Codice Civile art. 1580 - Cose pericolose per la salute.

Gian Andrea Chiesi

Cose pericolose per la salute.

[I]. Se i vizi della cosa o di parte notevole di essa espongono a serio pericolo la salute del conduttore o dei suoi familiari o dipendenti, il conduttore può ottenere la risoluzione del contratto, anche se i vizi gli erano noti, nonostante qualunque rinunzia [1229 2].

Inquadramento

L'obbligazione di mantenimento della cosa locata in buono stato ex art. 1575, n. 2) c.c., nella sua declinazione positiva (quale fonte, cioè, dell'obbligo del locatore di procedere alle riparazioni), va distinta dall'obbligazione di garanzia per i vizi della cosa locata, prevista e disciplinata dagli artt. 1578 ss. c.c.: in sostanza, in base a tali ultime previsioni, il locatore deve garantire il conduttore da quei vizi che investono la struttura materiale della cosa, alterandone l'integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se eliminabili e manifestatisi successivamente alla conclusione del contratto di locazione.

Tale assunto è condiviso dalla dottrina (Mirabelli, 417; Provera, 211; Tabet 1972, 493) che intende per “vizio” un difetto che attiene alla struttura materiale della cosa, nella costruzione, nella composizione, nell'aspetto o nel funzionamento, tale da inficiare parzialmente la possibilità di godimento secondo l'uso contrattuale giacché, ove si versasse in ipotesi di totale impossibilità di godimento, si determinerebbe la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, ex art. 1463 c.c. (Cosentino, Vitucci, 80). Detto in altri termini (Di Marzio, Falabella, 832), il vizio è costituito, almeno in linea di massima, da un difetto intrinseco della cosa, il quale incide in modo apprezzabile sull'idoneità di essa all'uso convenuto, mentre il guasto, al contrario, si compendia in un difetto derivante dall'uso o dalla vetustà della cosa ed è generalmente suscettibile di riparazione – a differenza del vizio, il quale non è normalmente eliminabile – attraverso i necessari interventi ripristinatori. Parte della dottrina, infine, qualifica il vizio della cosa locata in termini di “errore”, quale falsa rappresentazione della realtà della cosa all'atto della consegna (Mirabelli, 415).

La garanzia per i vizi della cosa locata è, di regola, dovuta, salvo che a) il vizio non sia conosciuto ovvero abbia il carattere della facile riconoscibilità (v. l'art. 1578 c.c.), ovvero b) non sia convenzionalmente esclusa, con i limiti di cui all'art. 1579 c.c. Esiste, tuttavia, un caso in cui, pur in presenza di vizi conosciuti o facilmente riconoscibili (e, dunque, in deroga alla disciplina prevista dall'art. 1578 c.c.), si torna alla regola generale dell'operatività della garanzia per vizi della cosa locata: è l'ipotesi contemplata dall'art. 1580 c.c., qualora i vizi della cosa o di parte notevole di essa determinino un serio pericolo per la salute sua, dei suoi familiari e dei suoi dipendenti.

Tale eccezione rinviene la propria ratio nella preminenza dell'interesse pubblico alla salute rispetto alla libertà negoziale (Mirabelli, 423; Tabet 1972, 517) ovvero – il che è, fondamentalmente, lo stesso – con l'indisponibilità del diritto alla salute (Provera, 220). Ne consegue che l'eventuale patto di esonero o limitazione della responsabilità del locatore – quand'anche concluso dal conduttore in pendenza del rapporto locatizio e, cioè, allorché i vizi si siano già manifestati (Tabet 1972, 517) – è inefficace, come implicitamente ricavabile dalla stessa lettera della legge (così Provera, 220), essendo espressamente previsto che il conduttore possa agire per la risoluzione del contratto “nonostante qualunque rinunzia”.

La conoscenza o conoscibilità dei vizi della cosa locata

Se il momento della consegna non rileva, in linea di massima, in ordine all'individuazione di un criterio distintivo tra vizi e guasti, esso al contrario è determinante ai fini della constatazione della conoscenza (o riconoscibilità) o meno dei vizi (preesistenti) da parte del conduttore: l'art. 1578, comma 1, c.c. prevede che, se al momento della consegna la cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili.

Osserva la dottrina (Carsana, 48) che la tutela offerta dalla garanzia trova infatti ragione nello squilibrio causato nel contratto dal sopraggiunto manifestarsi di un vizio sconosciuto al soggetto garantito. È evidente, infatti, l'incompatibilità tra la funzione di protezione contro un rischio e la conoscenza, quindi la certezza, della sua esistenza. Inoltre, è lecito presumere che laddove vi sia stata consapevolezza della ridotta idoneità della cosa, se ne sia già tenuto conto in sede di contrattazione, diminuendo il corrispettivo e che, quindi, non vi sia alcuno squilibrio da correggere. Si può anzi affermare che la cosa consegnata sia conforme alla determinazione negoziale dell'oggetto. Nel caso che il vizio sia evidente, il conduttore non potrebbe comunque dimostrare di non averlo conosciuto: la sua ridotta diligenza nella verifica dello stato della cosa gli impedirebbe di invocare la tutela della garanzia”.

Nell'uno (comma 1) come nell'altro caso (comma 2), peraltro, l'esclusione della garanzia opera soltanto in presenza di vizi originari e non, invece, di vizi sopravvenuti, la cui disciplina è dettata dall'art. 1581 c.c.: disposizione che contiene, si, un rinvio alla disciplina dettata dall'art. 1578 c.c., ma pur sempre nei limiti della compatibilità, con la conseguenza che non può pretendersi dal conduttore la conoscenza o facile riconoscibilità, al momento della consegna, di vizi che devono ancora venire ad esistenza.

La nozione di riconoscibilità va tratta dall'art. 1431 c.c., norma che, in tema di errore quale causa di annullamento del contratto stabilisce che l'errore si considera riconoscibile quando, in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto ovvero alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo.

La riconoscibilità del vizio va dunque valutata dal punto di vista del conduttore, in senso relativo e soggettivo e, cioè, in rapporto al grado di conoscenza della cosa che il conduttore poteva avere in concreto, non già in senso assoluto ed oggettivo, ossia alla stregua delle conoscenze della scienza e della tecnica: “non si può pretendere gran che dal conduttore che non abbia neppure visitato l'immobile locato, ad esempio per averlo preso in locazione a scopo turistico per un breve periodo, consultando un catalogo fotografico. Viceversa, ben maggiore diligenza è lecito attendersi da chi prenda in locazione un immobile per svolgervi professionalmente un'attività commerciale per la lunga durata prevista dalla legislazione speciale” (così Di Marzio, Falabella, 964).

In proposito, la diligenza richiesta al conduttore ai fini della conoscenza o riconoscibilità del vizio non è quella media, ma una inferiore, come risulta dalla locuzione “facilmente riconoscibili” contenuta nell'art. 1578, comma 1, c.c. (Provera, 214): si è affermato, pertanto, che si debba versare in presenza di un vizio grossolano (Cosentino, Vitucci, 85) o di agevole constatazione. Tale causa di esclusione della garanzia sussiste, insomma, qualora il vizio sia avvertibile con minima diligenza e, quindi, anche ad un esame superficiale del bene: sicché è da escludere che possa imputarsi al conduttore di non aver fatto ricorso, nella valutazione delle condizioni della cosa, all'ausilio di un tecnico per accertare l'eventuale presenza di vizi, trattandosi di comportamento che eccede certamente il coefficiente di diligenza richiesto dall'art. 1578 c.c. (Gabrielli, Padovini, 247). Al conduttore viene richiesto, cioè, di assolvere ad un lieve onere (facile riconoscibilità), osservato il quale perde rilievo l'oggettiva consistenza del vizio; se invece il conduttore non si è per nulla curato di verificare lo stato della cosa, ha dimostrato così poca sollecitudine nella tutela dei propri interessi da non meritarne una maggiore da parte dell'ordinamento (Vitali, 145). Occorre a tal fine, però, che il conduttore sia stato messo in grado di esaminare la cosa (Tabet 1972, 510). L'attestazione che il conduttore ben conosce lo stato dell'immobile (molto diffusa nella pratica contrattuale), serve ad escludere la possibilità di azione per quei vizi che, in forza di tale dichiarazione, si può presumere abbia conosciuto e – può aggiungersi – non considerato così rilevanti da richiedere nel contratto una loro espressa accettazione.

La previsione può essere ricondotta al principio di autoresponsabilità, nel senso che, se il conduttore ha accettato di prendere in locazione una cosa che sapeva viziata o non ha usato quel minimo di diligenza sufficiente a scoprire i vizi, deve sopportare le conseguenze ed i rischi connessi al suo comportamento (Cosentino, Vitucci, 85). L'applicazione del principio fondamentale dell'autoresponsabilità, insomma, fa si che, qualora il conduttore – con un minimo di attenzione – sarebbe stato in grado di rilevare i vizi del bene locato, non gli sia consentito invocare quella garanzia che lo soccorre unicamente nell'eventualità in cui non si sia potuto tutelare da solo, cioè se i vizi non erano riconoscibili: la garanzia serve, pertanto, a tutelare il conduttore che, in assenza di difetti evidenti, presume di locare una cosa che ne sia del tutto esente.

Così, Cass. III, n. 16917/2019 chiarisce che l'art. 1578 c.c. offre al conduttore una tutela contro i vizi della cosa locata esistenti al momento della consegna, che presuppone l'accertamento giudiziale dell'inadempimento del locatore ai propri obblighi ed incide direttamente sulla fonte dell'obbligazione, in ciò differenziandosi tale forma di tutela da quella contemplata dall'art. 1460 c.c. che attiene alla fase esecutiva e non genetica del rapporto e consente al conduttore, in presenza di un inadempimento del locatore, di sospendere liberamente la sua prestazione, nel rispetto del canone della buona fede oggettiva, senza la necessità di adire il giudice. Prosegue, poi, Cass. III, n. 1645/1962 specificando che il locatore non è tenuto alla garanzia se i vizi della cosa locata erano conosciuti o facilmente riconoscibili dal conduttore, dovendo, in quest'ultima ipotesi, lo stesso imputare alla propria negligenza se non ha avvertito la presenza di un vizio di agevole constatazione; solo se il conduttore non conosceva i vizi ed il locatore era in colpa, perche conoscendoli li aveva taciuti, egli può domandare, oltre la risoluzione del contratto (o una riduzione del corrispettivo), anche il risarcimento del danno. Nel medesimo senso, più recentemente, Cass. III, n. 9910/2010 evidenzia che, mentre ai fini dell'esercizio delle azioni di risoluzione o riduzione del corrispettivo di cui al primo comma dell'art. 1578 c.c., il locatore è esonerato da responsabilità nella eventualità in cui provi che si tratti di vizi conosciuti o facilmente riconoscibili dal conduttore al momento della consegna del bene locato, nell'ipotesi contemplata dal secondo comma, con riferimento all'eventualità in cui il conduttore abbia esercitato l'azione di risarcimento danni, il locatore è esente da responsabilità esclusivamente nel caso in cui egli offra la prova di avere, senza colpa, ignorato i vizi stessi. In applicazione di tali principi, pertanto, Cass. III, n. 1398/2011 ha affermato che non sussistono i requisiti per la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1578 c.c. quando il conduttore, essendo a conoscenza della destinazione d'uso dell'immobile locato (nella specie, commerciale e non artigianale) al momento in cui al contratto venne data attuazione (nella specie, come desunto dalla clausola contrattuale relativa al divieto di mutamento della destinazione originaria) e, quindi, anche della inidoneità dell'immobile a realizzare il proprio interesse, abbia accettato il rischio economico dell'impossibilità di utilizzazione dell'immobile stesso come rientrante nella normalità dell'esecuzione della prestazione.

Diversamente, qualora il conduttore abbia contestato l'esistenza dei vizi prima della conclusione del contratto di locazione, Cass. III, n. 2597/1979 esclude che dalla immissione nella detenzione del bene possa presumersi l'accettazione della cosa nello stato in cui la medesima versava, sorgendo in tal caso, invece, la presunzione – di segno opposto – che il locatore, con il proprio comportamento, abbia assunto l'obbligo di eliminare detti vizi.

La riconoscibilità, da parte del conduttore, dei vizi della cosa locata, prevista dall'art 1578, comma 1, c.c. come ostativa alla domanda di risoluzione del contratto di locazione o di riduzione del corrispettivo in conseguenza dei vizi medesimi, riguarda esclusivamente i vizi esistenti e, cioè, in atto al momento della consegna del bene e non va confusa, pertanto, con la prevedibilità, in detto momento, dell'insorgenza di vizi futuri (così Cass. III, n. 3901/1975).

Si è posta, poi, la questione circa la persistenza della garanzia in caso di vizi conosciuti o facilmente riconoscibili, relativamente ai quali, però il locatore abbia alternativamente a) dichiarato che la cosa era priva di vizi e b) assunto l'obbligo convenzionale di loro eliminazione.

Quanto alla prima ipotesi, in applicazione analogica dell'art. 1491 c.c., per cui la garanzia per i vizi della cosa venduta, non dovuta in presenza di vizi conosciuti o facilmente riconoscibili, è ciononostante dovuta se il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi, la dottrina maggioritaria (Mirabelli, 423; Cosentino, Vitucci, 86; contra, però, Tabet 1972, 509) ritiene, stante la similarità delle situazioni, che la garanzia sia dovuta.

Quanto alla seconda evenienza, la giurisprudenza di legittimità (Cass. III, n. 774/1979) ha concluso nel senso della irrilevanza della conoscenza del vizio da parte del conduttore, quando il locatore abbia espressamente assunto – e poi non adempiuto – l'obbligo di eliminazione.

Il collegamento tra la conoscenza o, quantomeno, conoscibilità del vizio e la consegna della cosa locata al conduttore fa si che la disposizione dell'art. 1578 c.c. non trovi applicazione nel caso di subentro nel contratto di locazione ai sensi dell'art. 36 della l. n. 392/1978, non competendo al subentrante, pertanto, alcuna facoltà di chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone, indipendentemente dalla conoscenza o facile conoscibilità, da parte sua, di vizi della cosa al momento dell'immissione nel bene.

Osserva, al riguardo, Cass. III, n. 10928/2007 che, premesso che l'art. 1578 c.c. identifica il momento ultimo entro il quale al conduttore è consentito l'esercizio dell'azione di risoluzione del contratto ovvero di riduzione del canone in quello della consegna della cosa al conduttore medesimo, purché si tratti di vizi ignoti a quest'ultimo o da esso non facilmente riconoscibili, in quanto per quelli noti o facilmente riconoscibili resta esclusa ogni garanzia del locatore, deve necessariamente concludersi che tale disposizione non può trovare applicazione nell'ipotesi del subentro nel contratto di locazione ai sensi dell'art. 36 della l. n. 392/1978, per effetto della cessione d'azienda, difettando in detta ipotesi il presupposto primo per l'applicabilità dell'art. 1578 c.c. e cioè la consegna della cosa dal locatore al conduttore.

La pronunzia è stata, però, oggetto di critiche ad opera di quella attenta dottrina (Di Marzio, Falabella, 976) che ha argutamente evidenziato come essa muova dall'erroneo assunto che l'art. 1578 c.c. identificherebbe nella consegna della cosa il momento ultimo entro il quale al conduttore è consentito l'esercizio dell'azione di risoluzione del contratto ovvero di riduzione del canone per vizi della cosa: “il che, evidentemente, non è, dal momento che l'art. 1578 c.c. stabilisce al contrario che la garanzia opera per i vizi che affliggono la cosa al momento della consegna, ma (ovviamente) non dice affatto che al conduttore sia consentita l'azione (che egli non può intraprendere, giacché, per definizione, ignora i vizi) non oltre la consegna”.

L'elemento della conoscenza (o conoscibilità) del vizio, quale causa di inoperatività della garanzia ex art. 1578 c.c. è stato, tuttavia, talvolta accostato ad una corrispettiva riduzione del canone di locazione: nel senso che si esclude ogni responsabilità, anche extracontrattuale, del locatore, nel caso in cui il conduttore conoscesse i vizi e li abbia accettati, a condizione che si sia tenuto conto degli stessi nella determinazione del canone.

Chiara, in tal senso, la posizione di Cass. III, n. 25278/2009, per cui, allorquando il conduttore, all'atto della stipulazione del contratto di locazione, non abbia denunziato i difetti della cosa da lui conosciuti o facilmente riconoscibili, deve ritenersi che abbia implicitamente rinunziato a farli valere, accettando la cosa nello stato in cui risultava al momento della consegna, e non può, pertanto, chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone, né il risarcimento del danno o l'esatto adempimento, né avvalersi dell'eccezione di cui all'art. 1460 c.c., dal momento che non si può escludere che il conduttore ritenga di realizzare i suoi interessi assumendosi il rischio economico dell'eventuale riduzione dell'uso pattuito ovvero accollandosi l'onere delle spese necessarie per adeguare l'immobile locato all'uso convenuto, in cambio di un canone inferiore rispetto a quello richiesto in condizioni di perfetta idoneità del bene al predetto uso. Nel medesimo senso Cass. III, n. 8303/2008, per cui non può escludersi che il conduttore ritenga di realizzare i suoi interessi assumendosi il rischio economico dell'eventuale riduzione dell'uso pattuito ovvero accollandosi l'onere delle spese necessarie per adeguare l'immobile locato all'uso convenuto, in cambio di un canone inferiore rispetto a quello richiesto in condizioni di perfetta idoneità del bene al predetto uso.

Quanto, infine al riparto degli oneri probatori, spetta al conduttore la prova dell'esistenza dei vizi in grado di diminuire in modo apprezzabile l'idoneità del bene rispetto all'uso convenuto e, a contrario, al locatore la prova della effettiva conoscenza (o conoscibilità) dei vizi da parte del conduttore: si tratta di una logica conseguenza della non riconducibilità della garanzia ex art. 1578 c.c. allo schema dell'inadempimento tout court e, dunque, della inapplicabilità ad essa dei principi affermati da Cass. S.U., n. 13533/2001.

Conforme la dottrina (Carsana, 48), per cui è il locatore a dover provare che il conduttore sapeva dei difetti della cosa (magari facendo riferimento al canone particolarmente basso) oppure, sussistendone i presupposti, che il vizio era facilmente riconoscibile.

Soccorrono, in questo campo, le presunzioni: a) se il vizio è facilmente riconoscibile, si presume che il conduttore l'abbia rilevato e, quindi, non sussiste alcun obbligo di informazione a carico del locatore; b) se il vizio è ravvisabile con maggiore sforzo (diligenza media), la presunzione non soccorre più l'inerzia del locatore che, se vuole neutralizzare la garanzia, deve informare la controparte; c) se il vizio non era riconosciuto neppure dal locatore, invece, difficilmente può immaginarsi che il conduttore, il quale conosce la cosa ancor meno del locatore, possa rilevarlo.

Pacifica, sul punto, la giurisprudenza di legittimità: da ultimo, in particolare, v. Cass. III, n. 3548/2017, per cui, in caso di domanda di risoluzione ex art. 1578 c.c. grava sul conduttore (anche per ovvie ragioni di vicinanza della prova) l'onere di individuare e dimostrare l'esistenza del vizio che diminuisce in modo apprezzabile l'idoneità del bene all'uso pattuito, spettando, invece, al locatore convenuto di provare, rispettivamente, che i vizi erano conosciuti o facilmente riconoscibili dal conduttore, laddove intenda paralizzare la domanda di risoluzione o di riduzione del corrispettivo, ovvero di averli senza colpa ignorati al momento della consegna, se intenda andare esente dal risarcimento dei danni derivanti dai vizi della cosa. Ma nello stesso senso si era pronunziata, nel passato, Cass. III, n. 3655/1974, per cui il conduttore che azioni la pretesa risarcitoria prevista dal secondo comma dell'art 1578 c.c. ha l'onere di provarne i fatti costitutivi e, cioè, la sussistenza del vizio della cosa locata ed il nesso di derivazione causale del pregiudizio di cui chiede il risarcimento, solo in caso di esito positivo di tale prova sorgendo, a carico del locatore, l'onere della prova liberatoria della sua responsabilità, consistente nella dimostrazione di avere ignorato, senza sua colpa, l'esistenza del vizio della cosa al momento della consegna.

Quanto precede evidenzia, peraltro, come l'onere probatorio a carico del locatore è – per così dire – rafforzato in caso di domanda di risarcimento, la quale fonda, diversamente da quelle di risoluzione o di riduzione del corrispettivo, sullo stato soggettivo di colpa del locatore medesimo.

Mentre ai fini dell'esercizio delle azioni di risoluzione o riduzione del corrispettivo di cui al primo comma dell'art. 1578 c.c. il locatore è, infatti, esonerato da responsabilità nella eventualità in cui provi che si tratti di vizi conosciuti o facilmente riconoscibili dal conduttore al momento della consegna del bene locato, nell'ipotesi contemplata dal secondo comma, con riferimento all'eventualità in cui il conduttore abbia esercitato l'azione di risarcimento danni, il locatore è esente da responsabilità esclusivamente nel caso in cui egli offra la prova di avere, senza colpa, ignorato i vizi stessi (Cass. III, n. 9910/2010): l'onere della prova relativa all'impossibilità di conoscere i vizi con l'uso dell'ordinaria diligenza grava sul locatore e la valutazione del raggiungimento o meno della prova liberatoria da parte del locatore costituisce una valutazione di merito, tale da escludere la sua sindacabilità nel giudizio di legittimità se non per vizi logici o giuridici (così Cass. III, n. 18854/2008). In proposito, Cass. III, n. 1458/1981 chiarisce che tale prova – in ordine alla quale la legge non fissa alcuna limitazione – può essere raggiunta con ogni mezzo idoneo allo scopo, comprese le presunzioni in quanto prevalgano, per la loro univocità e concordanza, su quella iuris tantum di conoscenza dei vizi, posta dalla legge a carico del locatore.

Il locatore, in sostanza, deve dimostrare di aver posto in essere i comportamenti e le azioni richiestigli da una diligenza media e che, nonostante questi, non è venuto a conoscenza dei vizi: è dunque tenuto a visitare e controllare l'immobile prima della consegna al conduttore, pena la contestabilità di una ignoranza colposa dei vizi. Simmetricamente, potrebbe sostenere l'assenza di colpa allorché il vizio derivi da una circostanza intrinseca del bene, che non poteva essere conosciuta se non utilizzando una diligenza superiore alla media.

Segue. L'irrilevanza della conoscenza o conoscibilità in caso di vizi pregiudizievoli per la salute

L'art. 1580 c.c. – si è detto – contiene una deroga espressa a quanto appena esposto: qualora i vizi della cosa o di parte notevole di essa determinino un serio pericolo per la salute del conduttore, dei suoi familiari e dei suoi dipendenti, la loro conoscenza o conoscibilità da parte del conduttore medesimo non esonerano il locatore, anche in caso di rinunzia del conduttore a farla valere, dalla conseguente responsabilità nei confronti di quest'ultimo.

Si tratta – in sostanza – di un'applicazione dell'art. 1229, comma 2, c.c., alla cui stregua è nullo qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico.

La ratio dell'irrilevanza della pattuizione che esclude, in tal caso, la garanzia a carico del locatore per vizi della cosa locata va rinvenuta nel contrasto di un simile patto con interessi generali e preminenti, come quello alla tutela della salute, diritto di rango costituzionale: e, “nonostante la formulazione, che sembrerebbe limitarne la portata alle sole locazioni abitative, essa – appunto perché espressione del più generale principio costituzionale di tutela della salute – si riferisce ad ogni tipo di locazione, mobiliare e immobiliare, e garantisce non solo il conduttore ed i suoi familiari, ma quanti altri debbano venire a contatto con la cosa in virtù di un rapporto immediatamente connesso alla destinazione d'uso del bene: dipendenti del conduttore, addetto alla macchina difettosa, lavoratori nell'immobile, i soci circoli culturali e ricreativi, ecc.” (così Trifone, 470).

Da osservare, inoltre, che secondo una lettura restrittiva, l'art. 1580 c.c. limiterebbe il proprio campo di operatività all'ipotesi di vizi conosciuti o conoscibili dal conduttore, non estendendosi fino a ricomprendere i vizi (pur sempre pregiudizievoli per la salute, ma) non conosciuti dal conduttore o derivanti da inadempimento del locatore all'obbligo di mantenimento della cosa in buono stato locativo, laddove ritornerebbe attuale l'ordinaria disciplina in tema di inadempimento.

L'art. 1580 c.c., che consente al conduttore di chiedere la risoluzione del contratto e non anche il risarcimento del danno nel caso in cui i vizi siano dal medesimo conosciuti al momento della conclusione del contratto, ha, infatti, carattere eccezionale (consentendo ad uno dei contraenti di ottenere la risoluzione del contratto anche se l'altro contraente non si sia reso inadempiente) sicché, osserva Cass. III, n. 23909/2006, essa non è applicabile nelle ipotesi in cui la cosa sia affetta da vizi non conosciuti dal conduttore ovvero quando il locatore si sia reso inadempiente all'obbligo di mantenere la cosa in stato di servire all'uso convenuto, trovando applicazione in dette ipotesi, le disposizioni di cui agli artt. 1218 e 1453 c.c. (così anche Cass. III, n. 3636/1998).

Si tratta, però, di una posizione non condivisibile, basata, quantomeno per i vizi conosciuti dal conduttore, su una superficiale lettura della motivazione delle richiamate decisioni, le quali affrontano – piuttosto – il tema della inesperibilità dell'azione risarcitoria in ipotesi di vizi conosciuti dal conduttore: orientamento che, come si vedrà nel paragrafo successivo, è stato abbandonato dalla più recente giurisprudenza di legittimità.

Più corretta, allora, appare la posizione espressa dal Trib. Roma 8 dicembre 2004, in base alla quale ai sensi del combinato disposto degli artt. 1578, comma 2, e 1580 c.c., il locatore risponde nei confronti del conduttore dei danni alla persona di quest'ultimo causati da vizi della cosa, anche se tali vizi erano noti al conduttore medesimo.

Nel medesimo senso la migliore dottrina (Mirabelli, 424; Provera, 220), per la quale la norma, dichiarando l'inefficacia di qualsiasi pattuizione limitativa della responsabilità, concerne anche i casi in cui il vizio pericolo per la salute è conosciuto o conoscibile dal conduttore.

Relativamente ai vizi sopravvenuti, poi, non appare dubbio che anche in tal caso, in virtù di quanto previsto dall'art. 1581 c.c., trovi pacifica applicazione la disciplina contenuta nell'art. 1580 c.c. (Provera, 222; Tabet 1972, 520).

Segue. Il concetto di “parte notevole” della cosa locata

La norma pone, quale ulteriore condizione di operatività, che il danno alla salute derivi da “vizi della cosa o di parte notevole di essa”: se problemi non sorgono allorché la cosa, nella sua totalità, sia di pregiudizio alla salute del conduttore, occorre invece verificare cosa si deve intendere con l'accezione “parte notevole” di essa.

Si è ritenuto, in dottrina (Tabet 1972, 518; Cosentino, Vitucci, 87) che costituisce parte notevole quella il cui godimento non può essere escluso senza pregiudicare in maniera rilevante l'interesse del conduttore e, dunque, indipendente da qualsivoglia valutazione di carattere spazio-dimensionale: sicché, a ben vedere, l'applicazione dell'art. 1580 c.c. andrebbe esclusa solo allorché la parte della res locata possa essere eliminata senza pregiudizio per il conduttore (Provera, 221).

Gli strumenti a tutela del conduttore

In presenza di vizi pregiudizievoli per la salute, la norma sembra consentire al conduttore di agire per la sola risoluzione del contratto: l'art. 1580 c.c. contempla al proprio interno, cioè, un limite espresso, nel senso che essa si riferisce alla sola azione di risoluzione del contratto e non anche, invece, alla riduzione del corrispettivo ed al risarcimento dei danni (strumenti contemplati, a contrario, proprio dall'art. 1578 c.c.).

La legittimazione attiva rispetto all'esperimento dell'azione di risoluzione va rinvenuta in capo al solo conduttore (così Cass. III, n. 17/1983), essendo familiari e dipendenti legittimati unicamente all'esercizio dell'azione risarcitoria nei confronti del locatore per il danno alla salute.

Sicché si è posto il problema circa la praticabilità delle azioni di riduzione del corrispettivo e risarcitoria.

Quanto alla prima evenienza, si è sostenuto, in dottrina (Provera, 221), che l'art. 1580 c.c. non fornirebbe spazio applicativo per l'esercizio dell'azione di riduzione del corrispettivo, giacché la sola riduzione del canone lascerebbe comunque in piedi un contratto in virtù del quale il conduttore sarebbe obbligato ad usare, addirittura con la diligenza di un buon padre di famiglia, una cosa pericolosa per la sua salute. Tra l'altro, depone ulteriormente in senso contrario all'esperibilità di tale azione la considerazione per cui, ove si ritenesse praticabile tale strada, si finirebbe per accordare tutela ad una situazione fattuale (e giuridica) in contrasto con l'interesse pubblico alla tutela della salute (Tabet 1972, 517).

Ben più complessa è, invece, la risposta relativamente all'azione risarcitoria (per quanto concerne familiari e dipendenti, si è appena evidenziato come si tratti dell'unica azione esperibile dagli stessi), registrandosi orientamenti ondivaghi, in proposito, in giurisprudenza.

Secondo il consolidato orientamento di legittimità (riconducibile, tra le altre a Cass. III, n. 897/1965, Cass. III, n. 1399/1984 e Cass. III, n. 3636/1998), occorrerebbe distinguere tra vizi conosciuti (o conoscibili) e non, giacché, il conduttore non potrebbe chiedere, oltre alla risoluzione, anche il risarcimento dei danni, quando, conoscendo il vizio, vi si è volontariamente esposto: precisamente, osserva Cass. III, n. 1645/1962, la deroga contenuta nell'art 1580 c.c. – interpretando tale norma come un'applicazione particolare del principio sancito dall'art 1229 c.c. – al principio della inammissibilità della domanda di risoluzione quando il conduttore conosceva i vizi o questi erano facilmente riconoscibili, non può essere estesa alla domanda di risarcimento del danno che tende alla riparazione di un detrimento al quale il conduttore, conoscendo il vizio, si è volontariamente esposto. Al contrario, la posizione più recente della Suprema Corte (sostenuta da Cass. III, n. 19744/2014; analogamente, però, v. anche Cass. III, n. 915/1999) depone nel senso per cui il locatore è sempre tenuto a risarcire il danno alla salute subito dal conduttore in conseguenza delle condizioni abitative dell'immobile locato, anche in relazione a vizi preesistenti la consegna, ma manifestatisi successivamente ad essa, qualora gli stessi, con l'uso dell'ordinaria diligenza, potessero essere a lui noti, non rilevando che tali condizioni abitative fossero conosciute dal conduttore al momento della conclusione del contratto, in quanto la tutela del diritto alla salute prevale su qualsiasi patto interprivato di esclusione o limitazione della responsabilità. Nel motivatamente dissentire dal precedente – consolidato – orientamento, la Corte osserva, infatti, che: a) l'interpretazione tradizionale non tiene adeguatamente conto del significato attribuito dalla giurisprudenza ordinaria e costituzionale (elaborate, almeno in parte, successivamente ai detti precedenti) al bene della salute, nei confronti di ogni condotta o fatto, i quali, pregiudicandolo, diventano illeciti da risarcire; b) per effetto di tale elaborazione giurisprudenziale, la tutela della salute rileva come “norma di ordine pubblico”, la cui violazione, anche ai sensi dell'art. 1229, comma 2, espone l'obbligato (anche ex contractu) al risarcimento, nonostante “qualsiasi patto preventivo di esclusione o di limitazione della responsabilità”. Di tenore analogo l'orientamento della giurisprudenza di merito (Trib. Roma 8 dicembre 2004) per cui ai sensi del combinato disposto degli artt. 1578, comma 2, e 1580 c.c., il locatore risponde nei confronti del conduttore dei danni alla persona di quest'ultimo causati da vizi della cosa, anche se tali vizi erano noti al conduttore medesimo.

Anche la dottrina si mostra divisa sul punto, tra chi (Mirabelli, 431) esclude – in caso di vizio conosciuto o riconoscibile – la risarcibilità del danno alla salute accanto alla risoluzione del contratto, facendo perno sul comportamento del conduttore di accettazione del rischio e chi (Provera, 220), al contrario, sostiene la prevalenza della tutela da accordare alle norme, di ordine pubblico, che tutelano la salute dell'individuo (nel medesimo senso Bessone, 340): in tale ultima ottica prospettica, in particolare, si osserva che il valore del bene salute ha rango costituzionale, con rilievo preminente da riconoscere in ogni tipo di rapporto, non solo tra Stato e cittadino, ma anche nei rapporti interprivatistici. Si è compiutamente osservato (Greca, 48), in proposito, che (a) l'opposta soluzione non meriterebbe seguito anche perché omette di considerare che l'art. 1227 c. c. concerne specificamente i danni ulteriori e non quelli direttamente ricollegabili al comportamento del danneggiante; né (b) tale norma potrebbe valere contro il danneggiato, se la sua osservanza esiga una straordinaria e gravosa attività o addirittura la rinuncia ai propri diritti; né, ancora, (c) l'elisione della possibilità di esperire l'azione contrattuale per il risarcimento dei danni in virtú dell'applicazione restrittiva dell'art. 1580 c.c. potrebbe essere giustificata con il richiamo alla presunta volontà del legislatore che emergerebbe dai lavori preparatori del codice civile e, in specie, dalla Relazione del Guardasigilli al Re (n. 355), il cui esame mostra, al contrario, che il rapporto intercorrente tra gli artt. 1578 e 1580 c.c. è di genere a specie. Ne consegue, secondo tale dottrina, che “si deve ritenere applicabile, quindi, all'ipotesi contemplata dalla seconda norma, la previsione dell'art. 1578, 2° comma, a mente della quale il locatore è tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati dai vizi della cosa, se non prova di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna. La portata derogatoria dell'art. 1580 riguarda, in sostanza, esclusivamente la possibilità di esperire l'azione di risoluzione indipendentemente dall'indagine sulla conoscenza o conoscibilità dei vizi. Resta in ogni caso applicabile il dettato dell'art. 1578, comma 2, relativo al risarcimento dei danni, in caso di mancata prova liberatoria da parte del locatore. In caso di lesione del bene-salute il conflitto con i più elementari requisiti dell'immobile in rapporto alla sua destinazione è a tal punto palese che di fatto sarà assai difficile al locatore provare di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna al fine di sottrarsi alla responsabilità per i danni derivati dai vizi della cosa”.

Non dissimile, poi, per la stessa formulazione dell'art. 1580 c.c., dovrebbe essere la conclusione in ipotesi di rinunzia preventiva del conduttore ad avvalersi della garanzia per vizi: la c.d. liberatoria firmata dal conduttore rientra pienamente, infatti, nell'alveo della previsione dell'art. 1229, comma 2, c.c., posto che il fatto del locatore, ledendo la salute del proprio conduttore, ha palesemente violato una norma fondamentale di ordine pubblico.

Ancora una volta concorde è la dottrina (Greca, 48): “ad identica conclusione deve addivenirsi qualora il conduttore, come nel caso di specie, abbia rinunciato preventivamente ad avvalersi della garanzia per i vizi della cosa locata. L'abdicazione pattizia è del tutto improduttiva di effetti in quanto lesiva di un interesse indisponibile del locatario, la tutela della salute, e per ciò stesso si pone in contrasto, come correttamente precisato nella sentenza che ci occupa, con una norma di ordine pubblico che ne determina la nullità, ex art. 1229, comma 2, c. c. Eliminata quindi la valenza giuridica della rinuncia, trova piena applicazione la previsione di cui all'art. 1578, comma 2, c. c., con la conseguente responsabilità contrattuale del locatore per i vizi della cosa locata, sebbene conosciuti dal conduttore”.

Sicuramente esorbita, invece, dall'ambito di operatività dell'art. 1580 c.c., invece, la possibilità che il conduttore esperisca, nei confronti del locatore, una domanda di esatto adempimento, giacché la natura eccezionale della norma esclude che i vizi siano eliminabili con riparazioni.

Chiara è la posizione di Cass. III, n. 17/1983, la quale osserva come l'art. 1580 c.c., relativo ai vizi della cosa locata che espongono a serio pericolo la salute del conduttore, non preveda, tra i rimedi offerti a quest'ultimo, l'azione per esatto adempimento, cioè per l'esecuzione di opere per l'eliminazione dei vizi, sanzionandosi l'inidoneità della cosa locata con la risoluzione del contratto. Nel medesimo senso, nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Modena, 14 giugno 2013.

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