Codice Civile art. 1583 - Mancato godimento per riparazioni urgenti.Mancato godimento per riparazioni urgenti. [I]. Se nel corso della locazione la cosa abbisogna di riparazioni che non possono differirsi fino al termine del contratto, il conduttore deve tollerarle anche quando importano privazione del godimento di parte della cosa locata [1584 2]. InquadramentoL'art. 1575, n. 2) c.c. sancisce, a carico del locatore, l'obbligo di mantenere l'immobile locato in stato da servire all'uso convenuto e quindi di assicurare al conduttore il godimento del bene in conformità del contratto (c.d. obbligazione di mantenimento o di manutenzione): tale obbligo deve considerarsi violato non solo quando, per incuria del locatore, il bene locato sia divenuto specificamente inidoneo all'uso, ma anche quando, sempre per fatto imputabile al locatore, la concreta utilizzazione dell'immobile locato non sia possibile. Ad esso corrisponde, tra l'altro e secondo quanto previsto dall'art. 1583 c.c., il simmetrico obbligo, gravante sul conduttore, di tollerare le riparazioni che, nel corso della locazione la cosa, non possano differirsi fino al termine del contratto, anche quando queste importino privazione del godimento di parte della cosa locata. Prosegue il successivo art. 1584 c.c., chiarendo che, se l'esecuzione delle riparazioni rende inabitabile quella parte della cosa che è necessaria per l'alloggio del conduttore e della sua famiglia, il conduttore può ottenere, secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto. Il conduttore è tenuto, cioè, a “sopportare” l'esecuzione degli interventi manutentivi da parte del locatore, pur con l'osservanza di alcuni limiti: a) deve trattarsi di interventi indifferibili (v. l'art. 1583 c.c.); b) se l'esecuzione delle riparazioni si protrae per oltre un sesto della durata della locazione e, in ogni caso, per oltre venti giorni, il conduttore ha diritto a una riduzione del corrispettivo, proporzionata all'intera durata delle riparazioni stesse e all'entità del mancato godimento (v. l'art. 1584, comma 1, c.c.); c) relativamente alle locazioni ad uso abitativo ed indipendentemente dalla durata delle riparazioni, se la loro esecuzione rende inabitabile quella parte della cosa che è necessaria per l'alloggio del conduttore e della sua famiglia, il conduttore può ottenere, secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto (v. l'art. 1584, comma 2, c.c.). È stato chiarito da Cass. III, n. 372/1997 che gli artt. 1583 e 1584 c.c. disciplinano due fattispecie diverse che hanno in comune il presupposto della necessità di riparazioni improcrastinabili della cosa locata, ma si differenziano, perché l'una attiene alla privazione temporanea parziale del godimento della cosa locata (artt. 1583 e 1584, comma 1, c.c.), e la seconda all'impedimento temporaneo di ogni godimento della cosa (art. 1584 secondo comma) nel caso in cui “l'esecuzione delle riparazioni rende inabitabile quella parte della cosa che è necessaria per l'alloggio del conduttore e della sua famiglia”. L'obbligo del locatore di consentire al conduttore di godere della cosa locata in maniera tale che ne sia preservata l'idoneità a fungere per l'uso convenuto (e, dunque, in ultima analisi, di procedere con gli interventi manutentivi), emerge e diviene attuale, peraltro, solo nel momento in cui a) si verifica il guasto e b) il conduttore ne dà avviso al locatore medesimo: la conoscenza del guasto da riparare diviene, dunque, elemento indispensabile per affermare l'esistenza di un obbligo di attivazione del locatore e, corrispondentemente, di un suo inadempimento in caso di omissione (si rinvia, per l'approfondimento sul tale specifico aspetto, al commento all'art. 1577 c.c.). Il locatore, infatti, non è tenuto a prevenire eventuali idoneità della cosa di cui non abbia avuto notizia attraverso tempestiva denuncia o la cui causa non sia da lui facilmente riconoscibile (Cass. III, n. 2812/1960), non essendo configurabile alcuna responsabilità del locatore (per inadempimento dell'obbligo di effettuare le riparazioni necessarie) qualora non abbia avuto conoscenza della necessità di intervenire, né comunicazione da parte del conduttore, tenutovi a norma dell'art. 1577 c.c. (Cass. III, n. 489/1979). L'adempimento dell'obbligazione di manutenzione è, infatti, intrinsecamente subordinato alla conoscenza della sopravvenuta inidoneità della cosa a soddisfare le esigenze per cui era stata locata: sicché, quando il conduttore, avendo omesso ogni sorveglianza, non abbia informato il locatore circa lo stato della cosa locata, del danno da lui subito non risponde il locatore, non essendo stato posto in grado di adempiere il suo obbligo di effettuare le riparazioni necessarie (Cass. III, n. 5957/1979). La ratio della norma va rinvenuta nella volontà del legislatore di salvaguardare gli interessi del locatore alla restituzione di un bene integro, imponendo al conduttore un sacrificio che dipende dal suo dovere di comportarsi secondo buona fede nell'esecuzione del contratto: detto in altri termini, l'esistenza degli estremi per procedere alle riparazioni previste dagli artt. 1576 e 1577 c.c. comporta, per il conduttore, oltre al corrispettivo diritto di credito nei confronti del locatore, anche il dovere di collaborare all'adempimento della prestazione e di conseguente tolleranza. Sicché autorevole dottrina (Cosentino, Vitucci, 57) ha individuato il fondamento di tale tolleranza richiesta al conduttore nel dovere di cooperazione che il creditore (in questo caso il conduttore) ha nei confronti del debitore della prestazione (in questo caso il locatore), secondo quanto previsto dagli artt. 1175 e 1206 c.c. La nozione di “indifferibilità” rilevante ai fini dell'art. 1583 c.c.La norma, come detto, disciplina l'ipotesi di quelle riparazioni che non possono differirsi fino al termine del contratto, in presenza delle quali il conduttore deve osservare un atteggiamento di pati, anche quando la loro esecuzione importa privazione del godimento di parte della cosa locata. Tale indifferibilità deve valutarsi in concreto, tenendo presente – cioè – il tempo che, al momento dell'insorgenza della necessità, resta ancora riservato al godimento del conduttore (Tabet, 426); essa, inoltre, deve porsi in rapporto con l'urgenza (sul punto si tornerà, funditus, nel paragrafo successivo), nel senso che ogni riparazione indilazionabile è certamente urgente, ma l'indilazionabilità va adeguata alla cosa in sé, all'interesse del locatore alla conservazione della stessa, alla prontezza della riparazione, e ad ogni altro aspetto pregiudizievole che il differimento della riparazione comporterebbe al locatore, al conduttore ed ai terzi in genere (Tabet, 428). Si spiega in tal modo la praticabilità, qualora il cattivo stato di conservazione dell'immobile locato richieda opere di ripristino indifferibili, del ricorso alla tutela cautelare d'urgenza, ex art. 700 c.p.c., al fine di ottenere il rilascio dell'immobile ed allontanare il conduttore: tale ordine di allontanamento (che può includere, in base alle circostanze, anche il mobilio del conduttore presente nell'immobile) va però disposto solo per il tempo necessario all'esecuzione dei lavori, con contestuale ordine che, al termine di questi, il locatore reimmetta il conduttore nel pieno ed esclusivo godimento dell'immobile (Pret. Milano 6 marzo 1991). Simmetricamente il conduttore, pur privato del godimento dell'immobile durante il periodo in cui il proprietario debba eseguire delle riparazioni, non perde, sino a quando non sia pronunciata la risoluzione del contratto di locazione, la detenzione dell'immobile, che può pertanto tutelare direttamente ed immediatamente con l'azione di spoglio nei confronti del locatore, ove questi dovesse rifiutare la restituzione della cosa al termine dei lavori (Cass. III, n. 16136/2010; Cass. III, n. 7621/1994): chiarisce in proposito Cass. III, n. 9381/1995 che il conduttore non perde la detenzione della cosa locata che abbia posto a disposizione del locatore per il periodo necessario a compiervi delle riparazioni, sicché il locatore che rifiuti la restituzione della cosa commette spoglio, giacché il requisito della violenza non deve necessariamente consistere in una attività materiale, essendo sufficiente un comportamento finalizzato a togliere il possesso o ad impedirne l'esercizio contro la volontà del possessore, o del detentore qualificato. L'urgenza – che determina l'insorgenza, nel locatore, dell'obbligo di procedere alle riparazioni – va, infine, correlata al concetto di danneggiamento e non già di distruzione della cosa locata, nel senso che solo nel primo caso il locatore ha l'obbligo di provvedere alle riparazioni (Cass. III, n. 191/1952). Ed infatti, osserva Cass. III, n. 747/1951, se la cosa locata è soltanto danneggiata, nel senso che con l'esecuzione di riparazioni può essere rimessa in condizioni di servire all'uso a cui è contrattualmente destinata, l'impossibilità di godimento è temporanea ed il rapporto di locazione non si estingue, salvo lo scioglimento del contratto, che, ai sensi dell'art. 1584 c.c., il conduttore può, secondo le circostanze, ottenere, qualora l'esecuzione delle riparazioni renda inabitabile quella parte della casa che è necessaria per l'alloggio di lui e della sua famiglia; il rapporto di locazione, al contrario, si estingue per impossibilità definitiva del godimento, se la cosa locata è disintegrata nei suoi elementi principali e strutturali, sì che più non si versa nel campo delle riparazioni, ma in quello della. Più recentemente, Cass. III, n. 3974/2019 ha chiarito che la distruzione del bene locato, la quale fa venir meno l'obbligo di manutenzione a carico del locatore rendendo applicabile la disciplina dell'impossibilità sopravvenuta (totale o parziale) della prestazione, ricorre non solo quando il bene locato sia totalmente distrutto, ma anche quando la rovina, pur essendo parziale, riguardi gli elementi principali e strutturali del bene pregiudicandone definitivamente la funzionalità e l'attitudine a prestarsi al godimento previsto dalle parti con il contratto, fermo restando che la distruzione di un singolo elemento essenziale o strutturale non equivale a distruzione parziale dell'immobile locato solo se gli altri elementi, rimasti in efficienza, assicurino la consistenza complessiva dell'immobile e la sua funzionalità. Le riparazioni “urgenti” e l'attivazione del conduttoreSi è chiarito sinora che l'obbligo di procedere alle riparazioni grava sul locatore, quale predicato dell'obbligazione (principale e positiva) di manutenzione sullo stesso gravante, rispetto al quale il conduttore ha una posizione di pati, di sopportazione – cioè – della privazione parziale del godimento dell'immobile. Sennonché, quale eccezione al principio generale innanzi sinteticamente illustrato, deve darsi conto del caso, contemplato dall'art. 1577, comma 2, c.c., in cui il conduttore può a) in caso di urgenza, b) provvedere direttamente all'esecuzione delle riparazioni che spetterebbero al locatore, c) dandogliene avviso e d) ripetendo successivamente da questi l'esborso sostenuto. La disposizione contiene, dunque, una deroga alle previsioni contenute nei precedenti artt. 1575-1577, comma 1, c.c., consentendo al conduttore – e nel proprio prevalente interesse – di effettuare egli stesso le riparazioni, ove ricorra il presupposto dell'urgenza: quest'ultima, però, non muta il destinatario dell'obbligazione di mantenimento (che è e resta pur sempre il locatore), ma facoltizza il conduttore a sostituirsi allo stesso, dando così vita ad un fenomeno di “surrogazione”, in cui all'obbligazione di fare si sostituisce, senza estinguerla, un'obbligazione pecuniaria. Il conduttore, nell'inerzia del locatore, può sostituirsi ad esso, realizzando a sua cura e spese le riparazioni urgenti: si tratta, però, di una facoltà e non di un obbligo, in quanto comunque l'ordinaria e straordinaria manutenzione grava, salvo patto contrario, sul locatore (Mirabelli, 408). Chiarisce, così, Cass. III, n. 4199/1979, che il comportamento del conduttore, il quale ometta di provvedere direttamente all'esecuzione di riparazioni non urgenti dello immobile locato, non può essere considerato indice inequivoco di scarso interesse all'adempimento dell'obbligazione del locatore di mantenere la cosa locata in condizioni di servire all'uso convenuto, e, quindi, argomento determinante per escludere l'inadempimento dell'obbligo sancito dall'art 1575, n 2) c.c., in quanto, nel disciplinare l'ipotesi che la cosa locata abbisogni di riparazioni, l'art 1577 c.c. si limita a prevedere la mera facoltà del conduttore di procedere direttamente all'esecuzione delle riparazioni urgenti, salvo rimborso, col solo onere del contemporaneo avviso al locatore. Analogamente, Cass. III, n. 16136/2010 (conforme Cass. III, n. 10742/2002), che, quando le riparazioni hanno il carattere dell'urgenza, lo stesso conduttore, una volta avvisato il locatore e nell'inerzia di questi, ha facoltà di provvedere direttamente ai lavori, non essendo richiesta per tale tipo di intervento la preventiva autorizzazione né risultando di ostacolo neppure l'eventuale divieto del locatore. Consegue ulteriormente da quanto precede che, qualora il conduttore si limiti a dare l'avviso, senza intervenire in proprio, il locatore che non intervenga incorre in responsabilità, ove dalla sua inerzia derivino danni (Cass. III, n. 4246/1982). Conferma tale impostazione anche la giurisprudenza penale: così, ad esempio, in relazione alla contravvenzione di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina, Cass. pen. IV, n. 4493/2012 evidenzia come si tratti di un reato proprio che può essere commesso soltanto dal proprietario dell'edificio o dal non proprietario che, per legge o per convenzione, sia obbligato alla conservazione o alla vigilanza del medesimo, con la conseguenza che il conduttore dell'appartamento sito nell'edificio non è destinatario, in quanto tale, del precetto di cui all'art. 677 c.p., atteso che, a norma dell'art. 1576 c.c., tutte le riparazioni necessarie per il mantenimento della cosa locata sono a carico del locatore e non già del conduttore e che costui ha solo l'onere, secondo quanto dispone l'art. 1583 stesso codice, di non opporsi alla loro esecuzione. Quanto precede non toglie, però, che, a norma dell'art 1227 c.c., valga il principio secondo cui il conduttore deve usare l'ordinaria diligenza e fare quanto in lui possibile, in relazione alle circostanze, per eliminare o non aggredire o ridurre il danno, tale condotta essendo imposta dal principio di buona fede, che deve informare la preparazione, conclusione ed esecuzione di ogni contratto (Cass. III, n. 658/1963). AI fini dell'operatività della norma, l'urgenza delle riparazioni deve avere un rilievo oggettivo e si risolve, sostanzialmente, in un giudizio di fatto attinente all'attuale esistenza di un pericolo immediato di deterioramento o guasto della cosa locata (Tabet, 409). Urgente, secondo attenta dottrina (Lazzaro, Di Marzio, 704) “vuol dire indifferibile, incombente, pressante: sicché un ritardo nell'intervento riparatore dilaterebbe il guasto, accrescendo il pregiudizio”. Secondo un altro Autore (Provera, 208), essa può sussistere sia allorché il guasto impedisce il godimento della cosa, sia quando non sia data la possibilità di avvertire tempestivamente il locatore, ovvero questi comunque non possa eliminare il guasto in tempi brevi. L'urgenza, inoltre, può anche sopravvenire all'insorgenza della necessità della riparazione, non ricollegando la norma tale requisito al momento del verificarsi dell'evento: sicché la previsione in commento stessa può divenire applicabile per effetto dell'inadempimento del locatore (Tabet, 413). L'urgenza non coincide, invece, con il concetto di indifferibilità: le riparazioni indifferibili di cui all'art. 1583 c.c., infatti, sono correlate alla scadenza del contratto e, quindi, hanno un'intensità minore rispetto alle prime (Tabet, 407; contra, però, Miccio, 199). Quanto alla funzione dell'avviso al locatore, se esso – cioè – rappresenti o meno condizione per ottenere il rimborso, si registrano orientamenti divergenti. Ed infatti, mentre Cass. III, n. 4583/2008 ha ritenuto che l'avviso contestuale al locatore sia indispensabile affinché il conduttore possa ottenere il rimborso per le riparazioni urgenti cui abbia provveduto direttamente, al contrario, Cass. III, n. 16089/2003 ha stabilito che il diritto al rimborso per le riparazioni urgenti effettuate dal conduttore riconosciutogli dalla norma di cui all'art. 1577 c.c., non è escluso in caso di mancato previo avviso al locatore, trattandosi di una mera informativa che non richiede l'adozione di particolari formalità e che risulta soddisfatta ogni volta che il locatore sia comunque stato portato a conoscenza della esigenza di eseguire dei lavori. La questione è stata, infine, risolta da Cass. III, n. 19943/2008 la quale ha osservato che, da un lato, l'urgenza dell'intervento attribuisce al conduttore – allo scopo di tutelarlo – la facoltà di provvedervi direttamente; dall'altro, la necessità del contemporaneo avviso è posto a tutela del locatore, il quale ha – a sua volta – facoltà di intervenire sia eventualmente per contestare la necessità dei lavori, sia per compiere le scelte relative alla loro esecuzione, di cui in definitiva dovrà sopportare il costo. D'altra parte, è principio generale del nostro ordinamento che nella esecuzione del contratto le parti debbono comportarsi secondo buona fede. A quanto sopra consegue che, allorché il locatore sia a conoscenza della necessità di procedere a lavori di manutenzione straordinaria nell'immobile locato, la mancata esecuzione degli stessi entro un limite temporale ragionevole, che deve essere apprezzato con riferimento alla loro natura, entità e necessità, ne determina l'inadempimento contrattuale e legittima il conduttore, sempre in presenza del carattere dell'urgenza, di provvedervi direttamente e a ottenere il rimborso del costo. Sicché, aderendo a tale ultima impostazione, la conoscenza, comunque accertata, da parte del locatore, di tale necessità di intervento e l'inerzia dello stesso a provvedere entro un tempo ragionevole, tenuto conto della natura, dell'entità e dell'urgenza dei lavori, hanno valore equipollente al contestuale avviso al locatore, cui il conduttore è tenuto ai sensi dell'art. 1577 c.c. Chi, invece, ritiene che l'avviso costituisca una condizione essenziale e necessaria per consentirgli di ottenere il rimborso, osserva (Gabrielli, Padovini, 278) come, in mancanza, “il conduttore privo del diritto al rimborso dispone purtuttavia di strumenti idonei al recupero di almeno una parte delle spese sostenute per l'esecuzione delle opere conservative [...] nel caso di mancato avviso della necessità di compiere riparazioni non urgenti e, secondo certi, anche quando vi sia urgenza, un primo strumento cui il conduttore può ricorrere è quello costituito dalla gestione di affari altrui (artt. 2028 ss. c.c.), la cui fattispecie viene integrata a ogni qual volta qualcuno, “senza esservi obbligato, assume scientemente la gestione di un affare altrui”. In tali casi, secondo la norma dell'art. 2030 c.c., il gestore assume le obbligazioni del mandatario, con la conseguenza che l'interessato deve tenerlo indenne da quelle assunte dal gestore in nome proprio e rimborsargli tutte le spese necessarie o utili. Qualora la norma appena esposta venisse applicata al caso delle riparazioni della cosa locata, il conduttore/gestore avrebbe diritto, anche senza aver provveduto all'avviso, al rimborso, a titolo di rifusione di ciò che ha compiuto, dal locatore. Tale soluzione non pare corretta, poiché la disposizione dell'art. 2028 c.c. individua fra i suoi presupposti di operatività (quella che viene chiamata tradizionalmente) l'incapacità oggettiva dell'interessato a svolgere la propria attività, che si verifica quando, ad esempio, un soggetto si trovi nell'altro emisfero del globo e il vicino di casa, rendendosi conto che l'abitazione altrui è allagata, interviene in sua vece. Ma il locatore, in assenza di ragioni peculiari, è in grado di provvedere alle riparazioni; ne consegue che le norme degli artt. 2028 c.c. e seguenti possono applicarsi non già in termini generali, bensì soltanto nella misura in cui sussistono i presupposti propri della gestione degli affari altrui. Sempre applicabile è, invece, la regola (di chiusura) dell'arricchimento senza causa, posto dall'art. 2041 c.c., secondo cui chi, senza giusta causa, si è arricchito ai danni di un'altra persona è tenuto, nei limiti dell'arricchimento, ad indennizzare quest'ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. La differenza con l'istituto considerato in precedenza è facile da individuare: nella gestione di affari altrui, chi ha compiuto l'attività ha diritto, ai sensi della norma dell'art. 2031 c.c., ad essere pienamente rifuso di tutte le spese necessarie o utili, con gli interessi dal giorno in cui sono state compiute; nel caso di arricchimento senza causa opera invece il doppio criterio che fissa l'indennizzo in misura pari all'arricchimento, ma con il limite corrispondente alla diminuzione patrimoniale effettivamente subita dall'altra parte, sicché il conduttore può vantare una pretesa soltanto ove abbia sostenuto una spesa superiore all'arricchimento di cui gode il locatore”. Quanto, infine, al rimborso, si è già anticipato in apertura che l'esercizio, da parte del conduttore, della facoltà di procedere autonomamente alla rimozione del guasto converte l'obbligazione di facere gravante sul locatore in un'obbligazione pecuniaria, con l'applicazione della relativa disciplina. Peraltro, deve escludersi che il rimborso possa essere conseguito dal conduttore mediante compensazione con quanto dovuto al locatore a titolo di canone, neppure in sede giurisdizionale: ed infatti, trova applicazione il principio generale, affermato da Cass. II, n. 2171/1997, per cui la disciplina della compensazione non è applicabile nella controversia in cui le parti facciano valere contrapposti crediti derivanti dal medesimo rapporto giuridico ancorché aventi natura diversa, per essere, uno, di valore, in quanto risarcitorio dell'inadempimento dello stesso rapporto e, l'altro, di valuta poiché in tal caso la valutazione delle rispettive pretese si risolve un mero accertamento contabile di dare e avere. Il rimborso va riconosciuto in favore del conduttore anche laddove le riparazioni siano eseguite su una cosa non oggetto della locazione, ma comunque necessaria per l'uso convenuto di quella locatagli. Conferma tale impostazione Cass. III, n. 9465/1997, la quale evidenzia che il conduttore che, avvalendosi dei poteri sostitutivi e di gestione conferitigli dagli artt. 1577, comma 2, e 2028 c.c., esegue riparazioni urgenti, ancorché su cosa non locatagli, ma necessarie per l'uso convenuto di quella locatagli, ha diritto al rimborso (nella specie il conduttore aveva riparato l'appartamento sovrastante quello locatogli, entrambi di proprietà del locatore, dal quale provenivano infiltrazioni nell'appartamento detenuto). Le azioni a tutela del conduttoreIl conduttore è tenuto a “sopportare” l'esecuzione degli interventi manutentivi da parte del locatore, pur con l'osservanza di alcuni limiti, fissati dal successivo art. 1584 c.c.: a) se l'esecuzione delle riparazioni si protrae per oltre un sesto della durata della locazione e, in ogni caso, per oltre venti giorni, il conduttore ha diritto a una riduzione del corrispettivo, proporzionata all'intera durata delle riparazioni stesse e all'entità del mancato godimento (v. l'art. 1584, comma 1, c.c.); b) relativamente alle locazioni ad uso abitativo ed indipendentemente dalla durata delle riparazioni, se la loro esecuzione rende inabitabile quella parte della cosa che è necessaria per l'alloggio del conduttore e della sua famiglia, il conduttore può ottenere, secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto (v. l'art. 1584, comma 2, c.c.). Rinviando per il relativo approfondimento al commento all'art. 1584 c.c., in questa sede paiono comunque doverose – per completezza di trattazione – alcune osservazioni su tali azioni. Quanto alla prima (riduzione del corrispettivo), l'obbligo, gravante sul conduttore, di tollerare le riparazioni che, nel corso della locazione la cosa, non possano differirsi fino al termine del contratto, anche quando queste importino privazione del godimento di parte della cosa locata incontra un preciso limite temporale, rappresentato dalla protrazione delle riparazioni per oltre un sesto della durata della locazione e, in ogni caso, per oltre venti giorni: stante la formulazione della norma, il criterio dei venti giorni oltre i quali la durata delle riparazioni non rientra più in un concetto di “normalità” e di doverosa tolleranza è, peraltro, assorbente rispetto a quello del sesto, sebbene entrambi detti i limiti predetti debbano essere commisurati alla durata pattuita per la locazione. La previsione, inoltre, si riferisce – con evidenza – all'ipotesi in cui la limitazione del godimento dell'immobile deriva dalle riparazioni poste dalla legge a carico del locatore (v. anche gli artt. 1576 ss. c.c.), ma essa trova parziale applicazione anche laddove le parti abbiano convenzionalmente addossato al conduttore l'esecuzione delle riparazioni straordinarie. Allorché, infatti, in deroga a quanto previsto dall'art. 1576 c.c., le riparazioni straordinarie siano escluse dalle obbligazioni proprie del locatore e poste a carico del conduttore e non sia contemplata, altresì, la deroga anche all'art. 1584 c.c., sussiste un limite preciso alla riduzione del corrispettivo, che non può – ovviamente – essere protratto sine die per effetto dell'inerzia del conduttore e del suo inadempimento: osserva Cass. III, n. 11856/192 che la buona fede, cui si è tenuti nell'esecuzione del contratto, impone al conduttore di attivarsi per rimettere in pristino la cosa locatagli e rientrare nel suo pieno godimento; sicché, se nell'ipotesi normale la riduzione del corrispettivo deve essere “proporzionata all'intera durata delle riparazioni e all'entità del mancato godimento” (art. 1584 c.c.), allorché le riparazioni che importino la privazione totale o parziale del godimento siano poste a carico del conduttore, la riduzione va limitata al tempo necessario per la loro esecuzione. Nella presenza dei menzionati presupposti, il conduttore – si diceva – ha diritto ad ottenere, analogamente a quanto previsto dall'art. 1578, comma 1, c.c. per il caso di vizi della cosa locata, la riduzione del canone di locazione: il che non significa, però, che allo stesso sia consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente giacché, pur versandosi in presenza dell'esercizio, da parte del conduttore, di un diritto potestativo, occorre pur sempre che questo sia affermato da una sentenza, avente natura costitutiva, la quale stabilisca la misura della riduzione (e, simmetricamente, l'entità del canone ancora dovuto). Diversamente si versa in presenza di un atto arbitrario, concretizzante l'ipotesi di grave inadempimento del conduttore medesimo, idoneo ad esser sotteso alla risoluzione del contratto su istanza del locatore. Concorde, sul punto, anche la giurisprudenza (Cass. III, n. 2580/1985), per la quale Il mancato pagamento del canone di locazione convenzionalmente fissato, non è giustificato, infatti, se non quando sia stato giudizialmente accertato, in via definitiva, che le somme pretese non sono dovute o sono dovute nel minore ammontare corrisposto, creandosi altrimenti la violazione del sinallagma contrattuale ed uno squilibrio tra le prestazioni delle parti sulla base di un inammissibile comportamento di ragion fattasi con la conseguenza che se tale comportamento assume il carattere della gravità in relazione alla volontà espressa dalle parti, alla natura e alle finalità del rapporto, soprattutto in relazione all'interesse dell'altro contraente, si giustifica la risoluzione del rapporto. In questa prospettiva, dunque, è stato chiarito che l'azione di riduzione del corrispettivo ha natura costitutiva (Cass. III, n. 14737/2005) – viene da aggiungere – c.d. necessaria. Mitiga parzialmente questa impostazione, però, Cass. III, n. 2855/2005 che osserva come la sospensione parziale o totale dell'adempimento di tale obbligazione, ai sensi dell'art. 1460 c.c., può essere legittima non solo quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte, ma anche nell'ipotesi di inesatto inadempimento, purché essa appaia giustificata in relazione alla oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, riguardata con riferimento all'intero equilibrio del contratto e all'obbligo di comportarsi secondo buona fede; ne consegue che, se il conduttore ha continuato a godere dell'immobile sebbene non pienamente a causa dei vizi della cosa imputabili al locatore, non è giustificabile a norma dell'art. 1460, comma 2, c.c.., il rifiuto di prestare l'intero canone, potendo però giustificarsi una riduzione dello stesso che sia proporzionata all'entità del mancato godimento, in analogia a quanto previsto dall'art. 1584 c.c. (in senso conforme, più recentemente, Cass. III, n. 22039/2017). Il diritto alla riduzione può essere oggetto di rinuncia, anche preventiva. In relazione a tale evenienza si discute (a favore, Cosentino, Vitucci, 105; contra, Tabet 1972, 431), però, circa la necessità della specifica approvazione per iscritto, ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., ove la clausola sia contenuta in condizioni generali di contratto, moduli o formulari. La rinunziabilità alla riduzione del canone è ammessa anche dalla giurisprudenza (Cass. III, n. 11856/1992), pur evidenziandosene, tuttavia, la nullità ai sensi dell'art. 1229 c.c., per la parte in cui dovesse intendersi quale posta ad esclusione di responsabilità per dolo o colpa grave. Relativamente alla seconda azione (risoluzione del contratto), invece, la stessa è concessa allorquando l'esecuzione delle riparazioni renda inabitabile quella parte della cosa che è necessaria per l'alloggio del conduttore e della sua famiglia: lo scioglimento, in tal caso, non è comunque automatico, ma rimesso all'apprezzamento discrezionale del giudice. In ordine alla non automaticità dell'effetto risolutivo, il fenomeno è stato osservato, in giurisprudenza, anche a latere conductoris, giacché la circostanza che l'impedimento si protragga nel tempo non è di per sé causa di scioglimento del contratto, poiché spetta comunque all'iniziativa del conduttore di manifestare un interesse contrario alla prosecuzione del rapporto (Cass. III, n. 6395/2018; Cass. III, n. 12319/2005). Trattandosi di norma speciale, si esclude generalmente la sua interpretazione estensiva o analogica, nel senso che, discorrendo la norma di “alloggio”, si ritiene – in dottrina come in giurisprudenza – che la stessa sia applicabile unicamente alle locazioni ad uso abitativo, con l'unica eccezione (Tabet 1972, 430) delle locazioni ad uso promiscuo. Di analogo tenore – volta, cioè, ad una interpretazione letterale e restrittiva della norma – è la posizione della giurisprudenza di legittimità, la quale ha affermato che il conduttore può, secondo le circostanze, ottenere lo scioglimento del contratto quando l'esecuzione delle opere necessarie ed indifferibili sulla cosa locata la renda inabitabile per il conduttore e la sua famiglia (Cass. III, n. 372/1997). Nelle medesime condizioni previste per la riduzione del canone o lo scioglimento dal vincolo contrattuale, il conduttore può inoltre godere anche di una tutela di carattere risarcitorio che, però, non consegue automaticamente alla privazione parziale del godimento della cosa locata. Il diritto al risarcimento del danno, infatti, può insorgere a carico del locatore, a titolo di responsabilità contrattuale, ove si deduca e si dimostri il verificarsi, in derivazione causale rispetto a quelle riparazioni, di un pregiudizio ulteriore e diverso riguardo alla diminuzione o perdita dell'utilizzabilità del bene locato (quale, in caso di locazione ad uso commerciale, la perdita di clientela per effetto delle modalità di esecuzione dei lavori ovvero, in ipotesi di locazione ad uso abitativo, le spese sostenute per reperire, medio tempore, un altro alloggio), atteso che, nell'indicata situazione, è configurabile una autonoma inadempienza del locatore all'obbligo di garantire il pacifico godimento della cosa locata (Cass. III, n. 3590/1992). La soluzione è accolta anche in dottrina laddove, pur in presenza di un orientamento (Tabet 1972, 433) che nega la configurabilità di una tutela risarcitoria, stante la natura di responsabilità senza colpa di quella in esame, si evidenzia (Mirabelli, 454) che l'omessa previsione legislativa della colpa significa esclusivamente che al conduttore non spetta alcun risarcimento per il mancato godimento conseguente all'esecuzione di riparazioni, me ciò non esclude che il risarcimento spetti nel caso in cui, dall'esecuzione di tali riparazioni, derivi un diverso pregiudizio (quale, ad esempio, il danneggiamento di mobilio). Valgono, per il resto, le normali azioni riconosciute in favore del conduttore per il caso di vizi o guasti della cosa locata. Riparazioni indifferibili e privazione totale del godimento del bene locatoSi è detto che, tra i presupposti applicativi della norma, v'è la necessità che la privazione del godimento della cosa sia parziale: quid iuris laddove, in dipendenza dall'esecuzione delle riparazioni, si abbia, invece, privazione del godimento dell'intero bene locato? Si sostiene, in dottrina (Gabrielli, Padovini, 273), che: a) qualora le riparazioni comportino la perdita, totale e definitiva, del godimento del bene locato, la locazione si risolve per impossibilità sopravvenuta, ai sensi dell'art. 1463 c.c.; b) nel caso, invece, di riparazioni che rendono impossibile il godimento dell'intero bene, ma solo per una frazione di tempo limitata, dovrebbero applicarsi le norme di cui all'art. 1464 c.c., relativa all'impossibilità parziale, e di cui all'art. 1256, comma 2, c.c., dedicata all'impossibilità temporanea. Né “l'avvicinamento tra le due disposizioni [...] deve sorprendere, poiché, sebbene in un caso ci si riferisca all'impossibilità parziale, ossia quella che incide sulla quantità, e nell'altro caso alla “impossibilità temporanea”, che incide sul tempo, le due fattispecie qui si sovrappongono, essendo la locazione un tipico contratto ad esecuzione continuata, nel quale il tempo corrisponde alla quantità di godimento. Secondo la norma dell'art. 1246, comma 2, c.c., dedicata alla impossibilità temporanea, il debitore, finché tale impedimento perdura, non responsabile del ritardo nell'adempimento, ma l'obbligazione si estingue se l'impossibilità si protrae fino a quando il debitore non può più essere ritenuto legato ad eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla punto in virtù della regola dettata dall'art. 1464 c.c., invece, quando la prestazione di una parte è parzialmente impossibile all'altra parte spetta il diritto ad una corrispondente riduzione della prestazione dovuta, salvo il diritto al recesso dal contratto, quando non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale. Nel caso in questione, l'applicazione congiunta delle due regole porta a riconoscere al conduttore il diritto a pretendere una riduzione del canone dovuto, riduzione corrispondente al periodo di tempo necessario per l'esecuzione delle opere di manutenzione; qualora, però, la durata dei lavori sia eccessiva, il conduttore può recedere dal rapporto se non ha più interesse alla locazione nel momento in cui risultino ultimate le opere”. Analoga la posizione della giurisprudenza. Così Cass. III, n. 4119/1995 chiarisce che l'obbligo del locatore di mantenere la cosa locata in stato da servire all'uso convenuto e di eseguire le riparazioni che non sono a carico del conduttore, stabilito dagli artt. 1575 e 1577, comma 1, c.c. trova un limite nella disciplina dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione, che essendo di carattere generale è applicabile anche al rapporto di locazione e comporta che l'impossibilità sopravvenuta e definitiva di utilizzazione della cosa locata secondo l'uso convenuto o conforme alla sua destinazione, se non sia imputabile al debitore, determina l'estinzione dell'obbligazione a carico di costui. Del medesimo tenore Cass. III, n. 372/1997, per la quale, in caso di privazione totale, dovuta a necessità di eseguire sul bene locato riparazioni non differibili fino al termine del rapporto che impediscano al conduttore ogni godimento della cosa, il conduttore può domandare lo scioglimento del contratto se, per il protrarsi nel tempo delle riparazioni o per altre circostanze, egli non abbia più interesse alla prosecuzione della locazione. 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