronuncia piuttosto sintetica, si afferma che assume rilievo, ai fini dell'esclusione del diritto agli alimenti, la sola capacità di lavoro generica della persona, senza altro riferimento ad attitudini specifiche che pure, in diverse occasioni, i giudici sia di legittimità che di merito hanno tenuto in considerazione nella declinazione del concetto di capacità lavorativa all'interno dei rapporti patrimoniali fra coniugi.

Le soluzioni giuridiche

Come noto, anche in tema di separazione personale di coniugi, il terzo comma dell'art. 156 c.c. prevede l'obbligo alimentare di cui agli artt. 433 e ss. c.c. a carico del coniuge separato in favore dell'altro. L'obbligo alimentare ha dunque una definizione comune nei diversi ambiti, e si distingue dal diritto al mantenimento previsto dal primo comma dell'art. 156 c.c.; il riconoscimento del diritto alla corresponsione dell'assegno alimentare presuppone, secondo la formulazione letterale del primo comma dell'art. 438 c.c., lo stato di indigenza del richiedente, e si è precisato che in tema di separazione legale tra coniugi, la richiesta di alimenti costituisce un minus necessariamente compreso in quella di mantenimento ( così sin da Cass. civ., sez. I, 19 giugno 1996 n. 5677, Cass. civ., 22 aprile 1998 n. 4198, Cass. 16 giugno 1997 n. 5381, tra le tante).

L'interpretazione del riconoscimento del diritto agli alimenti che l'odierna pronuncia pare riproporre, oltremodo restrittiva ( così, in termini, Cass. civ., sez. I, 24 febbraio 2006, n. 4294), fa riferimento, ai fini dell'esclusione dello stato di bisogno, ad un' astratta capacità del coniuge allo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa, anche meramente esecutiva e non condizionabile, nella specie, nemmeno da una patologia, quale quella ansioso-depressiva, che invece aveva impedito alla richiedente l'esplicazione dell'attività precedentemente esercitata.

Giova ricordare che, pacificamente, ai fini della considerazione della meritevolezza dell' assegno di mantenimento ex art. 156 c.c. , si deve fare riferimento non tanto allo stato di bisogno del coniuge richiedente quanto piuttosto alla mancanza di redditi sufficienti al mantenimento del «medesimo tenore di vita in costanza della convivenza matrimoniale», secondo un orientamento rimasto pressochè costante nel tempo ( a partire da Cass. n. 5762/1997; poi, ancora, Cass n. 4764/2007, Cass. n. 12196/2007, Cass. civ. n. 21097/2007; da ultimo, Cass.cciv. n. 770/2018).

Tuttavia, anche con riguardo al credito strettamente alimentare, qui considerato, si è affermato, nel tempo, che il diritto agli alimenti è legato alla prova non solo dello stato di bisogno, ma dell'impossibilità da parte dell'alimentando di provvedere in tutto o in parte al proprio sostentamento mediante l'esplicazione di attività lavorativa legata alle attitudini della persona e non considerata in termini astratti; in particolare, in tema di separazione personale, si è evidenziato, al fine del riconoscimento e della liquidazione dell'assegno alimentare, che l'attitudine di un coniuge al lavoro spiega rilievo, nella individuazione delle sue capacità di guadagno, solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un'attività lavorativa retribuita, tenuto conto di ogni concreto fattore (Cass. 14 febbraio 1990 n. 1099 : «deve essere rigettata la domanda di alimenti ove l'alimentandonon provi la propria invalidità al lavoro per incapacità fisica, e la impossibilità, per circostanze a lui non imputabili, di trovarsi un'occupazione confacente alle proprie attitudini ed alle proprie condizioni sociali»). Ciò imporrebbe di considerare rilevante la capacità lavorativa non intesa in senso astratto, ma fondata sulla verifica della possibilità di occupazioni anche di agevole accesso ( come può essere certamente quella di collaboratrice domestica) ma confacenti alle condizioni sociali ed abitudini di vita del richiedente.

In questo stesso senso si è espressa, anche di recente, diversa sezione della Corte ( cfr. Cass. civ., sez. I, 08 febbraio 2017, n.3318) affermando che il diritto agli alimenti previsto dall'art. 433 c.c. è legato alla prova dello stato di bisogno e dell'impossibilità da parte dell'alimentando di provvedere in tutto o in parte al proprio sostentamento mediante l'esplicazione di attività lavorativa: il diritto è escluso «se questi è in grado di trovare un'occupazione confacente alle proprie attitudini ed alle proprie condizioni sociali». Nella specie, si segnala che il rigetto della domanda del coniuge è stato ritenuto legittimamente motivato dal riscontro di attitudini di tipo imprenditoriale ( dunque non di una qualsiasi attitudine al lavoro), confacenti al contesto sociale e di vita del richiedente.

In applicazione di tale, più puntuale interpretazione il giudice, anche quando sia stata dedotta l'esistenza di una malattia, non dovrebbe limitarsi ad escluderne la rilevanza affermando che la stessa non è preclusiva di un qualunque impiego lavorativo, me dovrebbe stabilire, in relazione alle concrete possibilità di lavoro del contesto sociale ove il coniuge vive, nonché alle sue specifiche attitudini, se tale malattia costituisca o meno un autentico impedimento occupazionale.

Osservazioni

La negazione del diritto agli alimenti alla moglie afflitta da depressione fondata sul fatto che questa non abbia compromesso del tutto la capacità lavorativa generica, potendo la parte richiedente trovare o a mantenere un'occupazione, anche solo di tipo meramente esecutivo, come quello di colf "suggerito" dai giudici di merito, appare soluzione rigorosa e non del tutto condivisibile.

Lo stato di bisogno ai fini dell'attribuzione dell'assegno alimentare ex art. 433 e ss. c.c. andrebbe valutato non con riferimento a nozioni di carattere generale o a definizioni correlate al «sostegno dell'indigenza» posto a fondamento di prestazioni di natura meramente assistenziale, poiché queste ultime sono prive di ogni collegamento con le ragioni di solidarietà familiare ( diverse anche da quelle di solidarietà sociale) che costituiscono, invece, il fondamento delle norme in esame.

La valutazione della capacità lavorativa o meglio, più in generale, la valutazione dell'insufficienza di mezzi da parte del coniuge richiedente - non acquisibili mediante lo svolgimento di un'attività lavorativa concretamente esplicabile e confacente alla propria posizione sociale - in sede di giudizio di merito richiede un' indagine accurata, che deve esprimersi, sul piano della concretezza e dell'effettività, tenendo conto dei fattori individuali, ambientali, territoriali, economici e culturali.

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