Codice di Procedura Civile art. 669 - Giudizio separato per il pagamento di canoni.

Vito Amendolagine

Giudizio separato per il pagamento di canoni.

[I]. Se nel caso previsto nell'articolo 658 il locatore non chiede il pagamento dei canoni, la pronuncia sullo sfratto risolve la locazione, ma lascia impregiudicata ogni questione sui canoni stessi.

Inquadramento

L'art. 669 c.p.c. dispone che ove nel caso previsto nell'art. 658 c.p.c. il locatore non chiede il pagamento dei canoni, la pronuncia sullo sfratto risolve la locazione, ma lascia impregiudicata ogni questione sui canoni stessi.

  L'avvenuto rilascio dell'immobile non esclude l'interesse del locatore ad ottenere la declaratoria della risoluzione per inadempimento del contratto di locazione, da fare valere, anche eventualmente in separato giudizio, ad altri fini, come il pagamento dei canoni insoluti (Cass. III, n. 23366/2024).

La norma in commento si riferisce all'ipotesi in cui il locatore agendo con sfratto per morosità ex art. 658 c.p.c. non abbia chiesto il pagamento dei canoni scaduti.

In dottrina, si è precisato che trattandosi di controversia in materia locatizia, il giudizio separato sui canoni è disciplinato dal rito locatizioex art. 447-bis c.p.c. (Trifone, 277).

La facoltà prevista dall'art. 669 c.p.c. per il locatore di avvalersi di separato giudizio per conseguire il pagamento dei canoni oggetto di sfratto per morosità è normativamente subordinata alla mancata richiesta dei medesimi canoni in uno all'intimazione proposta dal locatoreex art. 658 c.p.c., il che, rende dunque inammissibile da parte dello stesso locatore la proposizione di ulteriore domanda monitoria volta a conseguire in separato giudizio il pagamento dei medesimi canoni di cui al precedente ricorso per decreto ingiuntivo contestuale alla richiesta di convalida dell'intimato sfratto per morosità (Trib. Salerno 26 luglio 2010).

L'intimazione di sfratto contiene in sé una domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, domanda che è soggetta ad una procedura abbreviata, a causa dell'importanza dell'obbligazione inadempiuta, costituita dal pagamento del canone, e del pressante interesse del locatore ad ottenere tempestivamente il rilascio del bene oggetto della locazione, a causa della sua rilevanza economica, trattandosi normalmente di un immobile.

È altresì noto che, accanto alla morosità, possono verificarsi altre, molteplici fattispecie di inadempimento, e che si può riaprire e ridiscutere fra le parti in altro giudizio il problema dell'imputabilità della risoluzione all'una od all'altra, anche agli effetti del risarcimento dei danni, in relazione ai molteplici aspetti ed alle complesse posizioni di dare ed avere, diverse dalla morosità, che possono venirsi a creare nel corso del rapporto.

È allora possibile e frequente che lo sfratto per morosità, pur costituendo una peculiare fattispecie di inadempimento – soggetta a specifiche regole processuali – non esaurisca il possibile oggetto della domanda di risoluzione di cui all'art. 1453 c.c., laddove permanga l'interesse a coltivare tale domanda, anche dopo l'intimazione di sfratto.

L'atto di costituzione in mora di cui all'art. 1219 c.c., idoneo ad integrare atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell'art. 2943, ultimo comma, c.c., non è soggetto a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e quindi non richiede l'uso di formule solenni né l'osservanza di particolari adempimenti, occorrendo soltanto che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto. Sulla base di tali principi, perché un atto possa valere come costituzione in mora, deve contenere unicamente la chiara indicazione del soggetto obbligato – elemento soggettivo – nonché l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto nei confronti del debitore (Cass. III, n. 4405/2024).

L'autonomia della pronuncia sulla risoluzione del contratto e quella sul pagamento dei canoni

Solo quando nel giudizio di convalida di sfratto per morosità sia stato proposto ricorso per l'ingiunzione di pagamento di canoni scaduti, il provvedimento destinato a concluderlo può assumere l'efficacia di cosa giudicata, non soltanto circa l'esistenza e validità del rapporto corrente inter partes e sulla

misura del canone preteso, ma anche circa l'inesistenza di tutti i fatti impeditivi od estintivi, anche non dedotti, ma deducibili nel giudizio d'opposizione, come l'insussistenza, totale o parziale, del credito azionato in sede monitoria dal locatore, per effetto di controcrediti del conduttore per somme indebitamente corrisposte a titolo di maggiorazioni contra legem del canone.

Infatti l'ordinanza di convalida dello sfratto per morosità ha efficacia di cosa giudicata sostanziale su ogni questione in merito alla risoluzione del contratto ed al possesso di fatto della cosa locata, ma non preclude, nell'autonomia dei rispettivi e correlativi diritti, nè al locatore di instaurare un separato giudizio per il pagamento dei canoni, nè al conduttore di chiedere in giudizio l'accertamento dell'obbligo del pagamento e di eccepire e contrastare, nell'indagine sui rapporti di dare e di avere in relazione ai canoni, la misura di questi, tranne il caso in cui allo sfratto per morosità si sia accompagnata contestualmente l'ingiunzione di pagamento per i canoni, risultando, in tale ipotesi, coperti dal giudicato anche i fatti impeditivi/estintivi del relativo obbligo (Cass. III, n. 8116/2020; Conf. Cass. III, n. 17049/2017).

Infatti il presupposto per l'accoglimento della domanda di ingiunzione di pagamento dei canoni scaduti e non corrisposti, avanzata coevamente all'intimazione di sfratto per morosità, è costituito necessariamente dalla pronuncia della convalida dello stesso sfratto, ferma rimanendo, in tali ultime ipotesi, la possibilità del riconoscimento del relativo diritto alla corresponsione della somma relativa ai canoni mediante la sentenza pronunciata nel giudizio di merito a cognizione piena (Trib . Torre Annunziata 26 luglio 2021).

La norma in commento, evidenzia l'autonomia (Andrioli, 146; Trifone, Carrato, 387) della pronuncia sulla risoluzione del contratto di locazione rispetto alla domanda di pagamento dei canoni dovuti dal conduttore nell'ipotesi di sfratto per morosità.

L'effetto prodotto dall'autonomia delle due domande, consistente nel lasciare impregiudicata ogni questione sui canoni di locazione nonostante l'intervenuta convalida dello sfratto per morosità, comporta che da un lato, il locatore potrà chiedere separato decreto ingiuntivo per il pagamento degli stessi, e, dall'altro che il conduttore potrà chiedere in giudizio l'accertamento dell'esistenza dell'obbligo di pagamento, eccependo e contrastando anche la misura dei canoni eventualmente dovuti, con la possibilità di proporre anche domanda riconvenzionale per la restituzione delle somme già corrisposte in eccesso sui pregressi canoni (Cass. III, n. 4292/1976; Cass. II, n. 2615/1960, in cui si dà atto che il legislatore sulla scorta dell'ampia espressione adoperata nell'art. 669 c.p.c. ha inteso stabilire che nel giudizio separato trovano ingresso tutte le contestazioni riferite all'an ed al quantum debeatur, circa il pagamento dei canoni, il loro ammontare e l'esistenza del relativo debito; allo stesso modo, l'autonomia della domanda di convalida dell'intimato sfratto per morosità rispetto a quella inerente l'obbligazione di pagamento dei canoni, consente al conduttore convenuto nel separato giudizio per il pagamento di quest'ultimi, la possibilità di difendersi sollevando eccezioni volte a comprovare anche l'inesistenza dell'obbligo anzidetto, come la mancata consegna dell'immobile, ovvero la proposizione di domanda riconvenzionale al fine di conseguire il rimborso del deposito cauzionale, e, ciò anche laddove la convalida dello sfratto passata in giudicato, non sia più soggetta neppure ad opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c., v. Cass. III, n. 3364/1958).

Infatti, sono numerose le pronunce secondo le quali l'ordinanza di convalida dello sfratto per morosità ha efficacia di cosa giudicata sostanziale con preclusione di ogni questione in merito alla risoluzione del contratto ed al possesso di fatto della cosa locata, ma non preclude, tuttavia, nell'autonomia dei rispettivi e correlativi diritti, né al locatore di instaurare separato giudizio per il pagamento dei canoni, né al conduttore di chiedere in giudizio l'accertamento dell'obbligo del pagamento, e di eccepire e contrastare, nell'indagine sui rapporti di dare e di avere in relazione ai canoni, la misura di questi, tranne il caso in cui allo sfratto per morosità si sia accompagnata contestualmente l'ingiunzione di pagamento per i canoni, nel quale caso il giudicato “copre” anche i fatti impeditivi e/o estintivi del relativo obbligo (ex multis, v. Cass. III, n. 17049/2017).

Infatti, coerentemente con i principi in tema di giudicato implicito e di estensione di questo soltanto alle questioni dedotte o deducibili come antecedenti logici necessari indefettibili per la decisione, tra le stesse non rientra l'entità del canone, di per sé sola ed in sé considerata, né la legittimità dei presupposti per il suo calcolo, attesa la limitatezza della cognizione indotta dalla mancata comparizione o dalla mancata contestazione del locatario, e la sufficienza, ai fini della convalida, dell'an della mora e non anche del quantum, ragione per cui, un giudicato anche sull'entità del canone dovuto dal conduttore può conseguire soltanto in caso di contestuale ingiunzione di pagamento per i canoni a contratto in corso, divenuta definitiva (Cass. III, n. 12994/2013).

Il ricorso per decreto ingiuntivo non opposto proposto nelle more del giudizio di risoluzione

Un caso a sé sembra essere costituito dal ricorso per ingiunzione proposto separatamente e durante il distinto giudizio di risoluzione del rapporto locatizio, nel quale il conduttore propone domanda riconvenzionale di restituzione delle somme versate in eccesso rispetto al canone realmente dovuto, ma non oppone il suddetto decreto ingiuntivo, che decorsi i termini di legge, diventa definitivo.

In dottrina, si è evidenziato che il giudicato intervenuto sulla risoluzione per inadempimento conseguente alla morosità accertata e dichiarata con procedimento ordinario, comporta l'esclusione dell'applicabilità dell'art. 669 c.p.c. (Bucci, Crescenzi, 284).

La quaestio juris in tale ipotesi, non attiene infatti al ricorso per decreto ingiuntivo azionato contestualmente alla procedura di sfratto per morosità, trattandosi piuttosto di un ordinario ricorso ex art. 633 c.p.c.

Si ritiene che il giudizio separato per conseguire il pagamento dei canoni di locazione può essere promosso anche con un ordinario ricorso per decreto ingiuntivo ex art. 633 c.p.c. (Bucci, Crescenzi, 281; Lazzaro, Preden, Varrone, 187).

In tale fattispecie, la giurisprudenza di legittimità si è espressa affermando anche in materia locatizia, che il decreto ingiuntivo non opposto nei termini, emesso nelle more del giudizio di scioglimento per finita locazione e di risoluzione per inadempimento del conduttore – il quale si era ritualmente costituito con annessa domanda riconvenzionale per conseguire la condanna del locatore alla restituzione delle somme pagate in eccedenza rispetto al canone concordato tra le associazioni di categoria ex art. 2, commi 3 e 5, della l. n. 431/1998 – adempiute le formalità di cui all'art. 647 c.p.c., acquista l'efficacia di giudicato formale e sostanziale, coprendo il dedotto ed il deducibile, impedendo alle parti del rapporto processuale ormai definito di sollevare, in altri giudizi le stesse questioni oggetto di giudicato e le questioni che costituiscano il necessario presupposto delle prime (Cass. III, n. 13207/2015).

In altre parole, poiché la pronuncia di condanna al pagamento d'una prestazione contrattuale qual è il pagamento del canone di locazione, presuppone necessariamente l'accertamento dell'esistenza e della validità del credito e della sua fonte, il decreto ingiuntivo divenuto inoppugnabile, ed avente ad oggetto la condanna al pagamento di canoni di locazione, preclude all'intimato la possibilità di invocare, riproponendole in un diverso giudizio, le stesse questioni ormai coperte dal giudicato, come ad esempio, nella fattispecie scrutinata dai giudici di legittimità, quella afferente ad una pretesa nullità della clausola contrattuale di determinazione convenzionale della misura del cannone, in quanto anche tale questione resta coperta dal c.d. giudicato per implicazione discendente.

La suddetta pronuncia trova sostanziale conferma in altro precedente di legittimità (Cass. III, n. 16319/2007, in cui si è statuito che la domanda di accertamento del canone di locazione costituisce un presupposto implicito ai fini della proposizione e dell'accoglimento della domanda di condanna al pagamento dei canoni scaduti e non pagati in cui si sostanzia il provvedimento d'ingiunzione), riguardante un'analoga controversia, in cui, nel giudizio azionato dai conduttori per conseguire la riduzione del canone, i locatori si costituivano chiedendo in via riconvenzionale la risoluzione dello stesso contratto per inadempimento dei medesimi conduttori, e, successivamente, nelle more del suddetto giudizio, i medesimi locatori intimavano ai suddetti conduttori separato sfratto per morosità, che una volta convalidato, consentiva loro di chiedere ed ottenere successivamente l'emissione di un decreto ingiuntivo a carico dei conduttori morosi, per il pagamento dei canoni di locazione non corrisposti.

Il cumulo in un unico procedimento delle domande di convalida di sfratto per morosità e di pagamento dei canoni non corrisposti dal conduttore è allora da considerarsi come meramente eventuale dipendendo unicamente dalla volontà del locatore (Masoni, 584).

La conseguenza della scelta del locatore di non chiedere in uno alla convalida anche il pagamento dei canoni, attraverso il contestuale ricorso per decreto ingiuntivo, è ravvisabile nella circostanza che il giudicato derivante dalla pronuncia dell'ordinanza ex art. 663 c.p.c., non potrà estendersi anche alle questioni concernenti l'esistenza e la misura dei canoni di locazione, e sarà quindi limitato alla pregressa esistenza della locazione e alla qualità di locatore dell'intimante e di conduttore dell'intimato.

Le conseguenze del decreto ingiuntivo non opposto

Il decreto ingiuntivo non opposto recante l'intimazione di pagamento dei canoni locativi arretrati, consente la formazione del giudicato che fa stato fra le stesse parti circa l'esistenza e validità del rapporto corrente inter partes e sulla misura del canone preteso, nonchè fa stato circa l'inesistenza di tutti i fatti impeditivi o estintivi, anche non dedotti, ma deducibili nel giudizio di opposizione, quali quelli atti a prospettare l'insussistenza totale o parziale del credito azionato in sede monitoria dal locatore a titolo di canoni insoluti, per effetto di controcrediti del conduttore per somme indebitamente corrisposte in ragione di maggiorazioni contra legem del canone (Cass. III, n. 5801/1998).

Pertanto, in applicazione del principio secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, qualora il conduttore intenda contestare l'esistenza e/o la determinazione del canone di locazione, ha l'onere di proporre opposizione a decreto ingiuntivo, con la conseguenza che in difetto di opposizione, l'accertamento circa l'entità e la stessa misura del canone richiesto dal locatore è coperto dal giudicato.

Infatti  il decreto ingiuntivo non opposto è assimilabile ad una sentenza di condanna passata in giudicato, ragione per cui il giudicato sostanziale conseguente alla mancata opposizione di un decreto ingiuntivo copre non soltanto l'esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso è oggetto e del titolo su cui il credito ed il rapporto stessi si fondano, ma anche l'inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi del rapporto e del credito precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l'opposizione. Pertanto, il giudicato conseguente alla mancata tempestiva opposizione avverso un decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento dei canoni del rapporto di locazione copre quindi anche il fatto impeditivo rappresentato sia dall'inadempimento del locatore quale causa di risoluzione del contratto che dal relativo controcredito risarcitorio del conduttore (Cass. III, n. 8116/2020; Cass. VI, n. 19113/2018).

Bibliografia

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