Codice di Procedura Civile art. 662 - Mancata comparizione del locatore.

Vito Amendolagine

Mancata comparizione del locatore.

[I]. Gli effetti dell'intimazione cessano, se il locatore non comparisce all'udienza fissata nell'atto di citazione.

Inquadramento

L'art. 662 c.p.c. dispone che gli effetti dell'intimazione cessano, se il locatore non comparisce all'udienza fissata nell'atto di citazione.

La norma in commento, non specifica a quali effetti – processuali e/o sostanziali – si riferisce, indicando genericamente “gli effetti dell'intimazione”.

Al riguardo, appare altresì opportuno aggiungere che l'art. 662 c.p.c. si riferisce alla mancata comparizione del locatore all'udienza fissata nell'atto di citazione, nulla affermando in ordine alla sua costituzione.

Allo stesso modo, in dottrina (Masoni, 351) si è altresì osservato che l'art. 662 c.p.c. sembra disciplinare il solo caso della mancata comparizione del locatore all'udienza fissata in atto di citazione, restando silente circa gli effetti derivanti dalla mancata comparizione di entrambe le parti interessate al procedimento speciale, locatore e conduttore.

In buona sostanza, sembra che sulla scorta del tenore letterale dell'art. 662 c.p.c. debba ritenersi che anche quando il locatore abbia preventivamente iscritto la causa al ruolo dell'ufficio giudiziario adito, gli effetti dell'intimazione cessano ugualmente se il locatore non comparisce all'udienza fissata nell'atto di citazione.

In dottrina, si propende per tale soluzione (Di Marzio 1998, 166).

Ad analoga conclusione deve allora pervenirsi anche qualora siano entrambe le parti a non presentarsi all'udienza di comparizione indicata in atto di citazione per la convalida dell'intimata licenza o sfratto (Cass. III, n. 4171/1988).

Al riguardo, con particolare riferimento alla posizione del convenuto, il giudice, in caso di mancata comparizione dell'intimato, deve preliminarmente verificare che la notificazione dell'atto di intimazione con la contestuale citazione per la convalida sia avvenuta nel rispetto delle forme di legge ex art. 660 c.p.c.

In dottrina, alcuni studiosi hanno ritenuto invece che possa applicarsi il disposto dell'art. 181 c.p.c. (Bucci, Crescenzi, 123; Garbagnati, 313; Lazzaro, Preden, Varrone, 130), mentre secondo altri (Arieta, 295; Carrato 2005, 585; Vigone, 35), opera l'immediata declaratoria di estinzione del procedimento speciale.

La disposizione in commento si riferisce alla presenza del locatore, il quale, è difeso dall'avvocato.

Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha quindi precisato che è sufficiente a legittimare la pronuncia del provvedimento di convalida di sfratto la comparizione del procuratore dell'intimante e, laddove trattasi di procedimento di convalida di sfratto per morosità, l'attestazione, da parte sua, del persistere della morosità, sia perché, laddove viene sanzionata la mancata comparizione del locatore, l'art. 662 c.p.c., deve intendersi riferito alla comparizione effettuata secondo le modalità di cui all'art. 82 c.p.c. – e cioè attraverso la rappresentanza o l'assistenza del difensore – sia perché è la stessa legge ex art. 663 c.p.c. che designa per l'attestazione in questione il locatore od il suo procuratore, in via alternativa (Cass. III, n. 285/1981).

La cessazione degli effetti dell'intimazione: presupposti e conseguenze

L'atto di intimazione – di licenza o sfratto – è un atto complesso, formato da due atti distinti, l'uno di carattere sostanziale, con il quale il locatore manifesta la volontà di escludere la prosecuzione del rapporto, ovvero contesta al conduttore l'inadempimento, e l'altro di carattere processuale, con il quale il locatore chiama in giudizio il conduttore per consentirgli di proporre eccezioni, conseguentemente, presupposto necessario ed indispensabile per la cessazione degli effetti processuali di detto atto avente carattere processuale è che il locatore non compaia all'udienza fissata per la convalida, con il logico corollario che, se viceversa compare, l'art. 662 c.p.c. è inapplicabile.

La cessazione degli effetti processuali dell'intimazione di sfratto per morosità ai sensi dell'art. 662, c.p.c., esige la mancata comparizione del locatore all'udienza fissata nell'atto di citazione, e, pertanto, la suddetta norma non è applicabile, qualora il locatore comparisce a detta udienza, sia pure allo scopo di dare atto della propria desistenza, chiedendo che sia dichiarata cessata la materia del contendere (Cass. III, n. 12117/2003).

Gli effetti derivanti dall'omessa comparizione del locatore

La posizione della giurisprudenza di legittimità sulle possibili conseguenze derivanti dall'applicazione dell'art. 662 c.p.c. – le quali, per quanto concerne la mancata comparizione del locatore all'udienza di convalida indicata nell'atto introduttivo del procedimento speciale, devono intendersi riferite ai soli effetti processuali e non anche sostanziali dell'intimazione – è rimasta sostanzialmente univoca fin dalla fine degli anni cinquanta – inizio degli anni sessanta del secolo scorso.

L'art. 662 c.p.c. veniva infatti interpretato nel senso che perché l'intimazione potesse produrre validamente i suoi effetti, presupposto necessario ed indispensabile era ritenuta la comparizione del locatore all'udienza fissata per la convalida nell'atto di citazione contestuale all'intimazione (Cass. III, n. 2935/1960; Cass. II, n. 644/1958, secondo cui alla mancata comparizione non può essere equiparata la richiesta di un rinvio della causa).

Una risalente giurisprudenza di legittimità ha precisato gli effetti derivanti dall'applicazione dell'art. 662 c.p.c.:

L'intimazione di licenza per finita locazione i cui effetti siano cessati per la mancata comparizione del locatore all'udienza indicata in atto di citazione, permane quale manifestazione di volontà diretta a fare cessare il rapporto locatizio impedendone così la sua rinnovazione (Cass. III, n. 2468/1973).

In dottrina (Masoni, 349), si è acutamente osservato che la pronuncia adottata dalla citata Cass. III, n. 2935/1960, affermando che ove si abbia riguardo all'interpretazione letterale dell'art. 662 c.p.c. non può non convenirsi che la cessazione degli effetti dell'intimazione si riferisce a tutti quelli promananti ex lege, compreso quello della trasformazione del procedimento speciale in procedimento ordinario di cognizione.

L'orientamento giurisprudenziale di legittimità formatosi su tale punto, appare pressochè unanime, nel ritenere che la mancata comparizione del locatore all'udienza fissata per la convalida non pregiudica gli effetti sostanziali dell'intimazione, come ad esempio quelli di impedire la tacita rinnovazione della locazione, od al medesimo conduttore la possibilità di opporsi, e proporre eccezioni di merito o domande per ottenere una pronuncia che accerti l'inesistenza dei diritti del locatore, al fine di prevenire una nuova pretesa degli stessi.

In dottrina, si condivide la tesi giurisprudenziale riferita alla pronuncia di cessazione dei soli effetti processuali dell'intimazione ex art. 662 c.p.c. a causa della mancata comparizione del locatore all'udienza di convalida, circa la sua conseguente inidoneità ad integrare il giudicato sostanziale sulla domanda di risoluzione del contratto (Giordano, 2019; Lazzaro, Preden, Varrone, 127; Punzi, 838).

La mancata iscrizione a ruolo dell'intimazione

In tale ottica, si è quindi affermato il principio che la mancata iscrizione a ruolo di un'intimazione per finita locazione già notificata non è dotata di un'intrinseca valenza processuale, e, non può, pertanto, ravvisarsi una tacita volontà di prorogare il contratto, nella condotta del locatore che, dopo avere intimato licenza per finita locazione, ometta di iscrivere a ruolo l'atto di intimazione (Cass. III, n. 8729/2011).

In modo ancora più esplicito, si era in precedenza affermato con una risalente giurisprudenza, che la cessazione degli effetti dell'intimazione, nel procedimento per convalida di sfratto, a seguito della mancata comparizione del locatore all'udienza fissata nell'atto di citazione, si verifica anche quando la mancata comparizione dipenda dal fatto che non si sia provveduto all'iscrizione della causa al ruolo, ricorrendo anche in tale ipotesi, ed a maggior ragione, la presunzione di abbandono dell'azione cui l'art. 662 c.p.c. ricollega l'indicato effetto, e, tenuto conto, altresì, che nel procedimento speciale non è necessaria la preventiva costituzione in cancelleria, potendo questa avere luogo nel giorno stesso della udienza fissata in citazione (Cass. III, n. 2082/1983).

In tale pronuncia, si è quindi statuito che l'ordinanza di convalida non può essere pertanto emanata all'udienza fissata con atto riassuntivo ex art. 307 c.p.c., salvo che tale atto non presenti i necessari requisiti di forma e di sostanza tali da farlo valere come nuova intimazione ed ulteriore citazione per la convalida (Cass. III, n. 2082/1983).

Infatti la mancata comparizione del locatore all'udienza fissata per la convalida fa perdere alla intimazione tutti gli effetti di carattere processuale – salvo quelli sostanziali – e, cioè, il suo venire meno della possibilità di divenire titolo esecutivo, nonché l'effetto della possibile trasformazione del procedimento speciale in un ordinario giudizio di cognizione, non potendo la citazione, contenuta nell'intimazione, conservare in tale caso il carattere di un atto autonomo e distinto.

La mancata comparizione del locatore determina l'arresto del procedimento speciale e la sua inidoneità a concludersi con qualsiasi altra pronuncia, anche a seguito della comparizione del solo intimato e della richiesta di quest'ultimo di prosecuzione del processo nelle vie ordinarie (Arieta, 294).

La mancata comparizione del locatore nel caso di rinvio d'ufficio dell'udienza di convalida

La mancata comparizione del locatore all'udienza fissata per la convalida anche nel caso di rinvio d'ufficio ex artt. 168-bis c.p.c. e 82 disp. att. c.p.c., fa perdere alla intimazione tutti gli effetti di carattere processuale, qualora all'udienza anzidetta non compaiano nè il locatore nè il conduttore, il giudice, ai sensi dell'art. 662 c.p.c. – norma speciale in deroga alla norma generale dell'art. 181 c.p.c. – deve dichiarare estinto il procedimento di convalida con la conseguenza che ove, invece, rinvii la causa ad altra udienza in cui, comparso il locatore, convalida la licenza o lo sfratto, il provvedimento è nullo (Cass. III, n. 4171/1988).

L'ipotesi in cui il procedimento speciale può trasformarsi in un procedimento ordinario

In particolare, come si è già precisato, è da escludere che il procedimento si trasformi automaticamente da speciale in ordinario, perché da nessuna disposizione di legge si ricava tale effetto, il quale, si produce, invece, nell'ipotesi opposta in cui, ritualmente instaurato il procedimento di sfratto, il conduttore proponga opposizione.

  Nel caso in cui una controversia sia stata erroneamente trattata in primo grado con il rito ordinario, anziché con quello speciale del lavoro, le forme del rito ordinario debbono essere seguite anche per la proposizione dell'appello, che, dunque, va proposto con citazione ad udienza fissa, se, invece, la controversia sia stata trattata con il rito del lavoro anziché con quello ordinario, la proposizione dell'appello segue le forme della cognizione speciale. Ciò, in ossequio al principio della ultrattività del rito, che – quale specificazione del più generale principio per cui l'individuazione del mezzo di impugnazione esperibile deve avvenire in base al principio dell'apparenza, cioè con riguardo esclusivo alla qualificazione, anche implicita, dell'azione e del provvedimento compiuta dal giudice – trova fondamento nel fatto che il mutamento del rito con cui il processo è erroneamente iniziato compete esclusivamente al giudice (Cass. III, n. 25187/2024).

Infatti, una risalente giurisprudenza ha ritenuto che nel procedimento di convalida di sfratto la mancata comparizione del locatore all'udienza fissata per la convalida, determina ex art. 662 c.p.c. la sola cessazione degli effetti processuali dell'intimazione, non anche quelli sostanziali, ragione per cui, se il conduttore, nonostante la mancata comparizione del locatore alla suddetta udienza, si costituisce – magari iscrivendo egli stesso la causa a ruolo – al fine di provocare l'accertamento negativo del diritto del locatore alla cessazione del rapporto locatizio, ovvero, per accertare l'inesistenza del credito riferito a canoni non pagati, tale comportamento determina la trasformazione del procedimento speciale di convalida di sfratto in un ordinario giudizio a cognizione piena, fermo restando che in tale fase di merito, da un lato il locatore potrà costituirsi svolgendo le proprie difese, e, dall'altro, che il conduttore non potrà invece più invocare gli effetti che sarebbero potuti derivare dall'applicazione dell'art. 662 c.p.c. nella precedente fase sommaria del procedimento speciale (Cass. III, n. 2263/1975; conforme, Pret. Roma 18 gennaio 1984).

Neppure potrebbe invocarsi l'applicazione dell'art. 181 c.p.c. con il conseguente obbligo del giudice di fissare una nuova udienza, perché la disposizione dell'art. 662 c.p.c. costituisce una norma speciale per un procedimento speciale, e, pertanto, deroga per la fattispecie dalla stessa contemplata, alla norma generale dell'art. 181 c.p.c. (Cass. III, n. 4171/1988; Pret. Trento 7 dicembre 1984, in cui si è precisato che la mancata comparizione all'udienza dell'intimante la licenza di sfratto per finita locazione determina l'impossibilità di convalidare lo sfratto e di pronunciare l'ordinanza prevista dall'art. 665 c.p.c. nonché la trasformazione del procedimento speciale in un ordinario giudizio di risoluzione del contratto).

Peraltro, laddove persista il contrasto sulle rispettive pretese sostanziali – ascrivibili alle contrapposte parti in causa – legittimamente deve escludersi la possibilità di dichiarare la cessazione della materia del contendere.

La mancata comparizione all'udienza di convalida dell'intimante e dell'intimato

Quid juris allora se all'udienza fissata nell'atto di intimazione e citazione per la convalida non compaiano nè il locatore nè il conduttore?

In base ad una ormai risalente giurisprudenza di legittimità, la risposta al quesito si trova sempre nella disposizione dell'art. 662 c.p.c. secondo cui gli effetti dell'intimazione cessano se il locatore non comparisce all'udienza fissata nell'atto di citazione. Ne consegue, cioè, il venire meno di tutto il procedimento per convalida di sfratto, atteso che tale disposizione, per la sua perentorietà, non consentirebbe una diversa interpretazione, giacchè se, invece, il giudice rinvia la causa ad altra udienza in cui, comparso il locatore, convalida lo sfratto, tale provvedimento è nullo (Cass. III, n. 4171/1988).

In tale senso, depone l'orientamento della giurisprudenza di legittimità innanzi richiamato.

Negli uffici che hanno la disponibilità del servizio di deposito telematico, anche gli atti ed i documenti di cui all'art. 16 bis comma 1 bis d.l. n. 179/2012 conv. in l. n. 221/2012 concernenti gli atti introduttivi, sono depositati esclusivamente con le modalità previste dal comma 1 dell'anzidetta norma, e, dunque, in modalità telematica. Ciò premesso, anche con riferimento alla disposizione di cui all'art. 221 comma 2 d.l. n. 34/2020 conv. in l. n.77/2020, concernente l'estensione della suddetta modalità di deposito alla costituzione delle parti, chiaramente comprensiva anche del procedimento di sfratto per morosità, la ratio della norma anzidetta, è ravvisabile nel contrasto alla pandemia da coronavirus, ragione per cui l'inosservanza di tale disposizione normativa non può giustificare una declaratoria di inammissibilità del deposito in modalità cartacea, atteso che la stessa normativa innanzi citata da un lato, non prevede una sanzione di nullità ad hoc nel caso di inosservanza del rispetto dell'obbligo di costituzione telematica, e, dall'altro, la circostanza secondo cui, è la stessa disposizione citata a prevedere deroghe al deposito telematico quando i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti e sussiste un'indifferibile urgenza, in forza della quale, il capo dell'Ufficio giudiziario adito autorizza il deposito con modalità non telematica. Conseguentemente, non è inammissibile la costituzione della parte laddove avvenuta in forma cartacea direttamente all'udienza fissata per la trattazione della controversia (Trib . Bari ord. 29 settembre 2020). Tale precedente giurisprudenziale di merito, nella fattispecie di cui al precedente giurisprudenziale citato concerneva la costituzione della parte resistente nel procedimento di sfratto, ma è chiaro che vale anche per la stessa parte attrice, la quale, in una fattispecie analoga ha quindi la possibilità di iscrivere la causa sul ruolo dell'ufficio giudiziario adito fino all'udienza indicata nell'atto di intimazione di sfratto per morosità. Il suddetto orientamento, conferma quello di legittimità, secondo cui il deposito per via telematica dell'atto introduttivo del giudizio, anziché con modalità cartacee, non dà luogo ad una nullità della costituzione dell'attore, ma ad una mera irregolarità, sanabile per raggiungimento dello scopo, in ragione della presa di contatto tra la parte e l'ufficio giudiziario e della messa dell'atto a disposizione delle altre parti secondo le previste modalità (Cass. I, n. 19151/2019; Cass. VI, n. 1717/2019; Cass. II, n. 9772/2016), ugualmente il deposito dell'atto introduttivo con modalità cartacee anziché, in ipotesi, per via telematica, costituisce un vizio sanabile per raggiungimento dello scopo della costituzione del rapporto processuale, eventualmente mediante concessione di un termine all'altra parte per svolgere le proprie difese.

Estinzione del procedimento speciale per inattività delle parti e condanna alle spese

L'estinzione del procedimento di convalida dichiarata dal giudice, ai sensi dell'art. 662 c.p.c., in ragione della mancata comparizione del locatore intimante all'udienza fissata con l'atto di citazione è – come già rilevato da Cass. III, n. 15933/2012 – un provvedimento il quale, pur con le sue peculiarità, risulta assimilabile più ad un'estinzione per inattività delle parti, che non ad un'estinzione per rinuncia agli atti.

Invero, a tale fine, rileva anzitutto la mancata attivazione della parte costituita dal locatore-intimante che ha introdotto il giudizio di convalida e che, per prima, ha oggettivo interesse a condurlo a termine, tanto che l'onere della comparizione all'udienza fissata in citazione è sanzionato con il venire meno degli effetti processuali dell'intimazione.

Tuttavia, rileva anche la mancata attivazione – eventuale – della parte conduttrice-intimata comparsa in udienza, la quale non faccia istanza per l'accertamento negativo del diritto controverso, così da non consentire la prosecuzione del giudizio, tramite il mutamento del rito.

Attesa l'assimilazione dell'estinzione del procedimento di convalida di sfratto, correlata all'operatività dell'art. 662 c.p.c., ad una estinzione per inattività della singola parte, la norma cui fare riferimento, ai fini di un'applicazione analogica, è quella, concernente il giudizio di cognizione ordinaria, recata dall'art. 310, comma 4, c.p.c., la quale, dispone che le spese del processo estinto stanno a carico delle parti che le hanno anticipate.

La suddetta norma attiene proprio all'estinzione del processo per inattività delle parti, giacchè in caso di estinzione per rinuncia agli atti del giudizio, l'art. 306, comma 4, c.p.c., disciplina espressamente la liquidazione delle spese processuali.

La giurisprudenza di legittimità, nel caso di applicazione dell'art. 181, comma 2, c.p.c., ha ritenuto che, nel silenzio della norma, ove l'attore non compaia nuovamente in udienza e si addivenga, quindi, alla cancellazione della causa dal ruolo ed estinzione del giudizio di cognizione ordinaria, ove il convenuto comparso non chieda che si proceda in assenza dell'attore medesimo, non si può pronunciare la condanna alle spese di quest'ultimo, sebbene richieste dal convenuto, condanna che, invece, è possibile, in base al principio della soccombenza virtuale, solo se il convenuto chieda che si proceda in assenza dell'attore (Cass. III, n. 740/2005).

La giurisprudenza di legittimità ha, quindi, ritenuto che la condanna alle spese, e, in prospettiva analoga, seppure non sovrapponibile, la loro eventuale compensazione ex art. 92 c.p.c. implica una decisione nel merito, sulla soccombenza anche solo virtuale di una parte in causa, in presenza della controparte che ha dovuto svolgere un'attività processuale per ottenere il riconoscimento di un suo diritto (Cass., n. 9419/1997) e non già, dunque, una pronuncia di estinzione che venga unicamente assunta sulla scorta dell'inattività della singola parte o della rinuncia agli atti del giudizio.

A tale fine, è stato enunciato il principio di diritto fondato sull'applicazione dell'art. 384 c.p.c. che nel caso di declaratoria di estinzione del procedimento di convalida, a seguito di applicazione dell'art. 662 c.p.c. – e, dunque, per mancata comparizione del locatore intimante all'udienza fissata nell'atto di citazione, ed in assenza di istanza del conduttore intimato, comparso a detta udienza, che si proceda, previo mutamento del rito, all'accertamento negativo del diritto azionato – non può il locatore-intimante essere condannato al pagamento delle spese di procedimento, ma queste vanno poste a carico delle parti che le hanno anticipate, in applicazione analogica dell'art. 310 c.p.c. (Cass. III, n. 19425/2016).

Nel procedimento per convalida di sfratto, ove il locatore intimante non compaia all'udienza indicata nell'atto di citazione ed il conduttore intimato, comparso a tale udienza, chieda la condanna del locatore alle spese, è impugnabile con l'appello e non con il ricorso straordinario per cassazione il provvedimento col quale il giudice, ai sensi dell'art. 662 c.p.c., dichiarata l'estinzione del procedimento di convalida, pone le spese di giudizio a carico dell'intimante, trattandosi di provvedimento decisorio di merito in relazione al quale manca – a differenza di quanto previsto dall'art. 306, comma 4, c.p.c. – un'espressa previsione di non impugnabilità (Cass. III, n. 15933/2012).

La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che il provvedimento col quale il giudice istruttore in funzione di giudice unico dichiara l'estinzione del processo, pur avendo forma di ordinanza, ha natura di sentenza, non soggetta a reclamo ed è impugnabile con l'appello (Cass. III, n. 18242/2008; Cass. I, n. 8041/2006; Cass. I, n. 8206/2002).

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