Ripartizione delle spese di conservazione del lastrico in uso individuale e regola della verticale effettiva

20 Marzo 2020

Il Tribunale di Salerno ha dichiarato nulla, perché assunta in violazione del criterio legale previsto dall'art. 1126 c.c., la delibera con cui l'assemblea condominiale, a maggioranza, ha ripartito le spese per il rifacimento del lastrico solare in proprietà esclusiva, rapportando la quota gravante sulla sottostante unità abitativa al suo complessivo valore millesimale, e non già a quello riferibile alla sola porzione in concreto coperta.
Massima

Va dichiarata nulla, perché in violazione del criterio di ripartizione legale previsto dall'art. 1126 c.c., la delibera con cui l'assemblea condominiale, a maggioranza, abbia suddiviso la spesa per il rifacimento del lastrico solare in uso esclusivo, ragguagliando la quota a carico dell'unità abitativa ad esso sottostante al suo complessivo valore millesimale, e non già a quello rapportabile alla sola superficie effettivamente coperta.

Il caso

Un condomino, lamentandone l'invalidità derivante dall'asserita inosservanza del parametro legale dettato dall'art. 1126 c.c., ha proposto, ai sensi dell'art. 1137 c.c., impugnativa della delibera con cui l'assemblea, a maggioranza, aveva approvato il piano di riparto della spesa sostenuta per interventi conservativi di natura straordinaria del lastrico solare in uso esclusivo, determinando l'ammontare ad onere dell'unità immobiliare in sua titolarità dominicale con riferimento al complessivo valore millesimale e non già al differente perequato alla sola parte che ricadeva sotto la copertura.

Costituitosi in giudizio, il condominio ha contestato l'avverso gravame, sostenendo di aver fatto corretta applicazione del criterio normativo di riferimento.

La questione

Il giudice campano ha, quindi, affrontato e risolto la questione relativa alla determinazione dell'importo da porre a carico dell'unità immobiliare che non sia integralmente sovrastata dal lastrico solare in utilizzo individuale quanto alla partecipazione alla spesa richiesta per i suoi interventi conservativi, cui era poi connessa l'ulteriore, concernente la forma di invalidità della delibera assembleare che avesse fatto applicazione di un criterio difforme da quello corretto.

L'art. 1126 c.c. prevede che i costi per le riparazioni del lastrico che sia totalmente o parzialmente in uso non a tutti i condomini debbano essere imputati per un terzo a carico di quelli che ne hanno il godimento esclusivo e per i due terzi residui a coloro che usufruiscono della copertura, perequandone il pertinente ammontare al “valore del piano o della porzione di piano di ciascuno”.

Criticità si prospettano nel caso in cui il lastrico non si estenda integralmente per l'intera superficie della sottostante unità immobiliare in proprietà solitaria e se, in conseguenza, la quota partecipativa ad onere della stessa debba essere calcolata in relazione al complessivo valore millesimale ovvero parametrandola alla sola porzione che se ne avvale, secondo il principio della c.d. verticale effettiva.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale adìto, poiché l'unità immobiliare in proprietà esclusiva del condomino attore era soltanto in parte sottostante al lastrico interessato dagli interventi manutentivi, ha ritenuto che la sua partecipazione al relativo esborso dovesse rapportarsi non già all'intero valore millesimale ma alla sola parte riferibile alla porzione che utilizzava la copertura.

Poiché l'impugnata delibera assembleare nel determinare la spesa pro capite aveva, invece, fatto riferimento ai millesimi di c.d. proprietà generale, ne è stata dichiarata la nullità poiché, in mancanza di relativo accordo espresso da tutti i condomini, aveva fatto proprio un criterio ripartitorio divergente da quello legale.

Osservazioni

La decisione in esame, per quel che concerne il criterio di ripartizione della spesa endocondominiale avente ad oggetto la manutenzione del lastrico di copertura in proprietà o godimento individuale, valorizzando il dato letterale della norma di riferimento - art. 1126 c.c.- ha ritenuto che l'esborso da porre a carico dell'unità immobiliare che non fruisca integralmente della superiore copertura debba essere rapportato non già all'intera sua quota millesimale bensì alla sola parte riferibile alla superficie effettivamente coperta.

Ciò in quanto l'indicato disposto, nel determinare nei due terzi il complessivo onere partecipativo cui soggiacciono gli immobili sottostanti, prevede, al suo interno, che il successivo apporto individuale debba essere parametrato “al valore del piano o della porzione di piano di ciascuno” asservita, così distinguendo l'ipotesi in cui il lastrico interessi l'intera abitazione da quella in cui ne abbracci solamente parte e, in tal caso deve essere quantificato tenendo in considerazione il dato millesimale riferibile al solo àmbito interessato.

Secondo tale principio, noto come regola della c.d. verticale effettiva e mutuato dalla giurisprudenza di legittimità - in particolare espresso da Cass. civ.,sez. II, 23 gennaio 2014 n. 1451, richiamata anche in motivazione - nell'ottica dell'art. 1126 c.c. la mera qualità di condomino è, di per sé, insufficiente per poter affermare, in capo a ciascun componente la comunione edilizia condominiale, l'obbligo di partecipare alla spesa per la manutenzione o rifacimento del lastrico in proprietà o uso individuale, dovendosi, a tale fine, preliminarmente individuare coloro le cui unità abitative in proprietà solitaria sono sottostanti alla copertura e, in quanto tali, gravati da due terzi della complessiva spesa e, nel caso in cui la relativa superficie coperta non si estenda all'intero immobile, quantificare l'onere partecipativo individuale rapportandolo al dato millesimale riferibile alla sola porzione che trae utilità dalla copertura.

Trattasi di asserto che potrebbe condividersi nel suo portato sostanziale, ma che non appare corretto se riferito al ricostruito iter che ne ha condotto all'enucleazione.

Il giudice nomofilattico, così come il Tribunale salernitano, per pervenire all'esposto enunciato, hanno valorizzato il dato semantico letterale, contenuto nell'art. 1126 c.c., del “piano o porzione di piano” per ritenere che le spese conservative del lastrico in godimento non collettivo, laddove esso non copra per l'intero la sottostante abitazione, debbano essere ragguagliate all'entità della quota millesimale di relativa spettanza che potrebbe riferirsi a tale superficie ristretta.

Deve, però, osservarsi che, nell'impianto originario del codice civile, la richiamata espressione si riferiva alla complessiva frazione dell'edificio in proprietà solitaria e non già a singole sue parti, in ipotesi suscettive di autonomo apprezzamento.

Utile e chiarificatore, sul punto, può essere il richiamo alla Relazione del Ministro Guardasigilli Grandi, c.d. di accompagnamento al vigente codice civile che, al paragrafo 525, nel evidenziare che l'impianto normativo di nuovo conio superava il precedente assetto di disciplina - che, sistematicamente, inquadrava il condominio quale trama di reciproche servitù e limitazioni dominicali - ne qualificava la nuova configurazione nei termini di “rapporti di comunione ai quali dà luogo la proprietà dei piani o degli appartamenti di uno stesso edificio”, in tal modo inequivocabilmente evidenziano che, nel gergo codicistico, il “piano”, si accompagna e correla ad “appartamento”, ossia a “porzione di piano”.

L'interpretazione corretta del dato letterale normativo conduce, quindi, a ritenere che i termini “piano o porzione di piano”, a mò di endiadi, alludano, in alternativa, alla superficie immobiliare in proprietà esclusiva ricompresa all'interno di uno stabile e, in tale consapevolezza, il legislatore, nel ridisegnare la disciplina del condominio negli edifici, con la l. 12dicembre 2012, n. 220 è intervenuto in via modificativa sulla formulazione dell'art. 1117 c.c., sostituendoli con l'espressione “singole unità immobiliari”.

Per evidente svista la novella legislativa non ha innovato, in parte qua, anche la previsione dell'art. 1126 c.c. ma la persistenza, in essa, del termine “porzione di piano”, tenuto proprio conto delle esposte coordinate esegetiche, non potrebbe legittimare una ripartizione interna della spesa dei due terzi ragguagliata ai millesimi attribuibili alla sola parte della superficie immobiliare coperta.

La lettera della legge imporrebbe, invece, che, nell'àmbito dei due terzi dell'esborso complessivamente gravitante sui condomini le cui unità immobiliari usufruiscono della copertura, l'apporto partecipativo individuale dovrebbe essere sempre rapportato al pertinente valore millesimale apprezzato nella sua entità complessiva.

Si tratterebbe, peraltro, di un principio non carente di persuasività, atteso che il riferimento al dato millesimale di proprietà generale può ritenersi un criterio improntato ad un parametro sostanziale perequativo che, nell'esercizio della propria discrezionalità, il legislatore ha individuato in via preventiva per evitare o, comunque, risolvere i conflitti conseguenti alla suddivisione delle spese di interesse comune nell'ambito del condominio edilizio.

Può, però, osservarsi che, seguendo la regola generale dettata dall'art. 1123, comma 1, c.c., in mancanza di alternativo accordo di natura negoziale, ogni condomino deve far fronte alle spese richieste per la conservazione delle parti comuni “in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno”; qualora, poi, trattasi di “cose destinate a servire i condomini in misura diversa”, l'onere partecipativo deve essere perequato alla relativa possibilità di loro uso e, laddove nel medesimo edificio le parti comuni interessate dall'attività conservativa non siano a servizio dell'intero stabile, gli esborsi devono essere posti “a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità”, così enucleando il c.d. condominio parziale.

Secondo il pertinente sistema normativo di disciplina, pertanto, il riferimento al “valore della proprietà di ciascuno”, quale criterio per determinare in che misura il singolo condomino deve partecipare alle spese di governo della comunione edilizia condominiale, latu sensu intese, deve contemperarsi e coordinarsi con gli ulteriori parametri della possibilità di uso del bene interessato ovvero della sua funzionalità quanto al godimento dell'unità immobiliare in proprietà solitaria.

Può, allora, sostenersi che la determinazione, in concreto, della misura partecipativa individuale, in mancanza di alternativo titolo convenzionale, vede il proprio criterio principale di riferimento nel dato millesimale di c.d. proprietà generale che, laddove ne ricorrano i relativi presupposti applicativi, può essere derogato dagli ulteriori che prevalgono in via alternativa in ragione anche del loro carattere di specialità.

Pertanto, la limitazione della contribuzione alla spesa richiesta per la conservazione del lastrico in proprietà o godimento individuale rapportata alla sola parte della sottostante unità immobiliare in titolarità dominicale solitaria che risulta da esso copertadovrebbe avere il relativo referente di legittimazione proprio nei parametri dell'uso o della funzionalità, apprezzati e valorizzati come espressione di regole speciali che, in presenza dei pertinenti presupposti, dovrebbero trovare utilizzo per evidenti ragioni di equità sostanziale e in funzione di temperamento delle conseguenze ingiuste, per la sfera giuridico-patrimoniale individuale, cui potrebbe condurre l'acritica applicazione del principio generale.

Né, poi, ostativa a tale soluzione interpretativa potrebbe ritenersi la circostanza per la quale in dette situazioni si farebbe applicazione, in concreto, di un dato numerico ripartitorio estraneo alla tabella ex art. 68 disp att. c.c. nella quale, per previsione di legge, dovrebbe trovare formale indicazione il valore millesimale.

Come evidenziato dall'assestata esegesi del giudice di legittimità, la tabella millesimale, corredo del regolamento di condominio, assolve all'istituzionale funzione di esprimere, in termini numerici e in applicazione di parametri tecnici, “un rapporto di valore tra diritti dei vari condomini” ed è ad essa estranea valenza alcuna costitutiva della misura dell'obbligo partecipativo individuale alla spesa comune (Cass. civ., sez. un., 9 agosto 2010, n. 18477).

Poiché, pertanto, “meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge, e quindi dell'esattezza delle operazioni tecniche di calcolo della proporzione tra la spesa ed il valore della quota o la misura dell'uso” (in tali termini, Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2018 n. 27159) è poiché il dovere contributivo individuale trova fonte nella proprietà individuale dell'immobile compreso nello stabile, nulla esclude o impedisce che la determinazione dell'entità dell'apporto individuale possa operarsi facendo applicazione di criteri legali - quali, per l'appunto, quello previsto dall'art. 1126 c.c. - ovvero convenzionali validamente posti, prescindendo dal preventivo formale recepimento in relativa tabella del valore da essi derivabile (come precisato da Cass. civ.,sez. II, 26 aprile 2013 n. 10081).

Guida all'approfondimento

Amendolagine, I condomini tenuti al pagamento delle spese di rifacimento del lastrico solare, in Condominioelocazioni.it, 13 agosto 2018;

Valentino, Il lastrico solare è considerato parte comune del condominio fino a prova contraria data dal singolo condomino, in Dir. & giust., 2016, fasc. 22, 54.

Villa, Chi deve pagare le spese di rifacimento del lastrico solare, in Dir. & giust., 2017, fasc. 31, 12;

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