Codice Civile art. 1579 - Limitazioni convenzionali della responsabilità.

Gian Andrea Chiesi

Limitazioni convenzionali della responsabilità.

[I]. Il patto con cui si esclude o si limita la responsabilità del locatore per i vizi della cosa non ha effetto [1229 1], se il locatore li ha in mala fede taciuti al conduttore oppure se i vizi sono tali da rendere impossibile il godimento della cosa [1580].

Inquadramento

L'obbligazione di mantenimento della cosa locata in buono stato ex art. 1575, n. 2) c.c., nella sua declinazione positiva (quale fonte, cioè, dell'obbligo del locatore di procedere alle riparazioni), va distinta dall'obbligazione di garanzia per i vizi della cosa locata, prevista e disciplinata dagli artt. 1578 ss. c.c.: in sostanza, in base a tali ultime previsioni, il locatore deve garantire il conduttore da quei vizi che investono la struttura materiale della cosa, alterandone l'integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se eliminabili e manifestatisi successivamente alla conclusione del contratto di locazione.

Tale assunto è condiviso dalla dottrina (Mirabelli, 417; Provera, 211; Tabet, 1972, 493) che intende per “vizio” un difetto che attiene alla struttura materiale della cosa, nella costruzione, nella composizione, nell'aspetto o nel funzionamento, tale da inficiare parzialmente la possibilità di godimento secondo l'uso contrattuale giacché, ove si versasse in ipotesi di totale impossibilità di godimento, si determinerebbe la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, ex art. 1463 c.c. (Cosentino, Vitucci, 80). Detto in altri termini (Di Marzio, Falabella, 832), il vizio è costituito, almeno in linea di massima, da un difetto intrinseco della cosa, il quale incide in modo apprezzabile sull'idoneità di essa all'uso convenuto, mentre il guasto, al contrario, si compendia in un difetto derivante dall'uso o dalla vetustà della cosa ed è generalmente suscettibile di riparazione – a differenza del vizio, il quale non è normalmente eliminabile – attraverso i necessari interventi ripristinatori. Parte della dottrina, infine, qualifica il vizio della cosa locata in termini di “errore”, quale falsa rappresentazione della realtà della cosa all'atto della consegna (Mirabelli, 415).

Rispetto alla disciplina dettata dall'art. 1578 c.c., l'art. 1579 c.c. contiene una previsione di carattere derogatorio: la garanzia per i vizi della cosa locata può essere, infatti, esclusa in virtù di una clausola convenzionale di limitazione della responsabilità del locatore, salvo che (1) il locatore abbia in mala fede taciuto al conduttore l'esistenza dei vizi ovvero se (2) questi siano tali da rendere impossibile il godimento della cosa. La legge, cioè, ha specificamente fissato i limiti di efficacia della pattuizione di limitazione della responsabilità, da un lato, negando tutela giuridica al pactum de dolo non praestando e, dall'altro, escludendo l'operatività del patto di rinuncia per i vizi che rendano impossibile il godimento del bene.

L'esclusione della garanzia, peraltro, può riguardare anche eventuali vizi sopravvenuti: osserva in proposito Cass. III, n. 16220/2002, infatti, che la rinuncia alla garanzia, ex art. 1579 c.c., può riguardare sia le pretese per vizi che si manifestano immediatamente, sia quelle per i c.d. vizi sopravvenuti (art. 1581 c.c.), in quanto la sopravvenienza concerne il momento di effettiva incidenza del vizio sul godimento, ma non integra la ragione stessa della pretesa.

Simmetricamente si ammette (Cosentino, Vitucci, 90) la liceità di patti che ampliano la responsabilità del locatore, come nel caso di vizi di minima entità.

Alle ipotesi innanzi descritte deve, infine, aggiungersi un ulteriore caso di inefficacia del patto di esonero o limitazione della responsabilità del locatore e, precisamente, quello, contemplato dal successivo art. 1580 c.c., di vizi che espongano a serio pericolo per la salute il conduttore ovvero suoi familiari o dipendenti.

Anticipando – sinteticamente – quanto si dirà nel commento all'art. 1580 c.c., la nullità del patto di esonero o limitazione della garanzia del locatore è, nel caso di vizi pregiudizievoli per la salute, implicitamente ricavabile dalla stessa lettera della legge (così Provera, 220), essendo espressamente previsto che il conduttore possa agire per la risoluzione del contratto “nonostante qualunque rinunzia”.

Le due ipotesi contemplate dall'art. 1579 c.c.

La norma costituisce, all'evidenza, una applicazione pratica della regola posta, in linea generale, dall'art. 1229, comma 1, c.c., relativamente all'ipotesi vizi taciuti in mala fede dal locatore mentre, per quanto concerne l'impossibilità del godimento, l'inefficacia del patto poggia sul piano, oggettivo, dell'inidoneità della cosa all'uso convenuto.

Quanto alla prima evenienza, l'art. 1579 c.c. sembra escludere la liceità di un'esclusione convenzionale della responsabilità nel solo caso di dolo del locatore, laddove l'art. 1229, comma 1, c.c., al contrario, estende la nullità del patto anche alle ipotesi di colpa grave.

Se ne è tratta (Gabrielli, Padovini, 262), pertanto, la conclusione per cui la previsione in commento si pone, sostanzialmente, in un rapporto di specialità rispetto a quanto previsto dall'art. 1229, comma 1, c.c. disposizione dalla quale si differenzia proprio per ammettere, seppure in via implicita, l'esonero di responsabilità anche nei casi di colpa grave del locatore.

Tale assunto trova peraltro conferma nella Relazione del Guardasigilli al Re, nella quale è precisato, con riferimento proprio all'art. 1579 c.c., che si tratta di una “applicazione dell'art. 1229, comma 1, c.c., ma con una restrizione: per l'art. 1229, comma 1, sono nulle le clausole di esonero della responsabilità per dolo o colpa grave. Nell'art. 1579 si contempla la sola mala fede del responsabile quale causa di nullità della clausola limitativa”.

Quanto alla natura del dolo cui fa riferimento la norma, si registrano, in dottrina, due orientamenti: a) secondo una prima impostazione (Tabet, 512), si tratterebbe di una ipotesi di dolo incidente (cfr. l'art. 1440 c.c.) che, in via del tutto eccezionale, determinerebbe la nullità (parziale) anziché l'annullabilità del(la clausola del) contratto; b) secondo una diversa lettura (Cosentino, Vitucci, 88), invece, si verserebbe in presenza di un dolo comportamentale.

La dottrina (Tabet 1972, 513) comunque esclude che sia spendibile l'eccezione di malafede del locatore quando il vizio della cosa locata sia facilmente riconoscibile o conosciuto dal conduttore, difettando, per i vizi riconoscibili, una previsione analoga a quella dell'art. 1491 c.c.

L'onere di provare la malafede del locatore incombe, in ogni caso, sul conduttore, che potrà limitarsi a provare la conoscenza dei vizi da parte del locatore (Tabet 1972, 512): l'utile superamento dell'onere probatorio determina l'inefficacia del patto e la possibilità, per il conduttore, di esercitare tanto l'azione di riduzione, quanto quella di risoluzione che, infine, l'azione per il risarcimento dei danni (Bucci, Malpica, Redivo, 74).

Avuto riguardo, invece, alla seconda eventualità disciplinata dall'art. 1579 c.c. (nullità di una clausola di esonero da responsabilità, nel caso di impossibilità di godimento della cosa), la previsione si spiega ponendo mente alla circostanza che, in conseguenza di tale stato di fatto, viene meno la stessa ragione giustificatrice della prestazione principale dovuta dal conduttore e consistente nel pagamento del canone: rileva, dunque, un elemento oggettivo della cosa locata.

In proposito, il rapporto tra tale fattispecie e quella di cui all'art. 1578 c.c. è stato comunque ricostruito nel senso che: a) se la cosa presenta vizi che ne rendono impossibile il godimento, il patto con cui le parti abbiano escluso la garanzia per i vizi non ha effetto, né rileva che i vizi erano conosciuti dal conduttore od avrebbero potuto esserlo facilmente (Cass. III, n. 3249/1993): sicché il conduttore ha in ogni caso diritto alla risoluzione del contratto; b) quando, invece, i vizi siano tali da diminuire, ma non rendere impossibile il godimento secondo l'uso convenuto, il patto che esclude la garanzia non ha effetto solo se i vizi erano noti al locatore che li ha taciuti in mala fede, ma d'altra parte la garanzia non opera in presenza di vizi conosciuti o facilmente riconoscibili (Cass. III, n. 14342/2000. V. anche, nella giurisprudenza di merito, Trib. Rimini, 19 marzo 2019).

La disposizione dell'art. 1579 c.c. trova dunque applicazione anche in relazione ai vizi conosciuti o riconoscibili dal conduttore, atteso che la conoscibilità o meno dei vizi assume rilevanza, ai sensi del precedente art. 1578 c.c. – escludendo la risoluzione del contratto di locazione o la riduzione del corrispettivo – nei soli casi in cui i vizi stessi incidano solo parzialmente sul godimento della cosa locata, senza escluderlo, onde possa risultare ragionevole la preventiva e concorde valutazione delle parti di addossare al conduttore i rischi ad essi relativi.

L'inefficacia della clausola opera, tuttavia, solo rispetto al diritto del conduttore di chiedere la risoluzione del contratto e non anche rispetto alle pretese risarcitorie: nel senso che, secondo parte della dottrina (Bucci, Malpica, Redivo, 75), il conduttore che abbia concesso al locatore l'esonero da responsabilità per il caso di vizi che determinino l'impossibilità del godimento del bene, mentre potrà sempre agire per la risoluzione del contratto (stante l'inefficacia della clausola in tale direzione), non potrà, al contrario, avanzare pretese risarcitorie per i danni subiti. È invece escluso che il conduttore possa, in simile evenienza, agire per la riduzione del corrispettivo.

L'eccezione concernente l'impossibilità di godimento del bene ha, in ogni caso, carattere residuale rispetto a quella di malafede, nel senso che, ove sussista quest'ultimala malafede non ha rilevanza alcuna l'idoneità o meno dei vizi a rendere impossibile il godimento della cosa (Tabet, 514).

La forma della clausola

Per la valida stipulazione di un patto di esonero (o limitazione) di responsabilità occorre, in ogni caso, una specifica manifestazione di volontà dei contraenti, non potendosi ritenere sufficiente, all'uopo, una generica dichiarazione del conduttore di accettare la cosa nello stato in cui si trova: questa, piuttosto, potrà rilevare a fini diversi, come, ad esempio, in relazione all'obbligo di restituzione della cosa locata gravante sul conduttore (v. l'art. 1590 c.c.).

Così si è espressa, ad esempio, Cass. III, n. 2901/1956 per la quale, la dichiarazione del conduttore di accettare la cosa locata nello stato in cui si trova non importa rinunzia a far valere i vizi non apparenti, che rendano la cosa inadatta all'uso ovvero i vizi sopravvenuti per difetto di manutenzione.

Conforme è la posizione della migliore dottrina (Mirabelli, 423), per la quale non è sufficiente ad integrare l'ipotesi di esclusione convenzionale della garanzia una generica dichiarazione del conduttore di accettare la consegna della cosa nello stato in cui si trova, ma è necessaria una specifica ed inequivoca manifestazione di volontà del conduttore.

In proposito, prescindendo dal caso di contratto di locazione oggetto di trattativa individuale, laddove – evidentemente – il problema non si pone, la clausola limitativa della responsabilità del locatore va specificamente approvata per iscritto.

Sia pure avuto riguardo ai contratti assicurativi, Cass. III, n. 15598/2019, in applicazione di un principio generale, chiarisce infatti che sono da considerare clausole limitative della responsabilità, agli effetti dell'art. 1341 c.c. (con conseguente necessità di specifica approvazione preventiva per iscritto), quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell'inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all'oggetto del contratto – e non sono, perciò, assoggettate al regime previsto dalla suddetta norma – le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito.

L'inefficacia della clausola limitativa della garanzia: natura giuridica

Si è discusso, infine, circa la natura giuridica della sanzione comminata dall'art. 1579 c.c. per il caso di esclusione della garanzia per vizi che contravvenga ai limiti posti dalla norma, oscillandosi tra chi ne discorre in termini di nullità in senso proprio e chi, al contrario, discute a tale riguardo di inefficacia.

Mentre un orientamento (riconducibile a Cosentino, Vitucci, 88) ritiene che si versi in presenza di una ipotesi di nullità relativa (della singola clausola, dunque) per violazione di norma imperativa, analogamente a quanto espressamente previsto dall'art. 1229 c.c., altro orientamento (Gabrielli, Padovini, 260) sostiene che si dovrebbe discutere, più correttamente, di inefficacia, giacché il contratto rimarrebbe valido mentre la sola clausola non spiegherebbe effetti.

Si ritiene (Tabet 1972, 514), al contrario, pienamente ammissibile il patto con cui il conduttore rinunzi alla garanzia con patto successivo alla formazione del contratto, non toccando tale convenzione, contrariamente a quanto previsto dall'art. 1580, un diritto indisponibile del conduttore medesimo.

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